covid

Fin dai primi giorni della diffusione dell’epidemia, poi divenuta pandemia, la Fp Cgil ha acceso un faro sulla questione della necessità di tutelare lavoratrici e lavoratori dal contagio da SARS COV 2, comunemente detto COVID-19.

L’adozione dei protocolli sottoscritti tra Cgil Cisl Uil e Governo, quali (a titolo di esempio) quello del 14 Marzo (misure di contrasto e contenimento della diffusione negli ambienti di lavoro, integrato il 24 Aprile), 24 Marzo (misure per Sanità, Socio Sanitario, Socio Assistenziale), 3 Aprile (misure per la tutela della salute e della sicurezza dei dipendenti pubblici), 24 Luglio (rientro in sicurezza) ha permesso di intervenire in modo determinante su aspetti tecnico/organizzativi nel contrasto al Virus.

La revisione del Documento di Valutazione dei Rischi con tutto il portato in materia di prevenzione, ha coinvolto tutte le figure di rappresentanza dei lavoratori: rls, rsu, delegati, funzionari, e su questa partita abbiamo consolidato il concetto di necessità di monitoraggio costante dell’efficacia ed efficienza delle azioni.

Stiamo facendo un lavoro fondamentale per il mondo del lavoro pubblico. Stiamo cercando di tutelare la salute delle lavoratrici, dei lavoratori, di donne e uomini, bambini ed anziani.

La nostra battaglia prosegue. Abbiamo bisogno di eradicare questa minaccia globale, che attacca le persone sia sul lato della salute che su quello dell’economia. Abbiamo bisogno di intensificare gli sforzi per uscire il prima possibile da questo triste momento, in attesa che la migliore delle armi in nostro possesso, il vaccino, possa ridare a tutti gli esseri umani la capacità di tornare ad una normalità di vita.

“Nei lavori di assistenza alla persona è necessario innalzare il livello di protezione”

È indubbio che in molte attività lavorative che riguardano settori che si occupano di assistenza alla persona il tema del distanziamento tra persone (che come sappiamo è uno degli elementi di prevenzione a maggior efficacia nella trasmissione del Virus) va declinato diversamente innalzando il livello di protezione. Particolare attenzione va posta sui Dispositivi di Protezione Individuale (DPI), i quali devono essere idonei ed efficaci.

Tale sottolineatura è importantissima dal punto di vista pratico. Con una posizione indotta dalla carenza di FFP2, l’OMS già ad inizio Marzo 2020 ha reso idonee le mascherine chirurgiche assimilandole ad un DPI, sebbene nascano come dispositivi medici (con diverse varianti a seconda delle caratteristiche di impermeabilità, stratificazione dei filtranti, ecc), quindi a tutela del paziente, più che dell’operatore.

“Le varianti sembrano avere una trasmissibilità maggiore. È necessario l’utilizzo delle ffp2”

Questo poteva avere un senso quando la “barriera” doveva essere efficace contro il “droplet” (le goccioline espulse con tosse, starnuti, per semplificare al massimo il concetto). Oggi però le varianti sembrano avere una capacità di trasmissibilità maggiore e quindi è supponibile che la capacità del virus di circolare si sia modificata (cfr. BMJ 2021; 372: n230; BMJ 2021;372:n288). Ad oggi quindi non è chiaro, sebbene supponibile, se la trasmissione possa avvenire air-borne (molto più invasivo rispetto al droplets) ed in assenza di questa chiarezza deve valere il principio di precauzione che vedrebbe necessario perlomeno l’utilizzo delle mascherine ffp2.

In data 9 Settembre 2020 il British Medicine Journal (BMJ2020;370:m3526) ha pubblicato uno studio in cui è evidenziato che il personale operante nelle terapie intensive veniva infettato meno del personale operante nelle medicine. Cosa significhi è chiaro. Nelle terapie intensive vengono indossati DPI di categoria superiore (maggiore livello di protezione) e questi proteggono perfino in ambienti ad altissimo rischio.

“Le mascherine chirurgiche possono risultare del tutto inadeguate”

Questa mutata condizione ci induce a pensare con ancor più convinzione, che si possa verificare anche un problema di saturazione ambientale in molti contesti chiusi, e che le valutazioni debbano tenere conto della capacità di ricambi d’aria dei vari luoghi di lavoro e che le mascherine chirurgiche possano risultare del tutto inadeguate.

Sarebbe pertanto di buon senso, oltre che fondato su evidenze scientifiche, l’utilizzo diffuso delle FFp2 che peraltro oggi sono comunemente reperibili sul mercato. Sebbene i costi siano giudicati elevati per molti datori di lavoro, rimane prioritario in questo momento comprendere che la spesa per la corretta ed efficacia prevenzione in questa fase è non solo un risparmio per la gestione complessiva dell’emergenza sanitaria ma aiuta ad accelerare l’efficacia delle misure di contrasto all’emergenza economica e sociale.

Al lavoro Sicuri, per garantire la Sicurezza di tutti.

I disturbi mentali sono in aumento ma nonostante questo stigmatizzati e non seguiti come dovrebbero: mancano i medici e la spesa è ridotta all’osso. Una battaglia prima di tutto culturale.

L’aumento di un fenomeno lascerebbe immaginare una progressiva e approfondita conoscenza dello stesso. Eppure non avviene questo per la salute mentale in Italia. Aumenta, infatti, il numero di persone che presentano disturbi psichiatrici ma questo non ne impedisce la stigmatizzazione, portando queste persone a vivere la malattia in solitudine e con una certa vergogna. Un problema culturale che non investe solo l’opinione pubblica ma anche chi sta dall’altra parte e dovrebbe garantire il benessere e la salute dei cittadini, oltre che la diffusione della cultura. Infatti la politica investe nella salute mentale risorse che sono al minimo, impedendo la realizzazione di servizi alla persona che siano efficienti, tempestivi e adeguati. Ma vediamolo con i numeri.

Secondo gli ultimi dati Istat, in Italia sono circa 6 milioni le persone con disturbi psichiatrici o a rischio di disturbi ansiosi e depressivi. Di questi ne vengono seguiti appena 800 mila. Si registra inoltre che stia calando di anno in anno il numero di prestazioni sanitarie erogate: ben 400 mila prestazioni in meno in un anno, dal 2016 al 2017 (passando da 11 milioni e 800 mila a 11 e 400 mila circa), secondi i dati diffusi pochi giorni fa dalla Società italiana di Psichiatria, in occasione della Giornata mondiale della Salute Mentale.
D’altro canto sono sempre meno i professionisti che possono occuparsene. Subiamo infatti una carenza di personale nella salute mentale di circa 9 mila operatori.
La causa di tutto questo è da ricercarsi nelle risorse che lo Stato mette a disposizione
. Per i servizi di salute mentale, infatti, è prevista una spesa pari al 5% della spesa totale del Servizio Sanitario Nazionale. In Italia, però, riserviamo alla salute mentale appena il 3,5% della spesa complessiva.

L’assenza di investimenti sulla salute mentale sta creando un circolo vizioso per il quale il fenomeno si accresce. Niente investimenti vuol dire niente personale, niente personale vuol dire l’impossibilità di intervenire adeguatamente e per tempo nella cura della persona. I pochi medici a disposizione non hanno modo di dedicarsi alla prevenzione e di seguire adolescenti e giovani, sin dalla comparsa dei primi disturbi d’ansia, evitandone il peggioramento o la cronicizzazione. La scarsità di risorse obbliga il personale a intervenire esclusivamente su situazioni già gravi e croniche.

Ciò che deve cambiare, infatti, è prima di tutto la cultura che ruota intorno al tema della salute mentale, ancora stigmatizzata e poco conosciuta nel nostro Paese nonostante i tempi in cui viviamo. Tre dunque i grandi obiettivi della Funzione Pubblica Cgil in merito: potenziare i servizi per diminuire i casi di cronicità, più psicoterapia nei servizi pubblici e soprattutto prevenzione. “La malattia mentale non è una vergogna, è una malattia come tutte le altre. Recuperare l’idea di una cura possibile consente di abbattere quelle mura che lo stigma nei confronti della malattia ha creato”, commenta così Andrea Filippi, segretario nazionale della Fp Cgil Medici e prosegue: “Dobbiamo rilanciare la promozione della salute e rilanciare la prevenzione”.

Quando capiremo l’importanza di trattare il tema della salute mentale con cura, allora forse saranno destinate più risorse, aumenteranno i medici in grado di curare e spesso non sarà neanche più necessario curare perché si sarà saputo prevenire.

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