Al 15 dicembre, il contratto integrativo è ancora avvolto da una fitta nebbia. L’ipotesi sottoscritta da una sola sigla nel mese di luglio è stata oggetto di pesanti rilievi da parte dei ministeri vigilanti e l’impasse che ne è derivata è ormai sotto gli occhi di tutti. A fronte di promesse che parlavano di una procedura rapida e indolore, ci ritroviamo invece, ancora una volta a fine anno, a interpretare segnali e indiscrezioni come novelli Paolo Fox, nel tentativo di capire quale sarà il nostro destino.
Poiché la fiducia – così come la pazienza – non è un pozzo senza fondo, il timore di restare con un pugno di mosche in mano si fa oggi più concreto. Da qui prende forma il cosiddetto “piano B”: isolare il capitolo dei differenziali dal testo dell’integrativo, rinviando al 2026 la soluzione dei nodi negoziali irrisolti, così da non compromettere i passaggi previsti per il 2025.
Sul piano politico si tratta di una débâcle. Ma, al di là del giudizio – che non può che essere fortemente negativo – sul lavoro svolto dalle parti, resta sullo sfondo la questione centrale: di quanti differenziali stiamo parlando?
Sono circa seimila le lavoratrici e i lavoratori che attendono di entrare nel nuovo ordinamento. Seimila persone che dal contratto collettivo hanno ottenuto ben poco e che ora temono di essere marginalizzate anche all’interno del sistema INPS. Si tratta di seimila professionalità che chiedono semplicemente un trattamento analogo a quello già riconosciuto ad altri.
L’eventuale accordo stralcio, qualora dovesse davvero rappresentare la via d’uscita, seguirà il solco degli anni passati – ricordiamo che negli ultimi due anni sono stati realizzati 11.000 passaggi con la CGIL al tavolo – oppure produrrà figli e figliastri, introducendo distinzioni che, nel solco del CCNI, separerebbero 3.000 “meritevoli” da 3.000 anime in pena?
Questo è il vero nodo politico.
Non basterà una dichiarazione congiunta in cui le parti si impegnano, in un futuro indefinito, a garantire pari trattamento agli esclusi (aria fritta) o qualche ritocco marginale agli incentivi per rendere accettabile un accordo inaccettabile, un patto che rischierebbe di ipotecare il futuro economico di migliaia di colleghi.
Torniamo, allora, al nostro volantino del 25 luglio, “Alla fine della fiera”.
Le chiacchiere stanno a zero. Non servono promesse: servono risposte.
Coordinatore nazionale FP CGIL INPS
Giuseppe Lombardo