Prima avevano promesso il regno di Bengodi. Si sono presentati agli assunti del 2023 come paladini della speranza: “prendete servizio, iscrivetevi alla nostra organizzazione e vi faremo tornare a casa in men che non si dica”.
Su Telegram, in particolare, circolavano messaggi inequivocabili su Mamma INPS: promesse da marinai e filibustieri. “Potrete chiedere l’assegnazione dal giorno dopo l’immissione in servizio, non abbiate paura”.
Poi la realtà ha presentato il conto, e per alcuni è stato salatissimo. Le carenze d’organico non scompaiono dall’oggi al domani, a differenza dei messaggi effimeri; e l’Istituto deve garantire la funzionalità dei servizi.
A quel punto si sarebbe potuta dire la verità, ma avrebbe avuto un costo. Meglio allora cambiare promessa, spostare l’asticella. I campioni del sindacalismo “alla vaccinara” hanno annunciato una mobilità imminente. Niente di meno. Entro Natale, dicevano, con la prima tornata concorsuale si sarebbero aperti spiragli.
Era il 29 settembre e già lo anticipavamo: “Con gli appuntamenti concorsuali in vista, torna in scena la politica delle grandi balle e di nuovo i venditori di sogni sono pronti a raccontare nei corridoi che ‘sistemeranno tutto loro’: che la mobilità sarà rapida, equa e su misura; entro dicembre, al più a gennaio sarà tutto risolto. La fiaba è sempre la stessa: quella del pifferaio magico e della sua musica ipnotica”.
E infatti l’Amministrazione che ha fatto? Ha deciso di reclutare nuove unità al Centro-Sud, senza un confronto preventivo con le organizzazioni sindacali (per dire la considerazione di cui
E pazienza per chi ha una 104 grave o un’assegnazione temporanea, chi da mesi spera di smetterla col pendolarismo. Verranno tempi migliori.
Ci sbagliavamo. È bastata una censura generica e inconsistente per salvare la faccia e consegnare ai posteri una dissociazione di facciata. Altri hanno preferito addirittura il silenzio: far finta di nulla, approfittando della pausa natalizia.
E così, gli stessi che hanno costruito consenso sulla promessa del “ritorno a casa” oggi alzano le spalle di fronte al diktat dell’Amministrazione.
Altro che sindacati di lotta e di governo: qui siamo al sindacalismo di promessa e di comodo. Ma badate: il problema non è che le promesse non si siano avverate; è che, come sempre, non erano fatte per essere mantenute.
Giuseppe Lombardo