pcm a che punto siamo col contratto?

Dopo una lunga ed estenuante stagione di blocchi contrattuali nel pubblico impiego, cominciata nel 2009 e durata un decennio, passo dopo passo, trattativa dopo trattativa, questa cattiva tendenza è stata interrotta. Uno dopo l’altro, i contratti (2016-2018) dei dipendenti pubblici sono stati rinnovati. Tutti tranne uno: quello della Presidenza del Consiglio dei ministri. Un contratto che riguarda circa duemila lavoratrici e lavoratori di ruolo, e altrettanti in comando, che ormai da 12 anni attendono il proprio contratto.

Lo stato della trattativa

Quindici mesi. È il tempo trascorso dalla Fp Cgil al tavolo con gli altri sindacati per tentare di costruire un nuovo contratto per i lavoratori della Presidenza del Consiglio. Quindici mesi di lavoro che si sono risolti in un nulla di fatto.

Questo perché, se da una parte c’è la nostra disponibilità a siglare una pre-intesa che tolga finalmente i lavoratori da uno stallo che dura dal 2009, dall’altra al contrario sindacati come Snaprecom, Sipre e Ugl (maggiormente rappresentativi) confermano la loro indisponibilità.

Tutto questo sfruttando il fatto che i sindacati d’accordo con la firma (Fp Cgil, Cisl Fp, Uil Pa, Flp e Usb), disponibili alla sottoscrizione, pur rappresentando più del 50%, non raggiungono il 51% imposto dalla legge.

Il risultato è un unico storico: l’impossibilità di definire un contratto per i dipendenti della Presidenza del Consiglio.

Perché Snaprecom, Sipre e Ugl si rifiutano di firmare il contratto

Snaprecom (il sindacato più rappresentativo dei lavoratori della PCM) lo ha detto con chiarezza: il motivo per cui non è disponibile a firmare il contratto è perché teme che con il rinnovo, dovendo conseguentemente rinnovare anche il contratto integrativo, si potrebbero perdere gli effetti di quest’ultimo. In particolare a preoccupare è una possibile revisione degli articoli 15 e 18. Questi articoli riguardano l’”utilizzo flessibile della professionalità” e l’”indennità di specificità organizzativa”.

Bisogna difendere i diritti fondamentali dei lavoratori

Ma se non si rinnova il contratto e si continuano a tenere le relazioni con questi sindacati come se nulla fosse, è segno che, tutto sommato, rinnovare il contratto non è un’esigenza. Vorremmo ci fosse spiegato perché non si può rinnovare il contratto e restituire alla contrattazione integrativa la decisione di come e a quali condizioni rinnovare il contratto integrativo, compresa l’efficacia o meno di quegli articoli 15 e 18. Evidentemente quegli articoli, per come sono scritti, oggi non sono proponibili. E siccome è sempre spiacevole dover dire le verità che fanno male ai lavoratori, si preferisce scaricare la responsabilità su altri e parlare d’altro. Non si dovrebbe temere di aggiornare le norme di un contratto, anche integrativo, alla luce delle leggi introdotte nel frattempo. Altrimenti il rischio è che i lavoratori vadano ancora più indietro e perdano anche i diritti fondamentali.

Conclusioni

È singolare e paradossale che il diritto dei lavoratori ad avere un contratto di lavoro gli venga negato da chi pretende di rappresentarli. E alla immediata vigilia di una fase cruciale per il Paese così come quella rappresentata dal Pnrr. Serve una svolta ora, serve il rinnovo del contratto.

dadone sindacati

I lavoratori attendono risposte su risorse, assunzioni e contratti

“Bene l’apertura di Fabiana Dadone ai sindacati per discutere della situazione del pubblico impiego, ma il tempo passa e i lavoratori sono in attesa di risposte. Per questo proseguiremo con assemblee e iniziative di mobilitazione e saremo disposti a intensificare l’azione sindacale se non riceveremo a breve un riscontro concreto su assunzioni, risorse e contratti”. Questa la posizione di Fp Cgil, Cisl Fp, Uil Fpl e Uil Pa sulle dichiarazioni rilasciate da Fabiana Dadone, Ministro della Funzione Pubblica, questa mattina durante la presentazione del rapporto Cnel sui servizi della Pa.

“La Pubblica Amministrazione sta assistendo a un vero e proprio esodo di lavoratori, dovuto al blocco delle assunzioni degli ultimi anni e all’introduzione di Quota 100 che vanno a incidere su un personale con un’età media molto elevata – fanno sapere le categorie di Cgil Cisl e Uil dei servizi pubblici -. Basti pensare che l’età media è di circa 51 anni e i dipendenti sotto i 30 anni di età rappresentano appena il 2,8% del totale. Le uscite previste per i prossimi due anni sono di circa 500 mila persone. È quindi necessario procedere con un nuovo piano straordinario di assunzioni che non garantisca solo il ricambio generazionale ma che intensifichi i servizi pubblici, con un 30% di assunzioni oltre il numero di pensionamenti previsti”. Questo il quadro della situazione fornito da i segretari generali delle quattro categorie: Serena Sorrentino (Fp Cgil), Maurizio Petriccioli (Cisl Fp), Michelangelo Librandi (Uil Fpl) e Nicola Turco (Uil Pa).

“Abbiamo già annunciato le prossime mobilitazioni: quella dei dipendenti delle Agenzie Fiscali, prevista per i prossimi 23 gennaio e 6 febbraio, e lo stato di agitazione dei 5 mila lavoratori dell’Inl. Saranno solo le prime di una serie di iniziative sindacali che metteremo in campo se non riceveremo un serio e immediato riscontro per intervenire su risorse, assunzioni e contratti nel pubblico impiego”, concludono.

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