Contrattazione per la sottoscrizione definitiva dell´Ipotesi di Accordo integrativo – Fondo Unico di Amministrazione anno 2013.
LA FP CGIL NON SARA’ PRESENTE
Oggi, 26 agosto 2014, per la prima volta la FP CGIL non sarà presente al tavolo per la sottoscrizione definitiva dell´Ipotesi di Accordo integrativo, che la FP CGIL non ha firmato neanche il 16 maggio u.s., Fondo Unico di Amministrazione anno 2013 .
Le motivazioni che ci hanno indotto per la prima volta a non partecipare all’incontro, scelta drastica e del tutto eccezionale, sono molto semplici:
· la retroattività di questo accordo, di fatto, ostacolerà ancor di più la contrattazione territoriale;
· quanti e quali uffici hanno adottato i piani operativi e i piani individuali di lavoro nel corso del 2013?;
· quante e quali “verifiche” sono state fatte su questo sistema?
La risposta è che, di fatto, rimane tutto retroattivo e discrezionale.
Ma il principale e più grave motivo, per la FP CGIL, è che nella parte variabile della costituzione del Fondo manca circa 1 milione di euro, rispetto allo scorso anno, sottratti dal Ministero dell’Economia e Finanze (MEF); a distanza di più di tre mesi, l’Amministrazione non è riuscita a darci nessuna spiegazione di questo taglio sul salario accessorio ma soprattutto, a quanto ci risulta, non è riuscita neanche ad avere una motivazione dal Ministero dell’Economia e Finanze (MEF).
L’Amministrazione non tutelando le retribuzioni ha dato prova, quantomeno, di scarsa attenzione per propri lavoratori
Il Coordinatore nazionale FP CGIL
Ministero del lavoro e delle politiche sociali
Giuseppe Palumbo
Di seguito, per vostra informazione, il DPCM di riorganizzazione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali pubbblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 25/8 u.s.
1 settembre 2014
Il Coordinatore nazionale FP CGIL
Ministero del lavoro e delle politiche sociali
Giuseppe Palumbo
31.08.2014 – Ci è stato comunicato, con nota a firma del Vice Prefetto Vicario, Dott.ssa Lanza Bucceri, che è in corso di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana – 4ª Serie Speciale Concorsi ed Esami – il seguente avviso di rettifica, dovuto ad errore materiale: Nel decreto n. 510 del 13 agosto 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 66 del 26 agosto 2014, all’articolo 13, anziché «due anni, di cui all’art. 42, comma 2, del decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217,» leggasi «dodici mesi, di cui all’art. 42 del decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217, così come modificato dal decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito in legge 12 luglio 2011, n. 106,».
31.08.2014 – In allegato la nota FP–CGIL VVF e CONAPO di Piacenza, in relazione al ritardato allertamento dei Vigili del Fuoco, a fronte di una richiesta di soccorso a persona gravemente ferita dopo una caduta da un dirupo.
Nel pomeriggio dell’11 giugno, si è svolta, presso la CGIL nazionale, la riunione del Dipartimento Confederale Mercato del lavoro, per svolgere un approfondimento in merito alla Legge 78 approvata il 16 maggio (di ratifica del Decreto Legge 20 marzo 2014 n. 34 sul tempo determinato e sull’apprendistato) e alla Legge Delega (Disposizioni in materia di ammortizzatori sociali, servizi per il lavoro e politiche attive; Misure in materia di riordino dei rapporti di lavoro e di sostegno alla maternità e alla conciliazione) attualmente in discussione al Senato.
In merito alle norme approvate sul tempo determinato, di cui è ben noto il giudizio critico della nostra Confederazione, il Direttivo Confederale ha dato mandato alla Consulta Giuridica di predisporre ricorso presso la Corte di Giustizia Europea per mancato rispetto della direttiva europea.
Per quanto riguarda la Legge Delega, l’orientamento assunto è quello di presentare le nostre obiezioni (il cui contenuto è stato già ben indicato nel corso dell’audizione al senato svolta dalla CGIL lo scorso 23 aprile) alla proposta governativa in forma di vera e propria “contro – delega”, da far approvare al direttivo confederale per poi costruire sullo stesso una forte iniziativa che arrivi fino alle nostre RSU nei posti di lavoro.
All’interno di questo percorso ci sembra opportuno sollecitare la partecipazione della categoria, a tutti i livelli, alle iniziative che le strutture confederali regionali e territoriali realizzeranno nelle prossime settimane.
Da parte nostra, oltre che tenervi informati sugli sviluppi dell’iniziativa confederale, stiamo predisponendo il materiale necessario alla realizzazione di tutte iniziative che la categoria decidesse di sviluppare.
Buon lavoro.
Funzione Pubblica Nazionale
Fabrizio Fratini |
Dipartimento mercato del lavoro
Dario Canali |
Evoluzione della normativa sul Mercato del Lavoro
in seguito alla Legge 92/12 e al Decreto 76/13
A partire dalla fine degli ottanta il sindacato con preoccupazione e crescente insoddisfazione, ha dovuto fare i conti con un’impostazione bicefala dei Governi che si sono succeduti (salvo rarissime eccezioni): ovvero la declamazione dell’obiettivo di favorire l’instaurazione di rapporti di lavoro più stabili, ritenendo prioritario il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato quale forma comune di rapporto di lavoro, e contestualmente proporre e adottare ricette che andavano (e stanno andando) nella direzione opposta, arrivando a forme di lavoro sempre più precario e a tipologie di lavoro sempre più frantumate, con effetti di grandi divisione del mondo del lavoro.
Gli anni duemila hanno accentuato questa impostazione (vedi il libro bianco di Maroni, la legge n.30, il decreto attuativo 276), e anche il governo dei professori presieduto da Monti con la riforma Fornero ha continuato a pensare che regole “leggere” e diritti “svuotati” nel breve periodo avrebbero rimesso in moto il mercato del lavoro, favorendo l’incontro tra domanda e offerta di lavoro.
Le vicende politiche attuali (il decreto legge 101/2013 e la legge di stabilità in via di approvazione) non rappresentano certamente inversioni di tendenza.
Un’attenta analisi delle norme più rilevanti promulgate negli ultimi anni, evidenzia palesemente che i contenuti sono inidonei a trasformare positivamente e a migliorare il nostro mercato del lavoro, e hanno alimentato la costruzione di contraddizioni normative, creando numerose confusioni interpretative.
Sia i dati recenti forniti dal Cnel che i consuntivi della Ragioneria Generale dello Stato e le rilevazioni Istat dimostrano che la stragrande maggioranza dei rapporti temporanei ha durata inferiore all’anno (e riguarda lavori con basso contenuto professionale) e la lavoratrice e il lavoratore, per effetto delle nuove disposizioni, al massimo hanno più rapporti precari con diversi datori di lavoro.
Una precarietà senza nessuna possibilità di crescita professionale.
La premessa di queste strategie, da noi aspramente combattute, è quella ” che una facile flessibilità in uscita sarebbe stata compensata da un nuovo e moderno sistema di welfare”, che di fatto non si è mai realizzato.
La scarsa attenzione avuta nei confronti dei Centri per l’Impiego, nei fatti diventati molto spesso un luogo di semplice rilevazione statistica e pieno di operatori precari, dimostra che non esiste e non si vuole creare un sistema (che per il buon funzionamento richiede risorse umane e strumentali) che protegge a 360 gradi una persona, sia nel momento di perdita dell’occupazione e nell’aiuto alla ricerca di nuova occupazione, ma anche nella formazione permanente e nella riqualificazione.
In questo complesso contesto, caratterizzato da un continuo e sistematico attacco alle condizioni dei lavoratori, affidando al mercato la gestione dei flussi di occupazione, abbiamo operato per ricomporre un quadro normativo certo e per addivenire nei tavoli di confronto aperti e nella conclusioni contrattuali realizzate, a soluzioni unitarie per arrestare lo strapotere datoriale e per avviare un momento di riflessione e di sintesi programmatica utile a sostenere lo sblocco contrattuale nel pubblico impiego, e a una stagione rivendicativa che unisca il pubblico e il privato della nostra categoria.
Situazione attuale
L’obiettivo di questo documento è quello di fare il punto, al primo ottobre 2013, delle politiche messe in campo dai governi Monti e Letta in tema di lavoro.
L’illustrazione seguirà, per gran parte, l’ordine del precedente documento sui rinnovi dei contratti nazionali, dando conto delle formulazioni inizialmente previste nella Legge 92/2012 (Fornero) con le modifiche che si sono succedute, in particolare con il Decreto Legge n. 76 del 2013 (così come approvato nella legge di conversione n. 99 del 9 agosto 2013).
Partiamo dalle diverse tipologie d’impiego.
Contratto a tempo determinato
“Acausalità”
La causale non è necessaria nell’ipotesi di primo rapporto a tempo determinato.
La durata non può superare i dodici mesi comprensiva di eventuale proroga (nella Legge 92 la proroga era esclusa).
La norma vale, oltre che per il primo rapporto a tempo determinato, anche nel caso di prima missione di un lavoratore nell’ambito di un contratto di somministrazione.
Viene inoltre prevista la possibilità per i contratti collettivi, anche aziendali, di individuare ogni altra ipotesi in cui non sia necessaria la motivazione per instaurare un rapporto a tempo determinato.
C’è un significativo peggioramento rispetto alla Legge 92, dato che in quel testo questa seconda fattispecie era posta in alternativa (“in luogo”) al primo contratto di un anno massimo senza causale, e aveva un limite quantitativo massimo del 6%.
Entrambe queste limitazioni sono sparite.
Anche la formulazione presente nell’ultimo testo sui contratti collettivi è pericolosa, non confermando la gerarchia delle fonti e facendo ipotizzare un contratto aziendale che autonomamente può decidere di allargare le ipotesi di contratto a termine per cui non è necessaria la motivazione.
Dobbiamo mantenere ferma la nostra posizione di contrasto alla accettazione dei contratti a termine senza causale.
“periodo di interruzione”
Non c’è più l’obbligo di comunicazione, al Centro dell’Impiego; della proroga del contratto, e della durata della stessa.
La pausa tra un contratto e l’altro è tornata quella già prevista prima della Legge 92, (dieci giorni per un contratto di durata inferiore ai sei mesi, venti se la durata e’ superiore ai sei mesi).
Non c’è più bisogno, quindi, di accordi nazionali per ridurre i tempi più elevati che erano stati definiti dalla Legge Fornero.
E’ bene ricordare che se non vengono rispettate le “pause” previste tra un contratto e l’altro, il rapporto a termine si tramuta in contratto a tempo indeterminato, con esclusione dei lavori stagionali, nonché delle ipotesi individuate dai contratti nazionali, anche aziendali.
Le ultime esclusioni in precedenza valevano solo per il divieto di proroga dei contratti oltre i 36 mesi.
Rispetto alla durata massima dei contratti le due leggi in oggetto non hanno introdotto novità rispetto a quanto previsto nel Protocollo Welfare.
La durata massima è 36 mesi.
Lo spazio dedicato al contratto a termine non va considerato eccessivo, tenendo conto che quelli a tempo determinato sono il 69,5% (1.741.748 in valore assoluto) dei rapporti di lavoro attivati nel corso del II trimestre del 2013 (ultimo dato, disponibile dal 2 ottobre).
E questo nonostante il maggiore onere (1,4%) a carico del datore di lavoro previsto dalla legge 92.
Contratto di inserimento
Abrogato con la legge 92. Tale è rimasto.
Apprendistato
Anche questa forma contrattuale merita una particolare attenzione in particolare per i cambiamenti intervenuti e che stanno per intervenire, ma anche per i dati quantitativi:
In questo caso abbiamo a che fare un regresso nel numero dei contratti attivati.
Infatti nel secondo trimestre del 2013, (già periodo di riferimento per i contratti a termine) i rapporti di lavoro attivati con la tipologia dell’apprendistato, sono stati solo 67.952, il 2,7% del totale, con un calo del 15,5% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
Se poi pensiamo all’entità assolutamente significativo che hanno le incentivazioni per questa forma di rapporto di lavoro (0% contributi da pagare per ogni apprendista nelle aziende sotto fino a 9 dipendenti; l’11% invece del 32% per le aziende sopra i 10 dipendenti), dobbiamo veramente chiederci quali sono gli ostacoli all’avvio di questo strumento, che come CGIL abbiamo spesso indicato, nei documenti che hanno accompagnato la discussione con i vari governi, come la forma privilegiata di accesso al lavoro per le fasce di età fino a 29 anni.
Come è diventata, con la Legge 92, questa forma di rapporto di lavoro?
E’ fissato un tempo minimo di sei mesi.
E’ aumentata (dal 1 gennaio 2013) la percentuale di apprendisti assumibili: 3 per ogni 2 specializzati o qualificati (invece di 1 a 1). Restano nella precedente percentuale solo le aziende con meno di dieci dipendenti.
Viene determinata una percentuale di conferma del 50% nei trentasei mesi precedenti la nuova assunzione per poter aprire nuovi rapporti. E’ comunque consentita l’assunzione di un apprendista in caso di non rispetto della percentuale o di totale mancanza di conferma degli apprendisti pregressi.
Gli apprendisti assunti in violazione delle predette norme sono da considerarsi assunti a tempo indeterminato. Tutto quanto sopra indicato non si applica nei confronti di datori di lavoro che occupano meno di dieci dipendenti.
Queste modifiche sono entrate in vigore dal 1 gennaio 2013.
Per i primi tre anni la percentuale di conferma è del 30%.
Modifiche che ci obbligano innanzitutto ad ottenere, nei nostri contratti, percentuali di conferma più elevate.
In questo quadro si inserisce la modifica presente nel Decreto Legge 76, (art. 2, c. 2), “allo scopo di restituire all’apprendistato il ruolo di modalità tipica di entrata dei giovani nel mercato del lavoro” che prevede l’adozione di alcune disposizioni derogatorie del decreto legislativo 167 del 14 settembre 2011 (Il Testo Unico sull’apprendistato), per l’apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere.
– Il piano formativo individuale è obbligatorio esclusivamente in relazione alla formazione per l’acquisizione delle competenze tecnico professionali e specialistiche;
– la registrazione della formazione e della qualifica professionale a fini contrattuali è effettuata in un documento avente i contenuti minimi del modello di libretto formativo del cittadino;
– per aziende collocate in più regioni la formazione avviene nel rispetto della disciplina della regione dove l’impresa ha la sede legale.
Le regioni avevano tempo fino al 30 settembre per obiettare a queste “disposizioni”.
Dato che nessuna regione ha avuto nulla da dire il Ministro del Lavoro dichiara che le norme di semplificazione partono dal 1 ottobre.
Queste disposizioni hanno carattere strutturale (prima dell’approvazione definitiva il decreto prevedeva la scadenza al 31 dicembre 2015).
Tirocini
Per il 2014 è istituito presso il Ministero dei beni culturali un Fondo straordinario di 1 milione di € per la promozione di tirocini formativi per giovani fino a 29 anni.
Anche per i tirocini, come per l’apprendistato, per aziende collocate in più regioni, si fa riferimento alla normativa della regione in cui è la sede legale dell’azienda.
Lavoro a tempo parziale
Gli unici interventi restano quelli realizzati con la Legge 92 sulle clausole elastiche.
La possibilità, tra i temi da definire nel contratto nazionale, di aggiungere anche la “modifica” delle clausole elastiche e flessibili, e l’indicazione di alcune fattispecie (invalidità, malattie oncologiche ecc. ) per cui è possibile, per il lavoratore, la revoca dalle clausole elastiche.
Abbiamo da fare un lavoro di aggiornamento degli attuali testi contrattuali. Non in tutti i contratti sono state previste le clausole elastiche e non sempre gli articoli contrattuali sono scritti con riferimento alle ultime leggi.
Necessita ripristinare lo spirito originale del contratto di lavoro a tempo parziale, che deve rispondere all’esigenze delle lavoratrici e dei lavoratori, e ai loro bisogni di contemperare tempi di vita e di lavoro, mentre oggi rischia di essere strumento esclusivamente disponibile per il datore di lavoro per gestire in maniera unilaterale difficoltà organizzative, crisi, e ristrutturazioni.
Lavoro intermittente (contratto a chiamata)
Ci sono stati più interventi a modificare la normativa di riferimento di questa forma di rapporto di lavoro che noi continuiamo a giudicare molto negativa e su cui deve essere forte la nostra iniziativa di contrasto.
La Legge 92/12 ha definito i nuovi limiti di età. Soggetti inferiori ai 25 anni e superiori ai 55 (il limite precedente era di 45).
Il Decreto 76/13 dice che il lavoro intermittente è ammesso, per ciascun lavoratore con il medesimo datore di lavoro, per un periodo non superiore alle 400 giornate di effettivo lavoro nell’arco di tre anni solari, superate le quali il rapporto si trasforma a tempo pieno e indeterminato. Il limite indicato non vale per i settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo.
Ricordiamo brevemente che, come CGIL, abbiamo sempre indicato la somministrazione di lavoro quale strumento per rispondere alle genuine richieste di prestazioni di breve durata da parte delle imprese.
La contrattazione collettiva dovrà trovare le strade per impedire l’estensione di questa forma di lavoro che, non a caso, ha conosciuto un’esplosione durante gli anni di crisi.
Un’ipotesi potrebbe essere quella di ricorrere a forme di part-time con un contenuto basso di ore e con la contestuale apposizione di clausola elastica o flessibile, con progressivo consolidamento delle ore prestate eccedenti l’orario originario.
Lavoro a progetto
Il quadro normativo è sostanzialmente rimasto quello derivante dalla legge 92.
Il progetto deve essere funzionalmente collegato a un determinato risultato… “l’impossibilità” di svolgere come lavoro a progetto compiti meramente esecutivi o ripetitivi, che possono essere individuati nei contratti collettivi nazionali di lavoro.
Il corrispettivo economico deve essere proporzionato alla quantità e qualità del lavoro eseguito e non può essere inferiore ai minimi stabiliti per ciascun settore di attività, articolati per i relativi profili, sulla base dei minimi salariali … stabiliti nei contratti collettivi sottoscritti.
Il contratto di collaborazione è a tutti gli effetti contratto a tempo indeterminato qualora l’attività del collaboratore sia svolta con modalità analoghe a quella del lavoratore dipendente.
Sono fatte salve le prestazioni di elevata professionalità che possono essere individuate dai contratti collettivi nazionali di lavoro.
Il Decreto 76 prevede ha introdotto le seguenti modifiche:
– il lavoro a progetto non riguarda compiti esecutivi e ripetitivi;
– i rapporti di collaborazione nell’ambito di una attività di ricerca sono prorogati se l’attività di ricerca è oggetto di proroga;
– la collaborazione nell’ambito di “attività di vendita di beni e servizi” può riguardare entrambe le fattispecie separatamente (cfr. call center);
– viene introdotta, anche per le collaborazioni, una norma contro le dimissioni in bianco. Peccato che sia molto farraginosa.
Sulle collaborazioni resta “aperta” la discussione al nostro interno se procedere, o meno, ad “includere” questa forma di rapporto di lavoro nei nostri contratti di lavoro.
A una risposta positiva a questa prima domanda deriva la predisposizione di una specifica “sezione” nelle piattaforma contrattuali.
Partite IVA
Per il lavoratore destinatario di Partita IVA restano valide le norme della legge 92.
Lavoro Accessorio Voucher
Sull’impianto definito dalla Legge 92, che non riprendiamo in questa nota, il decreto 76 prevede:
– le attività per cui è possibile utilizzarlo non sono più solo quelle “meramente occasionali”;
– il Ministro è abilitato ad individuare, il valore e le condizioni per la fruizione del voucher per particolari categorie di lavoratori (disabili, svantaggiati, precettori di ammortizzatori).
Anche questa specifica forma di rapporto di lavoro “autonomo”, (come la precedente per i titolari di Partita IVA), valgono le considerazioni svolte sulla “inclusività”.
Altri temi presenti nelle leggi indicata.
Fondi di solidarietà bilaterali
La Legge 92 ne prevedeva l’Istituzione
Per assicurare la definizione, entro il 2013, un sistema inteso a fornire adeguate forme di sostegno per i lavoratori dei diversi comparti, le organizzazioni sindacali e imprenditoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale stipulano entro sei mesi dall’approvazione della Legge, Accordi collettivi e contratti collettivi, anche intersettoriali, per la costituzione di fondi di solidarietà bilaterali… per i settori non coperti dalla normativa in materia di integrazione salariale
La normativa a cui fare riferimento e’ quella prevista per la cassa Integrazione ordinaria e straordinaria.
Le finalità sono le seguenti:
– assicurare ai lavoratori una tutela integrativa rispetto all’Aspi;
– prevedere assegni straordinari per il sostegno al reddito per favorire l’esodo verso la pensione di vecchiaia o anticipata;
– contribuire al finanziamento dei programmi formativi di riconversione professionale anche in concorso con gli appositi fondi comunitari.
Il Decreto 76 ha portato solo una modifica nei tempi.
I termini per la definizione delle intese tra le parti e la partenza del Fondo residuale sono spostate, rispettivamente, al 31 ottobre 2013 e al 1/01/14;
Ricordiamo che Il contributo previsto è dell’1,50% e la gestione è presso l’INPS.
Ammortizzatori sociali
Siamo entrati in regime di Aspi e di Mini – Aspi.
Si apre il periodo di “superamento” delle durate nell’erogazione degli Ammortizzatori Sociali previsti nella 223/91.
E’ opportuno che costruiamo un momento di riflessione seminariale per il nostro gruppo dirigente nazionale.
Ci capita sempre più spesso, e potrebbe aumentare con le partecipate dei Comuni, che si debba fare Contratti di Solidarietà e procedure di Mobilità, e quindi un aggiornamento sulle norme è necessario ed utile.
Centri per l’Impiego.
L’attuale Ministro ha lasciato cadere la Delega, per la loro riforma, prevista nella Legge 92.
Questo non significa che il dibattito non sia in corso in diverse sedi, anche in seguito alle norme sulla “Youth guarantee”, e alla costituzione, presso il Ministero del lavoro della specifica “struttura di missione”.
Dobbiamo aspettarci delle novità a breve e dobbiamo attrezzare la categoria per un lavoro di lungo respiro, visto la centralità degli operatori attualmente alle dipendenze delle province.
Incentivazione alle assunzioni a tempo indeterminato per i giovani da 18 a 29
Si tratta, forse, della novità più significativa del Decreto 76.
Ricordiamo che riguarda chi è senza lavoro da almeno sei mesi o non ha titolo di studio superiore o professionale. Vale anche per la conversione di un rapporto a termine, solo in caso di accensione di un nuovo rapporto di natura subordinata da attivarsi entro un mese dalla conversione del rapporto a termine.
La procedura si è avviata lo scorso 1 ottobre in forma automatizzata presso l’INPS
Proviamo a costruire un nostro sistema di monitoraggio per vedere se (e quante) aziende dei nostri settori utilizzano queste agevolazioni.
Dipartimento Mercato del Lavoro
Funzione Pubblica CGIL Nazionale
In data 16 maggio è stata definitivamente approvata la legge 78, di conversione del decreto legge 34 del 20 marzo 2014 avente per oggetto “Disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell’occupazione e la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese”.
La vigenza inizia il 20 maggio 2014, giorno di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
Segnaliamo le modifiche più significative introdotte in sede di conversione e alcuni impegni di lavoro che dovremo affrontare.
Tempo determinato
All’articolo 1,, punto 1, viene inserito il riferimento all’adozione di un testo unico semplificato della disciplina dei rapporti di lavoro con la previsione in via sperimentale del contratto a tempo indeterminato a protezione crescente
Questa modifica non ci fa dimenticare che si sono introdotte modifiche ai decreti legislativi 368/2001 e 276/2003 cancellando ogni riferimento alla causale per l’opposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato, sia per il contratto a termine che il contratto di somministrazione, per un periodo massimo di 36 mesi (per ciascuna delle due fattispecie).
Sono ammesse massimo cinque proroghe nell’arco complessivo dei 36 mesi, indipendentemente dal numero dei rinnovi, a condizione che si riferiscano alla stessa attività lavorativa.
In sede di applicazione della Legge sarà opportuno porre attenzione a questa novità, che pur portando le proroghe da una a cinque, le rende indipendenti dai rinnovi.
Ulteriori modifiche:
– Il punto sexies prevede una correzione su come deve essere informato il lavoratore, all’atto dell’assunzione, sul “suo” futuro diritto alla precedenza.
– Nel punto ” septies” si prevede la sanzione in caso di superamento della percentuale del 20%. Si passa dai lavoratori “considerati lavoratori subordinati con contratto a tempo indeterminato fin dalla data di costituzione del rapporti di lavoro” alla sanzione amministrativa.
Del 20% della retribuzione (su base mensile) per violazione di 1 lavoratore, al 50% se i lavoratori in eccesso sono più di uno.
Vi ricordiamo che su questo punto il testo emendato alla Camera prevedeva la trasformazione del rapporto da tempo determinato a tempo indeterminato, mentre l’attuale formulazione (che comunque nulla prevede per periodi di “violazione” inferiore ai 15 giorni) prefigura solo un indennizzo economico.
A noi pare che la trasformazione, stante le previsioni legislative in essere, potrebbe essere ancora possibile in caso di nullità del contratto a tempo determinato.
Su questo aspetto si rende necessario un approfondimento a livello di ufficio giuridico nazionale.
Viene anche modificato il comma 3 quella che faceva riferimento ad eventuali aziende dove oggi i rapporti a termine siano già superiori al 20%, confermando che il tempo per “mettersi in ordine” è il 31 dicembre 2014, “salvo che un contratto collettivo applicabile nell’azienda disponga un limite percentuale o un termine più favorevole.”
La formulazione della suddetta norma e il raccordo tra il nuovo testo e le previsione dell’articolo 10, comma 7 del D.L 368, rendono necessario uno specifico approfondimento.
– Dal limite del 20% vengono esclusi gli istituti pubblici di ricerca ovvero enti privati di ricerca, e lavoratori chiamati a svolgere attività di ricerca.
Apprendistato
Al secondo articolo, l’obbligo di conferma degli apprendisti (nella misura minima del 20% ) si applica per le aziende che abbiano almeno cinquanta dipendenti, invece dei trenta definiti alla Camera dei Deputati.
Questo è un peggioramento a tutti gli effetti. Un peggioramento di una norma già brutta.
Viene introdotto un articolo b-bis) specifico per le province di Trento e Bolzano teso a favorire il contratto di apprendistato stagionale, a tempo determinato, per favorire l’alternanza scuola – lavoro
Viene sostituito il comma 1, della lettera C, per l’offerta formativa pubblica, indicando che è la Regione a dover comunicare entro i quarantacinque giorni dalla comunicazione dell’instaurazione del rapporto di lavoro le modalità di svolgimento della stessa. É prevista la possibilità di avvalersi dei datori di lavoro e delle loro associazioni secondo quanto previsto dalle Linee Guida della Conferenza Stato-Regioni del 20 febbraio 2014.
Nel testo sono inoltre presenti alcuni rimandi alla contrattazione.
In particolare sul contratto a tempo determinato rispetto al limite del 20%, sia nella fase transitoria, sia “a regime”.
Per quanto riguarda l’apprendistato i rimandi si riferiscono alla forma sintetica del piano formativo; a diversi limiti per la classe dimensionale aziendale su cui far valere l’obbligo alla prosecuzione del rapporto di lavoro di almeno il 20% degli apprendisti; per la retribuzione delle ore di formazione (nella legge fissata ad almeno il 35% del relativo monte ore complessivo); per specifiche modalità di utilizzo del contratto di apprendistato per attività stagionali.
Rispetto a questi “titoli” dopo uno specifico approfondimento con i comparti contrattuali interessati, predisporremo una nota congiunta che vi faremo pervenire.
Funzione Pubblica Nazionale
Fabrizio Fratini |
Dipartimento mercato del lavoro
Dario Canali |
Il testo del Decreto Interministeriale, con data 1 agosto 2014, contiene i criteri con cui il Governo intende procedere, a partire dal 2015, per la concessione degli Ammortizzatori Sociali in Deroga.
Alcuni punti del decreto (la mancata concessione in caso di cessazione dell’attività, la significativa riduzione di ruolo delle regioni nella possibile definizione delle priorità) hanno elementi di forte criticità.
Sull’articolato nel suo complesso e su quanto ci aspetta da fare nelle prossime settimane faremo pervenire una specifica nota.
Comunicato stampa Fp-Cgil Cisl-Fp Uil-Fpl
Roma, 26 agosto 2014
“Siamo con le lavoratrici e i lavoratori del Comune di Venezia, che domani sciopereranno contro i 47 milioni di tagli previsti e la conseguente riduzione dei servizi, oltre al il taglio del fondo del personale e la disdetta del contratto integrativo. Un errore grave, quello del Commissario dell’amministrazione veneziana che, penalizzando ulteriormente lavoratori già colpiti da 5 anni di blocco della contrattazione, punirà anche i cittadini. Perché il contratto integrativo finanzia servizi veri offerti a persone in carne ed ossa”. Rossana Dettori, Giovanni Faverin e Giovanni Torluccio, rispettivamente segretari generali di Fp-Cgil, Cil-Fp e Uil-Fpl, così intervengono a sostegno dello sciopero generale dei dipendenti del Comune di Venezia, che si terrà domani 27 agosto.
“Quello del Comune di Venezia è l’ennesimo caso di disdette unilaterali e di riduzione del salario. Un salario che serve a erogare servizi e che incide notevolmente su stipendi già bassi. L’amministrazione ci ripensi. Ma è il Governo a dover intervenire, visto che i tagli sono previsti da un’amministrazione commissariale, che da esso dipende. Tagli – continuano i tre segretari generali – che aggravano il caos sul salario integrativo, che riguarda tutto il Paese e su cui serve un intervento normativo definitivo”.
“Questi – prosegue la nota unitaria – gli effetti sui servizi: riduzione del fondo per l’assistenza domiciliare; tagli alle Municipalità che offrono servizi sociali come i contributi alle famiglie; tagli delle risorse per le supplenze nella scuola dell’infanzia; tagli alla Polizia Municipale con conseguenze sulla viabilità; riduzione drastica delle risorse delle biblioteche, che comprometteranno anche l’acquisto di nuovi libri”.
“La Mostra del Cinema di Venezia sarà aperta anche da un corteo organizzato per sensibilizzare l’opinione pubblica. Le conseguenze negative che la città sta vivendo dopo i clamorosi fatti di corruzione e illegalità che hanno coinvolto politici, imprenditori e dirigenti dello Stato, non devono essere pagate, ancora una volta, da cittadini e lavoratori. Sarebbe una doppia ingiustizia. Lo sciopero – concludono i tre sindacalisti – è solo un primo passo di una mobilitazione che, in assenza di risposte, non si fermerà”.
27.08.2014 – Bando di concorso pubblico, per esami, a 10 posti nella qualifica di Vice Direttore del ruolo dei direttivi del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco