Attività dei centri di servizio sociale

18 Luglio 2011

Attività dei centri di servizio sociale

Roma, 29 marzo 2007
 
Al Capo del DAP Pres. E. Ferrara

Attività dei centri di servizio sociale

Egr. Presidente,
per l’intera passata legislatura sulle attività dei centri di servizio sociale, sulla loro “ragione sociale” e dignità istituzionale, si sono scaricate le peggiori attenzioni della politica, almeno di quella che all’epoca aveva responsabilità di governo del Paese.
L’opzione molesta, avvertita sin dall’inizio dagli operatori e da una parte del sindacato, si è manifestata non solo su quel “normale” piano di destrutturazione dei servizi pubblici che ha caratterizzato l’intera azione di Governo del Centro Destra, ma anche sul terreno della trasformazione della mission, in una prospettiva di riduzione delle caratteristiche di aiuto sociale che sempre aveva permeato e qualificato le attività di questo delicatissimo settore della Giustizia.
La manifestazione più evidente di questa opzione riduttiva è stata la scelta del legislatore di trasformare la denominazione dei centri di servizio sociale in Uffici di Esecuzione penale Esterna; inascoltati abbiamo denunciato i rischi che quella scelta, venduta come una semplice ridenominazione, prefigurava.
Quella non era semplice questione nominalistica, ma un vero e proprio spartiacque fra ciò che era stata fino ad allora una attività istituzionale caratterizzata, pur con i suoi evidenti limiti, da una forte predisposizione “sociale” e quel che ancora oggi, purtroppo, non è dato sapere.
Per troppo tempo abbiamo rivendicato, per nome e per conto dei tanti lavoratori del settore che rappresentiamo, un punto di approfondimento con l’Amministrazione Penitenziaria proprio per riflettere su quale mission, su quali adeguati modelli organizzativi, su quali caratteristiche dovesse avere questo settore, così come trasformato dalla legge di riforma cd. “Meduri”, e abbiamo sperato che il verificarsi di una radicale alternativa di Governo del Paese e, ci permetta, anche dell’Amministrazione penitenziaria provocasse, per via naturale, anche un ripensamento di quelle modalità attraverso le quali, in fasi istituzionali così cruciali, si determinano posizioni e si assumono scelte.
Anche a Lei abbiamo rivolto la richiesta, ripetutamente inevasa dal suo predecessore Tinebra, di favorire una grande operazione di confronto e condivisione con gli stessi operatori penitenziari, sulle prospettive e gli obiettivi di fondo che la Meduri imponeva si ricercassero.
Abbiamo sollecitato l’Amministrazione penitenziaria a coinvolgere, al di fuori dei formalismi, le rappresentanze sindacali dei lavoratori del settore in tutte quelle attività che l’articolo 3 della predetta legge imponeva, non ultima, quella della predisposizione di un regolamento di organizzazione dei nuovi Uffici di Esecuzione Penale Esterna.
A queste sollecitazioni non abbiamo ancora ricevuto risposte, nemmeno nei termini di generica informazione sullo stato dell’arte dei lavori.
All’insostenibile incertezza che pervade l’intero settore, dagli assistenti sociali impegnati nelle attività front-line ai dirigenti responsabili, però, si aggiunge oggi anche quella che scaturisce da ulteriori attività di elaborazione interne all’Amministrazione che, al mandato definito dalla legge Meduri, ne affianca altri, assolutamente sconosciuti sia nelle forme giuridiche che negli obiettivi politici.
Ci riferiamo a quelle che nella discussione di tutti i giorni, in maniera riduttiva e semplicistica, si manifesta nella disgraziata contrapposizione Polizia Penitenziaria/Assistenti Sociali con eccessi, su entrambe i fronti, dai risvolti assolutamente pericolosi.
Le abbiamo ripetutamente declinato ed in più occasioni uno dei principali obiettivi della nostra azione sindacale conseguente alla sciagurata esperienza Castelli/Tinebra: quella di una ricomposizione delle professionalità penitenziarie quale presupposto ineludibile per un necessario cambio di passo culturale dell’intero sistema penitenziario.

Egregio Presidente
continuare ad espungere la possibilità di aprire un confronto istituzionale e sindacale su questi temi vitali per le caratteristiche di una istituzione che aspira ad essere democratica e moderna è uno degli errori più grandi nel quale lei stesso potrebbe incorrere.
E’ per questo che la invitiamo a favorire questo cambiamento almeno nel modo con il quale l’amministrazione caratterizza la sua predisposizione all’ascolto ed al confronto.
Si faccia promotore di un incontro franco e leale nel quale liberamente poter affrontare quest’importante discussione; continuare a mantenere soffocato questo bisogno di relazione e confronto non solo disorienta ulteriormente i lavoratori penitenziari, non offrendo loro i necessari segnali di discontinuità, ma fa rischiare all’amministrazione che Lei rappresenta interventi non compresi, non condivisi e sui quali complicatissima sarà la possibilità di elaborazione anche in chiave operativa.
In attesa, quindi, di un cortese urgente e a questo punto anche formale riscontro le porgiamo distinti saluti.

p. la Fp Cgil Nazionale
Fabrizio Rossetti

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