La Corte Costituzionale, in riferimento all’articolo 23 della Costituzione (“Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”), con la sentenza n. 190 del 5 giugno 2007 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle parti delle leggi n. 306 del 1901 e 289 del 2002 in cui prevedono che la misura del contributo obbligatorio dei sanitari iscritti agli Ordini professionali sia stabilita dal Cda dell’Onaosi.
A questo punto appare necessario un intervento legislativo in materia.
SENTENZA N. 190
ANNO 2007
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
– Franco BILE Presidente
– Giovanni Maria FLICK Giudice
– Francesco AMIRANTE ”
– Ugo DE SIERVO ”
– Paolo MADDALENA ”
– Alfio FINOCCHIARO ”
– Alfonso QUARANTA ”
– Franco GALLO ”
– Luigi MAZZELLA ”
– Gaetano SILVESTRI ”
– Sabino CASSESE ”
– Maria Rita SAULLE ”
– Giuseppe TESAURO ”
– Paolo Maria NAPOLITANO ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 52, comma 23, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2003), promosso con ordinanza del 14 giugno 2006 dal Tribunale di Parma nel procedimento civile vertente tra Avanzini Ilaria ed altri e la Fondazione Opera Nazionale Assistenza Orfani Sanitari Italiani (O.N.A.O.S.I.), iscritta al n. 597 del registro ordinanze 2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 1, prima serie speciale, dell’anno 2007.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 4 giugno 2007 il Giudice relatore Luigi Mazzella.
Ritenuto in fatto
1. – Con ordinanza del 14 giugno 2006, il Tribunale di Parma, in funzione del giudice del lavoro ha sollevato – in riferimento agli articoli 3 e 23 della Costituzione – questione di legittimità costituzionale dell’articolo 52, comma 23, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2003), – (recte: dell’art. 2, lettera e), della legge 7 luglio 1901, n. 306, Provvedimenti pel Collegio-convitto per gli orfani dei sanitari italiani in Perugia), quale sostituita dall’art. 52, comma 23, della legge n. 289 del 2002, il quale prevede il contributo obbligatorio di tutti i sanitari iscritti agli ordini professionali italiani dei farmacisti, medici chirurghi, odontoiatri e veterinari, nella misura e con le modalità di versamento stabilite dal consiglio di amministrazione della Fondazione Opera Nazionale Assistenza Orfani Sanitari (ONAOSI), con regolamenti soggetti ad approvazione dei ministeri vigilanti, ai sensi dell’art. 3, comma 2 del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509 (Attuazione della delega conferita dall’art. 1, comma 32, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, in materia di trasformazione in persone giuridiche private di enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza).
Nel caso concreto, l’articolo 4 del regolamento ONAOSI concernente la riscossione dei contributi obbligatori e volontari, approvato con atto interministeriale del 31 luglio 2003, aveva determinato l’entità del contributo in funzione esclusiva dell’età del soggetto obbligato. Il giudice rimettente denuncia la non manifesta infondatezza della questione, in quanto la norma censurata, in contrasto con l’articolo 23 Cost., non determina in via preventiva né in termini sufficientemente precisi i criteri direttivi cui deve ispirarsi il consiglio di amministrazione della Fondazione, senza che sia possibile desumere aliunde detti criteri.
Secondo il giudice a quo, non valgono a superare le carenze della norma censurata gli artt. 2 e 3 del decreto legislativo n. 509 del 1994, i quali attengono piuttosto alla gestione, in regime di autonomia organizzativa e contabile dell’ente ed alla vigilanza ministeriale, né l’art. 3, comma 12 della legge 8 agosto 1995, n. 335 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare), trattandosi di disposizioni che comunque presuppongono criteri-limite per la determinazione originaria dei contributi che non possono essere lasciati alla mera discrezionalità dell’ente interessato.
Secondo il rimettente la norma denunciata violerebbe anche l’art. 3 Cost., dal momento che secondo l’art. 4 del regolamento di riscossione dei contributi in questione la stessa entità del contributo, a parità di anzianità anagrafica, grava su tutti indistintamente gli obbligati indipendentemente dal loro reddito.
2. – E’ intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l’inammissibilità, o, comunque, per l’infondatezza della questione.
Secondo la difesa erariale, l’ordinanza di rimessione, omettendo ogni riferimento alla concreta determinazione dell’organo che ha deliberato la misura del contributo, non consente di stabilire, in concreto, se sia stato fatto, da parte di tale organo, un uso ragionevole del potere discrezionale che la legge gli attribuisce per la quantificazione dei contributi.
Parimenti inammissibile – a giudizio dell’Avvocatura – è la censura riguardante l’asserita violazione dell’art. 3 Cost., per essere stato fissato il contributo di cui si tratta in ragione soltanto dell’età anagrafica. Tale censura ha ad oggetto non la legge, ma un regolamento, per sua natura non censurabile in questa sede.
Nel merito, secondo la difesa erariale, la riserva di legge disposta dall’art. 23 Cost. risulta pienamente soddisfatta dalla norma censurata. La Fondazione ONAOSI rientra tra gli enti previdenziali dei liberi professionisti privatizzati con il citato d.lgs. 30 giugno 1994, n 509. La legge delega 24 dicembre 1993, n. 537, aveva disposto (art. 1, comma 33) che la privatizzazione di tali enti si realizzasse nelle forme dell’associazione o della fondazione «con garanzie di autonomia gestionale, organizzativa, amministrativa e contabile, ferme restandone […..] l’obbligatoria iscrizione e contribuzione agli stessi degli appartenenti alle categorie di personale a favore dei quali essi risultano istituiti.»
In conclusione, secondo la difesa erariale, il potere impositivo esercitato trova la sua fonte nella legge, in piena conformità con il dettato dell’art. 23 Cost., mentre l’eventuale erroneità o invalidità della determinazione contributiva operata in concreto, per difformità rispetto ai princípi di legge, potrebbe costituire violazione non censurabile in sede di giudizio di legittimità costituzionale.
Considerato in diritto
1. – Il Tribunale di Parma dubita, in riferimento agli artt. 3 e 23 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 2, lettera e), della legge 7 luglio 1901, n. 306 (Provvedimenti pel Collegio-convitto per gli orfani dei sanitari italiani in Perugia), quale sostituita dall’art. 52, comma 23, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2003), il quale prevede che «Alle spese occorrenti per il mantenimento, l’educazione e l’istruzione degli orfani e delle orfane di cui all’art. 1 concorreranno […] tutti i sanitari iscritti agli ordini professionali italiani nella misura stabilita dal consiglio di amministrazione della fondazione che ne fissa misura e modalità di versamento con regolamenti soggetti ad approvazione dei ministeri vigilanti, ai sensi dell’art. 3, comma 2 del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509 (Attuazione della delega conferita dall’art. 1, comma 32, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, in materia di trasformazione in persone giuridiche private di enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza)».
La disciplina dell’attività della Fondazione, al cui consiglio di amministrazione è rimessa la determinazione dei contributi, risale alla legge 7 luglio 1901, n. 306 (Provvedimenti pel Collegio-convitto per gli orfani dei sanitari italiani in Perugia). L’oggetto dell’attività di tale ente è sempre stato il mantenimento, l’educazione e l’istruzione degli orfani bisognosi dei medici, chirurghi, veterinari e farmacisti gravati di contributi obbligatori (oltre che volontari). La misura di tali contributi – per un primo periodo – è stata stabilita direttamente da vari provvedimenti di legge: dal decreto-legge luogotenenziale 27 ottobre 1918, n. 1725, convertito, con modificazioni, nella legge 4 ottobre 1920, n. 1476; dal regio decreto-legge, 27 settembre 1938, n. 1825, convertito in blocco nella legge 2 giugno 1939, n. 739, ed infine dalla legge 31 gennaio 1949, n. 21.
Solo con la legge n. 289 del 2002 la determinazione dei contributi obbligatori è stata affidata all’iniziativa del Consiglio di amministrazione della Fondazione mediante regolamenti soggetti ad approvazione interministeriale. E ciò, per effetto dell’avvenuta privatizzazione dell’ente stabilita dalla legge 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica), dalla cui delega ha tratto origine il decreto legislativo n. 509 del 1994. Nel fissare i princípi ed i criteri direttivi della privatizzazione degli enti previdenziali, tra i quali l’ ONAOSI, l’art. 1, comma 33, lettera a), numero 4, della legge n. 537 del 1993 disponeva che essa si realizzasse nelle forme dell’associazione o della fondazione «con garanzie di autonomia gestionale, organizzativa, amministrativa e contabile, ferme restandone […..] l’obbligatorietà della iscrizione e della contribuzione agli stessi degli appartenenti alle categorie di personale a favore dei quali essi risultano istituiti».
L’art. 1, comma 4, del decreto legislativo n. 509 del 1994 prevede quali criteri ispiratori dello statuto e del regolamento da adottarsi a cura degli enti previdenziali privatizzati: a) la «trasparenza nei rapporti con gli iscritti e composizione degli organi collegiali, fermi restando i vigenti criteri di composizione degli organi stessi così come previsti dagli attuali ordinamenti»; b) la «determinazione dei requisiti per l’esercizio dell’attività istituzionale, con particolare riferimento all’onorabilità e professionalità dei componenti degli organi collegiali e, comunque, dei responsabili dell’associazione o fondazione»; c) la «previsione di una riserva legale, al fine di assicurare la continuità nell’erogazione delle prestazioni in misura non inferiore a cinque annualità dell’importo delle pensioni in essere».
L’art. 2 dello stesso decreto legislativo, dopo aver riconosciuto agli enti trasformati in associazioni o fondazioni «autonomia gestionale, organizzativa e contabile, nel rispetto dei princípi stabiliti dal presente articolo nei limiti fissati dalle disposizioni del presente decreto in relazione alla natura pubblica dell’attività svolta» (comma 1), stabilisce che «La gestione economico-finanziaria deve assicurare l’equilibrio di bilancio mediante l’adozione di provvedimenti coerenti alle indicazioni risultanti dal bilancio tecnico da redigersi con periodicità almeno triennale» (comma 2). In caso di disavanzo economico-finanziario, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con gli altri Ministri indicati nel successivo art. 3, comma 1, «si provvede alla nomina di un commissario straordinario, il quale adotta i provvedimenti necessari per il riequilibrio della gestione» (comma 4).
Il successivo art. 3 specifica che la vigilanza sulle associazioni o fondazioni, affidata al Ministero del lavoro e della previdenza sociale, al Ministero del tesoro, nonché ad altri Ministeri competenti, si esercita attraverso l’approvazione degli statuti e dei regolamenti degli enti in questione, nonché delle «delibere in materia di contributi e prestazioni » (comma 2, lett. a) e b) e può essere preceduta dalla formulazione di specifici rilievi dei quali gli organi devono tener conto nella propria «motivata decisione definitiva» (comma 3).
Successivamente la legge 8 agosto 1995, n. 335 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare) all’art. 3, comma 12, nel delineare specificamente le sfere di autonomia normativa e gestionale degli enti previdenziali privatizzati, ha disposto che in esito alle risultanze del bilancio tecnico e in attuazione di quanto previsto dall’art. 2, comma 2 del d.lgs. n. 509 del 1994, «sono adottati dagli enti medesimi provvedimenti di variazione delle aliquote contributive, di riparametrazione dei coefficienti di rendimento o di ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico nel rispetto del principio del pro-rata in relazione alle anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti».
2. – Secondo il giudice rimettente, la norma censurata si pone in contrasto con l’art. 23 della Costituzione perché, in assenza di ogni indicazione sui criteri per la determinazione dei contributi obbligatori, viola la riserva di legge relativa alle prestazioni patrimoniali imposte. Inoltre, il contributo, così come in concreto quantificato dall’art. 4 del regolamento ONAOSI concernente la riscossione dei contributi obbligatori e volontari, approvato con l’atto interministeriale 31 luglio 2003, collide con il principio di uguaglianza dettato dall’art. 3 della Costituzione, atteso che esso viene posto a carico di tutti i soggetti obbligati in base al solo criterio dell’età anagrafica e senza alcun riguardo ai redditi di ciascuno di essi.
3. – Preliminarmente, dev’essere disattesa l’eccezione di inammissibilità per difetto di rilevanza, sollevata dall’Avvocatura dello Stato in relazione alla carenza, nell’ordinanza di rimessione, di ogni riferimento alla concreta determinazione dell’organo che ha deliberato la misura del contributo, il che non consentirebbe di verificare, in concreto, l’uso ragionevole del potere discrezionale che la legge gli attribuisce per la quantificazione dei contributi.
Dal tenore dell’ordinanza di rimessione emerge chiaramente che le somme richieste ai ricorrenti del giudizio principale trovano origine nel precitato regolamento adottato dal consiglio di amministrazione della Fondazione resistente, emanato in attuazione della legge della cui legittimità costituzionale si dubita.
4. – La questione è fondata.
Ai sensi della norma denunciata, la determinazione del contributo imposto ai sanitari iscritti agli ordini professionali italiani dei farmacisti, dei medici chirurghi, degli odontoiatri e dei veterinari, spetta al consiglio di amministrazione della Fondazione ONAOSI, che ne fissa l’entità e le modalità di versamento con regolamenti soggetti ad approvazione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, di concerto col Ministero del tesoro e degli altri Ministeri competenti ad esercitare la vigilanza per gli enti previdenziali privatizzati ai sensi dell’art. 3, comma 2, del d.lgs n. 509 del 1994.
Non v’è dubbio che ai contributi in esame, siccome determinati con atto unilaterale, alla cui adozione non concorre la volontà del privato, sia da attribuire la natura di prestazioni patrimoniali obbligatoriamente imposte, come tali soggette alla garanzia dettata dall’articolo 23 Cost.
Tale parametro, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, configura una riserva di legge di carattere “relativo”, nel senso che essa deve ritenersi rispettata anche in assenza di una espressa indicazione legislativa dei criteri, limiti e controlli sufficienti a delimitare l’ambito di discrezionalità dell’amministrazione (sentenza n. 67 del 1973 e n. 507 del 1988) purché la concreta entità della prestazione imposta sia chiaramente desumibile dagli interventi legislativi che riguardano l’attività dell’amministrazione (sentenze n. 507 del 1988, n. 182 del 1994, n. 180 del 1996, n. 105 del 2003).
Così individuata la portata della riserva di legge posta dall’art. 23 Cost., appare evidente che la disciplina legislativa sugli obblighi contributivi posti dalla norma denunciata, esaminata nel contesto dei dati normativi citati, non risponde ai requisiti indicati dalla richiamata giurisprudenza costituzionale.
In particolare, venuto meno ogni collegamento con le fonti legislative succedutesi sino al 1949, la norma censurata, pur contenendo l’identificazione dei soggetti tenuti alla prestazione, nonché del modello procedimentale cui la Fondazione deve uniformare la propria attività, si limita a confermare l’obbligatorietà dei contributi previdenziali, che continuano ad esser posti a carico dei medesimi soggetti professionali anche dopo la privatizzazione dell’ente impositore, senza offrire alcun elemento, neanche indiretto, idoneo ad individuare criteri adeguati alla concreta quantificazione e distribuzione degli oneri imposti ai soggetti sopra menzionati.
Invero, i controlli previsti nel corso della procedura di approvazione dei contributi riguardano gli aspetti gestionali e di bilancio, mentre restano completamente in ombra le valutazioni sull’entità dei contributi obbligatori (come pure dei relativi aggiornamenti). Il risultato è che non si comprende in quale modo i precitati criteri e limiti possano essere ricavati da procedure di controllo ministeriale mirante a tutt’altro fine.
Per tali ragioni, la questione di legittimità sollevata dal Tribunale rimettente, in riferimento all’art. 23 della Costituzione, è fondata.
5. – Resta assorbita la questione sollevata al riferimento art. 3 della Costituzione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, lettera e), della legge 7 luglio 1901, n. 306 (Provvedimenti pel Collegio-convitto per gli orfani dei sanitari italiani in Perugia), quale sostituito dall’art. 52, comma 23 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria del 2003), nella parte in cui prevede che la misura del contributo obbligatorio di tutti i sanitari iscritti agli ordini professionali italiani è stabilita dal consiglio di amministrazione della Fondazione Opera Nazionale Assistenza Orfani Sanitari Italiani (ONAOSI), con regolamenti soggetti ad approvazione dei ministeri vigilanti, ai sensi dell’art. 3, comma 2, del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509 (Attuazione della delega conferita dall’art. 1, comma 32 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, in materia di trasformazione in persone giuridiche private di enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 giugno 2007.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Luigi MAZZELLA, Redattore
Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 14 giugno 2007.
Il 18 giugno 2007 è stato raggiunto un accordo fra le OO.SS. della Dirigenza (Medica-Veterinaria, nonchè Sanitaria, Professionale, Tecnica ed Amministrativa) e la Regione Piemonte in materia di assunzioni (alla luce del dettato della Finanziaria 2007) e di stabilizzazione del precariato.
Il nostro giudizio è complessivamente positivo in quanto con questo accordo la Regione Piemonte si impegna:
1) alla progressiva riduzione del fenomeno del precariato;
2) al progressivo superamento del ricorso alle esternalizzazioni [punto inserito nell’accordo grazie ad un preciso impegno della nostra Organizzazione];
3) alla stabilizzazione di quelle posizioni di lavoro dirigenziali oggi coperte con forme contrattuali diverse, purchè non collegate ad attività a progetto e/o a scadenza (punto 2);
4) alla stabilizzazione prioritaria di quelle posizioni professionali in cui i servizi sono assicurati in modo rilevante da personale non strutturato (SERT, servizi di epidemiologia, servizi oncologici, servizi di epidemiologia, servizi farmaceutici, servizi veterinari, ecc.), nonchè di quelle posizioni lavorative collegate alle attività di emergenza/urgenza (punto 3);
5) a garantire la copertura del turn-over laddove la non copertura (al fine di ridurre le spese per il personale, così come previsto in Finanziaria) non permetterebbe il mantenimento dei livelli di assistenza attualmente in essere (punto 4).
Infine l’accordo prevede che le singole aziende, a cui è demandato il compito di applicare quanto previsto dal protocollo, debbano obbligatoriamente confrontarsi su tali materie con le OO.SS., mentre a livello regionale è previsto un ulteriore attività di monitoraggio (punto 5).
La FPCGIL Medici, da sempre impegnata per la stabilizzazione del precariato medico e veterinario, continua la sua battaglia per l’occupazione in tutte le Regioni.
Di seguito una breve nota di commento al maxiemendamento al DL 78 approvato il 15 luglio.
Mettiamo anche il testo del DL 78 coordinato con le modifiche apportate dal maxiemendamento.
p. Dipartimento Sindacale FP CGIL Nazionale
Vincenzo Di Biasi
I dati sull’aumento esponenziale dell’obiezione di coscienza – contenuti nella relazione annuale al Parlamento del Ministero della Salute sulla legge 194, con punte del 70-80% in diverse Regioni per ginecologi ed anestesisti – impongono un piano di contrasto per garantire l’effettiva attuazione della 194.
Il Governo e le Regioni aprano subito un tavolo di confronto con i sindacati per l’effettiva attuazione della 194 su tutto il territorio nazionale, garantendo in ogni presidio la presenza 24 ore su 24 di un numero adeguato di medici ed infermieri non obbiettori.
Si tratta di non penalizzare le donne – in particolare delle Regioni del Sud – e i medici e gli infermieri che, non dichiarandosi obbiettori, vedono ricadere solo su di loro il lavoro per le interruzioni di gravidanza.
Per quanto ci riguarda avanziamo tre proposte.
La direzione dei presidi nei quali si effettua l’interruzione di gravidanza sia affidata a chi non è obbiettore. Il requisito della non obiezione sia introdotto per chi deve essere assunto o trasferito in presidi con oltre il 50% di obiettori. Le Regioni attuino l’istituto della mobilità, previsto dalla stessa legge 194, per coprire le carenze di medici ed infermieri non obiettori.
Pubblichiamo la Nota unitaria a firma Rossana Dettori FP CGIL, Daniela Volpato CISL FP, Carlo Fiordaliso UIL FPL, inviata ai soggetti istituzionali con la quale le Organizzazioni Sindacali prendono posizione in merito agli inaccettabili sviluppi legislativi sulla abrogazione dell’art. 1 septies della legge 27
Gentili Ministri, Gentili Onorevoli
siamo venuti a conoscenza della richiesta della sede legislativa da parte della VII Commissione Cultura della Camera dei Deputati sul testo unificato dei progetti di legge C. 28, C. 522 e C.1620, abrogativi dell’articolo 1 – septies L. 03/02/2006 n. 27, con le modifiche già richieste dal Governo e dalla XII Commissione Affari Sociali.
Le scriventi Organizzazioni sindacali, facendo seguito alle precedenti note dichiarano la propria contrarietà sul percorso scelto e sulle soluzioni di merito che sono state adottate.
L’articolo 1 septies della legge 3 febbraio 2006 n. 27, introdotto con un emendamento nella fase di fine legislatura, rappresenta un problema di grave violazione della tutela della salute dei cittadini e del sistema ordinamentale delle professioni sanitarie, alla quale maggioranza e minoranza si erano impegnati a porre rimedio.
Tale articolo doveva essere abrogato fin dall’inizio della attuale legislatura e invece, a distanza di un anno, il Governo e il Parlamento mettono a punto una soluzione sulla quale confermiamo la nostra totale contrarietà perché, contemporaneamente all’abrogazione della norma di cui si tratta si introducono disposizioni che costituiscono un ulteriore vulnus dell’attuale ordinamento. In particolare le scriventi Oraganizzazioni Sindacali segnalano che:
* L’istituzione di una disciplina specifica per il riconoscimento dei crediti formativi solo per una categoria, nel rispetto delle leggi vigenti, come citato nel progetto di legge è una contraddizione in termini, considerato che oggi la legislazione vigente prevede già la stessa disciplina per la misurazione dei crediti formativi, sulla base di una valutazione dei singoli atenei all’interno di un quadro di regole nazionali uguali per tutte le categorie
* La seconda parte dell’articolo 2 del progetto di legge prevede anche l’istituzione di una specifica disciplina per le modalità di accesso ai corsi di laurea, nei limiti del fabbisogno previsto; tale previsione è difforme dalla normativa vigente perché l’unica modalità di accesso all’università per le professioni sanitarie, che sono soggette alla programmazione del fabbisogno formativo sulla base di leggi dello stato – DLGS 502 del 1992 e D.LGS 229 del 1999 e successive modificazioni – è il numero dei crediti acquisti dai singoli studenti. Altre modalità ed eventuali riserve di posti per una singola categoria sono previsioni, a nostro avviso, anticostituzionali e lesive del diritto soggettivo dei cittadini.
Confermiamo perciò la nostra totale contrarietà a normative che introducono gravi violazioni all’attuale sistema formativo e ordinamentale delle professioni sanitarie, lesive dei diritti soggettivi di altre migliaia di cittadini che annualmente si candidano all’iscrizione alla laurea in fisioterapia (negli ultimi due anni accademici ci sono state oltre 25.000 domande di iscrizione alla laurea di fisioterapia per 2.500 posti programmati dall’Università sulla base delle richieste delle Regioni) e che introducono un sistema di “deregulation” molto pericoloso in un ambito protetto quale quello della tutela della salute.
CGIL FP CISL FP UIL FPL ribadiscono come già espresso nelle precedenti note e verbalmente, in occasione dell’incontro con i rappresentanti del Ministero della Salute, la richiesta dell’abrogazione immediata della norma dell’articolo 1 septies e l’apertura di un apposito confronto con tutti i soggetti istituzionali interessati al problema occupazionale dei laureati in scienze motorie, problema che necessita di ben altre soluzioni più articolate per il presente e per il futuro di questa professione, a partire da un corretto sistema di programmazione universitaria, piuttosto che di scelte “avventate e demagogiche” che introducono “pericolosi precedenti” in un ambito quale quello delle professioni sanitarie, intrinsecamente legato a quello della tutela della salute.
CGIL FP CISL FP UIL FPL dichiarano inoltre il proprio disappunto per le scelte delle SS.VV. e per la mancanza di una reale considerazione delle richieste fin qui avanzate dalle Scriventi, dalle rappresentanze delle professioni sanitarie e da alcune rappresentanze associative degli utenti.
Per queste ragioni proseguiremo la nostra iniziativa a livello nazionale e sul territorio nei confronti di tutte le istituzioni, a tutela di un sistema ordinamentale delle professioni sanitarie che è il risultato di importanti iniziative parlamentari, sindacali e professionali degli ultimi quindici anni, che hanno permesso di classificare il sistema sanitario nazionale fra i migliori in ambito europeo e mondiale e a promozione di un sistema di “legalità” in ambito sanitario, che deve prescindere da valutazioni di interessi particolari, nel rispetto di quelli più generali dei cittadini e dei lavoratori.
Roma, 15 febbraio 2007
Testo unificato dei disegni di legge 3236, 1645, 1928, 2159: Disposizioni in materia di professioni sanitarie infermieristiche, ostetriche, riabilitative, tecnico sanitarie e della prevenzione e delega al Governo per l’istituzione dei relativi ordini professionali
(Doctor news del 18 aprile 2007) In arrivo nuove regole per l’intramoenia – Non ci saranno quindi proroghe per la cosiddetta intramoenia allargata.
In arrivo nuove regole per consentire ai medici dipendenti del Servizio sanitario nazionale di esercitare la libera professione, anche se Asl e ospedali non hanno ancora allestito spazi ad hoc come previsto dalla legge. Non ci saranno quindi proroghe per la cosiddetta intramoenia allargata, che consente oggi ai camici bianchi di visitare i pazienti anche nei loro studi privati.
Prima della scadenza dell’ultima proroga, il 31 luglio prossimo, il ministero della Salute presenterà, infatti, un decreto, entro maggio, con l’obiettivo di ‘governare’ la libera professione dei medici dipendenti, sulla base di norme di trasparenza: gli spazi dovranno essere individuati dalle aziende, non necessariamente all’interno delle strutture, ma l’attività’ sarà più controllata. Lo ha annunciato il sottosegretario alla Salute Serafino Zucchelli, nel corso del convegno ‘La libera professione dei medici tra libertà e diritto’, organizzato ieri a Roma da Forza Italia.
“Il governo – ha detto Zucchelli – non farà una banale proroga per risolvere il problema dell’intramoenia allargata. Non abbiamo intenzione di lasciare tutto così com’e’ anche perché attualmente non tutto avviene nel rispetto delle regole: non c’e’ abbastanza trasparenza, negli studi professionali privati non vengono valutati i volumi delle prestazioni (la legge prevede che siano inferiori a quelli prestati nel pubblico), il rispetto delle norme fiscali non sempre e’ trasparente, i prezzi non sono mai stati concordati”. Zucchelli ha precisato che il ministro della Salute Livia Turco considera la libera professione un diritto del medico e un’opportunità’ per il sistema sanitario. “Crediamo che l’uovo di colombo sia – ha spiegato Zucchelli – non tanto quello di mantenere la libera professione all’interno dell’azienda, quanto la gestione del fenomeno da parte della struttura pubblica”. I luoghi dove esercitare la libera professione, dice Zucchelli, potranno essere “acquistati, affittati, convenzionati. Poco importa. Ciò che e’ davvero importante, invece e’ la gestione diretta. E’ fondamentale che il pubblico offra le prestazioni, che percepisca il denaro e che garantisca l’eticità’ del fenomeno. Se queste regole sono rispettate la libera professione e’ davvero qualcosa di estremamente vantaggioso anche per il sistema”. Per garantire il diritto dei medici alla libera professione e quello dei cittadini di scegliere il proprio medico, l’amministrazione pubblica, ha ammesso Zucchelli, non ha fatto molto. Dunque l’indirizzo del ministero della Salute dopo il 31 luglio (data di scadenza dell’ultima proroga dell’intramoenia allargata) sarà quello di obbligare le amministrazioni – almeno quelle che non hanno mai provveduto – a garantire ai camici bianchi spazi adeguati. “Sappiamo, però – ha precisato – che le aziende non potranno mettersi in carreggiata dal primo agosto, quindi dobbiamo prevedere un tempo consono perché possano recepire le nuove norme”. La regolamentazione per decreto, inoltre, è necessaria per i tempi stretti. “Faremo l’impossibile – ha detto il sottosegretario – per presentare il decreto entro maggio, in modo che, con i due mesi necessari per la conversione, si possa arrivare a regole certe al 31 luglio” . Zucchelli riconosce che fino a oggi l’impegno delle aziende e delle Regioni su questo argomento è stato molto limitato. “Solo pochi – ha detto – hanno attinto ai fondi, ex articolo 20, destinati all’allestimento di spazi ad hoc nelle strutture. Ben 350/400 milioni di euro sono rimasti quasi intonsi”. E sono state pochissime Regioni e Asl a rispondere all’invito del ministro Turco che aveva chiesto entro gennaio 2007 progetti ad hoc alle prime ed entro febbraio alle aziende. “Solo cinque Regioni hanno risposto, senza per altro offrire veri progetti – ha riferito Zucchelli – ed è stata del tutto elusa la scadenza di febbraio”.
Dichiarazione di Massimo Cozza, segretario nazionale FPCGIL Medici
L’odierno stralcio della esclusività dal Disegno sulla libera professione da parte della Commissione Sanità del Senato, rappresenta una sconfitta per i medici che credono nella sanità pubblica e che vogliono essere valorizzati per la loro scelta di lavorare solo per il Servizio Sanitario Nazionale.
Si tratta anche di una penalizzazione per i cittadini che potranno incontrare negli ospedali perfino primari che, senza alcuna regolamentazione, operano anche nel privato.
Il Governo e la maggioranza hanno ancora la possibilità in aula al Senato di reintrodurre il principio della esclusività, in coerenza con il programma politico dell’Unione e con la scelta della sanità pubblica.
Pubblichiamo il testo del Comunicato unitario delle Segreterie FP CGIL – CISL FP – UIL FPL
Rinnovo CCNL 2006-2007 personale comparto sanità
La crisi di Governo non compromette in alcun modo le iniziative a sostegno della giornata di mobilitazione delle lavoratrici e dei lavoratori del Comparto della Sanità indetta per il giorno 4 Febbraio 2008.
Riteniamo utile ricordare, anche per non dare spazio a coloro i quali vorrebbero pretestuosamente utilizzare l’attuale situazione politica per ritardare ulteriormente il rinnovo contrattuale, che il biennio in discussione è finanziato.
Non ci sono, dunque, ostacoli per la sua definizione.
Il Comitato di Settore, la Conferenza delle Regioni e la stessa Aran devono impegnasi ed operare per la chiusura immediata del biennio 2006/2007, così come previsto dall’accordo del 29 Maggio 2007 e dalla stessa legge finanziaria.
Per questi motivi dobbiamo fare in modo che la giornata di mobilitazione sia, a maggior ragione, un messaggio chiaro per tutti quei soggetti politico-istituzionali che dopo 25 mesi di ritardo non intendono ancora operare responsabilmente per definire un accordo contrattuale ormai dovuto.
FP CGIL Rossana Dettori – CISL FP Daniela Volpato – UIL FPL Carlo Fiordaliso
Roma, 28 gennaio 2008
Pubblichiamo il testo del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 25 gennaio 2008 che rende esecutivo l’Accordo, raggiunto in Conferenza Stato Regioni il 15 novembre 2007, concernente la disciplina per l’accesso alla qualifica unica di dirigente delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione e della professione ostetrica.
Il Decreto entrerà in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Con questo ultimo tassello, si completa definitivamente il mosaico iniziato con la Legge 251/2000 e proseguito con i CCNL della Dirigenza STPA (dalle code contrattuali siglate il 10/02/2004 in poi) e con l’articolo 6 della Legge 43/2006.
La Segretaria Nazionale Fp Cgil
Rossana Dettori
Il Responsabile delle Prof. Sanitarie
della Fp Cgil Nazionale
Gianluca Mezzadri
Abrogazione art. 1 – septies, Legge 3 febbraio 2006 n. 27; audizione alla VII Commissione permanente – Cultura, scienza e istruzione – della Camera dei Deputati.
Martedì 23 giugno 2009, siamo stati sentiti in audizione presso la VII Commissione permanente – Cultura, scienza e istruzione – della Camera dei Deputati nell’ambito dell’indagine conoscitiva in materia di equipollenza, di cui alla proposta di Legge C. 2131 e abbinate.
Abbiamo rivolto un ulteriore sollecito per una positiva conclusione del percorso avviato di abrogazione della norma in oggetto i cui effetti sono devastanti per il sistema attuale di protezione della salute dei cittadini e per il rispetto della vigente regolazione dell’ordinamento delle professioni sanitarie.
Abbiamo sottolineato con forza:
– Il permanere di una normativa (art. 1 septies) lesiva del diritto alla salute, della qualità dei servizi per i cittadini, considerati gli effetti già prodotti in alcuni ambiti regionali, e difforme rispetto le numerose disposizioni legislative che riguardano l’ordinamento delle professioni sanitarie, previste per tutto il servizio sanitario nazionale e le strutture ed enti dallo stesso accreditati
– Come l’articolo 1 septies sia una risposta sbagliata ad aspettative legittime di una categoria di persone, i cui interessi non possono essere tutelati a scapito dell’interesse generale di milioni di cittadini a vedersi garantita la qualità delle prestazioni sanitarie, né di quello di migliaia di professionisti che hanno acquisito i titoli professionali nel completo rispetto della vigente normativa nazionale in materia di regolamentazione delle professioni sanitarie, come indicato dal Decreto legislativo 502 del 1992 e successive modificazioni
Abbiamo confermato:
– L’urgenza di abrogare l’articolo 1 septies della Legge 3 febbraio 2006 n. 27 senza ulteriori indugi e di evitare l’introduzione di percorsi di specifici per riconoscimenti professionali e/o lavorativi, peraltro già regolati dalla vigente normativa, senza il necessario confronto preventivo e senza che ciò sia la risposta ad esigenze che riguardano la generalità delle categorie
– L’assoluta contrarietà all’introduzione di innovazioni per via legislativa di “scorciatoie” e “percorsi ad personam” finalizzati ad aggirare il rispetto della vigente normativa in materia di regolamentazione delle professioni sanitarie
Abbiamo sollecitato:
– La piena assunzione di responsabilità da parte della Camera dei Deputati per l’abrogazione di una normativa, che incentiva ulteriormente le condizioni di abusivismo in questo settore e la già precaria garanzia dell’unicità nazionale dell’accesso alle prestazioni della riabilitazione da parte dei cittadini.
Dopo aver ringraziato, per il lavoro svolto in sede deliberante, la VII Commissione del Senato, che ha approvato all’unanimità di tutti i gruppi parlamentari, il DDL 572 per l’abrogazione dell’articolo 1 septies, abbiamo, invece, nuovamente espresso il nostro stupore per la diversa posizione assunta dalla VII Commissione della Camera dei Deputati, almeno in questa fase di avvio del dibattito parlamentare.
Abbiamo argomentato che l’abrogazione incondizionata dell’art. 1-septies del decreto-legge 5 dicembre 2005, n. 250, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 febbraio 2006, n. 27, in materia di equipollenza di diploma di laurea in scienze motorie al diploma di laurea in fisioterapia, consentirebbe di riparare ad un errore senza introdurre ulteriori elementi di confusione, ripristinando così una situazione di legittimità del quadro normativo e di certezza per i cittadini di ricevere prestazioni adeguate da professionisti appositamente formati.
Abbiamo richiesto di concludere, senza indugi e con urgenza, il percorso di abrogazione dell’articolo 1 septies poiché la norma ha già iniziato a produrre i suoi effetti negativi con l’emanazione, da parte dei Ministeri competenti, del decreto applicativo (datato 24 febbraio 2009), con la conseguente “grave messa in discussione” di tutto il sistema formativo delle professioni sanitarie, materia riservata alla legge nazionale e i relativi rischi per l’utenza già esposta a un “dilagante” abusivismo in questo settore della riabilitazione.
Vi chiediamo di informare i lavoratori dell’impegno che FP CGIL ha profuso e sta profondendo in questo percorso, con l’obiettivo di salvaguardare le professioni sanitarie ed i cittadini utenti.
Roma, 25 giugno 2009
Un primo importante obiettivo è stato raggiunto: sono previste nuove risorse rispetto a quanto contenuto nella bozza del Patto per la Salute presentata a settembre, che sottostimava clamorosamente le risorse necessarie per mantenere in vita un servizio pubblico di qualità (per la prima volta il finanziamento del sistema sanitario era inferiore agli anni precedenti), contro la quale le organizzazioni sindacali si erano mobilitate con l’associazionismo, gli operatori sanitari e i cittadini utenti.
L’accordo sottoscritto tra Governo e Regioni può essere l’occasione per aprire una nuova stagione nelle politiche sanitarie, evidenziando comunque che il finanziamento del fondo sociale per la non autosufficienza, che era stato cancellato, non sarà purtroppo sufficiente in considerazione del trend di continua crescita della domanda di assistenza, inserita in un drammatico contesto sociale ed economico, e sperando che il percorso dei piani di rientro per le Regioni interessate non diventi l’occasione per superare di fatto il diritto universale alla salute, attraverso meccanismi solo monetaristici, economici, e di blocco del turn-over per il reclutamento del personale.
L’obiettivo comune di tutti dovrà essere quello di rendere il sistema sempre più virtuoso ed efficiente, ponendo al centro dell’agire la qualità delle prestazioni erogate, i reali bisogni, attraverso politiche nazionali condivise.
Dal materiale a nostra disposizione non appare chiaro se sono state indicate e previste le risorse per i contratti (anche se auspichiamo che siano indicate con chiarezza), aspetto determinante per esprimere una valutazione finale.
Senza risorse per i lavoratori non ci saranno contratti.
Senza contratto non ci potranno essere qualità e sicurezza nel lavoro.
Roma, 23 ottobre 2009