OCSE: maggiore attenzione all’uguaglianza. Il sindacato: passare dalle parole ai fatti

08 Gennaio 2014

OCSE: maggiore attenzione all'uguaglianza

 TUAC

Il sindacato: passare dalle parole ai fatti

Si è svolta a Parigi, lo scorso 10 dicembre, l’assemblea plenaria del TUAC, il Comitato Consultivo Sindacale presso l’OCSE, organismo che riunisce 59 sindacati dei 34 paesi aderenti all’organizzazione.
L’assemblea – che si riunisce due volte l’anno – ha fatto il punto sulle molteplici attività di interlocuzione -pressione verso il segretariato dell’OCSE e i governi dei paesi membri: dal quadro e dalle raccomandazioni sulla situazione economica globale e dei paesi più sviluppati in particolare alle politiche sull’istruzione, la formazione e l’occupazione; dal progetto sui Nuovi Approcci alle Sfide Economiche (NAEC) alle politiche fiscali e al progetto BEPS per contrastare l’erosione della base fiscale e lo slittamento dei profitti verso i “paradisi fiscali” da parte delle imprese multinazionali; dalle politiche di controllo del mercato finanziario e degli investimenti dei fondi pensione alla promozione delle Linee Guida sulla “condotta responsabile” delle imprese multinazionali e internazionalizzate – solo per citare i temi principali del vasto spettro di attività dell’OCSE, su cui il TUAC esercita un controllo e una pressione costanti.

Il TUAC è anche alla testa dell’iniziativa della Confederazione Internazionale dei Sindacati (ITUC-CSI) verso il G20. Il raggruppamento sindacale L20 (ITUC, TUAC, Global Unions, sindacati dei paesi G20) è impegnato ora nel garantire che la presidenza di turno australiana (proprio negli stessi giorni il governo australiano ha lanciato a Camberra i temi dell’agenda per il 2014) confermi e rafforzi il ruolo dei sindacati, promuova anche quest’anno – dopo la prima esperienza in Russia – una consultazione tra le parti sociali e il vertice congiunto di Ministri del Lavoro e Ministri delle Finanze, dia continuità e sostanza ai lavori della Task Force sull’occupazione, avviata con il G20 a presidenza francese, nel 2011.

Tra i tanti temi in discussione (inclusa l’approvazione dei bilanci consuntivo e preventivo e del piano di lavoro 2014) sono state affrontate anche le situazioni specifiche di due paesi, la Corea e la Colombia, dove sono palesi e gravissime le violazioni dei diritti sindacali. Si tratta di due paesi molto diversi, naturalmente, anche nella loro relazione con l’OCSE. La Corea del Sud è stata ammessa nell’organizzazione 17 anni fa, a condizione di un lungo processo di monitoraggio sull’adeguamento delle sue leggi sul lavoro ai principi di rispetto della libertà di organizzazione e contrattazione collettiva, sanciti dalle Convenzioni OIL e acquisiti dai paesi OCSE. Per la Colombia, il processo di adesione è in corso e il TUAC insiste con forza a condizionarlo ad un radicale cambiamento, di legge e di fatto, della situazione nel paese, tragicamente caratterizzata dalla continua aggressione e violenza contro i sindacalisti, con oltre duemila omicidi negli ultimi 15 anni, senza che mai i colpevoli fossero individuati e condannati. Anche se in Corea la situazione non è così tragica, la recente decisione del governo di mettere fuori legge sindacati rappresentativi degli insegnanti e dei dipendenti pubblici segnala la necessità di strumenti adeguati, da parte dell’organizzazione, per garantire, prima e dopo l’adesione, il reale rispetto dei diritti sindacali e del lavoro nei paesi membri.

All’indomani della plenaria TUAC, si è tenuto l’annuale incontro di consultazione con il Comitato di Collegamento dell’OCSE, l’organismo ufficiale del segretariato e dei paesi membri che, appunto, si confronta periodicamente con i sindacati e gli altri soggetti ammessi all’OCSE, gli imprenditori, organizzati nel BIAC, e la società civile, organizzata in OECD Watch.

La riunione è stata presieduta dal Segretario Generale dell’OCSE, il messicano Angel Gurria, con la presenza dei dirigenti dei diversi dipartimenti dell’organizzazione e di 18 ambasciatori permanenti dei paesi membri (tra cui quello italiano, Carlo Maria Oliva).

Il TUAC, avendo deciso di concentrare il confronto sul lavoro di analisi che l’OCSE sta svolgendo sul tema delle diseguaglianze e del loro peso come causa della crisi globale, ha illustrato il suo documento “Crescita più equa: un’agenda politica per ridurre le diseguaglianze e promuovere la crescita inclusiva” (vedi allegato).

Gli interventi del TUAC si sono concentrati, in particolare, sulla crescita delle diseguaglianze nella maggior parte dei paesi OCSE nel trentennio precedente lo scoppio della crisi economico-finanziaria globale; l’accentuarsi delle diseguaglianze, durante la crisi (in particolare, con la crescita del reddito, negli Usa, a quasi esclusivo vantaggio dell’1% più ricco); l’importanza del sindacato e della contrattazione collettiva nei paesi – come quelli nordeuropei – dove si registra contemporaneamente un maggior livello di crescita e un minor livello di diseguaglianza; la necessità di modificare le politiche fiscali, restituendo progressività al sistema impositivo, portando a tassazione i redditi da capitale come quelli da lavoro, mettendo in pratica il piano d’azione già elaborato e proposto al G20 per combattere la “doppia non imposizione” delle multinazionali che utilizzando la pianificazione fiscale, lo spostamento dei profitti tra le consociate e “accorte” modalità di trasferimento dei prezzi interni tra di esse pagano di fatto tasse irrisorie se paragonate alla media delle imprese piccole e medie incardinate in un singolo paese.

In una seconda sessione del confronto, il TUAC ha proposto, come possibile esempio di politiche che hanno contribuito alla riduzione delle diseguaglianze, alla riduzione della povertà e ad una crescita più inclusiva, il recente percorso del Brasile, governato dal PT di Lula. Qui, oltre alle politiche contro l’esclusione sociale, come il noto programma Bolsa Familia, il TUAC ha sottolineato il ruolo dell’intervento pubblico nella programmazione e attuazione diretta di politiche economiche e gestione di settori produttivi strategici, da un lato, e, dall’altro, il continuo aumento dei salari minimi e dello spazio della contrattazione collettiva, con il risultato che il 95% dei lavoratori brasiliani hanno visto aumentare i loro salari e questo si è tradotto in una migliore distribuzione dei redditi e in un aumento della domanda interna.

Le analisi e proposte del TUAC sono state, sostanzialmente, condivise e ulteriormente suffragate dalle valutazioni di Stefano Scarpetta (direttore del dipartimento Occupazione, Lavoro e Affari Sociali – ELS), Martine Durand (direttrice dell’Ufficio Statistiche – STD), Pascal Saint-Amans (direttore del Centro per le Politiche Fiscali – CTP), Sergio Atzeni (direttore del dipartimento PMI – CFE) e Mario Pezzini (direttore del Centro per lo Sviluppo – DEV).

Sostanzialmente positive anche le reazioni degli ambasciatori di Austria, Turchia, Giappone (che ha anche illustrato i temi della presidenza del prossimo Forum Ocse), Olanda, Francia, Gran Bretagna, Portogallo e Stati Uniti.

Lo stesso Segretario Generale, Gurria, ha confermato che la questione dell’uguaglianza economica rimarrà al centro del lavoro dell’OCSE, che intende promuovere una crescita più inclusiva, “senza lasciare indietro nessuno”.

Nel suo intervento conclusivo, il segretario generale del TUAC, John Evans, ha apprezzato l’avanzamento del dibattito e la capacità di entrare nel merito di valutazioni più concrete di politica economica. Ma ha ancora una volta sottolineato la necessità di colmare rapidamente la distanza tra analisi, studi, raccomandazioni di “nuovi approcci alle sfide economiche” e la realtà delle politiche messe in campo dai governi, ancora improntate all’austerità e all’attacco allo stato sociale e ai diritti dei lavoratori. (10/12/2013)

Leopoldo Tartaglia (CGIL Politiche globali)

 
 

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