INPS – Siamo sempre meno, pagati sempre peggio

16 Dicembre 2025

«La Pubblica Amministrazione italiana invecchia, e i numeri lo confermano. Secondo i dati dell’Osservatorio INPS relativi al 2024, la fascia d’età più numerosa tra i lavoratori pubblici è quella compresa tra i 55 e i 59 anni: quasi 662 mila dipendenti, pari al 17,7% del totale».

A dirlo non sono i pericolosi trinariciuti della CGIL, che pure da tre anni – attraverso la proposta di un piano straordinario per l’occupazione nella PA – chiedono investimenti certi al Governo per affrontare l’emergenza.

Lo afferma invece il Direttore generale del Politecnico di Torino, Vincenzo Tedesco, il quale evidenzia come “entro dieci anni circa un terzo del personale della Pubblica Amministrazione attualmente in servizio raggiungerà l’età pensionabile”.

Si tratta di un elemento critico che abbiamo sottolineato più volte, rimarcando la portata della sfida. Non c’è soltanto da garantire la continuità dei servizi e da contrastare la dispersione di professionalità storiche – che rischiano di lasciare in eredità un grave deficit di competenze – ma anche da costruire percorsi di carriera attrattivi per le nuove generazioni, evitando il lento e inesorabile stillicidio verso l’estero o il settore privato.

Questi spunti li avevamo già portati al tavolo della contrattazione collettiva nella scorsa tornata negoziale, senza trovare ascolto né da parte del Governo – più interessato a una sforbiciata strutturale ai salari del pubblico impiego – né da parte delle organizzazioni sindacali firmatarie.

Continuiamo tuttavia a ribadirli anche in INPS, dove la crescita della competenza si scontra drammaticamente con incentivi sempre più ridotti e con un meccanismo perverso applicato ai differenziali, che rischia di costruire un vero e proprio cono d’ombra nel quale precipiteranno, paradossalmente, proprio gli assunti degli ultimi dieci-quindici anni, insieme a chi ha effettuato progressioni in deroga.

Lo stesso Tedesco, in una riflessione pubblicata sul Sole 24 Ore alcune settimane fa, lo scriveva a chiare lettere: “tra procedure concorsuali troppo lunghe e stipendi medi nettamente inferiori rispetto al settore privato, il rischio è che l’attrazione dei nuovi talenti rimanga un miraggio e che il cambio di guardia si trasformi in una fuga di competenze più che in un rinnovo”.

In INPS il saldo è allarmante: siamo scesi a 24.575 dipendenti, con evidenze critiche drammatiche in settori strategici (736 ispettivi, 361 sanitari, 96 tecnici in servizio).

A questo affresco si aggiunge un altro dato di enorme impatto: di queste circa 24 mila unità, ben 22.163 sono funzionari. Senza reali sbocchi di carriera, senza Quarta Area, senza nuovi percorsi strutturati di crescita professionale. Di più: con un CCNI che minaccia di essere un imbuto, in cui pochissimi riescono a ottenere un riconoscimento.

Che cosa si intende fare? Attendere semplicemente che colleghe e colleghi migrino altrove?

Coordinatore nazionale FP CGIL INPS

Giuseppe Lombardo

 

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