Secondo una rielaborazione del Conto Annuale fatta dalle categorie dei servizi pubblici di Cgil, Cisl e Uil emerge che dal 2008 al 2017 ci sia stato un grave fenomeno di decrescita del numero di lavoratori nel pubblico impiego. Infatti, nel giro di appena 9 anni c’è stata una riduzione di personale pari al 7,5%, complessivamente 257.661 unità. In Italia 13 lavoratori su 100 lavorano nel pubblico, 7 persone in meno rispetto alla Francia, dove gli impiegati pubblici sono 20 su 100. Inoltre, il personale dei servizi pubblici ha un’età media che negli anni è avanzata, passando dai 47 anni medi del 2001 ai 51 anni del 2017. Attualmente, i dipendenti che superano i 60 anni di età sono 394 mila; sono invece 658 mila quelli tra i 55 e i 59 anni di età. Secondo le stime, dunque, nei prossimi tre anni saranno almeno 500 mila i pensionamenti previsti (anche in relazione all’entrata in vigore di Quota 100), rimpiazzati unicamente da 33 mila assunzioni straordinarie previste dalla legge di Bilancio 2019. Assunzioni che non saranno immediate ma cui, al contrario, si procederà nei prossimi 5 anni.
Nell’elaborazione dei dati del Conto Annuale, un piccolo focus è stato dedicato alla retribuzione media complessiva dei dipendenti pubblici. Ciò che ne è emerso è che negli ultimi 9 anni, dal 2010 ad oggi, la crescita delle retribuzioni si è sostanzialmente arrestata. Infatti, nel 2010 la retribuzione media di un dipendente pubblico era di 34.687 euro, nel 2017 si è persino scesi a 34.491 euro. Il costo della vita aumenta e le retribuzioni rimangono ferme.
Per quanto riguarda i contratti nazionali di lavoro del pubblico impiego, secondo le risorse stanziate dalla legge di Bilancio per il 2019, sono previsti – fanno sapere i sindacati – degli incrementi molto contenuti. In percentuale, gli incrementi previsti sono dell’1,3% per il 2019, 1,65% per il 2020 e 1,95% per il 2021. Sottolineano le categorie che lo scorso rinnovo contrattuale (2016-2018), aveva previsto un incremento del 3,48%, cui risultò un aumento medio di 85 euro lordi. Il previsto incremento dell’1,95% consentirebbe, dunque, aumenti inferiori.
Per quanto riguarda, invece, i contratti privati, di settori che erogano servizi pubblici, molti di questi sono fermi da diversi anni. È il caso, per esempio, della sanità privata, con un contratto bloccato dal 2006, e che interessa una platea di 300 mila lavoratori, tra infermieri, radiologi, operatori socio-sanitari, fisioterapisti e tutti i professionisti della salute. Così come la gran parte dei contratti del terzo settore, per circa 400 mila lavoratori, sono in attesa di rinnovo.
Quello che emerge è un quadro dei servizi pubblici nel nostro paese al collasso, in mancanza di risorse adeguate per fornire servizi efficienti e di qualità ai cittadini. Una tendenza di svalutazione e delegittimazione che va invertita attraverso investimenti adeguati per il rinnovo dei contratti e un piano straordinario di assunzioni che sopperisca all’elevato numero di pensionamenti. Per questo saremo in piazza, per difendere il valore dei servizi pubblici. Perché non c’è futuro senza lavoro. E non c’è uguaglianza senza servizi pubblici.
Occupazione in progressiva diminuzione nella Pa, sia quella stabile che flessibile, con un’anzianità media in continua crescita. Sono infatti circa 75 mila gli occupati stabili in meno in quindici anni. Una flessione, registrata tra il 2001 e il 2015, che investe principalmente gli uomini, calati di -156.450 unità, a fronte di una crescita per le donne di +28.232 unità. Mentre l’occupazione flessibile cala, lungo questo stesso periodo, di oltre 40 mila unità. Sono alcuni dei dati che emergono dal ‘Primo report annuale sull’occupazione nelle pubbliche amministrazioni’, nello specifico per quanto riguarda i comparti Funzioni Centrali, Funzioni Locali e Sanità, realizzato dalla Funzione Pubblica Cgil e dalla Fondazione Giuseppe Di Vittorio: uno studio che ripercorre l’andamento dell’occupazione nelle pubbliche amministrazioni, della sua qualità e delle prospettive che chiamano in causa il tema del turn over, di piani assunzionali e di processi di stabilizzazione del lavoro precario.
Occupazione stabile – Nel dettaglio di questi primi numeri, che forniscono la cornice del rapporto, la dinamica occupazionale registrata tra il 2001 e il 2015 è decrescente lungo tutto il periodo (per un totale di -75.368 unità). Sempre prendendo in considerazione la dinamica dell’occupazione stabile, lungo i 15 anni in esame, il rapporto della Cgil evidenzia la crescita del part time che aumenta di +29.498 unità a fronte di un calo del full time di -104.866 unità. Un dato che in percentuale registra una crescita del part time pari all’85% e un calo del full time del 18%. Entrando nello specifico dei comparti, la dinamica dell’occupazione stabile a fine 2015 era così costituita: 19% enti centrali, 36% enti locali, 42% sanità (e 2% varie). In termini assoluti sono le amministrazioni del comparto Enti Locali a subire la maggiore riduzione, pari a -80.695 unità, a seguire le Funzioni Centrali, con -47.537 unità. Il comparto Sanità, sempre lungo i 15 anni presi in esame, si riduce di 35.026 unità, pari al 5% dell’organico stabile.
Occupazione flessibile – La dinamica dell’occupazione flessibile registra anch’essa una flessione lungo il periodo in esame. Tra il 2001 e il 2015, infatti, le unità annue con contratto di tipo flessibile diminuiscono da 138.849 a 98.405 per un totale di -40.444 unità. Dal punto di vista delle tipologie contrattuali che danno vita a questi rapporti di lavoro, l’andamento rilevato è dipeso in larga misura dalla dinamica del lavoro a termine e degli Lsu. Quest’ultima componente è quella che perde più terreno. Le variazioni del lavoro a termine invece spingono verso l’alto il numero di unità tra il 2001 e il 2007 per poi contribuire insieme agli Lsu alla riduzione fino al 2015.
Anzianità – Nel 2015 i lavoratori stabili con anzianità superiore a 36 anni è pari a 103.099 unità. Il 39% di questi lavoratori presta attualmente servizio pressi gli Enti Locali, mentre il 34% nella Sanità e il restante 29% negli enti del comparto centrale. Dai dati del rapporto emerge, inoltre, proprio in ragione di un’anzianità di servizio in crescita, che le cessazioni legate al collocamento a riposto per limiti di età e dimissioni con diritto alla pensioni risultano essere in progressione: 30.082 nel 2013, 36.745 nel 2014 e 52.679 nel 2015. Lungo questo trend si prevede che in tutta la pubblica amministrazione nel 2020 circa 262.000 lavoratori si troveranno nella classe 65 – 67 e 621.000 nella fascia 60-64. Dall’analisi dei dati del Conto Annuale a fine 2016 nelle Funzioni centrali i lavoratori con più di 60 anni di età erano 124.737 in sanità 230.057 e 199.692 nelle funzioni locali. Possiamo ragionevolmente prevedere che circa il 40% delle lavoratrici e dei lavoratori dei tre comparti presi in esame nei prossimi 3-6 anni potrebbe raggiungere i requisiti per la pensione. Per mantenere almeno l’attuale livello dei servizi e delle prestazioni negli stessi comparti è necessario assumere nei prossimi 3-6 anni 500.000 lavoratori.
Spesa per il personale – Nonostante il blocco delle retribuzioni, la spesa per macro aggregati è aumentata lungo il periodo in esame, sebbene il numero di occupati stabili diminuisca di 75 mila unità nei quindici anni presi in esame. Tale dinamica trova la sua origine nell’interazione tra blocco del turn over, così come della contrattazione a partire dal 2009, e differimento dell’età pensionabile che mantiene in servizio lavoratrici e lavoratori molto sopra la media.
Conclusioni simili a quelle già evidenziate dalla Ragioneria dello Stato. Per quanto riguarda il costo del lavoro flessibile, tra il 2001 e il 2015 si rileva un aumento del 56%, concentrato tra il 2001 e il 2007 (picco a 3,8 miliardi), coerentemente con l’aumento del numero di unità lavorate, per poi calare. Nel 2015 la spesa per costo del lavoro flessibile rimane inferiore di circa 870 milioni rispetto al 2007.
La distribuzione assoluta per tipologia di lavoro flessibile è coerente con i dati del personale occupato. In particolare, il lavoro a termine occupa nel 2015 il 77,5% del costo totale per il lavoro flessibile in aumento rispetto al 62,7% del 2001. Diminuisce il costo per le collaborazioni, che passa dal 17% al 10% e quello degli Lsu dall’8,2% all’1,6%, coerentemente con la dinamica del numero di unità annue.
Conclusioni – Il quadro che emerge da un’analisi di medio periodo dell’impiego nelle funzioni pubbliche evidenzia una dinamica a due fasi: la prima, relativa al periodo 2001-2008, dove la riduzione del personale stabile si è accompagnata all’aumento del precariato senza che questo risultasse in un risparmio per le casse dello Stato. La seconda fase, iniziata con la crisi del 2008, si caratterizza per una riduzione sia del personale stabile che di quello precario.
Le politiche economiche a monte di tale andamento, concentrate principalmente nel blocco del turn over e dei contratti, a cui va aggiunta la riforma sulle pensioni, rivelano i propri limiti nel raggiungere gli obiettivi formalmente dichiarati di contenimento della spesa pubblica. Infatti, se da un lato la compressione della spesa, cioè il suo minore aumento, è avvenuto grazie al contenimento dell’occupazione pubblica; dall’altro, la composizione dell’occupazione per anzianità e tipologia crea un disequilibrio nel medio periodo.
È necessario iniziare a programmare un piano di assunzioni coerente con le esigenze della Pa di garantire un adeguato livello di servizi, tenendo conto non soltanto delle variazioni intervenute in questi ultimi anni ma soprattutto delle esigenze della società a cui la risponde il servizio pubblico.
Primo report annuale sull’occupazione nelle pubbliche amministrazioni. Appuntamento giovedì 5 aprile a Roma presso la sede nazionale della Funzione Pubblica Cgil in via Leopoldo Serra 31 alle ore 14.30 dove la Funzione Pubblica Cgil e la Fondazione Di Vittorio presenteranno il primo rapporto sul lavoro nei servizi pubblici, centrato sul tema occupazione, a cura della ricercatrice e Phd in economics alla SciencesPo di Parigi, Marta Fana.
Alla presentazione del rapporto, oltre a Marta Fana, parteciperanno Daniele De Angelis, coordinatore Nazionale Tirocinanti Giustizia Fp Cgil; Fulvio Fammoni, presidente della Fondazione Giuseppe Di Vittorio; Elisa Marchetti, Unione degli Universitari; Alessio Mercanti, presidente Comitato idonei concorsi pubblici ‘27 Ottobre’; Serena Sorrentino, segretaria generale Fp Cgil; Claudio Treves, segretario generale Nidil Cgil; Tania Scacchetti, segretaria confederale Cgil.
Il report, che nasce dall’Osservatorio nazionale sul lavoro nel sistema dei servizi pubblici istituito da Funzione Pubblica Cgil e Fondazione Di Vittorio, ripercorre l’andamento dell’occupazione nelle pubbliche amministrazioni, della sua qualità e delle prospettive che chiamano in causa il tema del turn over, di piani assunzionali e di processi di stabilizzazione del lavoro precario. Appuntamento quindi a Roma il 5 aprile alle ore 14.30 nella sede nazionale della Funzione Pubblica Cgil in via Leopoldo Serra.