Documento sintesi ass. naz.le direttori di istituto penitenziario

18 Luglio 2011

Documento di sintesi

Roma, 6 marzo 2007

Documento di sintesi dell’assemblea nazionale dei direttori di istituto penitenziario,di Opg,di Cssa – Roma -27/02/2007 – ore 9.30 – 

In allegato il documento di sintesi della discussione avvenuta nell’attivo nazionale dei dirigenti penitenziari svoltosi a Roma il 27 Febbraio ultimo scorso.
Un attivo partecipato che ha provato ad affrontare i temi che caratterizzano la vertenza “dirigenza penitenziaria”.
Ora, così come emerge dal documento , l’impegno che si chiede alla Fp Cgil è quello di proseguire nella costruzione di un percorso che sempre più agevoli e strutturi modalità di partecipazione della dirigenza penitenziaria alle scelte che dovremo assumere nella prossima stagione, declinando come prossimi obiettivi quello di una funzionale ed intelligente riorganizzazione dell’amministrazione penitenziaria e della costruzione del 1° contratto collettivo nazionale di lavoro che provi a recuperare terreno sul tema dei diritti e della democrazia.
Riconvocheremo l’attivo nazionale dei dirigenti penitenziari, come del resto quelli relativi agli altri comparti di contrattazione del personale penitenziario, non appena il tema della riorganizzazione sarà ufficialmente accessibile alle relazioni sindacali.
Nel frattempo assumeremo tutte le più idonee iniziative a sostegno di un’urgente apertura delle trattative per il contratto di lavoro, iniziative delle quali, ovviamente, vi terremo informati. 

p. la Fp Cgil Nazionale
Fabrizio Rossetti

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IL DOCUMENTO DI SINTESI:

Sintesi dell’attivo del 27.2.2007

La proposta di riorganizzazione dell’Amministrazione penitenziaria licenziata, anche se in via ufficiosa ma comunque con ampia diffusione, dalla Direzione generale del Personale, è stata alla base di una vivace discussione dell’ Attivo nazionale dei dirigenti penitenziari della Cgil f.p. del 27 febbraio 2007.

I punti salienti della discussione possono così riassumersi:

1) Disponibilità per un percorso riformatore dell’A.P., che cominci con una diversa distribuzione territoriale della sua classe dirigente. La consistente disponibilità numerica di tali funzionari induce quindi ad una individuazione dei posti di funzione in maniera articolata, considerando anche l’opportunità di più dirigenti in una stessa unità organica, in ragione della sua complessità.

A tal proposito si sottolineano però due spunti critici:

– Non risulta adeguatamente incisiva, nel determinare la ‘complessità’ della struttura e quindi la sua collocazione in uno dei 4 livelli previsti, la problematicità socio-territoriale del bacino di utenza, sia che si tratti di Istituto che di Uepe. In altre parole una unità organica collocata in territori ad alta densità di criminalità organizzata con relativa perniciosità sub-culturale ( si pensi alla Calabria p.es.) presenta obiettive difficoltà ulteriori, anche per quanto concerne i richiamati progetti trattamentali e di sicurezza. In tali casi infatti, il dato primario, ancor più di quello relativo al numero di utenti o al flusso finanziario, dovrebbe essere considerata la collocazione, per così dire, geo-criminale.

– La disponibilità numerica dei funzionari-dirigenti consente la assegnazione di almeno una di tali unità anche in Istituti di piccole dimensioni ( quelli del 4° livello). La creazione dei centri unici direzionali con l’accorpamento di più istituti creerebbe una serie di difficoltà di cui non si intravvede il motivo. Altra cosa sarebbe invece affidare al dirigente del piccolo istituto un incarico aggiuntivo sia presso il Prap territoriale, sia presso un simile istituto viciniore, mantenendo funzioni dirigenziali in due distinte direzioni e al contempo la titolarità dell’istituto (4° livello), ognuno dei due, però, autonoma ( come sede di contrattazione, centro di imputazione contabile, etc).

2) A proposito della distribuzione degli incarichi presso i Prap, e quindi conseguentemente presso il Dap, anche se di quest’ultimo capitolo non v’è traccia di una disamina analitica, ma solo numeri totali, tranne che per la D.G. del Personale, il dato fondamentale che è emerso dalla discussione è quello di una tendenza al superamento degli steccati fra le carriere dirigenziali. La complicazione dovuta alla esistenza di una classe dirigente che nasce in maniera frastagliata ( ante-meduri, post-meduri, contrattualizzati ex d.to leg,vo 146/2000, senza arrivare ancora ai prossimi dirigenti della Polizia Penitenziaria) può essere ridotta attraverso una politica di sana contaminazione. Si ritiene insomma che i posti di funzione previsti, dal livello immediatamente successivo a quello territoriale degli istituti, uepe e opg, possano essere attribuiti a prescindere dal ruolo ( se di istituto, di uepe, di opg, di area contabile o di area pedagogica) ma in ragione dei curricula e delle preferenze ed attitudini del singolo professionista. Insomma la distinzione dei ruoli dirigenziali, affermata con notevole miopia dal d.to legs.vo 63/2006, ma certamente non indicata dalla stessa legge 154/2005 ( meduri) che invece faceva esplicito riferimento al principio del massimo accorpamento, viene considerata del tutto antistorica rispetto anche a modelli operativi già in essere, ad esempio, presso le Prefetture.

3) In questo contesto riteniamo necessario ribadire l’urgenza di definire nel più breve tempo possibile la piattaforma contrattuale di riferimento per la dirigenza nel Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria. Nel momento in cui si vanno a definire gli status giuridici delle figure dirigenziali e si vanno ad individuare i posti di funzione, poter contare sulle certezze del contratto significa avviarsi verso un terreno di chiarezza di diritti e doveri nei fatti compromessi da incerti riferimenti contrattuali distanti dalla specificità penitenziaria.

4) Dalla discussione è emersa quindi la tendenza a superare la dicotomia fra esecuzione penale intramuraria ed esecuzione penale esterna, in vista dell’affermazione di un’idea unitaria di esecuzione penale che indirizzi però il carcere ad una funzione sempre più secondaria, rispetto alle pene ed alle misure che possono essere attuate, e anche sperimentate, sul territorio. Insomma il luogo privilegiato dell’esecuzione penale deve essere individuato con sempre maggiore convinzione in un ambito extra-carcerario, facendo in modo quindi che le istanze di controllo trovino attuazione in misura prevalente rispetto a quelle di afflizione e segregazione.

In tale prospettiva va anche approfondita la necessità di un mantenimento di una specifica area penale esterna presso i Prap, ma, come al momento appare inevitabile, nel caso di sua conferma non è condivisibile la giustapposizione presso cinque Prap del corrispondente ufficio provveditoriale con quello territoriale (uepe) con una evidente situazione configgente fra le funzioni di coordinamento controllo e vigilanza con quelle di esecuzione attiva.

4) Sui dati numerici e sulle aliquote, la discussione ha sofferto del limite di non essere in possesso di dati certi. La riduzione del 10 % degli Uffici di prima fascia e del 5 % di quelli di seconda fascia in applicazione del ben noto comma 404 della legge finanziaria e la accreditata possibilità di sterilizzazione ( parziale, totale ?) di tale riduzione non ha aiutato la chiarezza di questo punto della discussione. Contiamo di avere dati certi e più convincenti in occasione della formalizzazione della proposta e conseguente invito al confronto con le OO.SS., ma certamente non siamo favorevoli a riduzioni di quelle aliquote la cui consistenza risulta già ridotta rispetto ai carichi di lavoro, come nel caso degli Uepe, sopratutto non siamo favorevole a riduzioni che vanno a penalizzare la periferia, quella periferia che nell’introduzione al documento si vuole di contro valorizzare con un reale decentramento.

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