Pieno sostegno alle posizioni della Cgil

 

“Troviamo decisamente allarmanti le notizie sulla sospensione di due anni del codice degli appalti e la proposta di cancellare qualsiasi tetto di soglia per i subappalti fino al 2020. Quelle del ministro dell’Interno Matteo Salvini sono affermazioni gravi e pericolose che provengono proprio da chi, per il suo ruolo istituzionale, dovrebbe promuovere e garantire la tutela della legalità nelle pubbliche amministrazioni contro le infiltrazioni della criminalità organizzata”. Questa la posizione della Funzione Pubblica Cgil in seguito alle affermazioni del ministro Salvini in merito all’emendamento al decreto sblocca cantieri che prevede la sospensione del codice degli appalti per due anni e la cancellazione del tetto di soglia per i subappalti fino al 2020.

 

“Non procedere alle gare di appalto per lavori fino a un milione di euro può essere un vero e proprio incentivo per le mafie – prosegue la categoria della Cgil dei servizi pubblici -. In questo modo si lasciano soli i lavoratori e si espongono le amministrazioni a fenomeni di corruzione che ancora oggi resistono e andrebbero dunque contrastati con strumenti legislativi adeguati. Invece di procedere in questa direzione, assistiamo al processo inverso di deregolamentazione sulla base dell’errata convinzione che le regole ostacolino il dispiegarsi di ipotetiche crescite economiche”.

“L’Italia non è un paese che ha bisogno di ulteriore consumo di suolo – spiega il sindacato – ma di un grande investimento per il riordino idrogeologico del territorio e di riassetto urbano, negli appalti non ha bisogno di gare al massimo ribasso che permettono dumping contrattuale nei settori privati e in quelli dei servizi pubblici e che rischiano di produrre crisi occupazionali. Abbiamo bisogno di investimenti pubblici che producano lavoro di qualità e sostenibilità nell’impatto con l’ambiente, abbiamo bisogno di un grande piano straordinario di assunzioni nel lavoro pubblico per rafforzare gli uffici che svolgono attività di controllo nel territorio e per tenere alta l’attenzione sui fenomeni di illegalità mettendo in campo strategie di giustizia e protezione sociale”.

Dopo la querela del ministro dell’Interno, Matteo Salvini, al segretario nazionale della Cgil, Giuseppe Massafra, che ha esternato la sua preoccupazione, “vogliamo esprimere il nostro sostegno al segretario e ci domandiamo per quale ragione il ministro abbia la priorità di querelare un sindacalista, piuttosto che quella di rassicurare il paese che le sue proposte non prefigurano interventi che permettono infiltrazioni mafiose e illegalità diffuse”, conclude la Funzione Pubblica Cgil.

“La balconite”.

Così Crozza, nel corso del suo intervento serale durante la trasmissione di Fazio, ha saputo raccontare in maniera semplice e garbata il nuovo fenomeno della “balconite”:  l’asporto di lenzuola dissenzienti affisse dai cittadini sui propri balconi, non proprio in linea con le politiche del Governo attuale.

Ad essere coinvolti sono stati i vigili del Fuoco di Bergamo i quali, su richiesta della questura, sono stati costretti ad intervenire – a nostro avviso illegittimamente ma giustamente secondo le dichiarazioni del neo Comandante di Bergamo – con un automezzo di servizio (una gru dice Crozza in realtà un’autoscala) per rimuovere un lenzuolo sul quale una cittadina aveva scritto ‘Non sei il benvenuto’, per manifestare il suo dissenso nei confronti di Salvini e del Governo.

Questa la cronaca di un evento bizzarro, accaduto ieri a Brembate, inaccettabile per la Fp Cgil VVF dal punto di vista del gesto, dove a pagarne le spese sono ancora una volta anche i professionisti del soccorso, coloro i quali risultano essere il Corpo più amato dai cittadini italiani ma che, a causa delle politiche scellerate del Governo e di Salvini in particolare, rischiano di mettere in discussione la storia del Corpo Nazionale.

Sembrerà strano, forse non lo è poi così tanto, ma Crozza in poco tempo ha capito la differenza tra la necessità di prestare soccorso e fare pubblica sicurezza. Una cosa che un sindacato autonomo –  è facile sostenere il governo attuale – non ha ancora compreso.

#UniciNellaTutela

 

Mauro Giulianella
Coordinatore nazionale Fp Cgil Vvf

 

A 6 mesi dall’entrata in vigore del decreto, sono 18mila gli operatori a perdere il lavoro

Sono passati 6 mesi dal momento in cui il decreto sicurezza – anche detto decreto Salvini – è entrato in vigore, lo scorso ottobre 2018. Una nuova misura i cui punti cardine ruotano attorno al tema dell’immigrazione e della sicurezza pubblica. Accostamento di temi discutibile ma nient’affatto casuale. L’intervento del ministro Salvini sull’immigrazione, e quindi su tutto il sistema dell’accoglienza, è stato piuttosto massiccio, ha determinato la chiusura di diversi centri di accoglienza, drasticamente diminuito il numero delle ore di lavoro dedicate ai servizi e ridotto da 35 a circa 21 euro lordi pro capite la spesa per l’accoglienza di ciascun migrante al giorno.

Ospiti, lavoratori ed esuberi. I numeri.

Ma cosa è cambiato concretamente in questi sei mesi? E come è cambiata la rete dell’accoglienza? Vediamolo coi numeri alla mano. Cominciamo col dire che attualmente in Italia ci sono circa 131mila ospiti, lo 0,27% della popolazione residente, secondi i dati forniti da UNHCR. Nel 2017, con il decreto Minniti, i lavoratori impegnati nel sistema accoglienza, in rapporto al numero di ospiti, era di meno di un terzo, ovvero circa 40 mila operatori, tra Cara, Cas e Sprar. Secondo una stima della Fp Cgil, ad oggi, con l’attuazione del decreto Salvini, circa il 40% di questi lavoratori rischia il posto di lavoro, a seguito della riduzione delle ore di lavoro da dedicare al sistema accoglienza, prevista dal decreto stesso. Circa 18mila operatori che perderanno il posto nei prossimi mesi: medici, infermieri, mediatori culturali, insegnanti, psicologi e avvocati, molti dei quali giovani sotto i 35 anni di età. Se così fosse il rapporto tra numero di operatori e numero di ospiti arriverebbe ad essere di 1 a 8. Gli esuberi in corso sono già tantissimi, in alcuni casi hanno svuotato anche le strutture più ampie. È il caso, ad esempio, di Auxilium, a Castelnuovo di Porto, con 194 esuberi; o di Medihospes, una realtà che ha già subito 350 esuberi in ben 12 regioni; infine c’è il Progetto Arca, che ha subito 118 esuberi a Milano, Varese e Lecco. Queste sono solo alcune delle realtà più grandi e quindi più evidenti che sono state investite dal cambiamento portato dal decreto sicurezza, ma insieme a queste ci sono tante medio-piccole realtà che vivono le stesse condizioni. Da un monitoraggio svolto nei territori risultano essere circa 5mila i lavoratori già interessati da procedure di esubero. Un duro colpo per l’occupazione e per tutte queste persone messe alla porta da un giorno all’altro, indipendentemente dalla propria professionalità e dedizione.

 

 

Centri di accoglienza: come cambiano i servizi, dalle figure coinvolte al numero di ore.

Per capire la reale portata del cambiamento in corso, proviamo ad indagare come sono cambiati dal 2017-2018 ad oggi i numeri di un centro di accoglienza di medie dimensioni, con un bacino che va dai 151 ai 300 posti per ospiti. Per cominciare, il numero di operatori previsto durante il giorno è passato dagli 8 ai 2. Da 3 a 1 invece cala il numero di operatori notturni. Uno per 300 ospiti. Ma anche le figure più delicate e rilevanti hanno subito un drastico taglio in quanto a numero di ore lavorate. Ad esempio, con il decreto Minniti era prevista nei centri di accoglienza una presenza costante di infermieri, 24 ore su 24. Ora è prevista una presenza di sole 6 ore al giorno. I medici invece passano dalle 24 ore al giorno alle 24 a settimana, gli assistenti sociali dalle 36 ore a settimana alle 20 e i mediatori linguistici addirittura da 108 ore a settimana a sole 24. Sono state invece del tutto abolite le ore dedicate all’insegnamento della lingua e al sostegno. Insomma, una riduzione dei servizi nei centri di accoglienza di un quarto, nei casi più fortunati.

 

 

“Con le sue scelte il governo sta buttando fuori circa 18mila lavoratori – fa sapere la Fp Cgil -. Persone che, oltre a perdere il lavoro, non godono neanche di ammortizzatori sociali come la cassa integrazione, non previsti per i loro profili. È necessario individuare per loro percorsi di riqualificazione e ricollocazione nel sistema dei servizi e introdurre misure di sostegno al reddito”. Una misura utile nell’immediato ma non esaustiva, precisa il sindacato. “Va ridefinito l’intero sistema immigrazione con la costruzione di una politica dell’integrazione che elimini le tensioni sociali”. Il modello Sprar, secondo la Fp Cgil, è quello che maggiormente ha dato risposte di integrazione e inclusione. “Dovremmo sostenerlo e ampliarlo”, conclude.

Difendiamo il modello Riace perché funziona, dimostrando che l’accoglienza diffusa come progetto è una ricchezza che consente di tenere in vita i territori altrimenti destinati all’abbandono o al dominio della malavita.

Difendiamo il modello Riace perché è supportato da circa 70 operatrici e operatori sociali, mediatori culturali e assistenti sociali, oltre a una rete di volontariato del terzo settore. Questo permette al piccolo borgo di tenere in vita servizi pubblici fondamentali, come i servizi sociali e la scuola, avviando da anni imprese, spesso giovanili, che vanno dall’artigianato al commercio, dai forni fino alla raccolta differenziata porta a porta.
La politica che propone il modello dei grandi centri di accoglienza ha già fallito in passato: perché crea lager, insicurezza sociale, disumanità e illegalità. Sono proprio leggi come la Bossi-Fini e ora il decreto Sicurezza a creare milioni di irregolari che saranno sfruttati come schiavi nell’economia sommersa.

Difendiamo chi lavora nella rete dei servizi pubblici e del terzo settore e si occupa di garantire solidarietà, accoglienza e inclusione. Servizi che vanno valorizzati e non attaccati continuamente da chi dovrebbe rappresentare una delle più alte cariche dello stato.
Bisogna opporsi e resistere a queste politiche disumane, propagandistiche, dannose e razziste.
Non siamo né con gli scafisti né con i caporali né con chi rende i migranti criminali, ma siamo con gli uomini, le donne e i bambini a cui va riconosciuto il diritto ad andare a scuola, a curarsi, a lavorare senza distinzione di nazionalità e colore.

Siamo al loro fianco in tutte le Riace, Lodi e Monfalcone, perché i diritti non devono avere confini.

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