Padova

La giornata inizia con un’assemblea molto partecipata con le lavoratrici e i lavoratori dello Spisal Padova, il Servizio Prevenzione per la Salute e Sicurezza nei luoghi di lavoro. Una lavoratrice, che si candiderà con FP Cgil alle prossime elezioni RSU del 2025, ci consegna a nome dei colleghi un Memorandum con la descrizione delle loro condizioni di lavoro e con rivendicazioni che, se da un lato sono comuni a tutte e tutti, a partire dalle condizioni di lavoro e dal salario, dall’altro raffigurano la situazione drammatica di carenza di organico in cui versano questi servizi. Qui come nel resto del paese. Negli ultimi 8 anni ben 148 tecnici della prevenzione hanno cessato il servizio presso l’USSL 6, di cui 87 per dimissioni volontarie. Così come sono numerose le richieste di mobilità verso altri servizi aziendali. Il lavoro dei tecnici della prevenzione, tanto fondamentale quanto semi-sconosciuto ai più, è carico di responsabilità pubbliche e anche di carattere penale, in virtù della loro funzione di ufficiali di polizia giudiziaria (UPG). Essi stessi si sentono “vittime” di politiche nazionali del tutto inadeguate in tema di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. “Se non si ha idea del lavoro che facciamo, anche i provvedimenti legislativi risulteranno inadeguati”. Il riferimento è anche al recente provvedimento che ha immesso nei ruoli dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro funzionari di area tecnica senza che sia richiesta la laurea specifica prevista per i tecnici del ruolo sanitario.

La giornata prosegue in Azienda Ospedaliera di Padova. L’ospedale è tappezzato di volantini e bandiere rosse della FP Cgil. Si discute dell’attività sindacale che le Rsu di FP Cgil assieme alla Federazione padovana stanno gestendo, tra mille difficoltà: dalla gestione degli orari di lavoro delle 16 piastre operatorie dell’Azienda Ospedaliera, per le quali si riduce il tempo di lavoro che per gli infermieri è necessario per gestire il paziente nel decorso post operatorio, fino al problema delle liste chirurgiche fatte in base agli obiettivi aziendali e non anche, invece, sugli organici effettivi del personale, determinando così carichi di lavoro pesanti e un ricorso importante all’istituto delle pronte disponibilità, fino a 10 al mese. Le “soluzioni” dell’Azienda sono inadeguate e, tra queste, la sperimentazione di un “Oss strumentista” – un ruolo inesistente nelle norme e nel CCNL – raccoglie da tutti, indistintamente, un giudizio negativo. Emerge quindi con chiarezza la volontà delle lavoratrici e dei lavoratori di discutere di organizzazione del lavoro e di confrontarsi con l’Azienda su questi temi attraverso le proprie rappresentanze sindacali. Fatto che, come noto, è impedito da anni a tutto il pubblico impiego dalla Legge Brunetta del 2010. Allo stesso tempo emerge il bisogno di veder valorizzate tutte le professioni che fanno sì che quel sistema complesso che è il Servizio Sanitario Nazionale possa funzionare, tutti i giorni, per tutte e tutti, cittadine e cittadini. Dai medici alle assistenti sociali, dagli Oss ai fisioterapisti, dagli infermieri agli amministrativi, solo per citarne alcuni. Emerge, infine, un NO deciso alla figura dell’assistente infermiere recentemente istituito con un Accordo in Conferenza Stato Regioni.

Treviso

La giornata inizia all’alba con le infermiere e gli infermieri dell’assistenza domiciliare e delle cure palliative a domicilio: un ruolo e una funzione importante e delicata, un lavoro di relazione complesso, un livello essenziale di assistenza dal quale non si dovrebbe prescindere. Eppure, anche qui, la carenza d’organico è un male presente e costante.

Si va all’Ospedale di Montebelluna. Anche in questa occasione il presidio della FP Cgil è evidente, davanti all’ingresso dell’ospedale, perché l’alleanza con le cittadine e i cittadini per difendere e sostenere il Servizio Sanitario Nazionale Pubblico e Universale è imprescindibile per chi, come noi, è davvero sindacato generale e confederale. I lavoratori si fermano con noi, allo smonto turno, e parte un coro unanime: non ci sono infermieri, gli standard assistenziali dei reparti di medicina e geriatria sono insufficienti, mancano i medici e quelli che ci sono se ne vanno, i Dipartimenti di Salute Mentale soffrono la carenza di personale e non sono pronti e attrezzati per affrontare i nuovi bisogni, non c’è una presa in carico adeguata da parte dei servizi per il fatto che le equipe multiprofessionali sono state depotenziate per mancate assunzioni. Tra le conseguenze negative quella che riguarda il lavoro nel territorio, la costruzione delle reti informali e formali, il sostegno alle reti di mutuo aiuto. Non c’è tempo. O, forse meglio, non c’è più tempo.

Una rivendicazione unisce gli infermieri del blocco operatorio di Treviso-Montebelluna con quelli di Padova: le carenze di organico, che hanno portato alla proclamazione di uno stato di agitazione del personale e, anche qui, nella turnistica si considera solo il tempo operatorio e non anche tutto quello che viene dopo che è lavoro esclusivamente a carico degli infermieri. Ancora a proposito di rivendicazioni, manca il confronto sull’organizzazione del lavoro, i saperi dei professionisti contano poco quando, invece, dovrebbero essere considerati fondamentali. Manca una cultura organizzativa che sappia tenere conto di questo e della complessità del lavoro che si svolge. Anche qui, un NO unanime alla figura dell’assistente infermiere.

Sotto una pioggia incessante, al presidio davanti l’ingresso dell’Ospedale, una struttura che a detta di molti è stata progettata male e per questo ha una situazione logistica che fa impazzire gli operatori, continuiamo a parlarci ed ascoltarci tra noi. Qui non c’è nessun investimento in tecnologia e digitalizzazione dei processi assistenziali ed amministrativi; c’erano reparti qualificati che sono stati prima smembrati e poi chiusi, i laboratori soffrono una forte carenza di organico che ha portato ad oggi, su una dotazione di 196 tecnici sanitari di laboratorio, ad una carenza di ben 46 lavoratori, costringendo chi c’è a fare ben 12 pronte disponibilità mensili. Circostanza, peraltro, non consentita dal CCNL. Dice un lavoratore, seguito da altri colleghi che annuiscono: “Scaricano sui lavoratori la responsabilità di garantire i servizi”. La stanza in cui ci siamo riuniti e in cui rimaniamo per più di tre ore è un via vai incessante di lavoratori e lavoratrici, in smonto turno o che stanno per entrare in servizio e che ci hanno raggiunto, anche per fermarsi solo qualche minuto. Non è solo una lunga sequela di cose che non funzionano o di condizioni di lavoro difficili da sopportare, ma è anche, anzi soprattutto, un amore incondizionato per il proprio lavoro e per il Servizio Sanitario Pubblico. Non serve nessuna commissione d’indagine per capire quali siano i mali della sanità: basterebbe passare qualche ora con i lavoratori, come abbiamo fatto noi e come facciamo tutti i giorni. Non sono sufficienti neppure le risorse che, di recente, Regione Veneto ha destinato al salario accessorio del personale del SSN. Come ha sostenuto la FP Regionale, non si salva il Servizio Sanitario Regionale destinando qualche spicciolo, peraltro solo ad una parte del personale, escludendone molti, e sottraendo quelle risorse a nuove assunzioni che sono, per la categoria, inderogabili e urgenti. Finché persisteranno i vincoli al salario accessorio e ai tetti di spesa sul personale, che questo Governo non ha cancellato come da tempo chiediamo, finché non vi saranno risorse ulteriori e sufficienti per rinnovare i Contratti Nazionali di Lavoro e per finanziare i Livelli Essenziali di Assistenza, la deriva del SSN non si potrà arrestare.

In un territorio come la Calabria in cui le Aziende sanitarie sono da anni commissariate e dove ci sono indagini per infiltrazione mafiosa, a Locri abbiamo conosciuto professionisti della sanità, orgogliosi del proprio lavoro, che con passione e dedizione difendono i servizi e, nonostante i conflitti emergenti, anche la cura delle persone.

“Vogliamo soprattutto lavorare bene in ambienti adeguati per struttura, organizzazione e strumentazione, lo facciamo per le persone e per la coesione sociale che in questo territorio viene meno per l’inasprirsi dei conflitti”.

     Abbiamo girato i reparti dell’Ospedale e abbiamo scoperto servizi di eccellenza che curano le persone con professionalità e competenza. Radiologia, Medicina, Anestesia e Rianimazione tra le altre. Tutte e tutti chiedono risorse per i servizi prima che per sé stessi, contratti stabili e personale adeguato. In molti servizi, i colleghi venuti da Cuba sono vissuti come una risorsa che però va coordinata e integrata nella realtà esistente.

Come prima cosa parliamo con i nostri iscritti che lavorano in dialisi, del comparto e della dirigenza. “Qui facciamo mobilità attiva”, ci dicono. Per tutta la stagione estiva aumentano moltissimo i carichi di lavoro per dare risposta ai dializzati che vengono in vacanza in zona. È complicato perché, “nella nefrologia più grande della regione (se parliamo di spoke) abbiamo quattordici infermieri e ne mancano tredici, stando ai fabbisogni”.
Questo vuol dire uscire dall’ospedale alle due di mattina e rientrare alle sette, dopo aver fatto diversi chilometri di distanza su strade di montagna. Per questo si fatica a trovare il personale che venga qua, non solo in nefrologia.Mancano i materiali in questo ospedale, la farmacia non riesce a soddisfare le richieste dei reparti, dove ci si arrangia usando le divise dei colleghi che vanno in pensione, perché non vengono fornite. Quindi, ad esempio, capita di vedere oss con divise da infermiere.

Successivamente visitiamo il reparto di ostetricia. Non c’è neppure un medico non obiettore. Tradotto: la 194, qui come in tante realtà del nostro paese, viene svuotata dall’interno negando alle donne il diritto ad un aborto in sicurezza.

Nel presidio sanitario di Mesoraca abbiamo trovato una comunità attiva ed impegnata: cittadini, utenti, operatori, uniti alle istituzioni locali, per difendere la salute di prossimità.

Il loro presidio negli anni è stato definanziato e svuotato. Ora con le risorse del pnrr sta per essere riconvertito in casa di comunità e ospedale di comunità, ma ad agosto i lavori sono stati interrotti. I 58 operatori fanno miracoli per destreggiarsi tra calcinacci e mezzi antiquati per assistere con dignità le persone. Nella dialisi aspettano i letti nuovi da mesi, ma nel frattempo li aggiustano da soli per il bene dell’utenza, ma protestano perché chiedono più attenzione e risposte celeri. Una comunità cosi unita ci fa rivivere i tempi della grande mobilitazione che negli anni 70 portò poi all’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale costruito intorno alle persone, nei luoghi dove la gente vive e lavora, per la promozione della salute, la prevenzione, la cura e la riabilitazione. Una comunità come quella di Mesoraca non chiede più prestazioni ma coinvolgimento e partecipazione nei processi di educazione alla salute. “Noi non siamo qui per lanciare un grido disperato, ma per essere protagonisti attivi delle conquiste che devono ancora venire”, dice Enrico con orgoglio e vigore.

Ci spostiamo a Polistena. Parliamo con medici e tecnici di un laboratorio che sta in piedi con il sacrificio dei professionisti che ci lavorano. Tecnici che fanno solo pomeriggio e notte, riposi saltati. Dodici ore di turno e, a seguire, decidi ore di disponibilità.

Parliamo con una giovane dirigente che con una tranquillità commovente ci dice: “Ho vinto sette concorsi: Palermo, Verona, Piacenza, Roma e altri. Ma ho scelto di restare, perché non volevo abbandonare la mia terra. A volte restare è più complicato che partire”. Parole che fanno venire i brividi, mentre guardiamo macchinari nuovi pagati coi fondi del Pnrr che funzionano solo grazie al sacrificio (non ci sono altri termini) di questa gente che, un po’ in imbarazzo, ringraziamo e salutiamo per andare a visitare la neonatologia che è la seconda tappa della nostra visita. Una specie di bolla positiva, che fa mobilità in entrata da tutta la regione. Dove c’è una primaria che è “emigrata” qua da un’altra azienda della regione dove i rapporti col management erano problematici. E che è stata seguita da una ginecologa che a pochi mesi dalla pensione si è licenziata dalla stessa azienda per vincere un concorso e seguirla per creare questa realtà che abbiamo davanti. Fatta di giovani infermieri pediatrici che ti confermano l’idea che questo sia un bel posto per lavorare.

Il giorno dopo arriviamo a Cosenza e siamo accolti dalle compagne dai compagni della struttura che indossano magliette con il logo della campagna.

L’obiettivo è passare parte della giornata all’ospedale dell’Annunziata, dove ci attende un gazebo in cui parlare con lavoratrici e lavoratori, un punto stampa, un giro per reparti. Ci aspettano la Cgil di Cosenza e il Segretario regionale confederale.E qui  succede una cosa non del tutto inedita, ma per certi aspetti peculiare. Siamo ricevuti dal Direttore Generale dell’ASP che con molta cordialità ci accoglie nel suo ufficio e ci racconta la sua versione delle condizioni dell’ospedale, arrivando a dire che, stando alle stime di Agenas, sembrerebbero esserci troppi infermieri. Breve scambio di battute con cui noi facciamo presente che quelle stime le abbiamo contestate e che se le facessero in pubblico qualche problema potrebbero averlo. E qui accade la sorpresa: la direzione decide di scortarci. Oppure, detto in modo meno crudo: ci accompagnano, senza lasciarci soli un minuto, senza consentirci – in buona sostanza – di aver alcun contatto con le lavoratrici e i lavoratori. Va in onda questa cosa surreale per cui passiamo per un pronto soccorso ristrutturato e bello, ma ciononostante pieno come un uovo e ingolfato di barelle, vediamo una splendida terapia intensiva, ancora da inaugurare, ma non veniamo stranamente portati nella struttura attuale, e così via. Capita l’antifona decidiamo di spostarci sotto al gazebo, dove abbiamo modo di parlare con un po’ di lavoratrici e lavoratori in libertà. Finalmente.

Ultima tappa Castrovillari, ospedale spoke.

Molte lavoratrici e lavoratori ci avvicinano, assieme a cittadine e cittadini che lamentano le difficoltà derivanti dai tempi di attesa, dal fatto che c’è una specie di triage fatto da personale di vigilanza di una ditta privata. Ci colpisce il dialogo con una giovane tecnica di radiologia che ha deciso di chiedere il part time perché non riesce a conciliare la gestione della propria vita e di quella della sua famiglia. Ha un figlio piccolo, e la mancanza di servizi, la programmazione dei turni sempre in bilico, la distanza dal luogo di lavoro le rendono quasi impossibile una conciliazione adeguata. Vuol sapere come fare, perché l’azienda non pare ben orientata. Ne parliamo, spero di averle fatto capire l’utilità del sindacato e della Cgil in particolare. Se ne va dopo aver preso un appuntamento con una nostra delegata.

 

“Questa mattina all’ARAN si è tenuto l’incontro per la prosecuzione della trattativa per il rinnovo contrattuale del CCNL Funzioni Centrali 2022/2024. L’agenzia in apertura ha presentato le modifiche contenute nell’ultima proposta di ipotesi contrattuale, che hanno visto alcuni interventi sulla parte normativa e una revisione delle cifre degli incrementi delle retribuzioni tabellari. Come Funzione Pubblica CGIL abbiamo ripercorso punto per punto tutte le modifiche proposte, oltre alle molte altre questioni aperte che non hanno ancora trovato soluzione nella trattativa. A partire dal tema delle risorse, che giudichiamo insufficienti per stessa ammissione del Governo che in più occasioni ha ribadito che non avremmo potuto raggiungere la perdita del potere d’acquisto maturata nello stesso triennio di riferimento 2022-2024 che ha raggiunto il 17% a fronte di aumenti del 5,78% stanziati dal Governo. Con la nuova proposta ARAN rimane ampia la distanza dalla tutela del potere d’acquisto delle retribuzioni”.
Lo scrive in una nota Fp Cgil.
“Un funzionario con l’aumento del costo della vita ha perso in media 332 euro, gli assistenti 274, gli operatori 260. L’ARAN mette sul piatto 155 euro per i funzionari, 127 euro per gli assistenti e 121 per gli operatori. Per noi della FP CGIL tutto questo è incompatibile con l’idea di lavoro e valore pubblico che abbiamo. Per queste ragioni, vista la discussione sulla legge di bilancio aperta, abbiamo chiesto che le risorse previste per i prossimi rinnovi contrattuali siano messe a disposizione di questo triennio, in modo da dare immediatamente ristoro alle lavoratrici e ai lavoratori pubblici che sono già due anni che vedono erose dall’inflazione le loro retribuzioni. Avevamo chiesto – si legge ancora – il definitivo superamento dei tetti di spesa al salario accessorio che bloccano la spesa ai valori del 2016, ben 8 anni fa, oltre a risorse per finanziare l’applicazione del nuovo ordinamento professionale, dal completamento delle progressioni verticali in deroga ex art. 18 del CCNL 2019-2021 al nuovo sistema degli incarichi. E invece il Governo ha risposto con un aumento dello 0,22%. Avevamo chiesto una rivalutazione del buono pasto per permettere ai dipendenti pubblici una piena esigibilità del loro diritto ad avere un importo adeguato sostitutivo della mensa. E anche su questo abbiamo registrato il silenzio del Governo”.
“Per quanto riguarda la parte normativa poi, come FP CGIL rileviamo che ancora diversi elementi non hanno trovato una propria collocazione nelle diverse bozze proposte da ARAN. Dal superamento del divieto di recupero delle giornate di Smart working non effettuate nel mese per esigenze di servizio all’ampliamento delle assenze per malattia da escludere dal periodo di comporto, dalle indennità da ricomprendere nella retribuzione durante il periodo di ferie alla certificazione del diritto per le lavoratrici e i lavoratori a vedere riconosciuto l’orario di assemblea sindacale come valido a pieno titolo per la maturazione del buono pasto, sono molte le questioni che necessitano di passi avanti ulteriori. Su tutti questi punti – conclude la nota – abbiamo registrato la disponibilità di ARAN ad effettuare i dovuti approfondimenti ed il tavolo si è quindi aggiornato a mercoledì 6 novembre”.
“Sono già diverse migliaia i partecipanti in pochissimi giorni alla consultazione online promossa da Fp Cgil, e migliaia quelli che stanno compilando il questionario cartaceo nei posti di lavoro, che non condividono l’ipotesi di un contratto che taglia i salari dei dipendenti pubblici. La consultazione, avviata qualche giorno fa da FP CGIL e che proseguirà nelle prossime settimane di mobilitazione, consegna una fotografia molto chiara. Per noi non ci può essere che il ricorso alla democrazia e alla partecipazione in una situazione così inedita come quella che sta accadendo in queste ore”.
Lo scrive in una nota Funzione pubblica Cgil.
Secondo i dati della consultazione promossa da Fp Cgil il 97,35% dichiara di non condividere la scelta del governo di riconoscere solo 1/3 della perdita del potere di acquisto delle retribuzioni, e chiede di continuare la mobilitazione; il 96,55% ritiene che non sia più tollerabile il blocco del salario accessorio; il 93,90% chiede di conglobare e non assorbire l’indennità di vacanza contrattuale potenziata (Ivc) anticipata con atto unilaterale da parte del governo; il 94,62% non vuole rinunciare agli strumenti di valorizzazione professionale (incarichi, progressioni e ordinamento) compromessi dai mancati finanziamenti; l’89,51% si sente più garantito su smart working e condizioni di lavoro dalla contrattazione collettiva che dai provvedimenti di legge e dei dirigenti; il 93,58% chiede l’aumento del valore dei buoni pasto fermo per legge nella pubblica amministrazione; il 95,84% ritiene che la trattativa e la mobilitazione debbano proseguire per ottenere risultati migliorativi.
“Il datore di lavoro pubblico, il Ministro Zangrillo, vuole a tutti i costi una firma che ha il prezzo di mortificare i dipendenti delle funzioni centrali. Eravamo partiti con il Governo che diceva di voler iniziare dal CCNL delle funzioni locali e sanità per dare risposte prioritarie a quei settori della Pa che sono più in frontiera. Ebbene – si osserva – verificato che a fronte delle scarse risorse su quei tavoli le maggioranze sono più difficili da trovare attorno alla scelta di tagliare 10 punti di riconoscimento dell’inflazione per i salari e non dare risposte su carriere e condizioni di lavoro, stiamo assistendo ad una forzatura nel contratto delle funzioni centrali dove evidentemente ci sono le condizioni affinché più soggetti si dimostrino più sensibili al richiamo del Governo che alla dignità dei lavoratori e alle stesse piattaforme che quelle organizzazioni hanno presentato. Parliamo di oltre 300 euro mandati in cavalleria da scelte che il Parlamento potrebbe ancora modificare e che invece il Governo vuole chiudere in fretta”.
“Con i pagherò – si legge ancora nella nota – non si pagano le bollette, non si mandano i figli all’università e quindi misteriosi rinvii ad eventuali modifiche dopo l’approvazione della legge di bilancio che si leggono nel testo e patti che si millantano in queste ore e che sarebbero a zero euro visto che il governo ha già bloccato il valore del CCNL 25/27 e 28/30 sono ulteriori elementi che rendono ancor più sorprendente tutta questa concitazione. Alla faccia del rispetto delle relazioni sindacali! Ma come si fa a bloccare gli stipendi per 3 contratti accettando passivamente una decisione unilaterale del datore di lavoro? Per questo abbiamo chiesto alle lavoratrici e lavoratori di esprimere la loro opinione e continueremo a farlo”.
“Di fronte alla rottura di ogni relazione democratica sulla condizione dei lavoratori, con provvedimenti annunciati sui giornali che mirano a rievocare le pagelline punitive in base alle quali differenziare il salario accessorio, per il quale rimane il blocco per legge al valore del 2016, non si può accettare passivamente che i diritti di chi lavora nella Pa vengano intaccati senza reagire. Si aggiunga di nuovo il tetto al turn over al 75% in controtendenza con l’emergenza occupazione che vede l’uscita di oltre 1 milione di lavoratori da qui al 2030 e il quadro è completo”, conclude Fp Cgil.
La prossima legge di bilancio penalizza i dirigenti sanitari per la sperequazione del finanziamento dell’indennità di specificità tra Medici e Dirigenti sanitari, ma il ministro Schillaci promette che correggerà l’errore: “dalla lettura del testo bollinato si legge nell’art. 62 che il governo finanzia in maniera sperequativa le indennità di specificità dei dirigenti sanitari rispetto ai dirigenti medici e veterinari. Ci aspettavamo dal governo un intervento che riducesse l’attuale forbice retributiva dei professionisti che appartengono alla stessa area contrattuale e che concorrono in egual maniera alla tutela della salute di tutte e tutti”.
E’ quanto si legge in una nota del coordinamento nazionale Dirigenti Sanitari della Fp Cgil.
“Invece nella legge sembrerebbe che il governo addirittura aumenti di un ulteriore 31% il gap già esistente, sperequando fra professionisti che nella loro totalità e interprofessionalità salvaguardano il diritto alla salute costituzionalmente garantito. Abbiamo manifestato la nostra indignazione al ministro – si legge ancora – chiedendogli un intervento immediato per correggere questa discriminazione. Il ministro ci ha assicurato che si tratta di un refuso e che i 375 milioni di euro dall’anno 2026 sono da intendersi non esclusivamente per finanziare l’aumento dell’indennità di specificità dei medici e veterinari, bensì anche per tutti i dirigenti sanitari, senza distinzione. Vigileremo affinché si realizzi la correzione del refuso che la Fp Cgil ha sollecitato al tavolo con il Ministro, altrimenti siamo pronti a mobilitarci fino allo sciopero”.
“Rimane inoltre del tutto senza risposta – conclude il coordinamento nazionale Dirigenti Sanitari Fp Cgil – la criticità che ancora una volta questa legge di bilancio non risolve in merito al mancato finanziamento delle  specializzazioni dei Veterinari, degli Psicologi, dei Fisici, dei Chimici, dei Farmacisti e dei Biologi, che, rispetto ai colleghi medici, continuano così a dover pagare di tasca propria la loro formazione specialistica. Si tratta di circa 2 mila contratti in più che peraltro si finanziano da soli a fronte dei 5 mila contratti delle specializzazioni dei medici che ogni anno rimangono vacanti. Tutto ciò è intollerabile! Chiediamo al governo un intervento che restituisca equità di trattamento e quindi dignità anche a tutti i veterinari e  professionisti sanitari in formazione. Nelle prossime ore valuteremo tutte le iniziative utili a sanare queste iniquità”.

“Ieri si è tenuto un nuovo incontro presso il Dipartimento della Funzione Pubblica per il rinnovo del contratto di lavoro del personale non dirigente di polizia per triennio 2022/2024. Abbiamo portato all’attenzione della parte pubblica le novità presenti nel disegno della legge di bilancio 2025, in cui figura uno stanziamento di risorse economiche per il rinnovo dei contratti 2025/2027, che sarebbe stato quanto mai necessario destinare per la conclusione della trattativa in corso, consentendo la sottoscrizione di un contratto dignitoso per lavoratrici e lavoratori in uniforme. La parte pubblica ha presentato un nuovo quadro di riparto delle risorse disponibili, tra incrementi tabellari e indennità accessorie, che, in ragione dell’insufficienza dello stanziamento previsto, non danno risposta alle istanze della categoria di avere adeguati aumenti retributivi sia del trattamento economico fisso che di quello accessorio ovvero introdurre nuove indennità quale forma di valorizzazione per determinate attività lavorative”.

Lo scrivono in una nota il Segretario generale Silp Cgil Pietro Colapietro e il segretario nazionale Fp Cgil, Florindo Oliverio.

“Abbiamo rinnovato alla parte pubblica – aggiungono – la richiesta di avere un incontro urgente con il Governo per un confronto sullo stato della trattativa e sulle soluzioni possibili da adottare. Diversamente saremo in presenza di una chiara volontà politica di voler solo imporre le proprie scelte sulla pelle dei lavoratori e per cancellare funzione e ruolo del sindacato. Se questa è la vera posta in gioco per il Governo anziché trovare soluzioni per restituire dignità alle retribuzioni e ai diritti dei lavoratori, non potremo far finta di nulla e ci resta solo la possibilità di far valere le nostre ragioni intensificando la mobilitazione”, concludono.

Occorre investire su sistema asilo e rispettare diritti

“Nel corso delle iniziative a sostegno delle rivendicazioni delle funzionarie e dei funzionari in servizio presso la Commissione nazionale per il diritto di asilo e le Commissione territoriali abbiamo ripetutamente suggerito all’amministrazione di investire sul sistema asilo, potenziando le Commissioni territoriali mediante l’assunzione di personale amministrativo di supporto indispensabile a garantire l’efficienza dei procedimenti di esame delle domande di protezione e riconoscendo ai funzionari istruttori il giusto inquadramento attraverso l’applicazione del nuovo ordinamento previsto dall’ultimo contratto, nell’area delle Elevate Professionalità. Per la realizzazione di queste modifiche sarebbero stati sufficienti meno della metà dei soldi gettati al vento con l’operazione Albania ma i nostri suggerimenti sono stati ignorati preferendo investire una montagna di soldi pubblici in un’operazione incredibilmente dispendiosa ed inutile”.
Lo scrive in una nota il segretario nazionale Fp Cgil, Florindo Oliverio.
“Adesso che queste criticità sono in bella vista e che il Protocollo Albania si è rivelato per quello che è, vale a dire un fallimento politico senza precedenti – aggiunge – osserviamo che c’è ancora tempo per un ravvedimento e per introdurre delle modifiche che permettano al sistema asilo di lavorare adeguatamente e senza isterismi, rispettando i diritti coinvolti nella procedura, a cominciare da quelli dei richiedenti asilo e poi quelli di tutti coloro che nel sistema asilo ci lavorano, i funzionari e le funzionarie degli uffici immigrazione di questure e prefetture, delle Commissioni territoriali, della Commissione Nazionale per il diritto di asilo, e di tutti coloro che lavorano nel mondo dell’accoglienza. La nostra mobilitazione riprenderà più convinta che mai”, conclude.

“Governo certifica divari, non li colma. Serve subito Piano straordinario assunzioni”

Roma, 21 ott – “Nel Piano Strutturale di Bilancio di medio termine il Governo sceglie di differenziare gli standard regionali da quelli nazionali sui servizi all’infanzia. Infatti il documento ancora una volta dobbiamo registrare che l’esecutivo anziché cercare una soluzione per garantire alle bambine e ai bambini servizi educativi diffusi e di qualità su tutto il territorio nazionale individua un obiettivo regionale del 15%, lasciando inalterato quello nazionale al 33%. Invece di indicare strumenti che stimolino le amministrazioni ad aprire nuovi servizi pubblici garantendo i Livelli essenziali, così come stabilito recentemente dalla Corte Costituzionale, si fotografa la situazione di alcune regioni del Sud che non hanno utilizzato le risorse messe a disposizione, il Governo certifica i divari e non li colma”.


E’ quanto si legge in una nota di Fp Cgil.

“Se a ciò si aggiunge che nel 2030 l’obiettivo UE della presenza di servizi per la prima infanzia è il 45%, i nuovi indicatori proposti dal Governo certificano la mancanza di volontà di raggiungere tali obiettivi. Il rischio è, ancora una volta, il definanziamento dei Servizi Educativi. Per questa ragione – si legge ancora – è sempre più urgente dare corso ad un piano straordinario di assunzioni che garantisca in tutti i territori di raggiungere il 45% di copertura dei servizi all’infanzia al 2030. Non saremmo un paese giusto nel dichiarare che ci accontentiamo che in Italia 1 bambino su 3 abbia garantiti i servizi all’infanzia e che in alcune regioni ci fermiamo a poco più che 1 su 10”.

“Inoltre – conclude il sindacato – nella proposta di riformulazione si continua a non identificare la tipologia di servizi da garantire e ciò lascia libere le Amministrazioni di considerare qualsiasi offerta di servizio, compresi i bonus, come un’offerta educativa. Riteniamo sbagliato questo intervento per le bambine e i bambini, per i loro genitori e per il futuro del paese”.

Il sostegno e solidarietà alla manifestazione del 19 ottobre da parte dei sindacati europei EPSU, UGT, STAL e FSS-CCOO.


FSS-CCOO – Messaggio di supporto

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