Lavoro pubblico: da Corte Conti e Istat solo conferme, da D’alia lacrime di coccodrillo

11 Novembre 2013

Lavoro pubblico: da Corte Conti e Istat solo conferme, da D'alia lacrime di coccodrillo

 
Comunicato stampa Fp-Cgil Cisl-Fp Uil-Fpl Uil-Pa

Roma, 29 ottobre 2013

“Lo hanno capito tutti: il lavoro pubblico ha pagato un prezzo troppo alto. Il personale delle pubbliche amministrazioni è stato utilizzato per coprire i buchi e, da ultimo, per un’operazione propagandistica e del tutto insufficiente sul cuneo fiscale. Soldi che i cittadini-lavoratori restituiranno con una maggiorazione, a causa della riduzione dei servizi e dell’aumento della tassazione locale”. Così Rossana Dettori, Giovanni Faverin, Giovanni Torluccio e Benedetto Attili, segretari generali di Fp-Cgil, Cisl-Fp, Uil-Fpl e Uil-Pa, rimarcano le ragioni di una mobilitazione che porterà il personale dei settori pubblici in piazza, con uno sciopero nazionale articolato sul territorio.

“Impoverire i dipendenti a cui si chiede di modernizzare la Pa – continuano i quattro sindacalisti – è cieco e fortemente iniquo. Servono costi standard, per eliminare sprechi e garantire un’oculata gestione dei soldi pubblici. Bisogna recuperare risorse, non effettuare ulteriori tagli, migliorare i servizi a cittadini e imprese. Investire nella professionalità di chi da troppi anni è privato del diritto al contratto, assumere giovani qualificati, a partire dai vincitori di concorso non assunti, garantire il turn over.  E poi stabilizzare i precari, certificando le competenze per poi riaprire il tavolo per i rinnovi contrattuali. Le risorse ci sono, ma sono investite male e in modo non sempre limpido”.

“La Corte dei Conti e l’Istat certificano quello che noi diciamo da anni. Il lavoro pubblico ha pagato il costo della crisi, mentre la spesa pubblica è cresciuta di 200 miliardi di euro in 10 anni, il costo del lavoro pubblico sceso sensibilmente, insieme al valore reale dei salari, e i dipendenti sono diminuiti di 370mila unità. Con lo sciopero – concludono Dettori, Faveri, Torluccio e Attili – lo spiegheremo al Paese, perché il nemico pubblico numero uno è evidentemente un altro, è la spesa che non produce né servizi né stimoli all’economia, ma solo rendite. La spesa che nessuno osa toccare”.
 

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