INAIL: Comunicato Ticket per emergenze

13 Luglio 2020

Ticket “per emergenze”

La questione del riconoscimento del buono pasto al personale che opera in regime di lavoro
agile per emergenza assume ogni giorno aspetti nuovi che conducono, o potrebbero
condurre, a narrazioni strumentali.
Ci riferiamo, in particolare, alla decisione assunta dal Giudice del Lavoro di Venezia il quale,
con sentenza n. 1069/2020, afferma l’inesistenza in capo al datore di lavoro dell’obbligo di
riconoscere il buono pasto al proprio personale posto in regime di smart working, in seguito
allo svolgimento del previsto confronto con le Organizzazioni sindacali.
La ricostruzione effettuata dal tribunale di Venezia, ad avviso delle scriventi, erra
nel ricondurre la disciplina del lavoro agile di cui alla legge 81/2017 all’attuale
fase di lavoro emergenziale svolto “da remoto”: va, insomma, chiarito che mancano
i presupposti per l’applicabilità della legge 81/2017 in quanto il lavoro emergenziale, in
alcuni casi come ad esempio in Inail, continua a essere effettuato in base all’orario di lavoro
– che spesso va ben oltre le prescritte 7,12 ore – e non per “cicli, fasi ed obiettivi” (con il
risultato finale per cui è impossibile per il lavoratore Inail attuare quella conciliazione fra
tempi di vita e tempi di lavoro, richiamata dalla legge sullo smart working, che la sentenza
ritiene elemento rilevante per dichiarare come illegittima l’erogazione del buono pasto).
Evidentemente, per queste ragioni la Circolare n. 2 del 1° aprile 2020 del Ministero della
Funzione Pubblica sul tema del buono pasto stabilisce che “Le amministrazioni sono
chiamate, nel rispetto della disciplina normativa e contrattuale vigente, a definire gli aspetti
di tipo organizzativo e i profili attinenti al rapporto di lavoro, tra cui gli eventuali riflessi
sull’attribuzione del buono pasto, previo confronto sotto tale aspetto con le organizzazioni
sindacali. Con particolare riferimento alla tematica dei buoni pasto, si puntualizza, quindi,
che il personale in smart working non ha un automatico diritto al buono pasto e che
ciascuna PA assume le determinazioni di competenza in materia, previo confronto con le
organizzazioni sindacali.”
È, appunto, il confronto che deve condurre le parti a valutare se spettante o meno
un istituto che, come dichiara la Suprema Corte, ha natura assistenziale (Cassazione Civile
sentenze n. 20087 del 21.07.2008, n. 11212 del 17.07.2003 e n. 12168 del 01.12.1998)
e che va valutato anche in relazione ai contenuti della legge n. 81 del 2017 che, all’articolo
20, prevede che “Il lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile ha diritto
ad un trattamento economico e normativo non inferiore a quello complessivamente
applicato, in attuazione dei contratti collettivi di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15
giugno 2015, n. 81, nei confronti dei lavoratori che svolgono le medesime mansioni
esclusivamente all’interno dell’azienda.”
Tuttavia, oltre all’aspetto tecnico-giuridico, esiste un ulteriore aspetto di natura più
politica e meritocratica, che vale la pena di ribadire a chi, ancora oggi, pensa di
concedere una “regalia” al personale!!!
Se i dati di produzione confermano che i lavoratori hanno:
● raggiunto tutti i target assegnati;
● aggredito e spesso azzerato enormemente l’arretrato;
● garantito con modalità diverse dalla presenza, ed in alcuni casi con mezzi propri,
ottimali servizi all’utenza;
● fornito risposte anche in relazione ai nuovi compiti assegnati all’Istituto;
e che lo sforzo profuso ha spinto il Direttore Generale, Il Presidente dell’Istituto, Il
Presidente del CIV ed il Presidente del Consiglio a riconoscerne pubblicamente il merito, è
giusto gratificarli oltre che con le parole anche attraverso riconoscimenti tangibili?
Se poi aggiungiamo che per raggiungere detti obiettivi spesso hanno dovuto
operare in condizioni disagiate, con orari di lavoro ben al di fuori dei limiti
contrattualmente previsti e sobbarcandosi le spese effettive di funzionamento,
gestione e mantenimento della modalità lavorativa impostagli per legge,
probabilmente tale risposta andrebbe considerata come un vero e proprio atto
dovuto.
Chiediamo, in definitiva e con forza, l’avvio del previsto confronto, per discutere
sull’opportunità, ancor prima del dovere morale, di rispondere finalmente al Personale
dell’Istituto riconoscendogli quanto faticosamente meritato.
Di contro, il perdurante silenzio, accompagnato da rinvii sine die del previsto confronto in
materia, verrebbe facilmente registrato dai colleghi, e non solo, come una
mancanza di coraggio del management all’assunzione delle proprie
responsabilità, o peggio come un atto ostile nei confronti di quello stesso personale sulla
cui competenza e professionalità ci si è fregiati dinanzi all’opinione pubblica e che, in questa
ultima ipotesi, non esiteremo a difendere e tutelare con ogni forma costituzionalmente
prevista.

Roma, 10 luglio 2020

A. Mercanti                             M. Molinari                                F. Savarese

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