Al terzo incontro sulle modifiche che l’Amministrazione intende adottare al sistema di performance organizzativa, abbiamo dovuto prendere atto di un evidente freno alla condivisione: per tre riunioni, infatti, le rappresentanze sindacali sono state chiamate a discutere di alcune slide riassuntive, che indicavano la direzione che INPS intende tracciare, senza avere un documento organico per potere esprimere un giudizio complessivo.
Ci chiediamo come sia possibile che altre organizzazioni abbiano accolto le novità a scatola chiusa, rivendicando quasi un’adesione di principio, quando il modello proposto non consente un’analisi di dettaglio.
Vorremmo ancora rinviare il giudizio, ma la indisponibilità a un nuovo confronto rende chiara la volontà di procedere col pilota automatico.
Le difficoltà di sistema
Si discute di una revisione del modello per consentire una misurazione dell’impatto, per comprendere il valore che l’Istituto genera in termini di qualità, efficacia e affidabilità. Principio nobile in teoria, ma funzionale solo se si può misurare a livello di ente, non con una differenziazione su scala territoriale.
Volendo banalizzare, a titolo di esempio: è possibile misurare l’automazione o la continuità di reddito a livello territoriale? Avrebbe senso un’operazione simile?
Dai documenti offerti, inoltre, risulta complicato comprendere chi potrebbe ambire a ottenere uno scostamento positivo in termini di valore pubblico: se l’obiettivo, per ogni
singola voce, coincide con il valore ottimale, per raggiungere il massimo le sedi dovrebbero ottenere il punteggio pieno in tutti i parametri considerati. Basta un solo freno a mano tirato, una pur lieve défaillance rispetto ai programmi, per determinare uno scostamento negativo. Ed è singolare questo dato: perché se l’obiettivo dovrebbe essere “aumentare il benessere sociale”, la soluzione proposta pare evidenziare, al contrario, l’impossibilità di raggiungere questo target quasi per definizione.
La centralizzazione del processo e l’impossibilità di leggere i dati
Il sistema, evidentemente complesso, non sembra poi agevolare il controllo da parte delle sedi sulla correttezza dei dati importati nel cruscotto; e l’esperienza insegna il tasso di dispersione e di errore che in tali passaggi si viene a determinare.
Ad avviso della FP CGIL l’obiettivo dovrebbe essere esattamente il contrario: consentire alle sedi un monitoraggio autonomo e anticipato rispetto agli indicatori. Così, invece, sembra delinearsi una sorta di black box, dove i dati sono oscurati almeno fintantoché la Direzione Generale non decide di disvelarli.
Il controller, figura che è stata giustamente valorizzata per il ruolo assolto nelle sedi con gli ultimi integrativi degni di nota, rischia così di vedere la sua figura ridimensionata ove non espressamente messa in discussione.
Si può sostenere che un indicatore sia “measurable” quando i controller non hanno la possibilità di vederlo?
Specifiche a impatto zero
Rimane poi incomprensibile la scelta, ancorché condivisibile per astratto, di prevedere dei sotto-ambiti valoriali nel sistema. Se si passa direttamente a considerare le dimensioni dei valori, questa articolazione lascia quantomeno perplessi sull’utilità di una simile proiezione.
In assenza del testo definitivo, il giudizio sul lavoro fin qui svolto non può più essere sospeso ma deve per forza di cose assumere una caratura critica: vuoi perché mancano gli elementi per strutturare un dialogo, nonostante i ripetuti richiami in tal senso da parte della nostra organizzazione a fornire documenti esaustivi; vuoi perché il modello proposto si fa via via meno intellegibile perfino per gli addetti ai lavori.
Il rischio che paventiamo è quello di un eccesso di centralizzazione, con le sedi territoriali che si muovono al buio.
Giuseppe Lombardo
Alessandro Casile
Giuseppe Cipriani
Francesco Reali