Wto Bali 2013: un modesto compromesso

L'Osservatorio italiano sul commercio internazionale pubblica una prima analisi dell'accordo

Bali, 7 dicembre 2012

Quello raggiunto all’ultimo minuto a Bali dai 159 governi del WTO non si tratta di un “accordo storico”, come propagandato da molti Governi, ma un compromesso che risponde, solo parzialmente, ad alcune delle richieste dei Paesi meno sviluppati, per sbloccare lo stallo del Round di sviluppo di Doha, che avrebbe dovuto legare le politiche commerciali a scelte di ridistribuzione.
La principale richiesta dei Paesi in via di sviluppo di correggere il capitolo sull’agricoltura per consentire programmi pubblici di sicurezza alimentare, ha visto l’opposizione dei Paesi industrializzati ad una soluzione permanente, promessa entro i prossimi 4 anni, legandovi un’autorizzazione temporanea ai Programmi già in atto. Una soluzione valutata positivamente dall’India, ma non certo sufficiente per molti altri Paesi.
Gli elementi più controversi sono rimandati ad un ulteriore approfondimento a Ginevra, mentre per tutti gli altri capitoli dell’ Agenda di sviluppo lanciata a Doha e non contenuti nel Pacchetto di Bali, si concedono ai Paesi membri ulteriori 12 mesi prima di vedere nero su bianco un piano di lavoro – non una decisione – sui molti capitoli rimasti in attesa di approvazione.
 
Sindacati e società civile mantengono un atteggiamento critico e vigile: molte questioni importanti saranno ulteriormente rinviate e le dichiarazioni “politicamente impegnative” andranno verificate nei fatti, tenendo bene gli occhi aperti su quello che succederà a Ginevra, uno spazio poco trasparente e accessibile per i Paesi più poveri e la società civile.

Secondo Trade Game “Usa e Ue hanno giocato a Bali una partita pericolosa: quella di non assumersi alcun impegno vincolante per un maggiore equilibrio nel commercio globale, volendo tuttavia imporne di pesantissimi ai Paesi emergenti. Hanno giocato il ruolo di attori “responsabili” dei negoziati multilaterali in difesa di un accordo sul “pacchetto di Bali” che non aveva il consenso di una parte significativa degli altri Stati membri, indicandolo come “ultima spiaggia”del negoziato in sede WTO per evitare il proliferare di accordi bilaterali, dei quali in realtà sono già i principali protagonisti, proprio con l’obiettivo di precostituire soluzioni normative da imporre al tavolo multilaterale”.

“La sfida decisiva che ci troviamo ad affrontare – si legge nel documento di Trade Game – non si esaurisce in un cambio dell’architettura istituzionale globale, ma nella costruzione di un diverso paradigma di comunità umana equa, ecologica, solidale, in equilibrio con la natura”.
Secondo Trade Game, il Parlamento e il Governo italiano, e a maggior ragione il Parlamento e la Commissione Europea – nel rispetto dello stesso Trattato di Lisbona – dovrebbero innanzitutto promuovere il rispetto deid iritti umani fondamentali e di quel vincolo di coerenza delle politiche in un’ottica di solidarietà internazionale che costituisce valore fondante della stessa costruzione europea.

Trade Game continuerà a premere perché le istituzioni nazionali, a partire dal Governo, rappresentino queste politiche in sede europea e multilaterale, e rafforzino il confronto con tutte le espressioni della società civile, con un processo trasparente e inclusivo.

Trade game è l’Osservatorio sul commercio internazionale promosso da Cgil, Arcs/Arci, Fairwatch e Legambiente

 

 

CES: Contestare le misure di austerità attraverso la via vertenziale

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Documento CES per una politica giudiziaria coordinata a livello europeo

Pubblichiamo in allegato la traduzione in italiano del documento “Contestare le misure di austerità attraverso la via vertenziale”approvato in occasione dell’ultimo Comitato esecutivo della Confederazione europea dei sindacati (CES).
Il documento – frutto della discussione svoltasi all’interno della Rete del contenzioso legale (Litigation network) della CES, di cui fa parte per le Confederazioni sindacali italiane Andrea Allamprese – ha l’obiettivo di individuare gli itinerari di un possibile contenzioso a livello delle giurisdizioni nazionali e sovranazionali relativo alle misure di austerità imposte dai governi nazionali spesso sulla base di una serie di atti dell’Unione europea quali le decisioni del Consiglio, i programmi di aggiustamento economico e i Memorandum: si pensi ai Memorandum imposti dalla troika (Bce,Fondo monetario internazionale, Unione europea) ad alcuni Stati membri (Cipro, Grecia, Irlanda, Portogallo).

Il Segretariato per l’Europa della CGIL e l’Ufficio giuridico e vertenze hanno appena avviato un importante Progetto formativo in materia di ricorso alle giurisdizioni sovranazionali contro le violazioni dei diritti sociali fondamentali; l’azione formativa sarà principalmente indirizzata ai funzionari degli Uffici vertenze legali della CGIL.

Segretariato Europa CGIL

 
 

Proposta Ces per un Piano straordinario europeo d'investimenti

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‘Una nuova via per l’Europa’

Una nuova via per l’Europa: il piano della CES per promuovere gli investimenti, la crescita sostenibile e l’occupazione di qualità  è stato approvato nel corso della riunione dell’Esecutivo della CES del 7 novembre 2013. Un Piano per ribaltare le politiche di austerità e rigore sin qui seguite e per rilanciare, all’insegna della reindustrializzazione dell’Europa, l’iniziativa sindacale per la ripresa del processo di convergenza e di crescita solidale delle diverse aree del continente. In allegato riportiamo la versione in italiano del Piano e dei suoi allegati.

Il Comitato esecutivo della Confederazione europea dei sindacati ha approvato all’unanimità di proporre alle istituzioni europee l’adozione di un Piano straordinario di investimenti per la crescita, lo sviluppo sostenibile e la creazione di nuova e stabile occupazione in Europa. Un Piano per ribaltare le politiche di austerità e rigore sin qui seguite e per rilanciare, all’insegna della reindustrializzazione dell’Europa, l’iniziativa sindacale per la ripresa del processo di convergenza e di crescita solidale delle diverse aree del continente.

In allegato, la versione in italiano del Piano e dei suoi allegati.

(Fausto Durante, CGIL Segretariato europeo)

Susanna Camusso: bene il piano Ces Su investimenti per crescita e occupazione

Considero di grande importanza il voto con cui  a Bruxelles il comitato esecutivo della Ces (Confederazione europea dei sindacati) all’unanimità ha approvato la proposta di un Piano europeo di investimenti per la ripresa, l’occupazione e la crescita”. Lo ha affermato il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, sottolineando: “L’importanza di un risultato che giunge alla fine di un lungo percorso di convergenza e di avvicinamento delle rispettive posizioni tra sindacati di Paesi con diverse culture e tradizioni, che oggi parlano con una voce sola rispetto alla necessità di dire basta all’austerità e di affermare un principio di crescita europea solidale e attenta agli Stati più in difficoltà”.

“Questa scelta – ha aggiunto il segretario della Cgil – completa e arricchisce, con una visione generale per l’insieme dell’Europa, il percorso avviato da diverse confederazioni nazionali con la predisposizione di proposte quali il Piano del lavoro della Cgil, il New Marshall Plan del sindacato tedesco Dgb, le proposte per la crescita dei sindacati spagnoli e danesi”.

“Si tratta ora – ha concluso Camusso – di trasformare questa proposta in una vera e propria piattaforma sindacale, da far vivere nel confronto con le istituzioni europee e i governi nazionali, anche in vista delle elezioni per il Parlamento europeo del prossimo maggio e dei due prossimi semestri di presidenza dell’Ue, che saranno affidati a Grecia e Italia. Una piattaforma su cui mobilitare le lavoratrici e i lavoratori in tutta Europa, per far entrare al centro del dibattito politico le questioni degli investimenti produttivi, della creazione di buona e stabile occupazione, dell’emissione di eurobond e project bond, dell’allentamento progressivo dei vincoli del Patto di stabilità, della reindustrializzazione dell’Europa, del futuro dei giovani. Obiettivi centrali per far tornare a rivivere la prospettiva dell’Europa sociale e democratica e contrastare derive autoritarie, populiste e xenofobe che rischiano di condizionare gravemente il futuro dell’Unione europea”.

 
 


Nuovo presidente Comitato Giovani della CES

Salvatore Marra

E’ Salvatore Marra (CGIL)

Salvatore Marra (1981), responsabile politiche giovanili della Cgil Roma e Lazio, è stato eletto il 6 dicembre 2013 a Bruxelles presidente del Comitato giovani della Ces.

“Esprimo, a nome di tutta la CGIL, la nostra grande soddisfazione per l’elezione di Salvatore Marra a Presidente del Comitato Giovani della Confederazione Europea dei Sindacati, elezione avvenuta oggi a Bruxelles. Questa elezione testimonia il valore dell’esperienza sin qui condotta a livello europeo da Salvatore Marra e rappresenta, allo stesso tempo, un riconoscimento del grande lavoro svolto negli ultimi anni dalla CGIL sulle politiche giovanili. Al compagno Marra, che rappresenterà non solo tutti i sindacati italiani ma l’insieme dei giovani sindacalisti in Europa, un augurio sincero di buon lavoro”.

 

Nuove direttive europee sugli appalti e le concessioni

Saranno approvate entro il 2013

Entro la fine dell’anno saranno approvate le nuove direttive europee appalti. Interesseranno i settori speciali (energia, acqua, servizi postali e trasporti); i settori ordinari (appalti pubblici di lavori, servizi e forniture), gli appalti di concessione.

Esiste un intreccio profondo tra la legislazione europea sugli appalti e la legislazione nazionale: la prima direttiva è del 1971 la n.305, alla quale sono seguite la n. 665 del 1989, e la n. 13 del 25 febbraio 1992, assai parziali. Le ultime due, ancora attuali, la 17 e la 18, del 31 marzo 2004, riversate nel nostro Codice degli appalti, dl 163/2006, hanno un corpo più voluminoso e un indirizzo normativo ben più incisivo delle precedenti.

A meno di dieci anni la Commissione Europea ha avvertito la necessità di avere un ulteriore approccio, su tale legislazione, introducendo nuove modifiche. Le proposte in discussione prendono origine dal Libro verde, adottato dalla Commissione Europea nel 2011, che si propone, come obiettivo, la modernizzazione della politica dell’UE in materia di appalti pubblici, per favorire la crescita economica, i livelli d’occupazione e diminuire gli squilibri territoriali.

Le Direttive in oggetto andranno perciò ad incidere in un settore strategico non solo sotto il profilo economico ma anche sociale, considerato che il valore complessivo per l’acquisto di merci, servizi e lavori da parte del settore pubblico dell’UE ammonta a oltre 2.400 Miliardi all’anno e costituisce il 18% del PIL Europeo.
 L’iter di approvazione, delle direttive in esame, ha avuto una procedura complessa che ha coinvolto il Parlamento, la Commissione, il Consiglio e gli stessi Stati Nazionali. Le nuove Direttive, pertanto, modificheranno le attuali: la 17 che regola i settori speciali (energia, acqua, servizi postali, trasporti; la 18 inerente ai settori ordinari (Appalti pubblici di lavori, servizi e forniture); inoltre è prevista una nuova direttiva sugli appalti di Concessione.

Quest’ultima costituisce una novità rispetto alla legislazione precedente, colmandone un vuoto di non poco conto in quanto, tutt’oggi, le Concessioni sono regolate da disposizioni di diritto derivato e si avvertiva il bisogno di un quadro giuridico certo e uniforme che valesse per tutti gli Stati membri. Anche in ragione del fatto che questo settore risulta tra i più chiusi, visto che il 98% delle gare pubbliche è aggiudicato da operatori nazionali.

Dall’atto dell’emanazione delle Direttive Europee, che si prevede per dicembre 2013, gli Stati nazionali avranno 24 mesi per recepirle nella propria legislazione.
Va ricordato che le Direttive costituiranno il quadro di riferimento normativo generale e vincolante, ma gli Stati nazionali avranno la possibilità di modularle in relazione alle proprie specificità e necessità. Gli obiettivi essenziali della nuova legislazione riguardano: la semplificazione delle procedure di appalto; la riduzione degli oneri amministrativi per gli enti appaltanti e per le imprese; le garanzie per un maggiore accesso della PMI agli appalti mediante la suddivisione in lotti; una maggiore attenzione ai vincoli sociali ed ambientali; la lotta alla corruzione e ai conflitti d’interesse.

Le direttive, pertanto, agiranno sugli appalti sovvenzionati dalle amministrazioni aggiudicatarie, in misura superiore al 50%. Ai fini d’una semplificazione e minor confusione interpretativa e
applicativa delle norme è prevista la soppressione della attuale distinzione tra i cosiddetti servizi A, prioritari, e servizi B, non prioritari e, accanto alle procedure di gara tradizionale, aperta e chiusa è prevista l’utilizzazione di altre cinque procedure: la negoziata con o senza indizione di gara; la competitiva con negoziato; la negoziata senza pubblicazione preventiva; il nuovo partenariato per l’innovazione; il dialogo competitivo. Diventerà immediatamente obbligatorio, per le centrali di committenza, l’appalto online, mentre è previsto un periodo transitorio di due anni per tutte le altre stazioni appaltanti.

La prima tappa sarà l’introduzione, entro il 30 di giugno 2014, dell’obbligo di digitalizzare la pubblicazione degli avvisi e dei documenti di gara. Nella fase di aggiudicazione di un appalto sarà consentito di valutare i criteri di aggiudicazione prima di quelli inerenti la selezione. Un aspetto, questo, non positivo e da ovviare nella nostra legislazione, in quanto può determinare, non solo l’allungamento dei tempi di aggiudicazione dell’appalto ma l’insorgere di un contenzioso immediato da parte dell’impresa che, dopo essersi aggiudicato l’appalto, venga esclusa per carenza dei requisiti generali.
Per la selezione delle imprese sono previsti i criteri Reputazionali, ma questi, per non essere di natura discrezionali la legislazione nazionale dovrà specificarli e codificarli. Come è anche prevista la possibilità di istituire le black list e le white list per le imprese, i fornitori o i prestatori di servizi. Ma la norma sulle White-list può diventare uno strumento positivo a condizione che diventi obbligatoria e non facoltativa, tant’è che nel nostro Paese, pur essendo entrata in vigore ad agosto di quest’anno, si registrano pochissime iscrizioni negli albi delle Prefetture. Nelle procedure di aggiudicazione, rimane inalterato il criterio del massimo ribasso e della offerta economicamente più vantaggiosa. In questo contesto l’indirizzo delle direttive punta a far diventare residuale il criterio del massimo ribasso, mentre sempre di più dovrà diventare centrale l’offerta economicamente più vantaggiosa. Nella quale dovranno diventare preponderanti i criteri di qualità come: il progetto, il ciclo di vita d’un opera, il risparmio energetico, l’impatto ambientale, l’uso dei materiali, la riduzione dell’inquinamento e gli aspetti di inclusione sociale. Per quanto attiene i Servizi Sanitari, amministrativi in materia di istruzione, di assistenza sanitaria e cultura, i servizi di assicurazione sociale obbligatoria e i servizi di prestazione sociali, non potranno essere applicate le procedure ordinarie di aggiudicazione, ma è stato previsto un regime speciale a parte.

Sono poi previsti, inoltre, maggiori vincoli alle Spa pubbliche che potranno vedersi assegnati lavori pubblici senza gare e contemporaneamente partecipare a gare private, purché quest’ultima attività non generi più del 20% del proprio fatturato.
Nell’esecuzione del contratto sono stati introdotti due elementi di novità, già presenti nella nostra legislazione nazionale ma poco applicati:
Il pagamento diretto da parte dell’amministrazione aggiudicataria del subappaltatore, di quanto dovuto per le forniture o i lavori forniti al contraente principale e l’indicazione nominativa, già in fase d’offerta e nei documenti di gara, degli eventuali subappaltatori e subfornitori da utilizzare. Il limite della direttiva è costituito dal fatto che questi due aspetti continuano ad essere di natura facoltativa per gli enti aggiudicatari mentre, invece, dovrebbero essere di natura prescrittiva se si vorrà far compiere, al sistema degli appalti pubblici, un passo in avanti in termine di trasparenza, legalità e tutela dei diritti dei lavoratori.
Per quanto riguarda le norme di sostenibilità sociale, la Ces ha espresso forti criticità, in quanto queste continuano ad essere molto lasche e aggirabili, quando, invece, ci sarebbe bisogno di una normativa più forte e avanzata inerente alla responsabilità solidale nel sistema degli appalti pubblici, affinché l’azione di rivalsa possa essere non solo più veloce ma anche più
semplice e produttiva per i lavoratori costretti ad intentare una causa di lavoro.
L’aspetto positivo è che comunque tutti i Paesi dell’Unione dovranno prevedere, nella loro legislazione, l’istituto della responsabilità solidale, oggi presente solo in Italia, Francia e Spagna.

Per i contratti d’appalto Misti, fonte spesso di confusione, viene specificato che nei contratti di lavoro, forniture e servizi, dovrà essere l’oggetto principale dell’appalto a determinare le norme applicabili e il contratto di riferimento.
Altra norma, di accesa discussione, è stata quella relativa all’obbligo della suddivisione in lotti funzionali per gli appalti superiori ai 500 mila euro, al fine di garantire l’accesso diretto negli appalti alle piccole e medie imprese. Questa parte è stata riscritta peggiorandola, in quanto, da prescrittiva è diventata facoltativa. E’ lasciata agli Stati Nazionali la possibilità di stabilire che qualora le amministrazioni non optano per la suddivisione in lotti saranno tenute a motivare questa loro scelta. Per il contrasto al conflitto d’interesse, alla corruzione ai favoritismi oltre all’Autorità di vigilanza per ogni singola nazione era stata prevista una Autorità di Vigilanza Europea, ma questa proposta per l’opposizione di alcuni Paesi non è passata. La discussione in atto attribuisce un ruolo significativo alle Autorità, che dovranno vigilare non solo sulla attuazione della normativa, ma anche sugli aspetti relativi alla trasparenza delle procedure e al contrasto dei fenomeni di corruzione.
In Italia, su tale aspetto, abbiamo una esperienza già avanzata ed è costituita dall’Autorità di vigilanza sugli appalti e dall’istituzione della Banca Dati nazionale, con l’obbligo per le stazioni appaltanti di verificare i requisiti dei concorrenti agli appalti pubblici tramite il portale dell’AVCP, gli altri Stati dovranno allinearsi costituendo la proprie Autorità. Sarà necessario, nel momento in cui il legislatore italiano si accingerà a porre mano ad una rivisitazione del Codice degli Appalti e, affinché gli obiettivi europei possano essere raggiunti, non continuare a procedere, per come sta avvenendo, a colpi di decreti legge, ma attraverso un disegno di legge di natura complessivo onde permettere tempi e modi di una discussione approfondita e di merito sul
sistema degli appalti pubblici, che generano è bene ricordarlo, l’8% del Pil nazionale. In quanto, non solo dagli episodi di cronaca corrente, emerge in maniera inconfutabile dalle relazioni annuali dell’Avcp, della Corte dei Conti, della stessa Commissione Antimafia, un sistema degli appalti pubblici in Italia che definire opaco è un eufemismo. I livelli di corruzione nella pubblica
amministrazione e il proliferare del fenomeno di penetrazione di mafia, ben lungi dal diminuire,
sono aumentati; i tempi di realizzazione di un opera si sono dilatati, quando va bene, a 13-14 anni; i ribassi medi sono esorbitanti e fuori d’ogni logica, con punte del 40-50%; le varianti in corso d’opera sono un elemento patologico, assieme all’altissimo livello del contenzioso che da solo, in Italia, determina un aumento medio del costo di un opera del 30%.

Un sistema degli appalti pubblici, che cosi come è, produce una selezione che penalizza l’imprenditoria sana e ingenera il proliferare di fenomeni degenerativi quali il lavoro nero, la mancata corresponsione del salario e dei contributi sociali e nello specifico, nel settore dei servizi, la crescita a dismisura delle cosiddette cooperative sociali, nate nel secolo scorso per fini nobili e di tutela dei lavoratori, diventate un escamotage, scatole vuote, per abbassare i livelli di copertura contrattuali e salariali.

Sergio Genco (Area Contrattazione CGIL)

NB
La Commissione europea ha presentato tre proposte legislative, attualmente in fase di approvazione definitiva
Si tratta:
a) Della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulle procedure di appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali;
b) Della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sugli appalti pubblici;
c) Della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull’aggiudicazione dei contratti di concessione.

Vedi il rapporto pubblicato dal Senato (allegato) e dalla Camera dei deputati

 
 

 
 

 

10 dicembre 2013 – Giorno dei diritti umani – "L'acqua è un diritto umano ! "

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L’ICE raggiunge il suo obiettivo: 1,600,000 di firme valide in Europa

Il 10 dicembre è la giornata dei diritti umani . Noi celebriamo e ricordiamo la lotta di molti per i diritti umani e la dignità. L’ iniziativa dei cittadini europei ” (ICE) L’acqua è un diritto umano ! ” è orgogliosa di essere parte di quella lotta che unisce molti sul nostro pianeta . Ha impegnato centinaia di migliaia di persone in Europa per chiedere che la Commissione europea adotti misure per attuare il diritto all’acqua come adottato dalle Nazioni Unite nel 2010.
L’ ICE ha raccolto più di 1 milione 850mila di firme dopo una lunga campagna , iniziata nel maggio 2012 e presentato le firme stesse alle autorità nazionali nel mese di settembre 2013. E’ stata la prima ICE a presentare le firme alle autorità nazionali per la convalida.
 “E’ una grande soddisfazione per i sostenitori dell’ICE che possiamo ora, il giorno dei diritti umani, annunciare che abbiamo raggiunto il numero minimo certificato di firme richieste “, afferma Jan Willem Goudriaan del comitato di cittadini. “Ora la palla si muove nel campo della Commissione europea, che deve ascoltare la voce dei cittadini e proporre una normativa per l’attuazione nel diritto europeo del diritto umano all’acqua e ai servizi igienico-sanitari”.
Anche se non abbiamo ancora tutte le risposte, in base ai certificati ricevuti dalle autorità nazionali la ICE ha raccolto più di 1 milione di firme e ha superato la soglia minima in più di 7 paesi . Quando tutti i certificati saranno arrivati sottoporremo le nostre richieste ufficialmente alla Commissione europea .
Le richieste dell’ICE” diritto all’acqua ” sono :

* che la UE riconosca il diritto riconosciuto dall’ONU all’acqua e ai servizi igienico-sanitari nel diritto comunitario;
* Non liberalizzare i servizi idrici nella UE;
* Per contribuire al raggiungimento dell’ accesso all’acqua e ai servizi igienici in tutto il mondo.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, 780 milioni di persone non hanno accesso all’ acqua potabile , anche in Europa. L’Agenzia europea dell’ambiente ha dichiarato nel 2012 che oltre il 50 % della popolazione rurale in 10 paesi dell’Unione europea non ha accesso all’acqua o ai servizi igienico-sanitari . Questo ha un impatto diretto sulla loro salute .
Abbiamo usato la campagna ICE come strumento di impegnarci per il diritto umano all’acqua e ai servizi igienici . E ‘ uno strumento per cambiare la mentalità in seno alla Commissione europea da un approccio basato sul mercato, focalizzato alla concorrenza, ad un approccio basato sui diritti, focalizzato sui servizi pubblici . Essa mira a raggiungere l’accesso universale (globale) all’ acqua e servizi igienici e a salvaguardare le limitate risorse idriche pubbliche per le generazioni future.
Oggi , il giorno dei diritti umani , pensiamo di aver fatto un grande passo per portare la realizzazione del diritto all’acqua e ai servizi igienico-sanitari più vicina a tutte le persone i cui diritti non sono ancora soddisfatti e abbiamo fatto un grande passo in difesa di coloro che vedono i loro diritti minacciati dagli interessi del profitto. Abbiamo anche fatto un grande passo avanti verso una maggiore partecipazione dei cittadini al processo decisionale della Unione Europea. La Commissione europea dovrà dare la sua risposta su come e cosa fare entro tre mesi .

 
 

 

Acqua diritto umano: l'iniziativa dei cittadini europei supera la soglia di validità in Italia

ICE Roma

65.223 le firme valide in Italia

“Stamane il Ministero dell’Interno ci ha comunicato che le firme raccolte nel nostro Paese per l’Iniziativa dei Cittadini Europei per l’acqua pubblica sono state dichiarate valide nella percentuale del 96,65% di quelle presentate tre mesi fa, 65.223, ben al di sopra della soglia delle 54.750 firme fissata”.
In una nota congiunta Fp-Cgil Nazionale e Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua comunicano il superamento della soglia per rendere valida l’Ice, strumento di democrazia diretta che consente ad un milione di cittadini europei di prendere direttamente parte all’elaborazione delle politiche dell’UE, invitando la Commissione europea a presentare una proposta legislativa.

“Il nostro Paese – continua la nota – contribuisce alla validità delle firme raccolte in Europa, più di 1 milione e 600.000 negli 11 Paesi che hanno superato la soglia di validità (Spagna, Italia, Lussemburgo, Belgio, Olanda, Germania, Slovacchia, Slovenia, Grecia, Lituania e Finlandia). Nei prossimi giorni verrà completato il lavoro di certificazione, ma possiamo già affermare che l’Ice ‘per l’acqua diritto umano in Europa’ è la prima iniziativa dei cittadini europei a giungere al traguardo”.

“Sempre oggi una nostra delegazione – aggiungono Fp-Cgil e Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua – ha incontrato a Roma la rappresentanza in Italia della Commissione Europea, nella persona del suo vicedirettore Emilio Dalmonte, mentre nei dintorni della stessa sede si è svolta un’iniziativa di sensibilizzazione dei cittadini sul valore dell’ICE per l’acqua pubblica”.

“Nell’esprimere la nostra soddisfazione per questo primo risultato, chiediamo che la Commissione Europea si pronunci positivamente sulle 3 questioni poste dall’Ice, e cioè – concludono Fp-Cgil e Forum Italiano dei movimenti per l’Acqua – che l’accesso all’acqua potabile sia considerato un diritto umano universale in tutta Europa, che il servizio idrico non possa essere privatizzato e che questi due principi vengano assunti dall’Unione Europea nelle discussioni relative alla definizione dei Trattati internazionali”.

 

Circuiti Regionali.

La nota n.0398213 del 21.11.2013 inviata ai Provveditori Regionali.

NEWS

La Direttiva del Ministero della Salute alle Regioni per la proroga dei precari al 31 dicembre 2016

 

 
 

Bando relativo allo stage formativo di 500 giovani neolaureati

  
 COMUNICATO

 
 
 
Nei giorni scorsi il MIBACT ha pubblicato il bando relativo allo stage formativo di 500 giovani neolaureati da applicare per un anno alle attività di catalogazione e digitalizzazione del nostro patrimonio. Un bando annunciato in pompa magna questa estate, assai singolarmente scambiato per un bando di nuove assunzioni e come tale presentato dai media.
La pubblicazione del bando ha scatenato molte reazioni, facciamo l’esempio dell’Associazione Nazionale Archeologi che per oggi ha indetto una giornata di protesta.
Noi siamo totalmente d’accordo con le valutazioni dell’Associazione e ne sosteniamo la protesta, assai giustificata, rispetto alle modalità ed alle finalità di questo bando.
Quello che colpisce è anzitutto la modalità: si fa un vero e proprio bando di concorso, i cui requisiti sono normalmente richiesti per accedere tramite un concorso pubblico per laureati specialisti, e poi la finalità è svolgere uno stage formativo alla fantastica cifra di 5000 euro l’anno al lordo degli oneri assicurativi.
Al termine del quale viene rilasciato un attestato a futura memoria, ovvero da utilizzare nell’eventualità, assai remota allo stato, di nuovi concorsi.
In sostanza si fa un concorso che prevede come requisiti di ammissione minimi il punteggio massimo al titolo di laurea, una conoscenza dell’inglese a livello superiore (b2), nonché titoli specialistici per essere ammessi ad una ulteriore prova selettiva fatta su quiz a risposte multiple, la cui finalità e di garantire un titolo di preferenza per  gli ulteriori concorsi che il laureato specializzato con tanto di titoli dovrà rifare. Per guadagnarsi il quale dovranno lavorare per un anno praticamente gratis per l’Amministrazione.
E quindi si comprende la giusta indignazione dei nostri giovani che hanno faticato per formarsi adeguatamente e che fanno i conti con un mercato del lavoro di per sé asfittico e poco remunerativo, ai quali viene imposto un passaggio lungo e senza alcuna garanzia seria, una sorta di passaggio a forche caudine al termine del quale il rischio più evidente è dover ricominciare daccapo come se nulla si fosse fatto.
L’altro risvolto di questa brutta medaglia è la palese ingiustizia indotta nei confronti dei collaboratori esterni, che lavorano da anni per il nostro Ministero in condizioni a dir poco di sfruttamento, i quali non potranno accedere in massima parte a queste selezioni perché ormai in gran parte purtroppo privi dei requisiti anagrafici previsti. Collaboratori che, ricordiamo, sono stati oggetto di valutazione approfondita da parte della Commissione sulla Riforma del Mibact, la quale si è spinta a suggerire addirittura un concorso per titoli, e per i quali invece  ora si aggiunge un ulteriore esercito di riserva a buon prezzo da utilizzare in forma concorrenziale. Senza trascurare peraltro il personale interno, considerato che la digitalizzazione e la catalogazione sono definite un asset strategico per il rilancio organizzativo del Ministero.
Sig. Ministro, non ci siamo. Lo abbiamo già detto in sede di prima valutazione del Decreto Valore Cultura: la questione dell’occupazione e della gestione delle politiche dell’organico è materia troppo delicata per poterla gestire in maniera propagandistica e senza un progetto ed una strategia chiara che dia fiato al mercato del lavoro, a partire dalle pratiche di buona occupazione, da rivolgere soprattutto ai giovani e a coloro che già operano, a diverso titolo, all’interno dell’Amministrazione.
Noi dobbiamo trovare soluzioni che garantiscano il lavoro e la sua qualità: i nostri giovani hanno bisogno di certezze e di prospettive non di condizioni di utilizzo umilianti. 
 

 

Ancora sul Polo Fiorentino
 

Nel comunicato di ieri, nella foga polemica, non siamo stati precisi circa la proposta della Soprintendenza per l’utilizzo del personale di ruolo nel Corridoio Vasariano. In realtà la proposta dell’Amministrazione è stata, oltre all’utilizzo dei progetti locali, quella di destinare 4 visite guidate al personale interno, utilizzando le compensazioni sulla programmazione ordinaria degli orari di lavoro, a fronte delle 72 assegnate al concessionario. Tali visite si dovrebbero effettuare nei giorni di mercoledì e giovedì, alle ore 14.30 e 15.00.
Quindi la proposta della “mediatrice” Soprintendenza è quella di garantire 72 visite alla modica cifra di 34 euro per tutti i periodi di maggior affluenza e 4 visite al prezzo ordinario da gestire in due pomeriggi infrasettimanali. Naturalmente nulla cambia in relazione al giudizio che abbiamo dato su questa vicenda, anzi, se possibile, questa soluzione aggrava i costi sull’utenza e scarica sulla fruizione evidenti problemi organizzativi interni e i costi maggiorati che ne derivano. E naturalmente mortifica i lavoratori del Mibact, ai quali viene fatta la vera concessione di poter svolgere saltuariamente e senza confliggere con altri interessi preponderanti quanto previsto dal profilo professionale. Noi invece riteniamo che sia possibile contemperare i vari interessi, senza limitare l’accesso alla fruizione del patrimonio ai cittadini che non possono permettersi costi così pesanti. E semplicemente invitiamo la Soprintendenza, ma soprattutto il Ministero, a riflettere attentamente sulle scelte che compieranno in particolare nella definizione dei rapporti pubblico-privato rispetto alla gestione dei cicli di fruizione e valorizzazione, Non si tratta di battaglie ideologiche ma solo di difendere quel poco di servizio pubblico che ancora, a prezzo di sacrifici dei lavoratori, riusciamo ancora ad assicurare ai cittadini che tutti, indipendentemente dal reddito, hanno diritto alla conoscenza ed alla cultura.
 

 

Arrivi dall’Istituto Luce.
 

Con l’informativa di ieri, l’Amministrazione ci comunica di aver provveduto all’inquadramento di 50 lavoratori provenienti dall’Istituto Luce. La disposizione è conseguente ad un dettato normativo che integra i processi di mobilità già attuati con inserimento in extra organico di personale proveniente da enti soppressi.
La materia è regolata dalla legge e non ci ha consentito alcuna valutazione preliminare, che naturalmente non riguarda il fatto che questi lavoratori siano inseriti nel MIBACT quanto il fatto che purtroppo siamo ancora in assenza di politiche generali e di linee strategiche sugli organici. Per cui l’inserimento di altri lavoratori produce tensioni rispetto alle situazioni presenti nell’organico interno ed esternalizzato (ad esempio i lavoratori ALES, oppure i nostri riqualificati in terza area senza attribuzione della remunerazione dovuta, o ancora gli idonei ai passaggi interni, i comandati, ecc). Invece il MIBACT da una parte viene limitato nelle sue facoltà assunzionali e persino nelle possibilità di retribuzione dei lavoratori, dall’altro è assoggettato da norme specifiche a processi di inserimento di personale in modo esattamente contrastante con le politiche che invece si dicono di voler perseguire. Sullo sfondo ad esempio abbiamo la grande questione degli esuberi nelle Fondazioni lirico-sinfoniche che, in base alla legge, dovranno confluire nella ALES. Per noi va bene tutto, quando si tratta di difendere l’occupazione ed impedire licenziamenti, ma diventa sempre più necessario avviare una politica coerente di gestione degli organici, che rifletta sulle condizioni imposte dalla spending review e sui diritti non riconosciuti a lavoratori.

Roma, 11 dicembre 2013
 
 
FP CGIL MIBACT
Claudio Meloni
 

 

 

 


 
 
 

Convocazione C.d.A. ONA

11.12.2013 – Convocazione C.d.A. ONA

 

 

Puglia: Dispositivo di Colonna Mobile Regionale – Nota al Direttore Regionale

11.12.2013 – Dispositivo di Colonna Mobile Regionale – Nota al Direttore Regionale

 
 

 
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