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I medici in sciopero il 6 maggio con la Cgil. Il volantino

 
 

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Medici di famiglia, il corso dura 3 anni

 
 

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La FPCGIL Medici oggi in piazza con la CGIL. Le foto di Roma, Napoli, Cagliari e Foggia

 
Grazie a tutti i medici ed i veterinari che oggi hanno aderito allo sciopero generale della Cgil e sono scesi in piazza in corteo dietro i nostri striscioni e nei gazebo per raccogliere le firme per l’appello “Io non costringo, curo”.
 
Massimo Cozza

 

Il segretario nazionale della FPCGIL Medici Massimo Cozza insieme al segretario regionale della FPCGIL Medici di Roma e Lazio Stefano Mele al gazebo “Io non costringo, curo” al Colosseo dove sono state raccolte centinaia di adesioni all’appello contro il Ddl Calabrò promosso dalla FPCGIL e dalla FPCGIL Medici
 
La FPCGIL Medici Campania in corteo a Napoli con il segretario regionale FPCGIL Medici Campania Giosuè Di Maro
 
La FPCGIL Medici Sardegna in corteo a Cagliari con il responsabile aziendale di Cagliari Alessandro Monni
 
La FPCGIL Medici al corteo di Foggia con il segretario provinciale Piero Bonfitto

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FPCGIL Medici su emergenza-urgenza a Fazio: adeguamento organici e abolizione guardia medica

 
Oggi la FPCGIL Medici ha inviato al Ministro della Salute Ferruccio Fazio le proposte sull’emergenza-urgenza, così come concordato nell’incontro del 4 maggio a Roma.

In primo luogo il sindacato propone un accesso unico telefonico per tutte le emergenze ed urgenze, individuato nel 118, che attiverà i percorsi ospedalieri o territoriali in base alla gravità delle patologie riscontrate.

L’obbiettivo strategico è la realizzazione di strutture territoriali h24 per le risposte ai codici bianchi e verdi – con la partecipazione della medicina generale, della pediatria di libera scelta e della medicina specialistica ambulatoriale – che siano visibili, accessibili ed in grado di fornire risposte immediate ed efficaci, compresa la diagnostica e gli interventi domiciliari.

L’istituzione di team separati al pronto soccorso per i codici bianchi e verdi deve invece rappresentare solo una soluzione tampone per far fronte agli accessi diretti per le urgenze minori all’ospedale che oggi sono la maggioranza in particolare di giorno, ma dovranno diventare residuali con la realizzazione delle strutture territoriali h24.

Fondamentale è la copertura dei vuoti di organico dei pronto soccorso e del 118, superando il buco nero del precariato ed eliminando la tagliola del blocco del turn over nelle Regioni soggette ai piani di rientro.

Per realizzare la nuova organizzazione del sistema urgenza-emergenza è ineludibile l’abolizione della guardia medica con la piena valorizzazione professionale dei medici.

La guardia medica attuale come servizio autonomo è infatti un’anomalia disfunzionale, spesso inadeguata alle esigenze dei cittadini. Tutta la medicina generale (guardie mediche e medici di famiglia) deve invece convergere con pari dignità in una unica figura professionale delle cure primarie.

Si deve comunque conservare il rapporto di convenzione, quello fiduciario con gli assistiti, ma si deve rafforzare il rapporto con l’ambito territoriale distrettuale per rendere possibile anche una adeguata risposta h24 ai codici bianchi e verdi.

Altri punti funzionali al nuovo sistema sono il passaggio alla dipendenza di tutti medici del 118, garantendo i diritti acquisiti di chi sta già in graduatoria e in convenzione; la riconversione del vecchio pronto soccorso dei piccoli ospedali troppo spesso luogo pericoloso per chi ci lavora e per chi arriva per farsi curare; percorsi appropriati seguendo il modello organizzativo hub&spoke in particolare nell’emergenza cardiovascolare, traumatologica e cerebrovascolare; l’implementazione della formazione in emergenza sanitaria per chi già lavora nel sistema e nei corsi di laurea, prevedendo una maggiore diffusione della specializzazione in “Medicina d’Urgenza”.

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Primari in fuga dal Niguarda. La denuncia dellla FPCGIL Medici su Repubblica e Corriere della Sera

 
 

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Livelli di assistenza sanitaria. Solo 8 Regioni li garantiscono al 100%. Per 6 la situazione è critica

 
(www.quotidianosanita.it) Il Ministero della Salute ha pubblicato il rapporto sul Mantenimento dell’erogazione dei Livelli essenziali di assistenza 2009. Il quadro non è roseo. Sulle 17 Regioni esaminate solo 8 escono promosse a pieni voti. Tre guadagnano la promozione ma con riserva. Ma ben 6 non raggiungono la sufficienza: Molise, Abruzzo, Sicilia, Campania, Lazio e Calabria.

09 MAG – Sono le prestazioni e i servizi che devono essere garantiti a tutti i cittadini. Ma nei fatti sono solo 8 le Regioni – Emilia Romagna, Lombardia, Toscana, Marche, Piemonte, Umbria, Veneto e Liguria – hanno adempiuto al loro compito di erogare i Livelli essenziali di assistenza (Lea) in modo efficiente. Basilicata, Sardegna e Puglia se la sono cavata, anche se devono migliorare. Ma per il Lazio e le Regioni del Sud la situazione è “critica” .
A rilevarlo è il monitoraggio sui Lea del ministero della Salute, relativo al 2009 e riguardante 17 Regioni (mancano i dati di Valle D’Aosta, Friuli Venezia Giulia, Trento e Bolzano), con un set di 21 indicatori selezionati appositamente dal Comitato Lea sulle macroaree di assistenza (6 indicatori per la prevenzione, 9 per l’assistenza distrettuale, 6 per l’ospedaliera).

La valutazione finale è illustrata in sintesi nella tabella a fondo pagina, dove il ministero ha anche specificato, Regione per Regione, gli aspetti più critici emersi dal monitoraggio. Scavando un po’ più in dettaglio tra gli indicatori è possibile notare altri particolari. Soprattutto che l’inadempienza del Sud e Isole non deriva solo dalla carenza di prestazioni in termini quantitativi, ma inferiore è anche la qualità delle prestazioni erogate. È al Sud, ad esempio, che si fa più ricorso al taglio cesareo e che si operano con maggiore ritardo le fratture del femore negli anziani, riducendo così le possibilità di recupero del paziente.

Nel dettaglio, la Campania conserva la maglia nera per i cesarei, con un ricorso al taglio nel 61,97% dei parti, seguita dalla Sicilia, con il 53,14%, e dal Molise, con il 48,45%. In generale, tutte le Regioni del Sud, a cui si aggiunge il Lazio, superano il 40% (fa eccezione la Sardegna, con il 37,77%.). I livelli del Nord, invece, viaggiano sul 30%, con il migliore risultato della Toscana, che con il 26,56% di cesarei si avvicina al limite del 25% per i tagli cesarei raccomandato dalle linee guida.
E ancora: in Puglia solo il 18,07% degli anziani ricoverati per la frattura del femore viene operato entro 48 ore. Il 22% in Campania e Sicilia, il 25% in Basilicata. Ma va male anche nel Lazio, dove si registra solo il 21,84% degli interventi effettuati entro 48 ore. Certo, i margini di miglioramento sono consistenti anche al Nord, ma la media riesce almeno a raggiungere il 40%, con punte del 59,46% nelle Marche e del 54,16% in Toscana.

Tra gli indicatori a rilevare quanto sia spaccata in due l’Italia anche quello relativo allo screening. Per valutarlo il ministero ha preso in considerazione le persone che hanno effettuato test di screening di primo livello in un programma organizzato per cervice uterina, mammella e colon retto. A ciascuno è stato attribuito un punteggio da 0 a 5, che indicava il livello di partecipazione al programma della popolazione target. Il massimo punteggio, 5, significava per lo screening alla mammella una partecipazione di oltre il 60% della popolazione target, negli altri due casi una partecipazione oltre al 50%. Il ministero ha quindi sommato i punteggi di partecipazione agli screening per le tre forme tumorali, registrando la partecipazione massima (punteggio 15, percentuale superiore al 50%) in Toscana, seguita dal Veneto e dall’Emilia Romagna (punteggio 13) e dall’Umbria 11. Al Sud d’Italia questi livelli sono un miraggio. Sicilia e Sardegna hanno un punteggio di partecipazione ai programmi di screening pari a 1, Lazio e Campania registrano 2, Calabria 4, Puglia 6.

Significative anche le differenze per il tasso di ricoveri attribuibili a Drg ad alto rischio di in appropriatezza. I risultati migliori sono quelli del Piemonte e della Toscana (dove i ricoveri potenzialmente inappropriati sono rispettivamente il 5,20 per mille abitanti e il 6,80), ma in Molise e in Puglia raggiungono il 18,09 e il 16,60. Male anche Sardegna (14,43), Campania (14,02), Calabria (11,68), Abruzzo (12,07) e Lazio (13,26). Ma spicca anche il dato della Lombardia, con il 12,34 di ricoveri potenzialmente inappropriati. La quota più alta registrata al Nord.

Forte gap anche per l’assistenza domiciliare integrata. I più assistiti sono gli over 75 enni del Veneto (il 16,7% rientra in un programma di assistenza Adi), seguiti da quelli dell’Emilia Romagna (14,03%) e della Lombardia (10,32%). Dello stesso servizio usufruiscono invece solo l’1,3% dei calabresi over 75enni e l’1,79% degli anziani campani e pugliesi. Altre 6 Regioni non superano il 6% di anziani assistiti in Adi. Ma altrettanto bassa è la percentuale di anziani trattati in strutture residenziali. In Campania avviene solo per lo 0,02% degli over 75enni, in Puglia per lo 0,36%. Punta invece su queste strutture il Veneto, dove ben il 74,58% degli anziani viene trattato in una struttura residenziale. Per tutte le altre Regioni, la quota registra valori molto bassi, per lo più non oltre al 5%, tolto il caso della Basilicata (13,66%), comunque ben lontano dal valore del Veneto.

Al contrario, si fa ampio ricorso all’ospedale nel Sud d’Italia. È infatti lì che si registra il più alto tasso di ospedalizzazione, che tocca il massimo in Campania (223,7 per 1.000 abitanti), seguito dalla Sicilia (213,19) e dal Molise (197,58). Il valore minimo se lo aggiudica invece la Toscana, con 148,56, poi il Veneto (150,49) e il Piemonte (159,26).
Più alto al Sud rispetto al Nord anche il ricorso ai farmaci. La percentuale di spesa farmaceutica territoriale supera il tetto del 13%, andando oltre il 15%, in Sardegna, Sicilia, Calabria, Puglia, Abruzzo e anche Lazio. Solo la Basilicata si mantiene sotto il tetto, con il 12,83%, valore simile a quello dell’Umbria (12,56%), della Toscana (12,5%), dell’Emilia Romagna (12,2%), della Lombardia (12,04%) e del Piemonte (12,62).

 

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Le proproste della FPCGIL Medici su emergenza-urgenza riprese da Ansa, Adn, Asca, QS, Unita.it, Famiglia Cristiana.it

 
 
 

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Una professione da rilanciare nella sanità lombarda. 27 maggio Assemblea Regionale FPCGIL Medici

 
 

Lavoro usurante: anche per medico ospedaliero con 64 notti annue, ma con limitazioni. Comunicato stampa Fp-Cgil Medici

La pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto Legislativo 67/2011 per l’accesso anticipato al pensionamento (in vigore dal 26 maggio 2011) riconosce come attività particolarmente usurante anche il lavoro notturno dei medici dipendenti.

Per ottenere i benefici, fino al 31 dicembre del 2017 i medici con almeno 35 anni di contribuzione dovranno aver effettuato almeno 7 anni di lavoro notturno negli ultimi 10 di attività, compreso l’anno di maturazione dei requisiti. Dal 2018, ferma restando la quota dei 35 anni di contributi, la soglia si innalzerà alla metà della vita lavorativa.

Matura, sempre su richiesta, un anno di anticipo della pensione il medico che ha svolto da 64 a 71 notti l’anno, due anni di anticipo da 72 a 77 notti l’anno, tre anni oltre le 78 notti.

In caso di insufficienza delle risorse finanziarie, la decorrenza del trattamento potrà essere differita con criteri di priorità in ragione della maturazione dei requisiti.

“Per la prima volta – dichiara Massimo Cozza, segretario nazionale della Fp-Cgil Medici – per i medici ospedalieri c’è il riconoscimento di lavoro particolarmente usurante, se svolto anche di notte per circa 6 turni al mese, ferie escluse”.

“Per i medici si tratta di un primo risultato concreto, anche se parziale e con limitazioni – aggiunge Cozza – dopo circa venti anni di inutili tentativi per il riconoscimento di alcune specificità. Nel Dlgs 273 del ’93, mai attuato, erano inclusi nei benefici esclusivamente i medici e chirurghi d’urgenza, anestesisti e rianimatori. Oggi anche queste specificità possono essere finalmente considerate usuranti se svolte di notte, ma insieme a loro i benefici possono riguardare tutti i medici dipendenti che effettuano lavoro notturno con una elevata frequenza, dai chirurghi generali agli internisti, dai cardiologi ai ginecologi, dagli ortopedici ai nefrologi”.

“Continueremo comunque a batterci – conclude il segretario nazionale dell’Fp-Cgil Medici – per un più esteso riconoscimento del lavoro usurante dei medici e per una equa applicazione dei benefici del Dlgs a tutti coloro che svolgono costantemente turni notturni, a partire dai medici convenzionati della continuità assistenziale e del 118, per i quali abbiamo già chiesto al Ministro del Lavoro l’assimilabilità al lavoro dipendente”.

Roma, 12 maggio 2011

 

Biotestamento. "Io non costringo curo": 18 maggio sit-in a Montecitorio contro ddl Calabro. Comunicato stampa Cgil Nazionale e Fp-Cgil Nazionale

Il 18 Maggio in Piazza Montecitorio a Roma, a partire dalle ore 15:00, in contemporanea con l’avvio delle operazioni di voto in aula, la Cgil Nazionale e l’Fp-Cgil Nazionale effettueranno un sit-in per chiedere che il parlamento fermi il Ddl Calabrò sul testamento biologico.

I medici, gli operatori sanitari e i cittadini possono ancora aderire all’appello per la libertà di scelta sul testamento biologico e contro l’accanimento terapeutico “Io non costringo, curo”, promosso da Fp-Cgil ed Fp-Cgil Medici, sul sito www.fpcgil.it/iononcostringocuro.

Roma, 12 Maggio 2011

 

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La FPCGIL Medici sui lavori usuranti ripresa da Ansa, Adn, Agi e Dire. Il testo del Dlgs 67/2011

 
 

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Ci tagliano la salute. Inchiesta dell'Espresso.

 
 

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