MIBAC: Osservazioni FP CGIL allo schema di DPCM di riorganizzazione

18 Giugno 2019

Al MIBAC
Sig. Ministro
On.le Alberto Bonisoli

Al Sig. Capo di Gabinetto
Dr.ssa Tiziana Coccoluto

Sig. Segretario Generale
Dr. Giovanni Panebianco

Sig. Direttore Generale Organizzazione
Dr.ssa Marina Giuseppone
LORO SEDI

Osservazioni FP CGIL allo schema di DPCM di riorganizzazione del MIBAC

A cinque anni dall’avvio della precedente riforma il nuovo Governo presenta una proposta articolata di riorganizzazione della macro strutture ministeriali. La proposta è generalmente indirizzata a sostanziare la precedente nei principi di governance dell’apparato, senza metterne in discussione gli assetti e le scelte organizzative fondamentali. In particolare lo schema avanzato tenta di intervenire sulla linea decisionale con l’obiettivo di ridurre le incongruenze che le precedenti fasi avevano evidenziato, rafforzando il potere delle strutture centrali e rideterminando gli ambiti territoriali delle strutture periferiche, con riferimento specifico al sistema museale e delle relative autonomie ed ai Segretariati ex regionali.
La seconda premessa che pare doveroso evidenziare è che lo schema fornito non consente, in assenza diuna parametrazione territoriale che denoti l’effettiva distribuzione territoriale degli Uffici di nuova costituzione, una valutazione approfondita sugli effetti che la riorganizzazione prevista produce sugli organici dei settori interessati, che si può basare solo in casi specifici sulla rimodulazione delle competenze.
A livello centrale lo schema interviene con alcune sostanziali novità: l’ampliamento del numero delle Direzioni Generali, tramite l’istituzione della DG Contratti, e delle competenze in capo al Segretariato Generale, attraverso l’allocazione, al suo interno, di due Direzioni Generali, l’Unità per la programmazione, l’innovazione e la digitalizzazione dei processi e l’Unità per la sicurezza del patrimonio culturale e la gestione delle emergenze, il rafforzamento delle competenze gestionali delle Direzioni Generali, con riferimento a poteri gestionali e sostitutivi e nella identificazione delle linea gerarchica.
Alla luce di quanto sopra non possiamo che confermare il giudizio critico già espresso nella precedente nota di osservazioni: siamo in presenza di una operazione di forte accentramento burocratico e di una proliferazione ingiustificata di nuove Direzioni Generali.
La nuova DG Contratti presenta, alla lettura delle competenze attribuite, un potenziale rischio di duplicazione burocratica con la DG Bilancio (appare faticosa persino nel lessico la ricerca di competenze gestionali che non possano tranquillamente rientrare tra quelle esercitate dalla DG Bilancio) e un interfaccia con la linea del controllo amministrativo, la cui inefficacia viene affrontata con effetti moltiplicatori che intervengono sulla stessa linea attribuendo, come vedremo, a più soggetti funzioni e responsabilità che comunque pongono, come vero punto di riferimento, la struttura del Segretariato Generale come punto nodale nel governo dei processi connessi.
Il Segretariato Generale diventa, in questo schema, il grande dominus del Ministero.
Il processo è evidente nell’attribuzione di una nuova competenza gestionale strategica quale la gestione dei processi di formazione e integrazione delle banche dati e di digitalizzazione, mentre le funzioni di coordinamento rispetto agli interventi e la gestione delle emergenze diviene competenza gestionale diretta. Il tutto tramite la creazione di ben due nuove Direzioni Generali. A questo si aggiunge la ridefinizione della linea gerarchica dei nuovi Segretariati distrettuali, che afferiranno non più alla DG Bilancio ma al Segretariato generale stesso, interfacciandosi anche con la DG Contratti, stabilendo in tal modo il nuovo triangolo del controllo.
In tale contesto rimane una funzione del tutto estraniata quella esercitata dall’Organismo Interno di Valutazione della performance, la cui struttura organizzativa viene appena abbozzata, e non c’è alcun intervento di ridefinizione dei compiti e della dotazione professionale del Servizio Ispettivo, anche in considerazione delle necessità che comporta l’estensione dei compiti ispettivi ai Segretariati distrettuali.
Rispetto alla funzione del Segretariato non possiamo che ribadire la nostra netta contrarietà ad una operazione di forte accentramento gestionale: come ci ricorda lo stesso schema il Segretariato opera alle dirette dipendenze del Ministro e pertanto dovrebbe avere esclusive funzioni di coordinamento, indirizzo e controllo. La commistione che invece si propone pone a rischio il principio di separazione dei poteri tra indirizzo politico e gestione amministrativa, in modalità perfettamente lineari con le normative che hanno inciso in modalità a nostro avviso deleterie per il principio di terzietà della Pubblica Amministrazione.
L’altro elemento critico è la moltiplicazione di strutture che al loro interno assommano funzioni di gestione diretta della spesa e funzioni di controllo. Questo vale per tutte le strutture sopra elencate che compongono il nuovo triangolo del controllo. Anche in questo caso la percezione che perviene è che l’incapacità sostanziale di avere una linea efficace di controllo sulla spesa si ritiene possa essere risolta tramite accentramenti e rafforzamenti di poteri sostitutivi assommati a quelli di controllo. Una sorta di tutoraggio estremo rispetto all’apparato periferico che rischia semplicemente di rallentare ulteriormente l’azione amministrativa. Se il fenomeno che si vuole aggredire è il ricorso eccessivo a prassi contabili “estreme”, quali ad esempio la somma urgenza ed i contratti in economia sotto soglia, ribadiamo che la soluzione non poteva essere che l’attribuzione di poteri di spesa ai dirigenti e la separazione dalla gestione dal controllo, almeno al fine di evitare l’effetto paradossale di soggetti controllori controllati che operano a cascata al loro interno, con il rischio concreto di appesantire ulteriormente le procedure connesse.
Ulteriore notazione riguarda il rafforzamento dei poteri della DG Abeap: noi abbiamo ascoltato con interesse le ragioni che il DG Famiglietti ha portato al tavolo ed è chiaro che tutte le operazioni che sono finalizzate a rafforzare i presidi di tutela sono per noi le benvenute. In questo caso non siamo riusciti a fugare le nostre perplessità: l’accentramento di competenze dirette in capo ad un unico soggetto non ci pare mai una soluzione adeguata, mentre sono benvenute le funzioni sostitutive in caso di inadempienze e/o omissioni amministrative. L’abolizione della conferenza regionale dei Soprintendenti non può avere come semplice motivazione il fatto che in quel caso si è più esposti ai condizionamenti “ambientali”: se  tale strumento si è rilevato inadeguato se ne doveva prevedere un altro che garantisse l’esercizio della specifica responsabilità dei dirigenti sul territorio e allo stesso tempo rafforzasse i poteri di intervento diretto della Direzione Generale. Anche perché ci risulta che i condizionamenti “ambientali” valgono per tutti e l’attribuzione di questi poteri al solo Direttore Generale non ci pare lascino certo immuni da interferenze politiche rispetto alle scelte da adottare. Non fosse altro che tali nomine sono per loro natura più assoggettate a scelte politiche. Appare inoltre una riduzione da 6 a 5 dei Servizi. A cui si aggiunge la costituzione del nuovo Ufficio Esportazione. Chi pagherà pegno sarà con ogni probabilità il Servizio VI – Tutela del patrimonio demoetnoantropologico e immateriale, dimostrando ancora un volta la scarsissima attenzione per una funzione delicata e importante di tutela del nostro patrimonio culturale. Soppressione per la quale, qualora confermata, anticipiamo tutta la nostra ferma contrarietà. E che si aggiunge a quella decisa per il Polo delle Civiltà, per il quale non si evincono soluzioni alternative per gli Istituti coinvolti in questo progetto.
Infine non si può non rappresentare come questa operazioni porti ad una ulteriore sottrazione di risorse dirigenziali alla periferia e determini proporzionalmente anche nei pesi numerici una preponderanza delle strutture centrali.
A livello periferico l’operazione ha inciso su vari agglomerati organizzativi, ridefinendone ambiti territoriali e competenze.
L’istituzione dei Segretariati distrettuali si accompagna ad una profonda revisione delle competenze degli ex regionali, che sostanzialmente identifica questo Ufficio come centro di raccordo amministrativo sul territorio. I Segretariati mantengono la stazione appaltante, operano sulla linea del controllo, coordinano le attività amministrative sul territorio dove curano anche le relazioni sindacali e l’applicazione delle materie che riguardano il benessere del personale. E’ importante rilevare che, così come viene riportato nello schema, il Segretariato distrettuale risulterebbe essere l’unico soggetto sul territorio a curare le relazioni sindacali, pertanto noi riteniamo che questo concetto debba essere specificato meglio: le relazioni sindacali si curano in tutti i luoghi di lavoro definiti dagli accordi sulla costituzione delle RSU come sedi di contrattazione, questo vale anche per i Segretariati stessi, mentre a livello di ambiti territoriali più elevati il Segretariato interviene come soggetto regolatore dei conflitti, ai sensi delle vigenti norma contrattuali. In ordine alle competenze attribuite richiamiamo le osservazioni sopra esplicitate rispetto alle caratteristiche del cosiddetto “triangolo del controllo”, riteniamo positivo siano state salvaguardate le funzioni in ordine al raccordo con le Regioni sulla predisposizione dei piani di interesse paesaggistico, esprimiamo profonde perplessità in ordine alla prevista rarefazione territoriale ed all’abbandono degli ambiti esclusivamente regionali e preoccupazioni per la definizione dei relativi organici ed alla necessità di riallocazione di lavoratori che dovessero risultare in esubero.
Per quanto riguarda il settore museale l’intervento si indirizza verso due direttrici: la revisione dei
Poli Museali, adesso agglomerati nelle Direzioni territoriali delle reti museali, e la revisione numerica
e organizzativa dei Musei autonomi, tramite un processo che lo schema definisce in progress. Di
conseguenza di ridefiniscono gli ambiti territoriali, che adesso avranno estensione su base sovra-regionale e si flessibilizza la possibilità di definire su base territoriale sistemi di reti museali sul territorio.
Nel contempo si opera sulle autonomie museali, riducendone il numero ed in qualche caso (Marche e
Umbria) inglobando i Poli Museali. L’operazione sui Musei autonomi sembra ancora non definita e
prelude a modelli di accorpamento ulteriori , disponendo peraltro un rafforzamento organizzativo dei
Musei articolati in Direzioni Generali, che potranno integrare l’organico con un dirigente di seconda
fascia e rinviando a fasi regolamentarie successive ulteriori operazioni di creazione di nuove autonomie o di accorpamenti/ inglobamenti all’interno dei vari circuiti. Siamo pertanto in presenza di una operazione di cui non è ancora possibile intravedere se non in piccola parte gli effetti concreti che avrà sul territorio. Resta grande la preoccupazione per i processi conseguenti di riallocazione del personale, peraltro proveniente da un altro, faticosissimo, processo derivante dalla precedente riorganizzazione.
La soppressione di 5 Musei autonomi non sembra corrispondere ad un progetto complessivo, ma solo a necessità indotte di razionalizzazione e recupero di posizioni dirigenziali. Noi avevamo certo sollecitato un freno alla eccessiva proliferazione di questi Istituti ma ci pare del tutto evidente che, ad esempio, la soppressione del Parco dell’Appia Antica sarebbe stata certamente comprensibile in un quadro di ricomposizione unitaria dell’Area Archeologica romana e quella di Villa Giulia anche, se questo preludesse ad una ricomposizione del territorio dell’Etruria Meridionale. Nel modo in cui viene disposta rappresenta una ulteriore mortificazione ai danni di territori che già hanno pesantemente pagato i costi di scelte organizzative precedenti . Rispetto al destino delle soppresse autonomie è pertanto necessaria la chiarezza sulle finalità di tale operazione e sulla identificazione delle strutture a cui gli ex musei autonomi dovranno fare riferimento. Al momento siamo solo in presenza di disarticolazione di strutture appena costituite e per alcune delle quali era stata paradossalmente appena rinnovata la Dirigenza.
Soprintendenze Abeap. Resta sostanzialmente immutata la forma organizzativa, basata sul sistema delle Uniche, con la previsione dei funzionari capi area in sostituzione delle dirigenze tecnico-scientifiche, e risulta molto più accentuata la presenza di meccanismi autorizzativi direttamente collegati alle funzioni gestionali dirette della Direzione Generale ABEAP. La percezione è quella di un processo che riduce ulteriormente l’autonomia e la capacità di intervento sul territorio e non risultano significativi investimenti organizzativi per rafforzare la struttura in ordine alla capacità di spesa, pur in presenza della eliminazione del vincolo di spesa entro i 100mila euro che tuttavia sembra corrispondere, vista la moltiplicazione di strutture e compiti sovraordinati, ad un ulteriore estraniamento di questa strutture dalla gestione diretta di spesa per gli interventi a tutela del patrimonio culturale e rispetto ai cicli manutentivi. Purtroppo questo schema consegna e rende quasi definitivo il processo di residualizzazione
organizzativa di queste strutture.
Uffici di Esportazione. La previsione di 4 Uffici Esportazione retti da altrettanti dirigenti è un’altra novità introdotta dalla schema del DPCM e sostanzialmente sostituisce in tutte e per tutto l’attività degli Uffici Esportazione presenti all’interno delle Soprintendenze, che di conseguenza si vedono sottratte anche questa competenze sulla base di un modello di ripartizione territoriale dei nuovi Uffici. Per  verificarne gli ambiti effettivi occorre attendere i successivi atti regolamentari e la norma prefigura un modello nel quale i vecchi Uffici Esportazione potrebbero diventare sedi distaccate dei nuovi Uffici. Anche in questo caso, fermi restando gli opportuni approfondimenti sull’articolazione organizzativa che sarà definita dai regolamenti applicativi, sembra essere in presenza di separazione artificiale di competenze che comporterà un processo di assestamento organizzativo molto faticoso e certamente un ulteriore indebolimento delle Soprintendenze Uniche.
Soprintendenze Archivistico Bibliografiche.Lo schema sostanzialmente conferma l’ibrido organizzativo derivante dall’incauta sottrazione alle Regioni delle competenze in materia di tutela del patrimonio bibliografico, definendo la doppia subordinazione gerarchica alle Direzioni Generali afferenti e ancora non è possibile evincere quante Soprintendenze verranno istituite con riferimento all’annunciato aumento delle stesse.
Archivi di Stato.Si contesta la dipendenza gerarchica dalle Soprintendenze per gli Archivi di Stato non dirigenziali e si ritiene che gli stessi debbano afferire direttamente alla DG Archivi. La determinazione degli Archivi di Stato diretti da personale dirigenziale è rinviata ad una successiva fase regolamentaria.
Biblioteche e Istituti Culturali.Non è possibile definire in questa fase quale scelta è stata operata in riferimento alle Biblioteche annesse ai Poli Museali ed ai Musei Autonomi e sul punto si ribadisce che appare necessario avere chiarezza sul destino delle Biblioteche interessate. Anche per le Biblioteche l’individuazione delle sedi dirigenziali è rinviata ad una fase successiva.
Conclusioni
Dal punto di vista di un giudizio generale sul nuovo impianto organizzativo non possiamo che ribadire
che non ci sembrano significativamente messe in discussione le scelte organizzative definite dalla riforma Franceschini: i cicli di tutela e valorizzazione rimangono separati artificialmente, si introducono elementi di complessizzazione organizzativa delle strutture centrali, tramite la loro proliferazione ed un forte accentramento di competenze, gli interventi nel settore della tutela riguardano quasi esclusivamente un rafforzamento delle strutture centrali e producono una ulteriore perdita di competenze delle Soprintendenze, appaiono privi al momento di significative scelte riorganizzative i settori degli Archivi e delle Biblioteche, il rafforzamento delle strutture centrali produce una ulteriore sottrazione di preziose risorse dirigenziali alla periferia, l’istituzione di una linea sul controllo della spesa appare contraddittoria e a rischio di duplicazione, non risulta alcun intervento significativo volto a rafforzare la struttura organizzativa della Soprintendenze e dei settori più esposti sul versante della tutela, la rimodulazione del sistema museale ancora non chiarisce rispetto agli effetti che il processo produrrà sull’attuale assetto, rinviando ad atti successivi la concreta articolazione organizzativa, ancora non abbiamo certezze sul destino della Biblioteche annesse ai circuiti di valorizzazione.
Da quello più specificatamente sindacale è del tutto evidente che il nuovo schema organizzativo presuppone un nuovo processo di riallocazione dei lavoratori e pertanto la FP CGIL ribadisce, e chiede
che lo stesso faccia la controparte, la validità dei protocolli di intesa sottoscritti tra le parti in occasione della precedente riorganizzazione, esprimendo grande preoccupazione per la necessità di riavviare un processo appena concluso e che ha comportato un grande sforzo di pazienza da parte dei lavoratori, che hanno vissuto lunghe fasi di incertezza rispetto agli effetti della passata riforma sulla specifica condizione lavorativa. Lo schema sembra prefigurare, nella norma riferita alla dotazione organica, alla possibilità che il Ministero possa rideterminare, nei limiti dell’attuale dotazione teorica, il fabbisogno interno alle aree anche con riferimento al preventivato aumento della dotazione dirigenziale.
Una ipotesi che comporterebbe effetti negativi sui livelli occupazionali delle aree e come tale, a nostro avviso, da non prendere in considerazione: l’aumento della dotazione dirigenziale, pur se auspicabile, va realizzato utilizzando altri strumenti e non scaricando sul costo del lavoro interno, già compresso da precedenti manovre. Accanto a questo si aggiunge che il nuovo processo di riorganizzazione cade in un momento estremamente critico per le condizioni degli organici alla luce delle uscite previste per cessazioni e quota 100, determinando ancora più problemi in ordine ai vuoti drammatici che si stanno determinando negli Uffici e con una programmazione assunzionale insufficiente nei numeri e assoggettata alle tempistiche necessarie per l’effettuazione dei concorsi. Con il rischio concreto di aggravare oltre misura le condizioni di lavoro di settori perennemente sotto stress da riorganizzazione.
Pertanto la FP CGIL, nel riservarsi ulteriori valutazioni in ordine alla fase di predisposizione dei Regolamenti applicativi, che chiede di avere comunque in visione preventiva, si riserva, all’esito di queste osservazioni, ed in relazione alle necessarie condizioni di garanzia da assicurare ai lavoratori coinvolti, ogni ulteriore iniziativa che valuterà di concerto con le OO.SS. CISL FP e UIL PA.

Distinti saluti

Claudio Meloni
FP CGIL Nazionale

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