Dichiarazione di Massimo Cozza, Segretario Nazionale Fp Cgil Medici
Gli incontri del 22 e del 23 gennaio 2007 al Ministero della Salute tra i sindacati medici della dipendenza e delle convenzioni ed il sottosegretario Zucchelli hanno rappresentato un momento positivo di confronto, che ha registrato la comune volontà di arrivare fin dai prossimi mesi ad atti concreti finalizzati al miglioramento della qualità della sanità pubblica.
Nel merito delle questioni c’è stata, in particolare, una convergenza sulla necessità di rivedere il percorso formativo dei medici con un coinvolgimento dei servizi ospedalieri e territoriali, anche alla luce della prossima integrazione di tutti i Policlinici Universitari con l’assistenza sanitaria regionale.
Adesso aspettiamo una proposta articolata da parte del Ministero per poter affrontare le diverse problematiche sul tappeto, che dovranno vedere anche occasioni generali di confronto, con il coinvolgimento di tutti gli attori sindacali interessati, dalle confederazioni ai medici dipendenti e convenzionati, dalla dirigenza al comparto, e con una chiarezza di percorso rispetto alle diverse tematiche riguardanti il governo clinico e l’ammodernamento del Ssn.
L’audizione della Ministra Livia Turco al Senato ha rappresentato un ulteriore passaggio positivo per la determinazione con la quale Ministero e Regioni vogliono arrivare preparati alla scadenza del 31 luglio 2007 per il rientro della libera professione intramuraria all’interno delle strutture pubbliche, e per arrivare a regole trasparenti e percorsi appropriati che non costringano il cittadino a rivolgersi al privato per superare le liste di attesa.
La conferma da parte della Turco della scelta esclusività per i direttori di struttura complessa, che dovrà vedere il passaggio in esclusiva solo di circa 200 “primari” rispetto a 10.000 che già lo sono, è anche condivisa, ma deve essere estesa a tutti i medici, ed in primo luogo a tutti coloro che hanno incarichi gestionali come i responsabili di struttura semplice, circa 17.000 medici, dei quali circa 300 in extramoenia.
Una nuova regolamentazione della libera professione intramoenia e l’esclusività di rapporto per tutti i medici dovranno infine vedere anche una valorizzazione economica della indennità di esclusività, ferma ai valori del 1 gennaio 2000.
Pubblichiamo il testo della nota unitaria inviata il 24 aprile scorso al governo
Gentili Ministri, Gentili Onorevoli
siamo venuti a conoscenza dell’approvazione in sede legislativa da parte della VII Commissione Cultura della Camera dei Deputati del testo unificato dei progetti di legge C. 28, C. 522 e C.1620, abrogativi dell’articolo 1 – septies L. 03/02/2006 n. 27, con le modifiche approvate dalla Commissione stessa, malgrado diverso parere della XII Commissione e proposte del Governo.
Le scriventi Organizzazioni sindacali, facendo seguito alle precedenti note dichiarano soddisfazione per l’abrogazione dell’articolo 1 septies, ma contrarietà sulle soluzioni di merito che sono state adottate.
Il testo approvato introduce disposizioni che costituiscono un ulteriore vulnus dell’attuale ordinamento.
In particolare le scriventi Oraganizzazioni Sindacali segnalano che:
* L’istituzione di una disciplina specifica per il riconoscimento dei crediti formativi solo per una categoria è una contraddizione in termini, considerato che oggi la legislazione vigente prevede già la stessa disciplina per la misurazione dei crediti formativi, sulla base di una valutazione dei singoli atenei all’interno di un quadro di regole nazionali uguali per tutte le categorie. Tale previsione è difforme dalla normativa vigente perché l’unica modalità di accesso all’università per le professioni sanitarie, che sono soggette alla programmazione del fabbisogno formativo sulla base di leggi dello stato – DLGS 502 del 1992 e D.LGS 229 del 1999 e successive modificazioni – è il numero dei crediti acquisti dai singoli studenti. Altre modalità ed eventuali riserve di posti per una singola categoria sono previsioni, a nostro avviso, anticostituzionali e lesive del diritto soggettivo dei cittadini.
* La seconda parte del comma 2 prevede anche specifiche modalità formative e di tirocinio sul paziente senza collegarle alla vigente sistema ordinamentale e formativo delle professioni sanitarie e lasciando alla “libera interpretazione” i contenuti del percorso formativo e di tirocinio.
Confermiamo perciò la nostra totale contrarietà a normative che introducono gravi violazioni all’attuale sistema formativo e ordinamentale delle professioni sanitarie, lesive dei diritti soggettivi di altre migliaia di cittadini che annualmente si candidano all’iscrizione alla laurea in fisioterapia (negli ultimi due anni accademici ci sono state oltre 25.000 domande di iscrizione alla laurea di fisioterapia per 2.500 posti programmati dall’Università sulla base delle richieste delle Regioni) e che introducono un sistema di “deregulation” molto pericoloso in un ambito protetto quale quello della tutela della salute.
Inoltre in questi giorni molti “illustri rappresentanti” hanno pubblicizzato il testo del disegno di legge come uno strumento per l’offerta di lavoro di oltre 10.000 laureati o potenziali laureati di scienze motorie.
Tale informazione evidentemente è finalizzata a pubblicizzare futuri percorsi di formazione in ambito universitario per offrire i crediti per diventare fisioterapista, sapendo fin dora che il fabbisogno di laureati in fisioterapia in Italia, in base a una legge dello Stato è a numero chiuso e pari circa a 1.500 posti l’anno con circa 20.000 domande che annualmente restano inevase.
Per queste ragioni proseguiremo la nostra iniziativa a livello nazionale e sul territorio nell’iter del provvedimento al Senato, a tutela di un sistema ordinamentale delle professioni sanitarie che è fra i migliori in ambito europeo e mondiale e a tutela di tutte quelle persone che sono oggetto di “strumentalizzazioni” finalizzate ad inflazionare percorsi formativi non utili al reale aumento dell’occupazione e a mantenere inalterato un sistema diffuso di “abusivismo” e di correlati interessi nell’ambito del settore della riabilitazione.
Distinti saluti.
FP CGIL (R. Dettori) CISL FP (D. Volpato) UIL FPL (C. Fiordaliso)
Roma, 24 aprile 2007
Intervento di MASSIMO COZZA, segretario nazionale FPCGIL Medici, al Convegno nazionale SPI “NUOVI MODELLI DI CURA PER LE MALATTIE CRONICHE. Il distretto socio-sanitario e la casa della salute” che si è svolto il 18 Giugno 2007 alla Camera del Lavoro di Milano
La sfida della cronicità non si può vincere senza un profondo rinnovamento della medicina generale.
Crescono le persone con più di 65 anni, e con tre o più malattie croniche.
Diabete, ipertensione, artrosi e artriti, osteoporosi, malattie oncologiche e cardiovascolari, demenze e depressioni, non trovano più nell’ospedale il luogo di cura, di convalescenza e di riabilitazione, e d’altro canto il territorio è ancora impreparato.
Le figure del medico di famiglia isolato nel suo studio e della guardia medica nella sua postazione, rappresentano il passato, che non è più in grado di rispondere in modo appropriato alle nuove richieste di salute.
Quali sono allora i cambiamenti necessari ?
In primo luogo va sviluppato il concetto di rete.
Il territorio per sua natura non può strutturarsi senza la completa informatizzazione del sistema.
Cioè il collegamento tra tutti gli attori sanitari e sociali del territorio.
Solo la sinergia delle risorse disponibili può consentire risposte sempre più adeguate, ed il distretto deve rappresentare il vero collante.
Il cittadino deve potersi rivolgere ad unico sportello in grado di indirizzarlo nei diversi percorsi diagnostici, terapeutici, riabilitativi e sociali.
E per noi questo sportello non può che essere il nuovo centro di salute o casa della salute, con il medico di medicina generale integrato nel distretto.
Oggi non ci possiamo più permettere che una persona anziana, con più malattie croniche, sia costretta a recarsi nello studio medico di famiglia, aperto per poche ore settimanali e dove troppo spesso deve attendere diverse ore.
E’ una limitazione all’accesso che nega il diritto.
Inoltre quando lo studio è chiuso oggi rimane senza valide alternative.
Da ciò le eccessive richieste, spesso improprie, ai Pronto Soccorso ospedalieri.
Ed è ancora più inaccettabile che la stessa persona sia poi costretta a cercarsi da sola i luoghi per le necessarie prestazioni, sapendo che il ricovero ospedaliero è sempre più limitato nel tempo e nei criteri di accesso.
Dobbiamo capovolgere il sistema.
Non più il cittadino in cerca di risposte nel labirinto della sanità, ma una rete territoriale che lo assiste, che lo prende in carico.
C’è bisogno di un luogo fisico, aperto 24 ore su 24, dove per il cittadino c’è la certezza di trovare medici di medicina generale ed infermieri, anche per un primo soccorso, e dove telefonando 24 ore su 24 c’è sempre un operatore sanitario che risponde.
Questo deve essere il luogo di integrazione anche con il servizio di 118.
Ancora meglio se nello stesso luogo può svolgere gli esami diagnostici più comuni, da quelli di laboratorio alla radiologia, e le visite specialistiche più frequenti.
E sempre nello stesso luogo deve poter avere le risposte di assistenza domiciliare e sociale.
Si tratta di organizzare questi luoghi nell’ambito dei distretti con una chiara delimitazione territoriale di riferimento, con indirizzo e recapiti telefonici da diffondere a tutti i cittadini di quella specifica zona.
La Casa della Salute può essere un modello di riferimento, ma non solo.
E’ soprattutto un modello organizzativo innovativo di risorse già presenti.
Ovviamente non sempre sarà possibile reperire spazi adeguati, e per i cittadini che vivono in territori con bassa densità di popolazione, a partire da quelli montani, è più funzionale avere come riferimento un luogo più piccolo ma più accessibile, a partire dallo stesso studio del medico di medicina generale, ma con compiti e funzioni innovative.
Le strutture di più alta specializzazione e complessità possono essere in altri spazi territoriali ed ospedalieri, ma sempre funzionalmente collegati dal Distretto.
Questo sistema regge se c’è una comune e diffusa informatizzazione clinica e gestionale, come ad esempio sta portando avanti la Regione Emilia Romagna.
Il medico deve essere messo in grado di prenotare direttamente dal suo computer le prestazioni che ritiene necessarie, distinguendo tra urgenze e non, e di poter avere le risposte sempre sul suo computer.
Un domani, già oggi possibile, potrà consentire collaborazioni a distanza con centri diagnostici e di alta specializzazione.
Teleconsulto, telediagnosi clinica, teleaasistenza e telemonitoraggio sono una realtà.
In questo ambito fondamentale è la cartella clinica elettronica.
Una documentazione medica completa sullo stato fisico e mentale, passato e presente, di un individuo, in forma elettronica, e che consente la pronta disponibilità di tali dati, costruita nel rispetto della privacy.
Pensate solo ad una persona che si sente male di sera, e che telefonando alla Casa della salute di riferimento, potrà avere un operatore, che vedendo la sua storia clinica sul computer, è in grado di dare le risposte in modo appropriato.
Il problema potrà essere risolto telefonicamente, oppure invitando la persona a recarsi presso la stessa Casa della Salute, o con un intervento domiciliare, e per problemi gravi e complessi lo stesso operatore potrà attivare il 118.
In particolare per le malattie croniche, le figure del case manager e del care manager, a seconda della complessità delle condizioni cliniche della persona, devono poter essere attivate dal distretto, su indicazione del medico di medicina generale, per guidare, verificare e monitorare nel tempo le varie problematiche cliniche di quella persona.
Figure professionali che possono essere individuate nell’infermiere del territorio.
Le stesse figure di riferimento clinico, quando necessario, dovranno attivare anche l’assistenza sociale.
Non si tratta di un libro dei sogni, ma di obbiettivi perseguibili, ed il primo passo è il superamento delle attuali figure del medico di famiglia e della guardia medica.
La distinzione tra le due figure non è più funzionale alla nuova medicina del territorio che deve vedere una unica figura di medico di medicina generale, associato con gli altri colleghi, che operano in un determinato territorio del Distretto.
Si tratta di un percorso innovativo che, a partire da una data definita, dovrà unificare le due vecchie figure del medico di famiglia e della guardia medica, nel nuovo medico di medicina generale.
Solo attraverso l’associazionismo di tutti medici di medicina generale, medici di famiglia e di guardia medica, è possibile poter realmente dare una assistenza nelle 24 ore, come più volte annunciato dalla Ministra Livia Turco.
Un nuovo medico di medicina generale, con la disponibilità ad integrarsi nel distretto e a lavorare anche la notte ed i giorni festivi, ma con la possibilità di aggiornarsi, di svolgere attività di ricerca e di insegnamento e di assumere ruoli di responsabilità.
Un medico sburocratizzato, non più costretto ad inseguire gli assistiti in concorrenza con gli altri medici ma integrato con loro e nel distretto.
Dobbiamo restituire al medico il tempo della sua professione, ed al cittadino un servizio territoriale di qualità.
Ovviamente si tratta di un percorso che prioritariamente dovrà consentire il progressivo passaggio delle attuali guardie mediche alla nuova figura del medico di medicina generale, in rapporto al pensionamento dei vecchi medici di famiglia, e che dovrà riguardare obbligatoriamente i nuovi medici di medicina generale, prevedendo l’adesione degli attuali medici di famiglia solo su base volontaria.
Per questo condividiamo la proposta delle unità di medicina generale integrate nel distretto, con circa 20 medici che si associano per dare risposte ad un determinato territorio con circa 20.000 cittadini.
E la figura del medico che può essere scelto dal cittadino nella Casa della Salute, deve essere la stessa che lo assiste nella 24 ore, anche con interventi domiciliari.
Se si tratta di due figure professionali diverse cade la riqualificazione del territorio, che passa da una integrazione e da una comune condivisione delle informazioni cliniche dei cittadini.
Così deve essere chiaro che il modello non prevede una implementazione degli attuali studi dei medici di famiglia, rendendoli sempre più autosufficienti con segretarie, infermieri, specialisti, diagnostica di base.
E’ l’inverso.
E’ il distretto, con le case della salute, che deve fornire il supporto logistico ed amministrativo, clinico e diagnostico, quale comune patrimonio dei medici di quel territorio.
Infine i compensi dovranno essere in gran parte legati alla attività di integrazione distrettuale realmente svolta, superando un meccanismo anacronistico di competizione per l’acquisizione delle scelte, che peraltro penalizza l’appropriatezza delle prestazioni e costringe il medico, per guadagnare di più, a risparmiare sulla qualità dell’assistenza.
In questo senso paradossale è la decisione di alcune Regioni di aumentare il numero ottimale da 1 a 1000, come previsto dalla convenzione nazionale, a 1 a 1300, incrementando il numero degli assistiti da un singolo medico, a danno dei cittadini e dei medici da anni in attesa nelle graduatorie regionali.
Ci rendiamo conto come non sia facile vincere resistenze e superare contraddizioni.
Ma riteniamo sia obbligatorio tentare, anche con soluzioni parziali, ma nella direzione segnata.
Dobbiamo quindi fissare un metodo di lavoro su principi chiari.
Definiamo una direzione condivisa per la ristrutturazione del territorio, introducendo anche le necessarie modifiche legislative.
Recuperiamo appieno il senso del sistema sanitario nazionale, con la ridefinizione del ruolo delle cure primarie da parte del Ministero della Salute e della Conferenza Stato- Regioni, in accordo con il sindacato.
Si definisca quindi un atto di indirizzo per il rinnovo delle convenzioni, coerente con l’assetto organizzativo che si vuole dare.
L’evoluzione dei bisogni assistenziali, a partire dalla cronicità, pongono le questioni della appropriatezza ed della sostenibilità del sistema, pongono oggi al centro del SSN la necessità di un nuovo modello di cura del territorio, che non è innescato automaticamente dalla deospedalizzazione, ma ha bisogno di una progettualità specifica.
E su questo si gioca per buona parte la sopravvivenza stessa del SSN con i suoi principi di universalità, equità e solidarietà.
Si pubblica il documento del Ministero della Salute “I valori e i punti di forza del SSN “(dal Settimanale del Ministero della Salute del 9 ottobre 2007) redatto in occasione dei 30 anni del Ssn, e contenente diversi dati interessanti.
Nota unitaria inviata al Sottosegretario Ministero della salute Dott. Gianpaolo Patta
Roma, 10 dicembre 2007
L’enfasi con la quale anche oggi su molti quotidiani è stato presentato come fenomeno grave il cosiddetto assenteismo nel pubblico impiego è da caccia alle streghe, mentre se si leggono i dati con la dovuta, ed onesta, attenzione si può affermare che il caso delle assenze per malattia si può ricondurre all’interno di una quasi fisiologicità.
Da sempre la FP CGIL ha contestato la sommarietà dei dati che venivano divulgati poiché privi delle necessarie scomposizioni utili a comprendere se esiste effettivamente un fenomeno e se e come intervenire.
Le nostre insistenti richieste finalmente trovano parziale, ma interessante, riscontro nell’ultima pubblicazione del Conto Annuale relativo all’anno 2006 della Ragioneria Generale dello Stato.
Così come avevamo sollecitato vengono scorporate le varie tipologie di assenze e fra queste, con una rilevazione a se stante, quella per malattia e così si rivela che il fenomeno dell’assenteismo non è poi così tanto fenomeno visto e considerato che le assenze per malattia hanno pari media di quella che si verifica nel mondo del lavoro privato (10,5 giornate/anno per i pubblici e 9,64 giornate/anno per i privati).
E’ necessario ancora che le ricerche effettuate dalla R.G.S. siano più puntuali, in modo che siano ancora più evidenti le varie e singole cause di assenza tanto da poter effettivamente analizzare il trend di ogni tipologia per intervenire, se è necessario, ma soprattutto per evitare lo scandalismo e gli attacchi strumentali contro il lavoro pubblico ed i dipendenti pubblici.
Ancora oggi, quindi, i dati diffusi dalla R.G.S. con il Conto Annuale 2006 risentono di una tecnica di ricerca da affinare poiché è indubbio che, relativamente alla tipologia “Assenze per malattie retribuite”, sarebbe interessante capire se in essa vi siano comprese, ad esempio, le malattie per cause di servizio o gli infortuni e se e quanto pesano le malattie di lunga durata dovute a patologie oncologiche.
Lo sforzo di ricerca effettuato con il Conto Annuale 2006 è comunque apprezzabile poiché avvia una azione di trasparenza, purché finalizzata ad azioni positive, e di possibile confronto fra lavoro pubblico e lavoro privato; distinguendo fra diritti sociali e comuni ai due settori e fenomenologie specifiche, poiché si presume sia chiaro a tutti che quelle che sono garanzie sociali generali di tutela delle persone e dei lavoratori rientrano nella fattispecie della inderogabilità.
L’auspicio è che nessuno abbia in mente di intervenire su fattispecie di garanzie e tutele sociali quali quelle derivanti dalla legge 104 (assistenza ai disabili) o dalle leggi a tutela della maternità e dei congedi parentali.
È altrettanto indubitabile che i datori di lavoro pubblici debbano, per primi, garantire il rispetto e l’applicazione delle suddette leggi e controllare affinchè altrettanto avvenga nel mondo del lavoro privato; settore nel quale si è recentemente distinto il Presidente di Confindustria che, unendosi al coro degli strillatori a proposito dell’assenteismo nella P.A. e del suo costo, ha lanciato, strumentalizzando i dipendenti pubblici, una battaglia contro alcuni diritti dei lavoratori.
In ogni caso il Conto Annuale 2006, nonostante gli evidenti limiti da noi rilevati, mostra in tutti i Comparti del lavoro pubblico un calo delle giornate di assenza per anno, sia per quanto riguarda le malattie che per altri permessi e assenze retribuite e non retribuite così come si può rilevare dalla tabella che confronta i dati 2006 sull’anno 2005 (allegata tabella).
E’ utile rilevare che questo andamento in diminuzione si è manifestato anche negli anni precedenti.
In alcuni comparti del lavoro pubblico, quali ad esempio Ministeri, P.C.M. e Agenzie Fiscali, si rileva comunque un tasso medio annuo di assenze per malattie leggermente superiore ad altri comparti e questo a nostro parere è frutto di un meccanismo, divenuto distorsivo, di detrazioni retributive o meno in virtù del numero di giorni continuativi di assenza.
Un sistema introdotto nel 1995 che oggi mostra i suoi limiti poiché di fatto danneggia, quasi esclusivamente, coloro che accusano patologie quali forme influenzali di breve durata; motivo per cui in sede di contrattazione all’Aran è stato richiesto che tale sistema venga rivisto adeguatamente.
Da quando, a partire dagli anni novanta, fu avviata la riforma del lavoro pubblico, la FP CGIL è in prima linea per difendere gli onesti e combattere eventuali fenomeni di puro e semplice assenteismo, ma non c’è dubbio che sono anche altri i soggetti interessati in queste iniziative a partire dal Governo al quale si chiede il rispetto dei contenuti del “Memorandum” ed i rinnovi contrattuali e coinvolgendo, ad esempio, i medici ai quali compete la valutazione dello stato di salute del paziente/dipendente pubblico senza per questo farne una vittima sacrificale alla distorsione mediatica che si è prodotta nei suoi confronti e che insistentemente viene riproposta dai giuslavoristi di passaggio.
Confronto Anno 2006 su Anno 2005 (giornate/anno)
Comparto Ferie Malattia Legge 104/92 Maternità, Congedi parentali, Malattia figli Altri Permessi e Assenze retribuite Sciopero Altre Assenze non retribuite
Roma, 15 gennaio 2008
E’ uno strumento importante per riorganizzare il sistema e rendere più efficiente l’erogazione dei servizi sanitari.
Comunicato Stampa di Rossana Dettori Segretaria Nazionale Fp Cgil Sanità
Apprendiamo stupiti che il Ministro del Welfare Sacconi non è più strenuo sostenitore della contrattazione integrativa, di quel sistema di relazioni contrattuali, cioè, che l’intero Governo a parole dichiara di voler valorizzare quale strumento determinante per la rimessa a funzionalità e per la razionalizzazione dell’intera pubblica Amministrazione.
Le sue dichiarazioni ed alcuni atti unilaterali avanzati dal suo Dicastero prefigurano, infatti, un vero e proprio tentativo di sospensione della contrattazione integrativa, regionale ed aziendale, a cominciare da quelle Regioni sottoposte a piani di rientro. Una vera e propria contraddizione in termini: si intende rinunciare allo strumento che più di altri indirizza risorse contrattuali per premiare merito ed efficacia dei servizi sanitari a partire proprio da quelle realtà regionali che, per le loro riconosciute difficoltà, necessitano di investimenti in quella direzione.
Un’operazione che rischia di produrre effetti esattamente contrari a quelli che a parole si dichiara di perseguire.
Vi sono, poi, due ulteriori considerazioni di merito su questa indicazione del Governo.
La prima attiene alla correttezza nei rapporti con il Sindacato: ci sono accordi precisi sottoscritti con i Governi precedenti che su questo particolare punto affermano la necessità di non sospendere assolutamente nessuna attività di contrattazione integrativa nelle Regioni sottoposte a piani di rientro.
La seconda è che le risorse utilizzate per la contrattazione integrativa sono provenienti direttamente dal Contratto Nazionale di Lavoro, senza, quindi, nessun particolare aggravio per i bilanci regionali.
Sarebbe opportuno che il Ministro Sacconi riprenda un po’ di fiato e prima di continuare a dichiarare giornalmente questa o quella soluzione per questo o quel problema apra un doveroso confronto a tutto campo con le organizzazioni sindacali del Comparto.
Roma 24 Giugno 2008.
Pubblichiamo il testo della replica di Fabrizio Fratini, Segretario nazionale Fp Cgil Sanità, e Gianluca Mezzadri, Responsabile professioni sanitare per FP CGIL Nazionale, all’editoriale di Pierantonio Muzzetto, Vice Presidente dell’Ordine dei Medici di Parma, sul n 4/2009 della rivista “Parma Medica”.
Egregio dott. Pierantonio Muzzetto,
abbiamo letto con interesse il suo editoriale “Assegnare mansioni improprie ai non medici non giova al malato. Grande responsabilità politica nel consentirlo. Occorre rientrare nei ranghi” sul quale ci accingiamo a fare alcune considerazioni.
Prima di tutto, nella disamina della situazione che descrive, è impossibile non notare con quanta accidia lei descrive le professioni sanitarie ed in particolare quella dell’Infermiere e quello che Lei crede che questi lavoratori stiano “combinando” nella sanità italiana.
Passaggi come “lauree brevi”, “mezzi dottori”, “surroga del medico”, “mansioni improprie”, “scimmiottare il medico”, “abuso della professione medica”, “credere di essere già medici”, “assegnare all’infermiere mansioni proprie del medico”, oltre ad essere completamente irreali e gravemente offensivi per l’importante lavoro svolto tutti i giorni dagli infermieri, si rifanno ad una sua personale interpretazione della realtà che ci permettiamo di definire, per lo meno, schizofrenica.
Tutte le professioni sanitarie, con riferimento ai recenti profili professionali, la cui definizione si è resa indispensabile per rispondere al mutato contesto socio – politico – economico, già da diversi anni, sono state protagoniste di un importante processo di trasformazione all’interno dei propri ambiti culturali, di ricerca e di studio.
Si è assistito all’interno di ciascuna professione ad una riflessione critica dello specifico agire che tenesse conto anche dei cambiamenti dei processi di diagnosi cura e assistenza e riabilitazione come dello stesso concetto di salute.
Il dibattito avviato su concetti quali appropriatezza delle prestazioni, ricerca di strumenti e tecniche innovative, soluzioni organizzative ed operative di provata efficacia, aspetti etici e deontologici, la formazione hanno pragmaticamente sostenuto il processo di trasformazione nei contesti di azione.
Per la prima volta non si faceva più riferimento ad un mero elenco di compiti e mansioni a cui l’operatore doveva attenersi ma ad ambiti definiti di attività a cui la competenza generale del professionista doveva rispondere nel rispetto della sua autonomia e responsabilità.
Gli stessi vocaboli utilizzati dal legislatore per definire i vari profili ne hanno connotano l’autonomia; alcuni di questi, ripresi da i vari decreti: identifica i bisogni, pianifica, gestisce, valuta, elabora, garantisce, propone, svolge, agisce sia individualmente che in collaborazione con altri, si avvale ove necessario, ecc…
Le affermazioni di indipendenza e della correlativa responsabilità nelle scelte relative alle modalità di esercizio delle proprie competenze consentono di impostare le relazioni con le altre figure sanitarie in termini di collaborazione paritaria e di scambio proficuo di conoscenza, secondo le più moderne concezioni di organizzazione del lavoro.
In un ambito generale, il buon risultato di ogni intervento sanitario è condizionato in modo sempre crescente dalla capacità di lavorare efficacemente in squadra, ponendo attenzione alla realizzazione e all’integrazione fra il lavoro di molte persone, più che alla competenza tecnica specifica del singolo operatore, per superare la parcellizzazione delle risposte professionali verso una risposta globale ed integrata nel rispetto di un concetto filosofico che pone l’individuo e non l’organizzazione al suo centro.
In questa moderna ottica, trova applicazione l’importante progetto “See and treat”, svolto nel Servizio Sanitario della Regione Toscana con il favore e l’appoggio di altri Ordini dei Medici illuminati, con importanti risultati in termini di efficienza e qualità delle risposte di equipe ai bisogni dei cittadini.
Un rappresentante di quegli Ordini, illustrando il progetto al Forum del Risk Management di Arezzo, concludeva la sua relazione, applaudito da tutta la platea, auspicando il definitivo superamento dell’organizzazione ottocentesca in sanità, cosa che lei non avrebbe condiviso, stando a quello che scrive.
Le sue conclusioni, nei passaggi dove auspica una “rivalutazione del passato”, un “riportare i Collegi all’interno degli Ordini dei Medici”, una riattivazione di un “mansionario nuovo”, non fanno altro che confermare la sua acredine nei confronti della professione infermieristica soprattutto quando auspica che dovrebbe tornare ad essere ancillare ed alle strette dipendenze del medico.
Per fortuna, invece, quella situazione è ampiamente superata ed archiviata dall’inarrestabile evoluzione dei bisogni di salute della società.
Le ricordiamo che, l’articolo 1, comma 1, della legge 42/99 ha sostituito la denominazione “professione sanitarie ausiliaria” contenuta nel testo unico delle leggi sanitarie e successive modificazioni ed in ogni altra disposizione di legge, con la denominazione “professione sanitaria”, completando il percorso quando, all’articolo 1 comma 2, ha definitivamente abrogato il mansionario.
I livelli di espressione di autonomia e responsabilità professionale sono specifici e trasversali agli interventi assistenziali: le specializzazioni formative forniscono strumento di approfondimento specialistico che consentono ai è professionisti di valutare, verificare e pianificare l’intero processo assistenziale, riabilitativo, tecnico e di prevenzione sul singolo o su gruppi di utenti, assumendone la responsabilità singola e/o complessiva.
La sanità moderna è un mondo complesso, anche per la pluralità e la titolarità nei processi degli attori coinvolti, che non può prescindere dalla collaborazione e dall’integrazione professionale, in contesti regolati in modo condiviso, per fornire risposte efficienti ed efficaci ai bisogni di salute.
Concludiamo con un auspicio: il medico faccia il medico e la professione sanitaria faccia la professione sanitaria operando, con regole condivise, in una collaborazione paritaria ed in uno scambio proficuo di conoscenze per essere sempre più adeguati alle esigenze di salute della collettività.
Roma 17 Febbraio 2010
Pubblichiamo di seguito il testo di un telegramma inviato il 30 gennaio da Cgil Cisl Uil ai rappresentanti del governo con oggetto “DL 250/2005: Misure urgenti in materia di università, beni culturali, gravi patologie e rinegoziazione di mutui. C. 6293 Governo, approvato dal Senato” e di un secondo inviato il 3 febbraio con oggetto: “Approvazione alla Camera del DL 6293/2005: Equipollenza laurea in fisioterapia”
Gentili Ministri e Gentili Onorevoli,
le riforme delle professioni sanitarie approvate e attuate in questi anni, non ultimo il disegno di legge 6229 approvato nel corso della scorsa settimana, hanno accompagnato vent’anni della storia del sistema sanitario nazionale, con l’unico obiettivo di qualificare le prestazioni sanitarie ai cittadini.
Il tentativo di introdurre nel disegno di legge in oggetto una modifica che permette l’equipollenza della laurea in scienze motorie con la laurea della professione di fisioterapista risponde invece ad un’altra logica, che non possiamo condividere, ed è in contrasto con il percorso perseguito anche dalle SS.VV. in questi anni.
Riteniamo che inserire, peraltro in un provvedimento di fine legislatura, un emendamento dell’articolo 1-septies, che, dispone l’equipollenza della laurea in scienze motorie alla laurea in fisioterapia, subordinatamente alla frequenza certificata di un corso su paziente da istituire presso le università con un decreto ministeriale, non risponda certamente al fine di difendere la professionalità dei professionisti e di tutelare la salute dei cittadini, senza tralasciare i profili di costituzionalità relativi ai provvedimenti di urgenza che evidenziano una palese mancanza dei necessari requisiti.
Siamo pertanto a sollecitare il Vostro impegno affinchè tale emendamento venga respinto nel corso del successivo iter.
RingraziandoVi fin d’ora per l’interessamento che vorrete riservare alla questione proposta, porgiamo cordiali saluti.
FP CGIL R. Dettori
CISL FP D. Volpato
UIL FPL C. Fiordaliso
Roma, 30 gennaio 2006
Gentile Presidente del Consiglio, Gentili Ministri e Gentili Onorevoli,
le scriventi OO.SS. con la presente denunciano alle SS.LL. la gravità di quanto avvenuto nella giornata di ieri con l’approvazione dell’articolo 1 septies del D.L. 6293/2005 nell’assemblea della Camera dei Deputati, che prevede il riconoscimento dell’equipollenza della laurea in fisioterapia con la laurea in scienze motorie.
In questo modo si attua una vera e propria violazione della vigente normativa sulle professioni sanitarie, a partire dalla Legge 42 del 1999 sui profili delle professioni sanitarie, fino all’emanazione della nuova legislazione sul riordino delle professioni sanitarie, approvata dalle SS.LL in Parlamento la scorsa settimana, con la convergenza di tutte le forze politiche di maggioranza e opposizione.
Inoltre riteniamo un “grave atto” di irresponsabilità del Governo e del Parlamento l’approvazione dell’articolo della legge citata in oggetto, per la garanzia di adeguate prestazioni sanitarie ai cittadini, come già rappresentato nella nostra lettera del 30 gennaio u.s. e per il rispetto delle norme previste dalla legislazione vigente in materia di accreditamento professionale delle strutture sanitarie e assistenziali pubbliche e private.
A tal fine chiediamo alle SS.LL. :
* il blocco di qualsiasi decreto ministeriale di attuazione dell’articolo 1 septies
* l’impegno del Governo e di tutte le forze politiche per ripristinare le condizioni di legalità per l’esercizio dell’attività dei professionisti sanitari nell’ambito del servizio sanitario nazionale.
Le scriventi sono certe della vostra volontà di ripristinare corrette modalità di riconoscimento professionale e organizzativo in tempi rapidi, a tutela della salute dei cittadini e della professionalità degli operatori.
In attesa di un vostro riscontro, cogliamo l’occasione per porgere cordiali saluti
FP CGIL R. Dettori
CISL FP D. Volpato
UIL FPL C. Fiordaliso
Roma, 3 febbraio 2006
La Sanità che vogliamo: dalla teoria alla pratica – profili professionali legge 42 e 251 – le proposte della Cgil per valorizzare il lavoro degli operatori” Relazioni su autonomia, formazione e modelli organizzativi dell’assemblea nazionale del 27.10.2004
Bozza di Accordo tra il Ministero della Salute, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano sulla Istituzione della Funzione di coordinamento per le professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione.
Alle Segreterie Regionali FP CGIL
Alle Segreterie Territoriali FP CGIL
Care/i compagne/i,
in questi ultimi tempi, sono proseguiti gli incontri con il Ministero per contribuire all’elaborazione di una bozza che definisse i criteri e le modalità di istituzione delle funzioni di coordinamento, applicando il contenuto dell’articolo 6 della Legge 43/2006, ma tenendo conto, nel contempo, di alcune particolarità e salvaguardando i diritti acquisiti.
Nel mese di Aprile è stata predisposta l’ultima versione del documento, già peraltro presente in parecchi siti professionali, che trasmettiamo in allegato assieme alla lettera del Ministero.
Analizzando il documento nel merito, possiamo far notare quanto segue:
– il comma 1 dell’articolo 1, sancisce che per l’accesso alla funzione di coordinamento saranno necessari i requisiti previsti dall’articolo 6 della Legge 43/2006 (Master e 3 anni di anzianità);
– al comma 2 dell’articolo 1, su nostra sollecitazione, agita anche in modo unitario con CISL e UIL, è stato inserito che il master deve avere durata minima annuale (requisito già previsto dal D.M. 509/1999 e confermato dal D.M. 270/2004, uniche norme che regolamentano tali corsi, tra l’altro) e formazione residenziale obbligatoria nelle Università e nelle sedi convenzionate per la formazione delle professioni sanitarie, escludendo, di fatto, le modalità formative esclusivamente a distanza molto in voga ultimamente; considerando che, anche nell’ECM, le modalità FAD consentono solo una limitata copertura del debito formativo annuale non è comprensibile che addirittura i percorsi formativi dei corsi di alta specializzazione (come sono definiti i master dai decreti più sopra richiamati) siano totalmente a distanza;
– il terzo comma dell’articolo 1, sancisce che il Ministero della Salute e il MIUR dovranno emanare un Decreto interministeriale che individuerà i percorsi didattici – formativi necessari all’accreditamento dei master in relazione alle funzioni di coordinamento: i corsi residenziali obbligatori in management o per le funzioni di coordinamento (già organizzati e anche già conclusi dai vari atenei italiani, nel rispetto delle disposizioni del D.M. 509/1999, confermate dal D.M. 270/2004) dovrebbero conservare la loro validità;
– l’articolo 2 è quello che fa riferimento al sistema contrattuale; nei due commi di questo articolo si stabilisce che l’accordo fungerà anche da mandato per il Comitato di settore per l’emanazione di atti di indirizzo per i rinnovi contrattuali che comprendano la materia oggetto della presente; è prevista anche una disciplina per la fase transitoria volta a salvaguardare i diritti quesiti (anche in considerazione della scarsità di professionisti di tutti i profili in possesso del diploma di master); le modalità del conferimento e la revisione del sistema di conferimento saranno demandate anch’esse alla fase di contrattazione; coloro che già sono assegnatari di incarichi di coordinamento, soggetti a verifiche a scadenze stabilite, se la funzione permane e se superano le valutazioni previste, non dovranno necessariamente prendere parte a nuove selezioni;
– l’articolo 3 stabilisce che l’accesso ai master è consentito alle professioni sanitarie di tutte e 4 le aree; si sancisce poi che, a livello regionale, dovranno essere individuate idonee modalità per favorire la partecipazione ai master dei professionisti già incaricati di coordinamento ai sensi della normativa contrattuale vigente;
– l’ultimo articolo ribadisce ciò che abbiamo detto più volte e cioè che, fino all’entrata in vigore dell’accordo, si applicano le norme dell’attuale CCNL.
Negli ultimi contatti informali, benché non ce ne sia traccia nella bozza che alleghiamo, il ministero ha confermato l’inserimento dell’area degli assistenti sociali, come abbiamo più volte sostenuto a gran voce, anche perchè è stabilito dall’articolo 1 octies della Legge 27/2006.
Il nostro giudizio sull’impianto della bozza, anche considerando l’impegno profuso sui tavoli ministeriali, regionali e professionali, è di sostanziale gradimento fermo restando che dovrà essere tenuto costantemente d’occhio in tutte le fasi dell’iter previsto per l’approvazione.
Sarà nostra cura tenervi informati tempestivamente sul prosieguo della discussione.
Cari saluti.
La Segretaria Nazionale Funzione Pubblica CGIL
Rossana Dettori
Il Coordinatore del gruppo di lavoro nazionale delle professioni sanitarie
Gianluca Mezzadri
Roma, 27.04.2007
Pubblichiamo il testo della nota unitaria, inviata al Presidente della Conferenza delle Regioni On. Le Vasco Errani, a firma Rossana Dettori, Daniela Volpato, Carlo Fiordaliso per richiedere un incontro urgente su Accordo Stato Regioni “Istituzione funzioni di coordinamento” L. 43/2006
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Le scriventi hanno preso visione della Vostra comunicazione e trasmissione dell’Accordo Stato Regioni in oggetto, più volte sollecitato in applicazione della Legge 43 del 2006.
Nel confermare l’apprezzamento per l’emanazione del provvedimento, propedeutico al completamento del percorso di valorizzazione ed evoluzione professionale e contrattuale dei professionisti sanitari, siamo a chiedervi un incontro urgente sull’argomento.
La richiesta di incontro è motivata dalla necessità di confrontarci su alcune previsioni dell’Accordo Stato Regioni che non sono state oggetto del confronto con le scriventi nella fase di concertazione sul documento e che possono pregiudicare in modo significativo gli obiettivi che l’articolo 6 della legge stessa si pone, ma soprattutto i contenuti dei successivi provvedimenti necessari alla completa applicazione della Legge 43 del 2006, quali il contratto di lavoro.
Certi che comprenderete l’importanza e l’urgenza di un confronto sull’argomento, considerato anche il prossimo auspicato avvio del confronto per il rinnovo contrattuale, in attesa di un Vostro risconto, cogliamo l’occasione per porgere cordiali saluti.
FP CGIL Rossana Dettori – CISL FP Daniela Volpato – UIL FPL Carlo Fiordaliso