Stamane la nostra organizzazione, d’intesa con le strutture territoriali di Roma, ha scelto di promuovere un Presidio per la Palestina all’ingresso della Direzione Generale di via Ciro il Grande, per rompere il muro dell’indifferenza anche all’interno dell’INPS.
Non si tratta soltanto di un gesto di solidarietà verso chi oggi rischia la vita sulla Sumud Flotilla, e il pensiero va Silvia – collega e compagna – che con coraggio si è imbarcata in questa missione in mare.
È un atto di giustizia eticamente necessario verso un popolo che da decenni subisce violenze e angherie, privazioni e negazioni di diritti fondamentali, fino al disegno genocida, che non è più oggetto di contenzioso tra tribuni della stampa, ma un’intenzione rilevata dai lavori di una Commissione internazionale d’inchiesta istituita dal Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU.
Significa preservare il diritto internazionale, censurando l’abuso del più forte.
Significa stabilire meccanismi di responsabilità per garantire alla giustizia i criminali di guerra.
Significa affermare che nessuno deve essere condannato alla lotta per la sopravvivenza sotto le macerie e sotto l’assedio.
Per questo, fa male dirlo, non possiamo che biasimare la scelta dell’Istituto, che invece di farsi ponte di solidarietà ha scelto di chiudersi nell’indifferenza.
Lo ha fatto trasformandosi in un muro di gomma quando i lavoratori chiedevano che i palazzi fossero illuminati con una vivida testimonianza a supporto della Palestina.
Lo ha fatto ignorando la richiesta di raccogliere aiuti per una terra martoriata, destinandoli a chi distribuisce viveri e cure mediche a una popolazione stremata.
Non è questo lo spirito che può muovere chi eroga servizi pubblici, chi garantisce l’esercizio dei diritti e opera nel solco della nostra Costituzione.
Giuseppe Lombardo