Esuberi PA: non sono numeri, ma posti di lavoro.

Comunicato Stampa di Rossana Dettori
Segretaria Generale Fp Cgil
 

“Il richiamo del Ministro al rispetto delle leggi è pleonastico, in questo caso stiamo parlando di persone in carne ed ossa il cui destino è stato deciso in maniera assolutamente avulsa da qualsiasi progetto di riorganizzazione e di riforma della Pubblica Amministrazione”. Con queste parole Rossana Dettori, Segretaria Generale della Fp Cgil risponde alle dichiarazioni del Ministro D’Alia sui 7.000 esuberi di personale nei Ministeri e nelle funzioni centrali.
 
“Ci è parso che il Ministro fosse d’accordo nell’aprire una stagione diversa da quelle passate: una fase nella quale anteporre all’esigenza di “fare cassa” quella di riorganizzare i servizi pubblici, di ridefinire le responsabilità, di razionalizzare la spesa, garantendo certezza nell’erogazione delle prestazioni ai cittadini;  solo conseguentemente a ciò sarebbe utile ed intelligente ridefinire  i fabbisogni di personale. Trincerarsi dietro i numeri non fa bene a nessuno: come si possono spiegare, ad esempio, quei 7.000 esuberi di personale a fronte di circa 150.000 precari dei quali, almeno nelle dichiarazioni pubbliche, anche il Ministro afferma la necessità?” 
 
“Non si può dare per assodato nulla, quindi,  a maggior ragione nulla di ciò che ha caratterizzato negativamente l’attività legislativa sul lavoro pubblico negli ultimi anni e sul quale la Cgil ha sempre dichiarato la sua netta contrarietà”. Prosegue la segretaria generale.
            
“Forse sarebbe il caso davvero”, conclude la Dettori, ” di aprire immediatamente quel confronto che, pur richiamato quotidianamente, tarda a partire”.
 
Roma, 1 Luglio 2013

 

Vigili del Fuoco allo stremo, la denuncia dei Sindacati

 
Comunicato Stampa Unitario

 
Automezzi vetusti e fatiscenti, personale sempre più vecchio, sedi obsolete. La denuncia dei sindacati che chiedono ai parlamentari di recarsi nei comandi provinciali: “Se ne renderanno conto di persona” “Carenze di personale, sedi di servizio obsolete sia dal punto di vista logistico sia da quello sanitario, progressivo invecchiamento del personale operativo, tutti fattori che negli anni hanno seriamente appesantito i carichi di lavoro e lo stress cui quotidianamente viene sottoposto il personale, e hanno generato continui incidenti sul lavoro”. I sindacati dei Vigili del fuoco di Cgil Cisl e Uil nel Lazio sono “fortemente preoccupati dello stato di abbandono in cui versa il corpo nazionale nella nostra Regione”.
 
A questo, “si aggiunge la grave situazione degli automezzi vetusti e fatiscenti e la cronica assenza di fondi per le riparazioni e quindi per i nuovi acquisti. Tutto ciò non può che provocare gravi incertezze nella capacità di prestare soccorso alla cittadinanza laziale. Tale situazione trova la sua causa nelle scelte governative degli ultimi anni: per risparmiare è stato usato un criterio puramente aritmetico-contabile, tagliando le spese in modo cosiddetto lineare senza verificare le conseguenze per la sicurezza della collettività”.
 
Le tre sigle, in prossimità della stagione estiva quando gli incendi boschivi e i fenomeni meteorologici più imprevedibili aggraveranno ancor più la situazione, tornano a lanciare un grido di allarme “perché il dispositivo per il soccorso tecnico urgente non è in grado di farvi fronte adeguatamente”. Lo scorso 9 luglio “si è concluso con un nulla di fatto l’ennesimo incontro con l’amministrazione nel tentativo di trovare un’intesa nell’ormai lunga vertenza che queste organizzazioni sindacali portano avanti”.
 
“Continueremo con tutte le iniziative necessarie – prosegue la nota – per sensibilizzare le forze politiche e sociali. Invitiamo pertanto i parlamentari del Lazio a effettuare congiuntamente visite presso le varie sedi nei Comandi Provinciali del Lazio per rendersi conto di persona della situazione, per poi rappresentare all’interno del Parlamento lo stato di disagio in cui versano i Vigili del Fuoco e cercare di trovare risposte e soluzioni attraverso le modifiche della legge sul turn over (che a tutt’oggi prevede l’assunzione di 20 lavoratori a fronte di 100 che andranno in pensione) e il regolare ripristino dei fondi per la gestione degli automezzi”.
 
Roma, 10 luglio 2013

Emilia Romagna: campagna AIB 2013

11.07.2013 – Campagna AIB 2013

 

 

Forum CGIL dell'economia, seminario 'Europa e Italia nella crisi' (9 luglio 2013)

Discutendo del piano Marshall della DGB

Si è tenuto oggi a Roma, nella sala Santi della Cgil nazionale, il seminario del Forum Cgil dell’economia dedicato al tema “Europa e Italia nella crisi” in cui è stata data centralità alla presentazione di un documento del sindacato tedesco DGB (Deutscher Gewerkschaftsbund Bundesvorstand) intitolato “un nuovo piano Marshall per l’Europa”.

A presiedere i lavori della giornata è stato Mauro Beschi, coordinatore del Dipartimento Politiche economiche, che ha illustrato le ragioni del seminario e presentato i relatori.

La prima relazione è toccato a Roberto Romano,  economista che collabora con la CGIL della Lombardia che ha tracciato un quadro del declino del sistema produttivo italiano “Crisi di struttura e prospettive economiche. La crisi nella crisi dell’Italia” era appunto il titolo del suo contributo, che ha avuto il pregio della cruda chiarezza sin dalle prime battute, là dove parlava di vera e propria depressione e non più di recessione.
Roberto Romano nella comparazione dei dati riguardante la crescita e gli investimenti negli ultimi cinque anni ha ricordato come: “tutti i Paesi hanno eroso una parte della propria struttura industriale, ma il meno 21 per cento dell’Italia non regge il confronto con nessun paese europeo. L’area euro tra il 2008 ed il 2012 ha contratto la propria produzione di 10 punti percentuali, mentre la Francia,altro grande ammalato dell’Europa, ha perso il 16%. Solo l’Italia ha compromesso così in profondità la sua struttura produttiva”.
Il tasso di disoccupazione reale è pari al 22% sommando i disoccupati e gli inoccupati.
La seconda relazione del seminario è stata presentata da Mehrdad Payandeh, che  ha illustrato la proposta del sindacato tedesco, il nuovo piano Marshall per l’Europa, evidenziando come anche in Germania vi sono state difficoltà maggiori di quanto si prevedeva e come non siano state sufficienti le scelte di chi cercava il rilancio dell’economia guardando ai mercati oltre l’Europa. 
Il piano presentato dal sindacato DGB denuncia che “Il modo in cui la politica ha affrontato la crisi con appelli all’austerità’, tagli a salari, pensioni e tutele sociali ha ingenerato una spirale negativa. La recessione rischia di investire l’intero continente e di ripercuotersi persino sulla congiuntura mondiale”.
Occorre quindi intraprendere un’inversione di rotta, gettare le basi per il futuro e stabilizzare la congiuntura. “L’Europa ha bisogno di un percorso di crescita e modernizzazione lungimirante che prepari il nostro continente al futuro, crei i posti di lavoro del 21° secolo e garantisca benessere per tutti. Ciò richiede investimenti nella produzione di energia sostenibile, nella riduzione dei consumi energetici, in settori industriali e servizi sostenibili, in istruzione e formazione, in ricerca e sviluppo, in infrastrutture di trasporto moderne, in città e comuni a basse emissioni e nell’efficienza delle pubbliche amministrazioni. E richiede anche l’equa partecipazione di tutti i membri della società ad un futuro migliore. La capacità  dell’Europa di affrontare le sfide future impone di fare oggi investimenti per il futuro.
L’Europa ha tutte le risorse necessarie: capitale umano, conoscenze, forza d’innovazione, capitale, infrastrutture moderne, istituzioni pubbliche e private funzionanti, poli industriali nonchè servizi di alto livello, un sistema di previdenza sociale, un mercato comune e una moneta unica. Questi sono i fattori che uniscono l’Europa. Dobbiamo unire queste forze e impiegarle per il rinnovamento della società.”

Il piano Marshall per l’Europa del DGB si presenta come un programma di investimento e rilancio decennale (dal 2013 al 2022) per tutti i 28 Paesi dell’UE.
Le proposte si basano sull’esperienza e tengono conto dei differenti contesti e delle diverse condizioni di partenza dei singoli Paesi partner europei.  Viene proposto un mix di interventi istituzionali, investimenti pubblici diretti, sussidi d’investimento per le imprese e incentivi al consumo finalizzati alla stabilizzazione della congiuntura. Il piano Marshall può funzionare se applicato con respiro europeo, in tutta Europa, non solo in Germania.

Il piano indica dove reperire le risorse, c’è bisogno di uno sforzo comune e di nuove istituzioni europee con fonti di finanziamento stabili e solide.
Payandeh ha proseguito:”sono necessari 2600 miliardi per un decennio, quindi 260 miliardi l’anno di investimenti europei: occorrono 150 miliardi per la svolta energetica e per renderci indipendenti dalla gravosità delle importazioni energetiche. Occorrono anche servizi adeguati nel settore pubblico e in quelli privati, occorrono gestioni sostenibili dei servizi.
Perciò ha indicato la misura del prelievo di un 3% del reddito per i patrimoni finanziari e immobiliari: nei 28 paesi europei il 3% di 8400 miliardi di ricchezze equivarrebbe appunto ai 260 miliardi annui indicati nel piano.

La responsabile delle politiche europee del DGB Gabriele Bischoff, ha esordito ricordando che “siamo riusciti non farci dividere e come sindacato tedesco abbiamo avanzato la nostra proposta considerando la necessità di avere un contromodello rispetto alle politiche della Cancelliera Merkel.
Non è un crisi di portata nazionale, è una crisi europea ed il piano Marschall  può essere un ombrello sotto il quale agire in modo adeguato. La cosa fondamentale è che vogliamo essere attivi e dobbiamo agire con l’obiettivo comune di creare posti di lavoro e dopo un processo di discussione che stiamo affrontando. Troviamo un progetto comune e questo  aiuterà il DGB, la Cgil e altri sindacati.
Dobbiamo imporci per riuscire ad avere una influenza sulla politica europea e avere una rotta diversa, anche alla luce delle ormai prossime elezioni europee.
Fausto Durante, responsabile del Segretariato Europa della CGIL nazionale ha ricordato come “le ricette ordinarie sono insufficienti rispetto alla straordinarietà della crisi”. Da qui gli sforzi di vari sindacati europei di elaborare e presentare progetti come il piano per il lavoro, il piano Marshall o gli impegni avanzati dalle CCOO e da UGT della Spagna.
Necessità comune tassare in modo severo le rendite e sviluppare la solidarietà tra i Paesi europei. “Nessuno si salva da solo”  ha detto Durante, evidenziando che i posti di lavoro si creano con provvedimenti organici che tengano conto di tre fattori: ” la necessaria trasformazione, in senso ecologicamente sostenibile, della industria pesante; gli investimenti per la banda larga, per la creazione di sistemi interconnessi (ICT) ed il superamento del digital divide; lo sviluppo di iniziative sui temi dell’invecchiamento attivo e dei servizi alla persona, con la formazione delle professionalità per la cura della persona”.

Nel dibattito, molto ricco e articolato sono intervenuti economisti, sindacalisti, esperti: Paolo Borioni, Sergio Cesaratto, Silvano Andriani, Daniela Palma, Fausto Felli, Luca Fantacci, Salvatore Biasco, Simone Ombuen, Claudio Niesutta, Nicola Cacace, Michael Rudolph, Aldo Amoretti, Stefan Koerzel.

Le conclusioni sono state tratte da Danilo Barbi, segretario confederale nazionale della CGIL, che ha sottolineato come la novità della giornata seminariale fosse la proposta della DGB, un piano che è innanzitutto un fatto politico, una visione politica alternativa per la Germania e per l’intera Europa.

“In quel piano – ha detto Barbi – c’è una idea diversa dello sviluppo della Germania e dell’Europa, una Germania che si candida a spingere verso l’integrazione europea. La struttura europea aveva delle contraddizioni macroeconomiche evidenti e a tutt’oggi penso che la crisi nonsia finita e che l’economia non abbia risolto i suoi problemi. Il piano da questo punto di vista è una nuova idea di crescita che propone delle scelte per alcuni investimenti non in maniera indifferenziata. Quindi un problema di qualità, di selzione, di governo pubblico degli indirizzi di sviluppo, privilegiando settori economici che hanno anche un valore d’uso e che sono meno sostituibili dalla tecnologia, producono più consumi collettivi che personali”.
Il cuore è creare domanda, dice Barbi, migliorando l’offerta, quindi una politica economica che ha l’ambizione di modificare profondamente i meccanismi attuali.
La forza del piano è di essere una proposta direttamente europea, con una base di solvibilità che verrebbe garantita da una patrimoniale straordinaria.
Quella di oggi, ha concuso Danilo Barbi, è stata una giornata utile “che ha messo in luce due elementi: l’insufficienza drammatica della sinistra e della sua proposta politica e quindi  il bisogno di una proposta economica europea che non si limiti a criticare l’austerità (anche la Confederazione Europea dei Sindacati evidenzia queste carenze). Il secondo elemento emerso oggi è un obbiettivo: dare una scossa alla politica, anche in vista delle elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo del prossimo anno”.


Antonio Morandi – Riccardo Sanna (CGIL)

 
 

 

news

Nuovo Padiglione della Casa Circondariale di Avellino: Progetto Hirpinia.

news

Congedo straordinario per trasferimento: nota Fp Cgil al CGM di Palermo.

Piattaforma per il rinnovo del Contratto Unico di settore.O.d.G. dell'Attivo Nazionale unitario del 25 giugno 2013. 22 luglio 2013 termine ultimo per la proclamazione dell'elezione RSU.

 
A seguito dell’Attivo Nazionale unitario tenutosi lo scorso 25 giugno a Roma e della sintesi della discussione politico/sindacale che vi è stata, in allegato la Piattaforma sindacale per il rinnovo dei due CCNL del settore dell’igiene ambientale, in scadenza il prossimo 31 dicembre 2013.

Come ampiamente detto e condiviso nella riunione di Roma e, in considerazione a quanto previsto dal dettato contrattuale, vi è la necessità – entro il prossimo 30 giugno 2013 – di inviare alle due Associazioni datoriali la piattaforma per il rinnovo triennale 2014/2016.

Come si ricorderà, infatti, il Contratto Collettivo nazionale prevede la corresponsione di una quota economica in acconto sui futuri miglioramenti contrattuali dalla retribuzione del mese di gennaio 2014, in assenza di un accordo contrattuale di rinnovo prima del 31 dicembre 2013.
 
La condizione richiesta è la disdetta, da parte delle Segreterie Nazionali, degli attuali CCNL in vigore.

Tutto ciò, non determina un vuoto giuridico e normativo nel rapporto di lavoro tra le Parti vincolate dallo stesso CCNL, in quanto la valenza contrattuale dei nostri CCNL (articolo 77 c. 2 e articolo 73 c. 2) è sottoposta a proroga fino lo stesso gli stessi non sono sostituiti da accordi di rinnovo.

Ovviamente, la piattaforma, dovrà essere sottoposta al voto vincolante e certificato delle lavoratrici e dei lavoratori presenti nelle apposite assemblee unitarie.
 
Roma lì, 28 giugno 2013

Nota a verbale all'accordo di mobilità interna del personale del 25 giugno 2013

Le scriventi OO.SS. firmatarie dell’accordo sulla mobilità interna del personale sottoscritto il 25 giugno 2013, cui la presente nota fa seguito in allegato,
chiedono
all’Amministrazione l’impegno a rispettare il termine annuale di pubblicazione degli interpelli nazionali di mobilità interna del personale, di cui all’art. 1 dell’accordo di mobilità sottoscritto in data 22 ottobre 2009, al fine di garantire, nei limiti dei posti vacanti, la graduale assegnazione definitiva  dei dipendenti nelle sedi di aspirazione.
Inoltre,
 in considerazione delle cogenti problematiche emergenziali in cui versa il sistema detentivo;
 in considerazione del peculiare mandato istituzionale cui fa riferimento l’amministrazione penitenziaria, teso al rispetto dei principi della carta costituzionale di cui all’art. 27;
 in considerazione, altresì, delle recenti misure normative in materia di deflazione della pena che prevedono l’incremento delle misure alternative alla detenzione;
chiedono
 all’amministrazione  l’impegno a che siano potenziate le dotazioni organiche del personale penitenziario le cui professionalità, ciascuna con le proprie specificità operative, concorrono sinergicamente al raggiungimento degli obiettivi istituzionali del sistema penitenziario,  detentivo e dell’esecuzione penale esterna . 
 

FpCGIL DAP   CISL Fp    UIL Pa-Pen/ri     
 
CONFSAL-UNSA    USB-Penitenziari
 


 

UE: la verità sulla flessibilità per gli investimenti pubblici

La lettera del commissario agli affari economici Rehn (3 luglio 2013)

La Commissione europea ha annunciato mercoledì 3 luglio 2013, attraverso una dichiarazione del presidente Barroso al Parlamento europeo, che ”consentirà deviazioni temporanee dal raggiungimento dell’obiettivo di medio termine” che consentiranno ”investimenti pubblici produttivi”, cofinanziati dalla Ue.

Appena tornato dal consiglio europeo del 27-28 giugno, il presidente del consiglio Enrico Letta aveva costruito una campagna promozionale della quale, ripresa da quasi tutti i media, secondo cui l’Italia avrebbe ottenuto un poderoso risultato: proprio quella possibilità di “deviazioni temporanee” dagli obiettivi di rientro del deficit senza incorrere nella procedura di infrazione del trattato di Maastricht da cui l’Italia si è appena tirata fuori.

E’ addirittura serpeggiato un certo entusiasmo, sia perché vissuto come rivelatore di un cambiamento di approccio della Commissione che sembra allontanarsi dall’austerità, sia per le prospettive che aprirebbe all’Italia, finalmente con nuove risorse da dedicare alla soluzione della crisi.

Prima di festeggiare sarà meglio cercare di capire, in che cosa consista, l’allentamento annunciato da Barroso. Anche perché, nelle ore successive, il commissario agli Affari Economici Olli Rehn l’ha, se non chiarito, molto circoscritto. Anzi, ha aggiunto paletti,condizioni, vincoli.

La lettera che il commissario europeo ha spedito ai ministri dell’Economia e delle Finanze dei paesi membri ha reso l’ottimismo fuori ruolo, smorzato l’entusiasmo iniziale sui segnali positivi lanciati da Bruxelles. La clausola di flessibilità non sarà un’apertura di credito incondizionata ed avrà un impatto molto marginale.

Queste le regole che emergono dalla lettera di Rehn, che in pratica dice che la Commissione, nel quadro delle procedura di sorveglianza macroeconomica che le compete, non proporrà sanzioni per i paesi che non rispettino il requisito di disavanzo strutturale nullo, ma a precise condizioni

1) la possibilità vale solo per i “paesi virtuosi”, quelli cioè fuori dalla procedura di deficit eccessivo. L’Italia è uscita da pochissimo dalla procedura di infrazione;

2) vale solo per i paesi, inoltre, con crescita negativa (Pil con il segno meno), o comunque molto sotto la crescita potenziale; Rehn ha fissato una serie di requisiti particolarmente stringenti per rientrare sotto l’ombrello della clausola. La crescita economica del paese deve essere negativa o “ben al di sotto del potenziale”. In questo modo non potranno aggirare le regole europee e trarre benefici di bilancio eccessivi gli stati con crescita positiva e deficit già basso, come la Germania. Da questo punto di vista l’Italia dovrebbe beneficiarne di più, visto che a fine 2012 saremo a meno 8 punti di Pil di crescita rispetto al 2008;

3) non si tratterà della famosa”regola aurea”, cioè di un meccanismo che concede automaticamente di non contabilizzare certe categorie di spese per investimenti pubblici dal calcolo deficit/Pil, come da tempo l’Italia chiede (a partire da Tremonti e Monti), insieme ad altri stati membri. Si tratta invece di autorizzazioni caso per caso che la Commissione farà nell’ambito del “braccio preventivo” del Fiscal compact, cioè la verifica dei disegni di legge di bilancio, alla fine di ogni anno per l’anno successivo;
Oltretutto va osservato, con chiarezza, che non si tratta di una novità di queste ore, susseguente al recente Consiglio europeo, ma di una procedura da tempo prevista dalla Commissione, ad esempio nella ComunicazioneUn piano per un’Unione economica e monetaria autentica e approfondita. Avvio del dibattito europeo del 28 novembre 2012.

4) la deviazione non dovrà portare comunque a sforare il tetto massimo del deficit/Pil del 3% annuo, e dovranno comunque essere rispettati gli obiettivi di riduzione di un ventesimo all’anno del debito, verso l’obiettivo del 60% debito/Pil. In sostanza, la decisione del 3 luglio della Commissione consente a 9 paesi, tra cui l’Italia (ma non a Francia, Spagna, Grecia, Irlanda, Olanda) di sforare rispetto agli obiettivi deficit/Pil di medio termine fissati anno per anno dalla Commissione nel percorso verso il pareggio di bilancio strutturale (al netto cioè del ciclo economico). Questa limitazione è un rischio per l’Italia. Oltre al tetto del deficit, dovrà essere rispettata tassativamente anche la regola del recupero del debito pubblico. Questa, introdotta dal Fiscal compact, prevede che il paese membro tagli il suo debito di un ventesimo all’anno per l’ammontare che eccede il 60%. La valutazione di questo processo sarà fatta su base triennale e il primo monitoraggio per l’Italia scatterà nel 2016. E’ pur vero che Il Fiscal compact obbliga l’Italia a ridurre l’eccedenza del rapporto debito-Pil rispetto al 60% di un ventesimo l’anno nei tre anni che terminano con quello di valutazione (prospettiva backward-looking o retrospettiva). In alternativa, il governo deve garantire la riduzione nel triennio che comprende i due anni successivi all’ultimo anno per cui sono disponibili i dati (prospettiva forward-looking o prospettica). Per l’Italia il primo anno di valutazione dovrebbe essere il 2016 e, secondo le ultime stime nel Def, gli obiettivi di debito soddisfano il Fiscal compact solo nella prospettiva forward-looking. Sempre che venga rispettata la stima di calo del PIL prevista dal governo -1,3 nel 2013 e la previsione di crescita 1,3 nel 2014, 1,5 nel 2015, 1,3 nel 2016. Intanto, il FMI ha corretto in peggio le sue stime con -1,8 nel 2013 e +0,7 nel 2014.
Poi, se a novembre il dato del deficit italiano sarà confermato al 2,9% di maggio “non ci sarà margine” per manovre per la crescita. Lo indicano diverse fonti Ue, che osservano: “se i flussi di cassa indicheranno un deficit al 2,6%, ci sarà uno 0,3% del pil da spendere”. Che equivarrebbe a circa 6 miliardi di euro. Per l’Italia oggi si stimano obiettivi del 2,4% per il 2014, dunque il nostro paese dovrebbe avere un margine di ulteriore spesa in deficit dello 0,5% circa, circa 7 miliardi di euro;

5) quale spesa per investimenti può essere fatta con questo margine di flessibilità? Rehn spiega che si deve trattare di investimenti con diretto e verificabile impatto di lungo termine sui bilanci pubblici, cioè effetti di crescita economica che portino stabilmente ad aumento di entrate fiscali. Più in concreto – scrive la Commissione – si deve trattare di progetti co-finanziati dall’Unione nell’ambito della politica strutturale e di coesione (fondi strutturali europei per coesione e sviluppo) , del programma Ten (reti transeuropee di trasporto) e del Connecting europe facility (“Meccanismo per collegare l’Europa” o CEF, un nuovo programma 2014-2030 con un piano di investimenti pari a 50 miliardi di euro destinato a migliorare le reti europee di trasporto, energia e digitali, ma che deve ancora essere avviato). Solo progetti che godano di un co-finanziamento europeo ne i tre programmi citati, dunque, non tutti gli investimenti produttivi e non tutti gli investimenti nelle reti Ten. Si tratta, quindi, di denaro che dovrà essere destinato a infrastrutture, energia, sviluppo digitale ma anche a progetti per la formazione e il lavoro.  Non a riduzioni delle imposte, perciò.

6) Tempi lunghi Infine, Rehn dà un’indicazione sui tempi, confermando quanto era già emerso nella giornata di mercoledì. La clausola di flessibilità sarà negoziata con la Commissione e implementata per la prima volta nel quadro dei bilanci nazionali del 2014 e sarà rivista ogni anno nell’ambito dei programmi nazionali di stabilità e di convergenza. L’Italia, quindi, potrà conoscere l’entità del beneficio che le spetta solo a partire da novembre 2013.
 
 
 
 
 

 

NEWS

Comunicato CGIL CFS su servizio AIB a Castelfusano

 

Si allega il comunicato CGIL CFS relativo alle problematiche del servizio antincendio boschivo con l’impiego di personale del Corpo forestale dello Stato presso la tenuta di Castelfusano (RM).
 

 

Mobilità ruolo Commissari: Comunicato sulla riunione al DAP.

Raggiunto l’accordo sul P.C.D. sulla mobilità ordinaria dei Commissari. L’Amministrazione accoglie tutte le proposte avanzate dalla FP CGIL!!!!!!!
Cari colleghi, siamo riusciti ad ottenere le modifiche che volevamo. Finalmente abbiamo delle regole dove altre forze di Polizia, vedi la polizia di stato, sono impotenti di fronte ai provvedimenti dell’amministrazione. 

Protocollo d'intesa su risorse aggiuntive

 
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