Serena Sorrentino intervista da ‘Il diario del lavoro’

Tra gli effetti collaterali  più evidenti di ‘’quota 100’’  c’è quella che si può definire una vera e propria fuga dei pubblici dipendenti verso la pensione. Un’emorragia che si somma a una situazione già consolidata di invecchiamento, con ripercussioni molto gravi, tali da far cadere a pezzi l’intero sistema pubblico. Serena Sorrentino, segretaria generale della Fp Cgil, parla di  un rischio ‘’desertificazione’’,  evitabile solo con un piano straordinario di nuova occupazione che prevede 500 mila assunzioni in tre anni, per compensare il flusso di uscita di pari entità.

Sorrentino, vi aspettavate questa fuga dal pubblico impiego?

Era presumibile. Quando abbiamo fatto il nostro studio sui pensionamenti nella Pubblica amministrazione, è emerso che, a riforma Fornero invariata, nei prossimi due anni le uscite sarebbero state già 500 mila, di cui 146 mila solo quest’anno, più altri 120 mila, come ci segnala la Flc Cgil, nella scuola. Ovviamente, quota 100 ha un effetto moltiplicativo. Cosa che peraltro avevamo fatto presente al governo.

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Riforme e controriforme

Che questo fosse il governo del cambiamento è ormai risaputo, ma che si riuscisse a proporre di cambiare l’assetto organizzativo del MEF per ben due volte nel brevissimo tempo è sicuramente da Guinness dei primati.
Comunque, battute a parte, sarebbe opportuno che venisse fatta un po’ di chiarezza, soprattutto nei confronti dei lavoratori.
Sulla questione inerente la riorganizzazione delle sedi territoriale ancora nulla di concreto, l’Amministrazione e parte dell’autorità politica fino ad oggi hanno mantenuto il riserbo, assodato che la perequazione sarà garantita a tutti i lavoratori senza sottrarre risorse a nessuno siamo infatti in attesa dei decreti attuativi.
Ad oggi abbiamo da un lato la legge n. 145 del 30/12/2018 “Legge di Bilancio” che, a partire dal comma 350, ridisegna gli assetti organizzativi periferici e dall’altro delle proposte normative che invece prevedono che parte di questi uffici (le segreterie delle Commissioni Tributarie) vengano allocati fuori dal MEF. In questo momento preferiamo sospendere qualsiasi giudizio in merito, ma ci teniamo a dire con forza che sarà necessario tutelare tutti i lavoratori.
La legge di Bilancio, poco chiara, pare disponga il passaggio delle CC.TT. dal Dipartimento delle Finanze al Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, stabilendo tra l’altro la nascita di presidi unitari senza precisarne le modalità. Noi sosteniamo che ci sono diversi modi per darvi attuazione e per garantire un buon servizio; per farlo sarà necessario mantenere le specificità lavorative ed economiche degli uffici, come già previste per alcuni uffici centrali e territoriali.
Per quanto riguarda invece le diverse proposte di legge che vedrebbero le CC.TT. transitare presso altre realtà, diciamo fin da subito che non accetteremo proposte al ribasso e poco attente alle politiche del personale, che in ogni caso dovrà avere la possibilità di essere sentito e di fare la propria scelta.
Se la giurisdizione speciale tributaria funziona parte del merito va sicuramente attribuito al personale amministrativo che ha dimostrato in questi anni professionalità e competenza.
Tutta questa bagarre politica, al contrario, non fa altro che destabilizzare e disorientare i dipendenti, incerti sul proprio futuro lavorativo.
Nei prossimi giorni l’autorità politica si è resa disponibile ad ascoltare le esigenze dei dipendenti.
Siamo pronti al confronto, abbiamo l’obbligo di far sentire la voce dei lavoratori, il personale ha bisogno immediato di certezze per il futuro e non ha nessuna intenzione di partecipare a Rischiatutto!

FP CGIL                                     CISL FP                                UILPA
Americo FIMIANI                  Walter DE CARO              Andrea G. BORDINI

Pubblichiamo la nota unitaria che evidenzia la carenza grave di organici presente presso il comando di Verona. In allegato anche scheda tecnica esplicativa.

CCNI E RIORGANIZZAZIONE

In data 5 marzo siamo stati convocati per discutere di una serie di questioni di peso che
impegnano da tempo il tavolo nazionale. In particolare, il Contratto Collettivo Integrativo di
Agenzia, la stabilizzazione dei distacchi, la riorganizzazione delle strutture periferiche
dell’INL.
In primo luogo, abbiamo affrontato il tema del Contratto Integrativo, parte normativa e
parte economica. Per la parte normativa, abbiamo cercato di esplicare ulteriormente alcune
particolari previsioni contrattuali, sulla base delle proposte presenti nella nostra piattaforma
unitaria.
Abbiamo chiesto di precisare meglio il riferimento alle progressioni verticali e alla riserva
di posti per i futuri concorsi.
Abbiamo ribadito la necessità di prevedere, su richiesta motivata, un possibile rinvio al
tavolo interregionale nel caso in cui non venga raggiunto l’accordo nell’ambito della
contrattazione integrativa territoriale, entro termini prestabiliti.
Abbiamo evidenziato la necessità di agevolare la partecipazione dei componenti le RSU
alle riunioni sindacali convocate dall’Amministrazione, particolarmente riferiti ai tempi
di percorrenza allorquando necessiti raggiungere la sede del confronto diversa da quella di
servizio dei singoli, nei casi di sedi accorpate. L’Amministrazione si è impegnata a trovare
soluzioni che evitino di penalizzare i rappresentanti sindacali e consentano il regolare e
proficuo svolgimento delle riunioni.
Abbiamo proposto di introdurre una clausola specifica sulla trasparenza, che impegni
l’Amministrazione a fornire specifiche informazioni a consuntivo alle OO.SS. e alle RSU in
relazione a: distribuzione ore di lavoro straordinario, partecipazione ai corsi di formazione
professionale e arbitrati. Analogamente anche per la distribuzione delle risorse del Fondo
Risorse Decentrate e DM 6 marzo 2018 (ex Poletti), fornendo alla RSU e alle OO.SS. un
prospetto dettagliato sulle somme di salario accessorio attribuite ai singoli lavoratori
dell’Ufficio.
Per quel che riguarda la parte economica, segnaliamo la concreta disponibilità
dell’Amministrazione a prevedere stabilmente, a partire dal CCNI 2019 – considerando gli
stanziamenti previsti dalla Legge di Stabilità – un sistema indennitario che, in linea con le
previsioni del CCNL 2016-2018 (art. 77, comma 2, lettera d), sia correlato allo svolgimento
di attività di particolare responsabilità, anche di natura professionale (si pensi agli ispettori
o al legale, ad esempio, ma anche a chi ricopre incarichi di responsabilità).
Riteniamo, poi, una riflessione sui criteri che equiparano le assenze consentite da specifiche
leggi, alle presenze equiparate, così da individuare con più accuratezza le fattispecie di assenze
meritevoli di attenzione particolare.
Riguardo alla differenziazione della premialità individuale (prevista dalla normativa
nazionale e, da ultimo, dal c.d. “Decreto Madia”), crediamo si debba trovare un modo per
sondarne l’applicazione, così da vederne gli effetti concreti e capire come intervenire in
futuro.
Altro punto in discussione è la stabilizzazione del personale in distacco.
L’Amministrazione ritiene di poter stabilizzare immediatamente solo la situazione ereditata
per il personale distaccato prima della nascita dell’Agenzia. Abbiamo ribadito che sarebbe
opportuno, per chiudere con il passato e addivenire a regole certe sulla mobilità procedere
alla sanatoria per tutti i lavoratori attualmente in situazione di distacco, l’Amministrazione
comunque non ha modificato la propria posizione. In ogni caso, la decisione conclusiva sul
punto verrà presa nel corso della prossima riunione.
Nel corso dell’incontro, protrattosi nel pomeriggio, ci è stata data un prima non
approfondita informativa sulla riorganizzazione degli uffici periferici. In allegato vi
trasmettiamo la documentazione trasmessa dall’Amministrazione.
La nuova organizzazione prevede un riordino a livello centrale già presentato in precedenza
– che ha visto la istituzione di due nuove Direzioni Centrali -, una nuova articolazione
territoriale che individua competenze specifiche per IIL e ITL e la creazione di una unità di
raccordo regionale, nelle ITL di capoluogo dove non è presente un interregionale.
Per attività di carattere trasversale che coinvolgono più sedi, potranno essere create
unità di progetto; per queste attività pensiamo debbano essere coinvolti, ad esempio, il
personale informatico e gli ispettori tecnici.
L’impianto presentato prevede un’organizzazione delle strutture articolata per processi e
per team.
Sono individuati, in linea generale, quattro processi produttivi:
– Vigilanza (all’interno del quale si potrà istituire anche un team amministrativo);
– Legale;
– Pianificazione, controllo e funzionamento (che si occuperà della gestione delle risorse
umane, finanziarie e strumentali e del controllo di gestione);
– Servizi all’utenza (che si occuperà anche di vertenze di lavoro comprese le conciliazioni
monocratiche, rilascio autorizzazioni, inchieste infortuni, servizio di turno, convalide delle
dimissioni, URP).
In prima analisi, abbiamo chiesto un maggiore coinvolgimento fattuale del personale
amministrativo all’interno degli specifici processi lavorativi, ad esempio prevedendo di
affidare a questi colleghi – ovviamente preventivamente ed adeguatamente formati – la
raccolta di richieste di intervento, gli incontri di conciliazione, ovvero ancora la gestione del
fascicolo ispettivo. Allo stesso modo riteniamo importante, anche in considerazione della
istituzione della nuova Direzione Centrale, disciplinare ruolo e competenze del personale informatico.
Ogni sede avrà mediamente i quattro processi sopra descritti (fanno eccezione le sedi più piccole – in cui il numero si ridurrà – e quelle più grandi – in cui si potrà separare il Processo Funzionamento da quello di Pianificazione e Controllo). All’interno dei suddetti processi potranno essere costituiti dei team di lavoro, laddove sia presente un numero minimo di personale. In caso contrario, i lavoratori risponderanno direttamente ai Responsabili di Processo.
L’idea è quella di determinare a monte il numero totale dei processi e dei team, in cui articolare ogni sede, così da avere i numeri precisi per la istituzione di un sistema indennitario condiviso anche per i responsabili. Abbiamo chiesto di prevedere l’eventuale aumento dei numeri, in caso di particolari situazioni o necessità, solo dopo la valutazione dell’IIL e del Direttore dell’INL.
Per la individuazione dei responsabili di processo e dei responsabili di team, abbiamo chiesto che siano introdotti ed esplicitati criteri oggettivi, concordati con le OO.SS., che contemplino competenza, pari opportunità e continuità dell’azione amministrativa. L’Amministrazione ci ha assicurato che sta provvedendo a determinare regole e criteri di nomina e ce li presenterà, probabilmente, già alla prossima riunione, fissata per il 25 marzo.
In conclusione, abbiamo espresso la necessità di sostanziare ulteriormente la riorganizzazione presentataci, ad esempio chiarendo nel dettaglio quali saranno i compiti dei responsabili, in modo tale che i soggetti coinvolti comprendano che lavorare in team (struttura orizzontale) non è la stessa cosa che lavorare in una linea o in un’area operativa (struttura verticale) e che il capo area e il responsabile di processo (primus inter pares) sono concetti sostanzialmente diversi.
Riteniamo indispensabile coinvolgere nel procedimento organizzativo tutto il personale, a cui dovrà essere fornita una formazione adeguata ed estesa, altrimenti sarà difficile ottenere un cambio di mentalità nell’approccio lavorativo. Il rischio concreto è che si cambino le denominazioni, ma di fatto non cambi niente, con grave delusione di tutti.

Roma, 7 marzo 2019

 

FP CGIL                               CISL FP                                     UIL PA
Matteo Ariano                    Antonella La Rosa                         Bruno Di Cuia

Pubblichiamo il resoconto del Tavolo Tecnico Formazione, tenutosi il 06 Marzo 2019 riguardante la circolare NBCR

Il MIBAC CHE VOGLIAMO:
RIPARTIAMO DALLA TUTELA DEL PATRIMONIO E DELLA QUALITÀ DEL LAVORO
IL GRANDE BLUFF DEL RILANCIO DELLE POLITICHE CULTURALI

In questi anni gli investimenti pubblici nelle politiche culturali hanno registrato un
sostanziale decremento: ad una minima ripresa delle spese del bilancio statale ha fatto da
contraltare una diminuzione della spesa complessiva per la cultura. Il divario tra il
Mezzogiorno e le restanti aree geografiche del Paese si è ampliato: al Nord si spende per
la cultura mediamente il triplo di quanto si spende la Sud.
Il rapporto spesa pubblica PIL, riferito all’anno 2016, continua a confermarci ai livelli più
bassi della spesa europea, con lo 0.31% di incidenza sul PIL. Solo la Francia spende il
doppio di noi e restiamo malinconicamente ancorati agli ultimi posti tra i paesi della
Comunità Europea, malgrado restiamo il Paese con la più alta presenza di siti dichiarati
patrimonio dell’umanità dall’UNESCO.

IL MERCATO DEL LAVORO ED IL DECLINO DEI CICLI PUBBLICI

Pur registrando una crescita economica ed occupazionale del settore delle attività culturali
il mercato del lavoro connesso a questi cicli produttivi è tuttora pervaso da condizioni di
precarietà strutturale, di sfruttamento, di dumping salariale. Ancora impera il ricorso ai
massimi ribassi negli appalti e il continuo tentativo di bypassare le clausole sociali nei
bandi relativi alle concessioni. A fronte di una crescita economica continua del settore, che
nel periodo 2010/2016 ha prodotto una valore aggiunto alla ricchezza nazionale che si
aggira sui 250 miliardi di euro, si continuano a registrare, nei cicli esternalizzati, basse
condizioni normativo salariali per i lavoratori, un utilizzo indiscriminato di tutte le forme di
flessibilità lavorativa, il ricorso ormai pervasivo a forme di falso volontariato in sostituzione
del personale interno.
In rapporto al mercato esterno, caratterizzato da una estrema mobilità professionale, da
un’alta incidenza di giovani e di alte professionalità, l’organico interno del Ministero
presenta una dimensione statica e logorata da decenni di politiche di blocco del turnover. Il
trend delle uscite per pensionamento, di molto ampliato a seguito dell’irruzione della
cosiddetta quota 100, presenta già oggi una carenza complessiva che si aggira intorno
alle 3800 unità e alla fine del 2021 il numero delle uscite comporterà la perdita
complessiva di circa il 50% del personale. Un organico ancora caratterizzato da una età
media elevata, superiore ai 50 anni, con una incidenza praticamente nulla dei giovani
under 34 (l’1,7% rispetto al dato previsionale complessivo – nel privato l’incidenza della
popolazione giovanile si aggira intorno al 25%). Il piano assunzioni, pur corposo, prevede
oggi la copertura di circa il 40% delle carenze previste (3600 assunzioni complessive entro
il 2021).

IL MINISTERO POST RIFORMA: ADDIO ALLA TUTELA?

Il quadro che presenta il Ministero a seguito dello “tsunami” Franceschini è
sostanzialmente caratterizzato dalla disarticolazione organizzativa delle strutture che si
occupano delle tutela del patrimonio culturale. La creazione del sistema Museale ha
assorbito circa la metà del personale previsto nell’organico ed il maggior numero dei
Dirigenti, sottratti ai cicli di tutela. La creazione della Soprintendenza Unica, presentata
come una operazione di semplificazione burocratica, in realtà è il prodotto finale di un
processo di marginalizzazione del sistema delle Soprintendenze, trasformati in Uffici
indeboliti nelle funzioni di tutela sul territorio, senza poteri di spesa, con un organico
fortemente ridimensionato e con i Funzionari cosiddetti Capi Area a sostituire i Dirigenti
sottratti dai circuiti Museali. Analoga situazione di degrado la vivono Archivi e Biblioteche,
che hanno perduto quasi interamente il loro corpus dirigenziale e buona parte del
personale, diventando sostanzialmente i settori “cenerentola” del MIBAC. In tale contesto
abbiamo assistito ad operazioni la cui funzionalità è assai dubbia: una proliferazione dei
Musei autonomi che ha prodotto la frammentazione dei più importanti circuiti archeologici
e museali, il tentativo di coinvolgere le Biblioteche nelle politiche di valorizzazione estrema
tramite l’integrazione di alcune di esse nei circuiti museali, una politica dell’offerta culturale
legata al principio della mercificazione e dell’utilizzo improprio dei luoghi della cultura, una
condizione di insufficienza strutturale rispetto alle disponibilità relativa ai cicli manutentivi e
di tutela del patrimonio culturale.

L’AVVENTO DELLE “NUOVE RIFORME”

Il cambio di direzione politica nel MIBAC non ha prodotto sinora riflessioni strutturate sulla
riorganizzazione attuata dal precedente governo e sui suoi effetti.
Tuttavia alcuni processi importanti sono stati attuati o sono in procinto di esserlo:
noi diciamo no ai progetti di autonomia differenziata che intendono trasferire alle
Regioni la piena potestà sulle funzioni di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale.
Un no fermo, convinto e pregiudiziale: qualora attuati, questi progetti minerebbero alla
base il principio di unitarietà della tutela del patrimonio culturale nazionale e svuoterebbero
di significato lo stesso art. 9 della Costituzione.
Inoltre il Turismo deve tornare ad essere competenza trasversale e non oggetto di
scambio politico della maggioranza di governo. Da questo punto di vista il trasferimento di
queste competenze alle Politiche Agricole è addirittura peggiore di quello che ne comportò
l’assegnazione al MIBAC. Le politiche sul Turismo sono uno degli snodi strategici per il
nostro Paese, trattarle come fossero beni di famiglia da cedere come pegno all’alleato
politico è un atto irresponsabile e privo di qualunque visione strategica.
Sulla valutazione delle eventuali modifiche organizzative il Ministro ha istituito una
Commissione ad hoc, ma l’impressione è che le modifiche proposte non saranno tali da
mettere in discussione le scelte strategiche attuate con la riforma Franceschini.

IL MINISTERO CHE VOGLIAMO

La premessa indispensabile è che il nostro Paese torni ad investire sulla Cultura
perlomeno ai livelli dei più avanzati Paesi Europei e comunque nel giusto rapporto alla
quantità ed alla qualità dello straordinario patrimonio che l’Italia possiede.
Se si vuole davvero operare per il cambiamento allora bisogna partire dalla riqualificazione
dei servizi e dal rafforzamento delle strutture che si occupano della tutela del patrimonio
culturale. Le riorganizzazioni non sono un esercizio ideologico basato su visioni
preordinate senza alcuna attenzione al concreto svolgersi del lavoro ed alle problematiche
connesse.
Di conseguenza noi vogliamo confrontarci rispetto ad un progetto di riorganizzazione che
comporti i seguenti investimenti organizzativi:

 UN PIANO SERIO DI REVISIONE DEI FABBISOGNI PROFESSIONALI:

occorre riconoscere e inserire all’interno dell’organizzazione generale tutti i processi di
innovazione tecnologica legati all’evoluzione ed alla modernizzazione dei modelli
organizzativi. Tramite:
1. la revisione della distribuzione degli organici nelle aree. Questo comporta il
superamento della prima area funzionale e l’allocazione delle risorse nella
previsione degli organici di terza area;
2. l’inglobamento nell’organico previsionale di figure professionali che emergono dai
processi formativi e che non trovano allocazione nell’ordinamento interno. Questo
comporta un processo di riordino dell’ordinamento professionale, da attuarsi tramite
l’aggiornamento dei profili esistenti, in particolare i profili “interni” quali il Funzionario
diagnosta o il Funzionario per le tecnologie, e la creazione di nuovi profili in
particolare sulla linea dell’offerta culturale e dei servizi connessi;
3. una valutazione su un possibile ampliamento dell’organico teorico, recuperando il
taglio ultimo prodotto dalla manovra spending review sia per gli organici delle aree
che di quelle dirigenziali;
4. un investimento straordinario sulla formazione riqualificazione del personale
interno, tramite il reperimento e l’allocazione di risorse utili a rispettare la previsione
contenuta nel CCNL di un investimento pari all’1% del monte salari. La crescita
professionale continua dei lavoratori è condizione essenziale al miglioramento dei
servizi ed al giusto riconoscimento dell’apporto dei lavoratori.

UN PIANO STRAORDINARIO PER L’OCCUPAZIONE

Le misure predisposte appaiono del tutto insufficienti a garantire un corretto ricambio
generazionale. L’irruzione della quota 100 sta determinando un esodo di massa dei
lavoratori e l’organico già risente di una carenza strutturale che si aggira, al 1 gennaio
scorso, a circa 3800 unità. A cui aggiungere circa 4700 uscite previste entro il 2021.
Occorre un investimento straordinario finalizzato alla copertura totale del turnover ed al
riempimento di tutte le carenze in organico. A cui affiancare una programmazione
pluriennale che assicuri la copertura totale del turnover anche nel periodo successivo.
A tal fine è necessario reperire risorse straordinarie, procedere immediatamente alle
assunzioni già autorizzate, derogare al blocco previsto dalla legge di stabilità avviando da
subito la programmazione assunzionale e l’emanazione dei bandi di concorso con
procedure semplificate e velocizzate al fine di evitare l’impasse degli Uffici che quasi
certamente si determinerà in rapporto tra le tempistiche delle uscite per pensionamento e
quelle necessarie all’espletamento dei nuovi concorsi.
 DIRITTI E DIGNITÀ PER TUTTI I LAVORATORI.
È assolutamente necessario introdurre regole che definiscano tutele e diritti per tutti i
lavoratori che, a vario titolo, contribuiscono al funzionamento dei servizi. Una sorta di
Codice Etico che uniformi il comportamento del Ministero nella definizione e regolazione
del mercato delle esternalizzazioni. In particolare occorre:
1. riconoscere finalmente le professioni dei Beni Culturali tramite l’adozione degli atti
applicativi la legge n.110/2014;
2. definire regole di comportamento che determinino le modalità del ricorso ai
professionisti esterni, garantendo trattamenti minimi dal punto di vista delle
condizioni normativo-contrattuali ai professionisti in regime di collaborazione;
3. eliminare i massimi ribassi negli appalti e rafforzare le clausole sociali di garanzia
dei livelli occupazionali, normativi e contrattuali al momento del rinnovo delle
concessioni;
4. determinare un trattamento contrattuale uniforme di tutti i lavoratori dipendenti
presenti nei cicli esternalizzati, garantendo agli stessi l’applicazione di un CCNL
coerente con le finalità delle attività svolte;
5. prevedere una definizione analitica dei costi relativi al lavoro esternalizzato e
pretendere la puntuale applicazione dell’anagrafe delle prestazioni, che deve
essere riportata su un piano di trasparenza in modo coerente con le previsioni
normative in materia.

RIPRENDIAMOCI LA TUTELA

La proliferazione di riforme dell’apparato ministeriale, che hanno trovato la loro
conclamazione nello “tsunami“ Franceschini, ha prodotto un legittimo rigetto verso la
logica riformista che è stata banalizzata e delegittimata da provvedimenti derivanti da una
visione astratta e ideologica del governante di turno. A noi interessa invece un vero spirito
riformista che si occupi concretamente dei problemi e trovi soluzioni condivise e fatte
proprie dai lavoratori.
Nel MIBAC il vero spirito riformista non può che partire dall’esigenza di un profondo
rafforzamento delle strutture che si occupano della tutela del patrimonio: Soprintendenze,
Archivi, Biblioteche e Istituti Centrali e dalla ricomposizione della frattura determinata dalla
separazione dei cicli di tutela da quelli della valorizzazione del patrimonio culturale.
Il MIBAC deve riacquisire la dignità e la funzionalità del lavoro di tutela e di ricerca e
ritrovare il senso vero delle dinamiche dell’offerta culturale nei modi previsti dal Codice dei
Beni Culturali e non certo tramite la sua mercificazione che ha trasformato i luoghi della
cultura in palcoscenici per eventi estranei alla loro funzione ed in molti casi mortificanti per
quello che gli stessi rappresentano per le comunità ed i territori di appartenenza.
La fruizione della Cultura è un diritto costituzionale di tutti i cittadini, una finalità dichiarata
dall’art. 9 della Costituzione e non una prerogativa cui possono accedere solo i cittadini più
abbienti ed i turisti.
In particolare noi chiediamo:
1. il ripristino della Dirigenze sottratte alle Soprintendenze, agli Archivi ed alle
Biblioteche. A cui aggiungere, nelle strutture complesse, la Dirigenza amministrativa
che garantisca autorevolezza e competenza alla linea della spesa;
2. un investimento organizzativo su tutte le strutture dedicate alla tutela, che ne
ridetermini il fabbisogno in relazione alle effettive esigenze con l’attribuzione di
risorse adeguate umane, strumentale ed economiche.
Per attuare questo noi proponiamo:
1. la Soprintendenza Grande. Non ci interessano le diatribe astratte sulla
Soprintendenza Unica, per noi è importante che il sistema della Soprintendenze
riacquisti autorevolezza e forza nell’incidenza dei rapporti con il territorio di
competenza. Per fare questo è necessario che ogni linea di attività di tutela
rilevante abbia a capo una Dirigenza ed un organico adeguato. La Soprintendenza
Grande deve avere una dimensione autonoma sul modello delle autonomie
sperimentate per il sistema Museale, avere la gestione della spesa, incidere
realmente sui processi di governo del territorio e del paesaggio. In tale contesto
vanno salvaguardate e rilanciate le strutture orizzontali della tutela (Laboratori ,
Archivi e Cataloghi), attualmente frammentate in modo indecoroso tra
Soprintendenze e Sistema Museale e depauperate da esternalizzazioni selvagge
delle loro attività.
2. Archivi e Biblioteche funzionanti ed al centro del rilancio delle politiche di
divulgazione e conoscenza dell’immenso patrimonio posseduto. Non basta
solo il ripristino delle dirigenze: occorre un serio progetto riorganizzativo che
recuperi le funzioni di tutela ed acquisizione del patrimonio di competenza, rimoduli
i servizi al pubblico, internalizzi tutti i processi di digitalizzazione al centro della
innovazione organizzativa, renda fruibile l’intero patrimonio posseduto. Anche in
questi settori va ripristinata la piena funzionalità dei Laboratori di ricerca e restauro.
3. Il MIBAC deve riprendere a fare ricerca. Questo significa un investimento
specifico per gli Istituti Centrali, depauperati da anni di tagli ai bilanci e dal blocco
del turn over. A partire da un investimento occupazionale che recuperi figure
professionali al limite dell’estinzione e, ovviamente, da investimenti congrui in
risorse umane e strumentali.
4. Una razionalizzazione del sistema Museale. E’ del tutto evidente che un
processo di riorganizzazione che si ponga l’obiettivo di riunificare i cicli di tutela e
valorizzazione tocchi l’attuale organizzazione incentrata sul sistema dei Musei
autonomi e dei Poli Museali regionali. Il recupero del sistema museale all’interno
della Soprintendenze, con una linea dedicata con a capo un Dirigente, può essere
una soluzione coerente. In ogni caso va rivisto e razionalizzato l’attuale sistema
anzitutto riducendo nel numero i Musei autonomi per quel che riguarda la
necessaria ricomposizione dei territori archeologici più importanti e per la
necessaria verifica del funzionamento dei Poli Museali su base regionale in
rapporto alla presenza e funzionalità dei precedenti Poli Museali, costruiti in modo
coerente ai percorsi culturali ed agli ambiti territoriali di riferimento;
5. Una revisione dei compiti dei Segretariati Regionali. Questo significa eliminare
le incongruenze organizzative, in particolare quelle che assommano funzioni di
gestione e controllo della spesa e le duplicazioni sulle funzioni tecniche. Il
Segretariato deve essere un organo di raccordo amministrativo sul territorio,
incidere sulla linea di controllo sulla spesa e non sulla gestione che deve essere
demandata agli altri Uffici sul territorio, divenire centro di raccordo con le Regioni e
gli Enti locali sulle politiche di fruizione e valorizzazione del patrimonio diffuso e
rispetto all’attuazione dei processi amministrativi legati alla redazione dei piani
paesistici.
6. Una razionalizzazione delle strutture centrali. Anche in questo caso abbiamo
assistito ad una eccessiva proliferazione di Direzioni generali con il determinarsi
spesso di conflitti di competenze. Va operata una opportuna semplificazione nelle
strutture prevalentemente amministrative.
Su queste proposte chiediamo il vostro voto per le elezioni del Consiglio Superiore

LA NOSTRA LISTA:
GIULIA BARRERA
MARIANGELA BRUNO
MATTEO SCAGLIARINI
PER LA TUTELA DEL LAVORO E DEL PATRIMONIO CULTURALE,
PER CHI È DA SEMPRE DALLA PARTE DEI LAVORATORI DELLA
CULTURA
ALLE ELEZIONI DEI RAPPRESENTANTI DEL PERSONALE
AL CONSIGLIO SUPERIORE BENI CULTURALI E PAESAGGISTICI
9, 10 e 11 aprile 2019
VOTA E FAI VOTARE LA LISTA FP CCGIL

Due diverse iniziative uno stesso messaggio: più donne nel pubblico, più diritti da contrattare.

Potenziare l’occupazione nel pubblico e rendere sempre più forte la contrattazione. Sono queste le battaglie che la Fp Cgil, non da oggi, ha intrapreso e che in una giornata dedicata alle donne declina sul versante femminile. La Funzione Pubblica Cgil è stata infatti protagonista oggi (7 marzo), alla vigilia della Giornata internazionale delle donne, di due diverse iniziative, rilanciando – con le dovute specificità – il suo messaggio sulla questione di genere in termini di nuova occupazione e contrattazione dedicata, in linea con le parole che da sempre caratterizzano l’agire della categoria: Funzione Pubblica è Femminile Plurale.

Oggi infatti, nell’ambito di una iniziativa organizzata dalla Fp Cgil Roma e Lazio dal titolo ‘Verso le donne – Prendiamoci cura dei nostri diritti’, Serena Sorrentino, segretaria generale della Fp Nazionale, ha osservato: “Abbiamo registrato una battuta d’arresto quando abbiamo cominciato a chiedere parità. Uomini e donne hanno esigenze differenti. Se utilizzo politiche uguali non ottengo un risultato paritario. Provocatoriamente parlo di ‘contrattazione dispari’. Quando il pubblico arretra e ci sono meno servizi noi ritorniamo in quel ricatto delle società moderne in cui diminuisce la partecipazione femminile perché conviene più assistere i figli che pagare un asilo privato”. Nel nostro Paese, ha aggiunto Sorrentino, “le reti di welfare non si sono mai sviluppate. Abbiamo sempre di più fenomeni di impoverimento delle reti sociali, si rompono i legami di comunità. Le persone si sentono sole e impaurite e preferiscono chiudersi. Sono due le battaglie che porteremo avanti: potenziare l’occupazione nel pubblico e rendere sempre più forte la contrattazione, che garantisce alle persone di non rimanere escluse. La battaglia si vince se facciamo rete, se usciamo dall’isolamento e usciamo dal silenzio“.

Su questa stessa linea l’intervento della Fp Cgil Nazionale oggi all’iniziativa promossa dal Comitato per le Pari Opportunità della Polizia Penitenziaria, dal titolo ‘Respect – Oggi come sempre io sono mia!’. Focus in questo caso la presenza e il ruolo delle donne nel Corpo di Polizia Penitenziaria. Al cospetto, tra gli altri, dei vertici del Dap e del sottosegretario alla Giustizia, Jacopo Morrone, Lara Verbigrazia della Fp Cgil Nazionale ha puntato il dito contro un sistema, quello carcerario, che continua a discriminare le donne. “Come Funzione Pubblica Cgil – ha affermato – rivendichiamo da anni assunzioni di personale di polizia penitenziaria, lo stiamo facendo in modo costante e continuo, attraverso ogni mezzo possibile. In questo settore poi le assunzioni devono essere indirizzate specificatamente sul personale femminile. È necessario infatti l’ingresso di un numero congruo di donne utile a consentire la copertura del (profondo) divario attualmente esistente per coprire le necessità reali di personale femminile”. Sono ancora, infatti, discriminate le donne nella possibilità di ricoprire ruoli diversi da quelli in ‘sezione’, con tutto ciò che ne consegue “non solamente in termini di crescita lavorativa ma anche sul futuro pensionistico delle donne lavoratrici”.

Quanto al tema della contrattazione di genere, nel contesto specifico della Polizia Penitenziaria, Verbigrazia ha osservato: “Siamo ancora molto lontane. Sentiamo forte l’obbligo e la necessità di affrontare attraverso la contrattazione decentrata la valorizzazione dei diritti delle lavoratrici e la loro integrazione nel lavoro. E proprio per questo abbiamo presentato la piattaforma per le pari opportunità tra uomini e donne negli istituti di reclusione e pena che si pone l’obiettivo di rimuovere le cause culturali ed organizzative che producono discriminazioni dirette ed indirette e di favorire attraverso la partecipazione ed il coinvolgimento delle lavoratrici e dei lavoratori, la loro valorizzazione personale e professionale”, ha concluso.

Resoconto trattativa rinnovo CCNL Cooperative sociali

Nelle giornate del 5 e 6 Marzo la trattativa sul rinnovo del contratto ci ha consentito di chiudere sostanzialmente tutta la parte normativa, rimane una nostra riserva sul tema dell’orario di lavoro sul quale proveremo in queste ore a trovare un intesa unitariamente con le altre O.O.S.S.
Il lavoro svolto sull’articolato normativo è stato tutt’altro che semplice e ci ha visti impegnati per molto tempo in una discussione serrata articolo per articolo, con l’impegno fondamentale di tutta la nostra delegazione, ma tutto questo lavoro di mediazione ha comportato, nostro malgrado, un prolungamento oggettivo della trattativa.
Nel dettaglio delle ultime due giornate, possiamo dire di aver concluso il lavoro sulle modifiche agli articoli sul servizio con obbligo di residenza nella struttura e quello sui tempi di vestizione.
Aldilà della riserva sull’orario di lavoro, la trattativa ci ha consentito di raggiungere degli avanzamenti importanti e per nulla scontanti, su temi delicati quali appunto notti passive (che diventano oggetto di contrattazione aziendale) e tempi di vestizione che finalmente avranno il giusto riconoscimento nell’articolato contrattuale e saranno demandati anch’essi alla contrattazione territoriale.
In chiusura abbiamo unitariamente formalizzato la richiesta di aumenti contrattuali in linea con i contratti che abbiamo già sottoscritto, richiesto la una tantum congrua per gli anni di vuoto contrattuale e proposto di istituire un fondo che intervenga a sostegno della fascia più anziana delle lavoratrici e dei lavoratori e a integrazione salariale di tutti quelli che hanno “sospensioni” lavorative come nel caso degli educatori.
Le controparti si sono riservate di fare una valutazione e abbiamo aggiornato i lavori al 20 marzo prossimo.

 

Comparto Sanità/SSAEP                                               Il Segretario Sanità/SSAEP
Fp Cgil Nazionale                                                               Fp Cgil Nazionale
Stefano Sabato                                                                      Michele Vannini

LA GIUSTIZIA ALL’ANNO ZERO

La nota di proclamazione unitaria dello stato di agitazione del personale della Giustizia giunge in
un momento cruciale per la vita del Ministero.
La dimensione dell’esodo dal Ministero è assolutamente impressionante, l’irruzione della quota
100 sta già producendo i suoi effetti ulteriori su un organico logorato e colpito da una crisi
profonda nei servizi aggravando oltremodo condizioni di lavoro già al limite.
A questo si assommano i ritardi nell’applicazione di accordi conclusi, finanziati e perfezionati, che
ormai sono assolutamente insopportabili. È giunto per la direzione politica il tempo delle scelte e in
questo contesto devono scegliere come confrontarsi con i rappresentanti dei lavoratori, le cui
scarne modalità adottate sinora sono insufficienti e legate alla occasionalità di incontri riservati e
nessuna risposta rispetto alle richieste ufficiali di incontro.
OCCORRONO RISPOSTE IMMEDIATE SIA SUL PIANO ASSUNZIONALE CHE RISPETTO
ALLA PIENA APPLICAZIONE DI ACCORDI SOTTOSCRITTI E SUI QUALI L’ATTUALE
DIREZIONE POLITICA SI È IMPEGNATA PIÙ VOLTE ALLA LORO PIENA APPLICAZIONE.
Non intendiamo certo sottovalutare le iniziative che si stanno assumendo anche con provvedimenti
in deroga al blocco, ma la dimensione delle uscite dei lavoratori impongono uno sforzo ulteriore: si
arriverà nel 2021 ad una carenza che si potrà aggirare sulla metà del personale occorrente al
funzionamento degli Uffici. Il piano assunzioni determinerà al massimo una copertura del 50%
delle carenze con il rischio di trovarsi al termine del triennio con gli stessi vuoti che si riscontrano
attualmente, senza contare quello che succederà negli anni successivi.
Quello che stiamo verificando oggi è il frutto di un ventennio di politiche sbagliate di tagli indiscriminati al costo del lavoro e di un blocco insopportabile del turnover, in assenza di qualunque ottica programmatoria al di fuori dell’accordo del 26 aprile 2017, accordo che rischia di essere vanificato da inaccettabili ritardi nella sua applicazione. Noi sappiamo bene discernere le responsabilità specifiche di chi ha governato in questi anni, ma l’esercizio del governo impone una assunzione di responsabilità che sinora noi abbiamo verificato più nelle parole che nei fatti.
Per questo serve un confronto politico serio e strutturato: nel cui ambito noi chiederemo di procedere ora e subito agli scorrimenti ex 21 quater, alla emanazione dei bandi per le figure professionali escluse dal processo iniziale, alla emanazione dei bandi per il passaggio dalla prima alle seconda area, al completo assorbimento del bacino dei tirocinanti, autentica vergogna per il Ministero, alla garanzia della mobilità volontaria per tutti i lavoratori, allo scorrimento completo della graduatoria vigente degli assistenti giudiziari, all’applicazione dei passaggi orizzontali previsti dall’accordo stesso.
E chiederemo di procedere subito ad un serio piano di revisione dei fabbisogni professionali, che produca il superamento della prima area funzionale e distribuisca le previsioni nelle altre aree.
Abbiamo un serio problema di relazioni sindacali al DAP, dove il Capo Dipartimento sta attuando,
con decisioni unilaterali, principi cervellotici di rotazione ingiustificata dei lavoratori in nome di una
presunta “flessibilità” che rischia di determinare, oltre allo sconcerto tra i lavoratori, gravi impasse
all’attività ordinaria.
Abbiamo pertanto chiesto per l’ennesima volta un incontro al Ministro e valuteremo con senso di
responsabilità tutte le proposte concrete volte a superare l’attuale impasse: qualora risposte non
dovessero venire assumeremo ogni iniziativa conseguente.
Lo stato di agitazione rinsalda e rende forte il rapporto unitario con CISL e UIL, abbiamo preso atto
con dispiacere della decisione di UNSA e Intesa di optare per una riflessione interna alle loro organizzazioni sindacali sulle iniziative dia intraprendere. Massimo rispetto per questa scelta e sappiamo che le valutazioni sulla situazione del Ministero sono analoghe alle nostre,ma noi non riteniamo che si possa più attendere: lo abbiamo fatto con senso di responsabilità, dando tutto il tempo necessario alla nuova Direzione politica di insediarsi ed avere contezza della grave situazione organizzativa del Ministero e lo abbiamo fatto proprio perché sappiamo discernere le responsabilità. Adesso il tempo per noi è scaduto ed è venuto il tempo delle scelte e delle assunzioni di responsabilità. E, per noi, è giunto il tempo della mobilitazione.

 

Claudio Meloni
FP CGIL Nazionale

Pubblichiamo la nota unitaria delle OO.SS. territoriali nella quale evidenziano la grave situazione riguardo l’assetto organizzativo/operativo del Comando.

Accordo sul Lavoro Agile

Dopo una lunga trattativa le OOSS e l’Agenzia, in data 05 marzo, hanno sottoscritto l’atteso
accordo relativo alla prestazione lavorativa in regime di lavoro agile.
La trattativa, infatti, è stata fortemente condizionata dall’applicazione delle novità normative introdotte dall’art.1 comma 486 della l 145/2018 e, pertanto, si sono notevolmente ridotte le possibilità di apportare le iniziali modifiche proposte dalle OOSS e in parte anche condivise dalla stessa Agenzia, in merito ai criteri per l’accesso e la formazione delle graduatorie.
Nonostante ciò, le OOSS sono riuscite a sottoscrivere un accordo che apporta dei miglioramenti
nell’ottica della conciliazione tra vita privata e lavoro, riformando lo strumento rispetto al precedente sostanzialmente con le seguenti novità:
– eliminazione del vincolo delle attività istituzionali in “lavoro agile” che consentirà a tutti i dipendenti che presentino i requisiti previsti dall’Accordo, di avanzare la propria candidatura prescindendo dalla mansione svolta;
– ampliamento del numero di risorse che possono accedere alla modalità di prestazione,
portando le postazioni disponibili dagli iniziali 95 a n. 117, garantendo così l’accesso ad una platea più ampia;
– maggiore flessibilità del lavoratore che può organizzare il proprio lavoro in un arco temporale della giornata più ampio – dalle 08.00 alle 19.00 – e che potrà eventualmente essere contattato in sostanziale corrispondenza dell’ordinario orario di lavoro giornaliero;
– maggior oggettività nella verifica del criterio “tempo di percorrenza”, che dovrà essere documentato con modalità precise (estratto e simulazione eseguita con Google Maps con il mezzo pubblico o con il mezzo proprio in funzione delle abitudini dichiarate dal richiedente ed eventuale produzione di abbonamento).
All’esito della procedura di assegnazione dei posti di lavoro agile, le Parti si incontreranno per
esaminare le risultanze dell’applicazione del presente accordo.
In apertura della riunione, l’Agenzia, in applicazione delle disposizioni contrattuali vigenti ha
informato che, nei limiti delle risorse disponibili, sono in corso le attività propedeutiche finalizzate
al riconoscimento all’accesso a progressioni di tipo inquadramentale/economico o ad altri istituti
di natura premiale, attraverso il riconoscimento individuale di passaggi di livello e di aumenti
retributivi sulla base dei criteri individuati nell’ambito del CCNL.
Particolare attenzione, riferisce l’Agenzia, verrà rivolta alla popolazione aziendale collocata negli
inquadramenti più bassi.
Le OOSS e l’Agenzia si sono dati appuntamento per il giorno 13 marzo per il confronto sull’istituto
relativo al lavoro part-time.

 

FP CGIL                   CISL FP                    UIL PA               CONFSAL/UNSA        FLP
Gamberini                 Silveri                          Greggi                     Sempreboni           Cefalo

Assunzioni lente, metà del personale al pensionamento con Quota 100 e precariato dilagante

“Pessima la gestione della Giustizia. L’organico è insufficiente e la metà è prossima al pensionamento con Quota 100, le nuove assunzioni sono insufficienti e lente, il precariato è dilagante, gli accordi non rispettati e le relazioni sindacali al minimo”. Questo il quadro fornito da Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Pa riguardo la situazione della Giustizia per cui si dichiarano pronti alla mobilitazione.

“Nulla si sa dello scorrimento delle graduatorie che dovrebbe essere completato entro giugno 2019 per dotare gli uffici di nuovi funzionari. Nulla si sa del passaggio di area degli ausiliari, dei contabili, degli assistenti informatici e linguistici. Nulla si sa del tavolo tecnico sulle problematiche degli ufficiali giudiziari. D’altra parte però, con l’applicazione di Quota 100, l’organico in uscita previsto entro il 2021 è di 20mila persone, praticamente il 50% del personale in servizio” informano i sindacati. “E intanto, come se non bastasse, permane il precariato, costituito dai cosiddetti ‘tirocinanti della giustizia’, e insieme ad esso anche il continuo ricorso a processi di esternalizzazione ingiustificata negli Uffici Giudiziari”. Ma non si limitano a questo i problemi per la Giustizia, secondo i sindacati. Infatti il 26 aprile 2017 firmarono un accordo che prevedeva, anche per i lavoratori dell’organizzazione giudiziaria, la riqualificazione per tutte le qualifiche professionali. “L’attuazione dell’accordo però – fanno sapere i sindacati – è rimasta al palo e tutti i termini previsti sono stati violati”. Questo è solo uno degli aspetti che, secondo le sigle sindacali, denoterebbe la crisi delle relazioni sindacali. “Tutte le richieste inoltrate per risolvere i problemi della giustizia attraverso un confronto costruttivo e per tutelare i diritti dei lavoratori sono rimaste lettere morte. Anche l’ultima richiesta d’incontro, inviata direttamente al Ministro, non ha avuto alcun esito. Drammatica è anche la situazione degli altri settori della Giustizia: Amministrazione penitenziaria, Giustizia minorile e di comunità, Archivi Notarili”.

“Non possiamo rimanere fermi rispetto a questa pessima gestione della Giustizia. Per questo, nell’interesse dei lavoratori e degli stessi cittadini, proclamiamo lo stato di agitazione di tutto il personale della Giustizia. E non ci fermeremo finché tutti gli accordi presi non saranno rispettati, i diritti dei lavoratori tutelati a la Giustizia non ritorni alla sua piena funzionalità” concludono Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Pa.

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