Dipartimento Welfare – MdL – Legge 133/08 e servizi ispettivi del Ministero del Lavoro

18 Luglio 2011

Welfare MdL – Legge 133/08 e servizi ispettivi del Ministero del Lavoro

 

 
Con la conversione del DL 112 nella legge 133/2008, l’attuale Governo di Centro-Destra ha inteso annullare gran parte della legislazione sociale prodotta dal Parlamento nel corso della precedente legislatura con il preciso intento di eliminare ogni possibile ostacolo all’avvio del proprio progetto di destrutturazione del mercato del lavoro per consegnare ai datori spazi di manovra nella gestione dei processi produttivi e nella gestione dei rapporti di lavoro senza più vincoli e condizionamenti da parte dello Stato in nome dell’errata convinzione che solo attraverso la centralità dell’impresa si possono garantire sviluppo economico ed occupazione.

In nome di questo afflato, si è pertanto intervenuti a depotenziare, ed in molti casi addirittura a cancellare, il sistema di norme che prevedevano sanzioni e controlli nei confronti delle imprese inadempienti verso i propri dipendenti sia per quanto riguarda l’emersione dal lavoro nero e la stabilizzazione del precariato che per quanto riguarda la sicurezza nei cantieri, il rispetto delle regole sul reclutamento, le omissioni contributive, previdenziali e contrattuali.

Con il venir meno dei vincoli preesistenti si è così introdotto un sistema che di fatto rende del tutto inutili gli accertamenti da parte degli Enti interessati vista la crescente complicazione materiale di comminare qualsiasi contestazione; se a ciò si accompagnano la riduzione delle sanzioni ed una linea interpretativa che tende a rendere eterea l’azione ispettiva e il rispetto, formale e sostanziale, della Legge, si può capire come tutto il sistema sanzionatorio sia destinato a ridurre fortemente il suo carattere di deterrenza.

E’ evidente l’obbiettivo politico di rendere oltremodo complicata la continuità e l’efficacia delle attività dei servizi ispettivi del Ministero del Lavoro sia sul piano organizzativo che funzionale, non solo alla luce dei contenuti della Direttiva del Ministro in applicazione del nuovo dettato normativo stabilito dalla legge 133/2008 ma soprattutto di fronte alla recente e sorprendente circolare, emanata dalla Direzione generale della Attività Ispettiva, per quanto riguarda le azioni di controllo e vigilanza svolte nei territori dalle singole Direzioni regionali e provinciali del lavoro.

Sul piano del merito sono molte le incongruenze che si verranno a creare a seguito dell’invito fatto con la Direttiva agli ispettori di tener conto delle ragioni della competitività dell’impresa a fronte di violazioni formali compiute dalla stessa quali ad esempio la mancata trascrizione delle ore prestate o, addirittura, la trascrizione scorretta dei dati nel libro unico; è chiaro che tutta l’impostazione politica della Direttiva tende ad evidenziare le “ragioni dell’ impresa” nei confronti dei diritti e delle istanze dei lavoratori, e, in ogni caso, a rendere più gracili le iniziative per il soddisfacimento dei diritti lesi.

Gravissimo ed illecito è poi, come fa la Nota della Direzione Generale delle Attività Ispettive, imporre agli Ispettori un comportamento ( far partire la sospensione dell’attività imprenditoriale dalle ore 12 del giorno successivo all’accesso ispettivo) che non è supportato da alcuna disciplina legislativa.

La Direttiva di Sacconi, nonché la Nota ai Dirigenti del Direttore Generale per l’Attività Ispettiva vanno ben oltre le disposizioni di legge in maniera del tutto arbitraria e soggettiva, alterando la gerarchia delle fonti giuridiche.

Ma è la direzione politica e giuridica delle scelte governative che, nel suo insieme, non può essere accettata.

Si depotenziano le strutture, gli organici, le risorse per il riconoscimento del lavoro; si tende a snaturare il ruolo dell’Ispettore, la sua funzione di “soggetto terzo”, di garante della legalità; si deregola il diritto del lavoro e si invoca una pratica di applicazione delle Leggi fondata su presupposti improponibili: tener conto, nella azione ispettiva, di “forme di controllo sociale” (Enti Bilaterali) o “istituzionale” (sedi di certificazione di contratti o appalti), limitare l’iniziativa solo di fronte a “denunce di illegalità gravi” (chi decide e con quali criteri), farsi carico della “tenuta dei livelli occupazionali e del sistema” ( che è compito di altri soggetti e di altre poitiche).

Insomma un insieme di scelte normative ed interpretative che sembrano voler inverare l’idea, tanto cara al Ministro Sacconi, della “complicità” con le imprese.
 
Ma se la complicità (parola che evoca relazioni non proprio esemplari e trasparenti) è già cosa assai discutibile nel rapporto tra soggetti privati (impresa – singolo lavoratore, o sindacati, ecc.) essa è assolutamente improponibile per coloro i quali, per dovere istituzionale, devono sempre applicare le Leggi (anche laddove la “complicità” ha generato illegalità), garantire i diritti, svolgere una funzione terza tra capitale e lavoro.

Occorre una forte iniziativa di contrasto affinchè venga impedito che queste disposizioni arbitrarie possano diventare senso comune.

La CGIL, per quanto la riguarda, si attiverà in tutte le sedi per impedire che ciò avvenga e, nello stesso tempo, si adopererà affinché, attraverso una efficace e programmata azione delle attività ispettive in tutti i territori, con le relative risorse , l’azione di controllo e vigilanza non perda la sua efficacia.

Tutto ciò con un forte Coordinamento della CGIL Confederale, ai vari livelli, che metta insieme le esigenze d’intervento nei territori delle categorie, con l’attività di programmazione ed indirizzo delle Commissioni nonché con l’azione della Funzione Pubblica CGIL per quanto riguarda gli aspetti di riordino e rilancio dei servizi all’impiego ed ispettivi. 
 
p. la Segreteria Nazionale FP CGIL
Mauro Beschi

In allegato: Direttiva Ministero del Lavoro su servizi ispettivi

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