Dirigenza penitenziaria: “Per non ringraziare col cappello in mano!”

15 Dicembre 2020

PER NON RINGRAZIARE COL CAPPELLO IN MANO!

Con gaudium magnum in questi giorni si “festeggia” il possibile adeguamento del trattamento economico della dirigenza pubblica non contrattualizzata (Forze di polizia).

Motivi di gioia vengono espressi anche da alcuni rappresentanti della dirigenza penitenziaria perché
il trattamento economico è equiparato a quella dirigenza per disposizione di legge (articolo 48,
comma 2, del D.lgs. 29 maggio 2017 n. 95, recante “Disposizioni in materia di revisione dei ruoli
delle Forze di polizia”, ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto 2015, n.
124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche).

Si tratta dei c.d. “effetti indotti” di una contrattazione non svolta dalla dirigenza penitenziaria (che
infatti non si siede al tavolo) poiché, da 14 anni, ancora non si riconosce il diritto a questa importante
componente del sistema penitenziario di vedere rispettato quanto previsto dal decreto legislativo
n. 63 del 2006.

Da allora ad oggi chi ha rappresentato la dirigenza penitenziaria si è “accontentato” di quanto destinato ad essa dai negoziati svolti dai rappresentanti delle Forze di polizia. Il ruolo di questa dirigenza viene percepito quindi come un’appendice del sistema della sicurezza. Questo NON è più accettabile.

Questo Coordinamento Nazionale ha già chiesto e continuerà a chiedere a gran voce l’avvio delle
procedure per una specifica e autonoma contrattazione, finalizzata a costruire una cornice di regole
a tutela e a salvaguardia della identità professionale dei dirigenti penitenziari. Essi assicurano ogni
giorno il rispetto del principio costituzionale dell’art 27, la gestione amministrativa e finanziaria dei
penitenziari, insieme alla sicurezza delle persone e dei luoghi. Nessuna dirigenza pubblica raccoglie
insieme tutte queste responsabilità in una sola funzione.

Anche per questo occorre superare la pratica degli effetti indotti riconoscendo rispetto e dignità al
nostro profilo professionale e alle funzioni che assolviamo ogni giorno, anziché ringraziare con il
“cappello in mano” per quanto elargito.

Dignità è non essere sempre considerati i “capri espiatori” dei disservizi che nella maggior parte
dei casi non rientrano nell’ambito, pure ampio, delle responsabilità dei dirigenti penitenziari. Dignità
è vedersi riconosciute le prerogative e le tutele legali per le delicate funzioni che ogni giorno vengono
assolte. Dignità è avere percorsi di sviluppo di carriera basati su criteri di valutazione misurabili
e con obiettivi definiti a monte.

Questo Coordinamento nazionale è impegnato attivamente su questi temi e proseguirà in tale impegno per contribuire al varo del primo contratto per la dirigenza penitenziaria. Dignità di ruolo in ragione della unicità delle funzioni svolte!

Roma, 15 dicembre 2020

Coordinamento Nazionale Dirigenza Penitenziaria

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