CNEL: Lettera ai vertici

21 Settembre 2016

 
LETTERA AI VERTICI DEL CNEL

 
Nel dare il benvenuto all’Ufficio
di Presidenza di recente costituzione, le scriventi OO.SS. esprimono
apprezzamento  per le modalità con le quali l’Ufficio sta muovendo i primi
passi nella difficile fase che l’Istituzione attraversa ma si attendono
altresì che esso al più presto consenta ai rappresentanti
sindacali del personale di contribuire in misura maggiore alle
scelte politiche strategiche da adottare nei mesi che
precedono la consultazione referendaria, con particolare riguardo a
quelle aventi riflessi sui lavoratori del Consiglio.

Le lavoratrici e i lavoratori del CNEL meritano
risposte concrete e maggiore attenzione, 
ancor più avendo dimostrato, specie negli ultimi difficili anni, impegno
e spirito di appartenenza, adempiendo sempre al meglio ai compiti
assegnati,  nonostante le manifestazioni
di vilipendio cui sono stati  sottoposti proprio per la rinnovata
dedizione a questo Organo di rilevanza costituzionale, ingiustamente
disconosciuto nella  propria autonomia,
funzione e persino storia.

Queste Organizzazioni, certe che i vertici politici,
ricoprendo da diverso tempo la carica di Consiglieri, ben conoscano non solo le
condizioni nelle quali versa l’organico della forza in servizio ma anche la
qualità e la capacità dei dipendenti del Segretariato generale
(nonché di tutti i lavoratori che, a diverso titolo, operano al
CNEL),  auspicano che intendano 
valorizzare i lavoratori e le lavoratrici del CNEL.

Di seguito si forniscono alcuni spunti di riflessione
che, se condivisi, possono rappresentare un utile contributo nel senso
indicato.

Il testo di legge costituzionale pubblicato nella
G.U.R.I. del 15 aprile 2016, prevede, all’art. 40 (disposizioni finali)
che “entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente
legge costituzionale, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del
Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, d’intesa con il
Ministro dell’economia e delle finanze, nomina, con proprio decreto, un
commissario straordinario cui è affidata la gestione provvisoria del CNEL, per
le attività relative al patrimonio, compreso quello immobiliare, nonché per la
riallocazione delle risorse umane e strumentali presso la Corte dei conti e per
gli altri adempimenti conseguenti alla soppressione. All’atto dell’insediamento
del commissario straordinario decadono dall’incarico gli organi del CNEL e i
suoi componenti per ogni funzione di istituto, compresa quella di
rappresentanza.”.

 Se il referendum di prossima indizione approverà la
riforma, i lavoratori del CNEL subiranno una mobilità
obbligatoria prevista – per la prima volta nella storia della
Repubblica – da disposizioni di rango costituzionale di “immediata
applicazione”, in quanto contemplate dal successivo art. 41. 

Si evidenzia l’abnormità che una simile decisione sia
rimessa – insieme alle disposizioni riguardanti l’assetto
istituzionale dello Stato – a una consultazione popolare. 

 Tuttavia, il quadro
descritto offre altresì la possibilità di intervenire
con “disposizioni speciali” a tutela del personale coinvolto.

Fondamentale sarà l’individuazione della
posizione di inquadramento giuridico di quest’ultimo e, trattandosi
di un’operazione di mobilità fra comparti assai
diversi, dovrà tenere conto e salvaguardare anche le specificità della
professionalità acquisita dai lavoratori negli anni di servizio
svolti al CNEL. La disposizione di riferimento è il DPCM 26 giugno
2015 “Definizione delle tabelle di equiparazione fra i livelli di
inquadramento previsti dai contratti collettivi relativi ai diversi comparti di
contrattazione del personale non dirigenziale”, che prevede (tabella n.
10) il quadro di corrispondenza tra le aree e le fasce retributive del
personale non dirigente del CNEL e quelle del comparto ministeri.

Si sottolinea che le tabelle di equiparazione sono
state costruite tenendo conto esclusivamente dell’importo dello
stipendio tabellare in godimento.

Si ritiene indispensabile favorire la
progressione di carriera del personale in servizio, in considerazione
della “specialità” del trasferimento e in base al principio del favor prestatoris (a tutela della parte debole del rapporto di lavoro,
che già subisce una decisione unilaterale del datore di lavoro) nonché
della circostanza che negli ultimi otto anni non è stato possibile
riqualificare i dipendenti (mediante percorsi di progressione
orizzontale nelle aree e mobilità verticale tra
esse) né rinnovare i contratti nazionali di lavoro.

Non si chiedono regali o concessioni onerose per le
finanze pubbliche: la riqualificazione del
personale potrà essere finanziata, come previsto dai vigenti
Contratti collettivi nazionali di lavoro del CNEL, con il Fondo unico di
amministrazione, dedicando all’operazione congrua parte delle risorse caratterizzate
da “certezza e stabilità” e prioritariamente
destinate dalle disposizioni contrattuali agli sviluppi economici dei
lavoratori. Questi rischiano infatti, nel nostro specifico caso, un
considerevole decremento della parte accessoria della retribuzione e, di
conseguenza, un grave pregiudizio economico e previdenziale con il passaggio
dal comparto attuale a quello dei ministeri.

 L’art. 3, comma 2 del DPCM citato prevede,
inoltre, che “Nei casi di mobilità diversa da quella
volontaria, fatta salva l’eventuale disciplina speciale prevista, i
dipendenti trasferiti mantengono:

 a) il trattamento
economico fondamentale e accessorio ove più favorevole – limitatamente
alle voci con carattere di generalità e natura fissa e continuativa, non
correlate allo specifico profilo d’impiego nell’ente di provenienza, previste
dai vigenti contratti collettivi nazionali di lavoro – corrisposto
dall’amministrazione di provenienza al momento dell’inquadramento, mediante
assegno ad personam riassorbibile con i successivi miglioramenti
economici a qualsiasi titolo conseguiti nei casi in cui sia individuata la
relativa copertura finanziaria ovvero a valere sulle facoltà
assunzionali; 
 b) la
facoltà di optare per l’inquadramento e il trattamento previdenziale di
provenienza.”.

 

 La disposizione consente, oltre che di introdurre una
disciplina speciale, di operare sia per la salvaguardia del trattamento
economico accessorio del personale  eventualmente trasferito sia per rendere effettivo il diritto dei lavoratori di
esercitare un’opzione che eviti pregiudizi al trattamento previdenziale. A tal
fine occorre che i lavoratori siano messi in condizione di conoscere
le eventuali differenze tra i trattamenti previdenziali delle
due Amministrazioni coinvolte (CNEL e Corte dei conti) per poter esercitare consapevolmente
il suddetto diritto di opzione.

L’investimento nella riqualificazione dei lavoratori
di questa piccola struttura di supporto – che tuttavia riesce a svolgere, anche
meglio, gli stessi compiti di organismi assai più dotati – converrà
anche nel caso in cui il referendum veda prevalere il NO.

Non è pensabile, infatti, che il Consiglio e il suo
personale possano permanere nelle condizioni attuali per un
tempo indefinito e si ritiene pertanto indispensabile porre quanto
prima il CNEL in condizione di adempiere pienamente ed efficacemente ai
suoi compiti istituzionali, accresciutisi con plurimi interventi legislativi e
con un apparato strumentale adeguato alle esigenze di un’attività di consulenza
a sostegno di un’azione politica all’altezza dei tempi.

Tutto ciò detto, si confida nella convocazione di un
incontro per ragionare insieme su queste e altre tematiche d’interesse dei
lavoratori.

Roma, 13 settembre 2016 

Le Organizzazioni Sindacali e le RSU FP CGIL e UIL PA del personale non dirigente del CNEL  

(IMPRONTA)  (PICCIOCCHI)  (VIDALI)    (MATTACCINI)      

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