Comunicato stampa di Salvatore Chiaramonte e Fabrizio Fratini Segretari Nazionali Fp-Cgil
Roma, 13 febbraio 2014
E’ del tutto inaccettabile che la Ministra Cancellieri, ancora in questi giorni sulle pagine dei giornali per presunti scandali relativi al piano carceri, si adoperi per licenziare frettolosamente un regolamento di organizzazione del Ministero della Giustizia che prevede tagli al personale, in applicazione della spending review. Tagli alle amministrazioni della Giustizia, Penitenziaria, Minorile e degli Archivi Notarili, che dimostrano una gravissima debolezza politica rispetto ad altre Amministrazioni che sono riuscite ad evitarli: in un momento in cui le carceri esplodono e gli uffici giudiziari sono allo stremo il tempismo della Ministra è sorprendente.
Il merito del regolamento è irricevibile per tutte le articolazioni del Ministero. Invece di attuare un vero ‘decentramento’ si attuano di fatto dei tagli lineari e degli accorpamenti impraticabili che non potranno che rallentare il funzionamento delle strutture. Lo abbiamo detto all’incontro tenutosi ieri al Ministero di Via Arenula, convocato per altro a cose già fatte e a due giorni dalla discussione in Consiglio dei Ministri, e per questo abbiamo chiesto che la Ministra ritiri immediatamente questo regolamento e apra una vera discussione con le organizzazioni sindacali. Se infatti il regolamento entrasse in vigore, sarebbe un colpo di grazia alla giustizia ordinaria ed al mondo penitenziario tutto, in cui le condizioni di lavoro degli operatori e di vita dei detenuti sono inumane.
Per fortuna ieri è intervenuto in soccorso del mondo del carcere il pronunciamento della Consulta sulla inconstituzionalità della Fini Giovanardi, una delle leggi carcerogene contro la quale lo scorso anno la Fp-Cgil, insieme ad altre Associazioni, durante la Campagna Tre Leggi per La giustizia e per i cittadini, ha raccolto le firme della società civile. L’abolizione di questa legge potrebbe portare alla scarcerazione di migliaia di detenuti. Una boccata di legalità nelle nostre carceri.
27/01/2014
Carissime e carissimi,
la nostra organizzazione è in questi mesi impegnata nello svolgimento del suo XVII Congresso, il punto più alto di partecipazione, condivisione e di democrazia del nostro sindacato. Lo svolgiamo in un momento particolarmente difficile della storia del nostro Paese. Potremmo dire nella fase in cui più si avverte la mancanza di lavoro e, con essa, la perdita di senso e di futuro per milioni di persone, di nostri compagni, di donne e uomini che il lavoro lo cercano senza trovarlo, lo perdono per la chiusura della loro impresa, che, sfiduciati, neppure più credono sia possibile trovarlo. Lo teniamo in una situazione economica e sociale pesante nella quale si moltiplicano le diseguaglianze e gli attacchi ai diritti del lavoro e delle persone.
Proprio perché consapevoli di questa complessità, abbiamo provato a costruire un documento congressuale che indicasse le “Azioni”, gli obiettivi, che il nostro sindacato intende raggiungere nel prossimo mandato congressuale, attribuendo fino in fondo al Congresso il suo ruolo, quello della decisione sulle scelte della CGIL e sul suo programma con due obiettivi: svolgere una discussione aperta al contributo e alle proposte degli iscritti e delle iscritte; indicare le priorità e le scelte da compiere per realizzarle.
Abbiamo scelto questa modalità provando anche a preservare gelosamente il carattere collettivo e di partecipazione che qualifica la nostra organizzazione, convinti come siamo che il confronto tra persone non possa mai essere sostituito dalla televisione o da proclami, ma che debba vivere e nutrirsi del dibattito aperto e costruttivo tra individui che condividono una storia, che sono parte di una comunità, nelle moltissime assemblee degli iscritti che si stanno già svolgendo in molti luoghi di lavoro e che sono il nostro luogo collettivo di decisione e che rendono vivo e concreto il diritto in capo a ogni iscritto di partecipare e di determinare con il proprio voto gli indirizzi e le scelte del nostro sindacato.
In questi giorni c’è chi dice che le assemblee congressuali delle iscritte e degli iscritti non possano essere il luogo dove si decide sugli Accordi in materia di democrazia e rappresentanza e sul relativo regolamento attuativo.
Questo stupisce e non poco. C’è da augurarsi che nessuno pensi ai nostri iscritti come persone incapaci di esaminare e discutere dei temi proposti insieme ai documenti congressuali, anche perché parlare di democrazia e rappresentanza significa affrontare il cuore stesso della proposta avanzata nei documenti congressuali, come dimostra la stessa premessa del documento in cui si riconosce la quasi totalità della CGIL, “Il lavoro decide il futuro”, in cui si dice testualmente: “l’Accordo del 28 giugno 2011, al di là dei diversi giudizi, impegna tutta l’organizzazione e non è scindibile dall’Accordo del 31 maggio 2013. Accordo positivo frutto dell’iniziativa di tutta la CGIL, che rappresenta un significativo cambiamento nel sistema di regole e di rappresentanza per la contrattazione e su cui tutta l’organizzazione è impegnata a garantire l’esigibilità. L’applicazione di questi Accordi interconfederali e la sua estensione a tutte le controparti”.
Cosa è intervenuto dalla stesura dei documenti congressuali a questi giorni? Che si sono coordinati i due Accordi con il regolamento applicativo (che si è finalmente riusciti a definire) in un Testo Unico definendo cosi l’esigibilità delle regole convenute negli Accordi.
Il sale della democrazia nella nostra organizzazione è la diversità di opinioni, il confronto libero, il rispetto, la tolleranza e l’ascolto reciproco, il pluralismo delle idee e delle posizioni. Questa stessa democrazia, per essere forte, chiede a tutti noi il rispetto di un vincolo: il giudizio delle iscritte e degli iscritti alla CGIL. Per dare sostanza a questa nostra democrazia, c’è forse un’istanza più alta delle assemblee congressuali? Io penso di no. Ritengo che il giudizio di tutti gli iscritti alla CGIL sia per noi dirimente e che le assemblee congressuali siano esattamente il luogo in cui si dà sostanza al potere dei lavoratori iscritti alla CGIL. Per altro le nostre assemblee sono già convocate. Si esprimeranno sui documenti congressuali, sul nuovo emendamento contro il regolamento attuativo elaborato dalla FIOM-CGIL nelle ore immediatamente successive alla firma e si arricchiscono dell’ordine del giorno conclusivo del Comitato Direttivo della CGIL che ha approvato il Testo Unico.
A volte sentendo la veemenza di alcune dichiarazioni può venire il sospetto che tanto clamore mediatico voglia sottrarre alla totalità delle nostre iscritte e iscritti la possibilità di valutare ed esprimersi, restringendo la platea decisionale solo a una piccola parte di loro.
Il nostro Comitato Direttivo ha compiuto un’altra scelta. Convinti della cogenza della consultazione svolta sull’Accordo del 28 giugno, del giudizio dato quasi all’unanimità sul 31 maggio e quindi del mandato che scaturiva da quelle decisioni a definire il regolamento attuativo, che non è un nuovo Accordo ma l’esplicitazione regolamentare di quelle due intese, e ponendosi un tema generale di democrazia e rappresentanza, anche alla luce della volontà di estendere e generalizzare questi Accordi, si è correttamente e coerentemente scelto che la decisione spettasse all’insieme degli iscritti e delle iscritte alla CGIL nel corso delle assemblee congressuali e non fosse, invece, riservata a una minoranza della nostra organizzazione.
Mi sembra quindi necessario e utile riproporre alcuni elementi di merito offuscati nella discussione dalla polemica su chi dovesse esprimersi, ripartendo dall’importanza di avere definito regole di rappresentanza e democrazia e della certezza nella loro applicazione, come condizione per affermare il sacrosanto diritto dei lavoratori di scegliere il proprio sindacato, di votare gli Accordi, di aprire una nuova fase di contrattazione.
Abbiamo alle spalle anni d’intese separate, di esclusione e di tentativi di marginalizzare la CGIL. Anni in cui singoli imprenditori, associazioni d’impresa, governi potevano scegliere discrezionalmente, e lo facevano, con chi siglare accordi.
Abbiamo avuto sindacati di comodo che stipulavano contratti pirata. Sono cresciute RSA prive di poteri contrattuali. Nelle RSU la riserva del terzo riservato ai sindacati firmatari di contratti penalizzava la nostra organizzazione nel caso di intese separate.
Come uscire da una spirale in cui è negato il giudizio dei lavoratori e nella quale è assolutamente ininfluente chi e quanto si rappresenta? Per ripartire, per ridare voce ai lavoratori, per riportare democrazia nei luoghi del lavoro, per cambiare uno stato di cose penalizzante per i lavoratori, servivano regole certe e condivise. Come serve una legge capace di estendere diritti a chi lavora nelle aziende con meno di 15 dipendenti che non hanno, come i precari e coloro senza un contratto nazionale di riferimento , neppure l’applicazione dello Statuto dei Lavoratori. Una legge è poi necessaria perché i contratti nazionali di lavoro abbiano un valore generale e si possano applicare a tutti.
La legge sulla rappresentanza, in applicazione dell’art.39 della Costituzione, noi della CGIL la chiediamo da più di 30 anni. Ogni occasione è buona per ripeterlo e per cercare di ottenerla, ma la contrattazione non può vivere in attesa delle leggi o sperando nelle sentenze dei tribunali.
Per questo sono importanti questi Accordi e queste regole di rappresentanza e democrazia. Accordi e regole da tempo richieste e fortemente volute da tutta la CGIL e, per la prima volta, pattuite non solo tra organizzazioni sindacali, ma riconosciute e sottoscritte con le controparti datoriali.
Il Testo Unico che racchiude queste regole stabilisce come si certificano gli iscritti e quindi quanto pesa ogni sindacato. Dice che la media tra iscritti e voti ricevuti nell’elezione dei rappresentanti sindacali definisce la rappresentatività. Sono regole che per la nostra organizzazione rappresentano un impegno a riaffermare la nostra forza di più grande e importante sindacato generale (confederale) del Paese. Regole che significano trasparenza di fronte ai lavoratori, alle imprese, al mondo, senza più autodichiarazione dei propri iscritti ma certificazione e controllo da parte di terzi.
Sarebbe inutile dirlo, ma la libertà sindacale è per noi ragione stessa di esistenza, bene costituzionalmente tutelato, anima del nostro impegno e del nostro essere. Un’organizzazione che dimostri di avere seguito deve avere la possibilità di far sentire la propria voce. Per questo il regolamento prevede che se si raggiunge una rappresentanza del 5% si abbia il diritto di partecipare al tavolo delle trattative contrattuali. L’esclusione dal tavolo contrattuale della FIOM-CGIL nell’ultimo rinnovo contrattuale non potrà più ripetersi. Nessun sindacato che dimostri di esistere potrà essere estromesso.
La democrazia è la nostra seconda pelle. Il contratto nazionale per essere valido dovrà avere il voto positivo della maggioranza dei lavoratori e il consenso della maggioranza dei sindacati rappresentativi nella categoria. Questo regolamento, per la prima volta stabilisce il diritto dei lavoratori a esprimere con un voto il proprio consenso o il proprio dissenso a un accordo che li riguarda. Una vittoria storica della CGIL.
Saranno i futuri contratti nazionali di lavoro, rinnovati con le regole della rappresentanza e con questi vincoli sulla loro validità, a determinare le regole della contrattazione di secondo livello e l’esigibilità dei contratti. Le RSU saranno interamente elette proporzionalmente al voto dai lavoratori e delle lavoratrici. Nei luoghi di lavoro in cui le RSU siano già presenti non si potranno fare passi indietro tornando alle vecchie RSA. Le Rappresentanze Sindacali Unitarie decideranno a maggioranza e avranno potere contrattuale.
Abbiamo molto insistito su questa idea di democrazia che dà potere e forza alle RSU perché se vogliamo rilanciare la contrattazione, a partire dalle condizioni di lavoro, è fondamentale che chi rappresenta i lavoratori sia riconosciuto e scelto.
In questi giorni sento chi si dice preoccupato che le RSU possano decidere a maggioranza. Vorrei ricordare che questa è una nostra antica rivendicazione che risale addirittura al 1993 proprio quando s’istituirono le RSU. Allora non riuscimmo a far prevalere la nostra opinione. In questo regolamento vivono le nostre idee di allora. Analogo ragionamento potremmo svolgerlo per quanto riguarda lo spostamento del potere contrattuale ai luoghi di lavoro e sul rapporto costante con i lavoratori.
Accanto alle RSU ci saranno le organizzazioni sindacali, come si indica nel Testo Unico, in ragione delle modalità definite dai contratti. Sarebbero, infatti, sbagliate forme che precludano i poteri contrattuali delle RSU dando vita ad un accentramento contrattuale che mal si accompagna ad una rappresentanza fondata sui luoghi di lavoro.
Grande risonanza è stata data a due aspetti del Testo Unico su cui vorrei soffermarmi.
Si afferma che siano state introdotte sanzioni, che nell’Accordo del 31 maggio erano indicate come conseguenze dell’esigibilità e demandate nella loro definizione ai contratti nazionali. Il regolamento attuativo conferma che la definizione di eventuali sanzioni sono demandate ai contratti, mentre si determinano esclusivamente i limiti che queste potranno avere. Si è dato, cioè, un supporto alla contrattazione escludendo che possano essere colpiti lavoratrici e lavoratori o il diritto di sciopero. Si è inoltre stabilito, per la prima volta, che l’esigibilità dei contratti è anche dei rappresentanti sindacali che possono chiedere di sanzionare le imprese e le loro associazioni in caso d’inadempienze contrattuali. Se riguardano le organizzazioni sindacali, queste devono essere limitate ai diritti sindacali derivanti dai contratti, esclusi quindi quelli previsti dallo Statuto, come le trattenute sindacali o i permessi e quindi escludendo conseguenze sui singoli rappresentanti o delegati.
L’altro tema che ho sentito sollevare in modo distorto è quello che riguarda la commissione di conciliazione e arbitrato. Si tratta di una commissione temporanea che rappresenta uno strumento di garanzia nella fase di transizione da qui al rinnovo dei futuri contratti nazionali. Il suo compito è esclusivamente limitato agli adempimenti necessari quali la certificazione, le elezioni delle RSU, la misura della rappresentatività.
Se, ad esempio, un’azienda si rifiuta di comunicare i dati degli iscritti, se un sindacato s’inventa deleghe regalandole o distribuendole sottocosto per mostrare che rappresenta qualcosa, se non si riconosce la proporzionalità in un’elezione delle RSU, ci deve essere un luogo dove si confermano e si fanno applicare i principi degli Accordi e le regole stabilite. Questo luogo è appunto quello della Commissione di conciliazione e arbitrato. In questo caso il mandato unico è l’applicazione dell’Accordo.
A volte la polemica modifica la memoria, e oggi c’è chi dice che la CGIL sia sempre stata contraria all’arbitrato. Non è così. Nel tempo abbiamo sperimentato e attuato commissioni con funzioni arbitrali, quello che abbiamo sempre respinto è un’idea arbitrale che non si fondi su leggi e contratti.
Il Direttivo della CGIL ha dato una valutazione positiva proprio per il cambiamento delle relazioni sindacali e delle condizioni in cui queste si svolgono che può determinare il Testo Unico. Spetterà a tutte le iscritte e gli iscritti della CGIL dire se condividono questo giudizio.
Sappiamo bene che Confindustria è solo una delle associazioni datoriali, che la Fiat è fuori da un contesto associativo e che i nostri delegati sono nuovamente nelle fabbriche per la sentenza della Corte Costituzionale. Ma siamo anche consapevoli che l’applicazione di questi Accordi, la definizione di regole di democrazia e rappresentanza con Confindustria risponde a quel “cambiare si può” che tante volte abbiamo indicato. Pensiamo che possa rappresentare un riferimento capace di mettere in moto, come tante volte è stato, un processo nuovo e positivo, anche per quelle realtà che il sindacato oggi è escluso o discriminato.
Il sindacato esiste se, oltre alla presenza, può contrattare, può fare il suo “mestiere”. Avere regole e certezze è una buona premessa per la contrattazione e per renderla inclusiva, per dare voce a chi oggi dai contratti si aspetta soluzioni e finalmente per tutelare e rappresentare chi oggi è ancora escluso. Questo dice il documento congressuale “Il lavoro decide il futuro” e questo propongono le Azioni in esso contenute.
La CGIL, il nostro sindacato, ha coltivato e preservato un valore, un’idea antica che dobbiamo avere la forza far tornare attuale: aiutare chi è indietro, chi è in difficoltà, far avanzare i loro diritti affermandoli dove ci sono tutele maggiori per cercare poi di estenderle a tutti.
Il Congresso trova la sua forza, il suo valore nel rinnovato impegno a costruire scelte collettive, nel riaffermare solidarietà tra lavoratori, nell’avere la massima unità possibile.
Buon Congresso a tutte e tutti.
Susanna Camusso
Per prima cosa desideriamo
rivolgere un sentito ringraziamento ai colleghi che, con il
loro pronto intervento e a rischio della propria incolumità
fisica,
sono riusciti ad impedire il
verificarsi di una situazione senz’altro pericolosa e che
sarebbe potuta sfociare in tragedia.
Ciò premesso, quello che è accaduto
a Milano pone l’accento sull’estrema urgenza di approntare
in tutte le sedi della Corte dei conti in Italia dei sistemi
di sicurezza specifici, quali
presidi di vigilanza delle forze dell’ordine così come già
previsto per le strutture della Giustizia Ordinaria.
Pertanto, auspichiamo che
l’Amministrazione si attivi prontamente nel pianificare un
piano di sicurezza nazionale a tutela delle sedi e
dell’integrità dei lavoratori tutti.
Roma, 6
febbraio 2017
FP
CGIL Corte dei conti
INTEGRAZIONE AGLI
EVENTI ACCADUTI NELLA SEDE DI MILANO
Care colleghe e
cari colleghi,
molti di voi ci stanno contattando chiedendo cosa sia accaduto giovedì 3 febbraio nella sede di Milano, visto che nessun media lo ha riportato.
Questi i fatti
raccontati dai nostri colleghi:
Un signore, già
conosciuto dalla sede per le sue intemperanze, è riuscito ad entrare dall’accesso dell’ufficio postale, nascondendosi dietro un furgone, con una tanica di benzina e un accendino.
E’ riuscito ad arrivare fino ad un’aula sita al piano terra e stava per incendiare tutto, quando i colleghi della portineria sono intervenuti e lo hanno bloccato.
Sono state subito
attivate le forze dell’ordine che prontamente sono intervenute e il signore è stato portato via.
Roma, 6 febbraio
2017
COMUNICATO STAMPA
GOVERNO:
I Vigili del Fuoco sotto la guida dei Prefetti
CGIL: NOI NON CI STIAMO.
Il Corpo Nazionale non si militarizza!
Nel 2004 avviene l’approvazione della Legge 252/04 che porta ai due decreti di regolamentazione: il 139/06 e il 217/06.Tutto questo con forte dissenso della F.P. CGIL NAZIONALE VVF.I risultati di questi decreti hanno determinato effetti che come F.P.CGIL Piemonte riteniamo molto negativi: come la ripubblicizzazione del CCNL nonché un Corpo Nazionale completamente ingessato.
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Ai
Parlamentari della Repubblica
eletti
nella Regione Toscana
Oggetto: Lettera aperta a Deputati e Senatori eletti nella
Regione Toscana
Questa
O.S. vuole rappresentarVi il disagio che il personale del Corpo Nazionale dei
Vigili
del
Fuoco sta attraversando a seguito della uscita della bozza di modifica dei
Decreti 139/06 e
217/05,
che ne regolano la funzionalità e l’ordinamento. Come ben sapete negli ultimi
anni, a causa
delle
varie emergenze del nostro Paese, il Corpo Nazionale è stato chiamato ad
intervenire in scenari
catastrofici
dove l’indice di pericolosità era elevato. Tutti hanno riconosciuto che le
risposte dei
Vigili
del Fuoco alle tante situazioni emergenziali da affrontare siano sempre state
immediate, efficienti
ed
efficaci, con l’effetto di ridurre le conseguenze nefaste degli eventi
affrontati, dando di riflesso
un’immagine
del Paese positiva, tesa a superare i momenti di difficoltà con impegno e
dedizione.
Questa
capacità d’intervento dei Vigili del Fuoco non è casuale ma è frutto di anni di
preparazione,
passione
ed è sostenuta da una visione del futuro che esprime la voglia generalizzata
dei
componenti
del Corpo di superare in modo sempre più professionale e adeguato le emergenze
che,
purtroppo,
sono chiamati a fronteggiare con sempre maggiore frequenza. Il tutto nonostante
una crisi
che
ha visto ridurre la capacità di spesa di tutte le forze dello Stato impegnate
in questo delicato
settore.
Per questo riteniamo che le modifiche sulla funzionalità e sull’ordinamento
debbano avere
l’obiettivo
di migliorare la capacità di intervento del Corpo e non andare in direzione
opposta come
invece
prevedono le misure contenute nella bozza di modifica dei Decreti. Il tanto
citato modello
meritocratico
non è stato per l’ennesima volta usato. La “burocrazia” e il controllo degli “apparati”,
inseriti
nelle bozze dei decreti, rappresentati in particolar modo dall’aumento dell’influenza
dei prefetti,
peggiora
e rallenta lo svolgimento dei compiti istituzionali del Corpo. A nostro parere
si doveva
intervenire
aumentando e valorizzando le capacità tecniche interne, con l’effetto certo di
migliorare
la
risposta verso la cittadinanza in momenti di difficoltà; al contrario vengono
effettuati piccoli
ed
inutili interventi sulle qualifiche e sui ruoli che poco cambiano il quadro
generale di riferimento
che
andrebbe invece cambiato profondamente.
I
Vigili del Fuoco sono lavoratori specializzati nel soccorso, sempre e solo per
servire il cittadino
nei
sui momenti di difficoltà, nel più professionale dei modi ed è proprio per
questa ragione
che
non è accettabile un’impostazione che strumentalizzi il Corpo, che lo renda
ostaggio della politica,
come
una medaglia da mettere al petto. Lo abbiamo visto nelle scorse settimane,
anche dalla
nostra
Regione sono partiti i soccorritori di Rigopiano, dove tutto il mondo ha visto
la capacità dei
Vigili
del Fuoco della Toscana. Ed è proprio per questa professionalità evidente che
le istanze poste
dai
Vigili del Fuoco meritano attenzione e considerazione, ma le modifiche di legge
che sono in
discussione
in questi giorni non assicurano né l’una né l’altra.
E’
per tutte queste ragioni che chiediamo che il Parlamento torni indietro sui
contenuti di
questa
riforma, ritirando la bozza ed avviando un dialogo costruttivo fra le parti che
abbia come
unico
obiettivo il miglioramento del rapporto fra istituzioni e cittadino nel campo
del soccorso e
dell’emergenza,.
Cordiali
Saluti.
Firenze,
6 febbraio 2017
FP
CGIL/VVF
Il Coordinatore Regionale
Massimo Marconcini
FP CGIL Toscana
Il Segretario Funzioni centrali
Santi Bartuccio
Roma, 6 febbraio 2017
Dott. Gioacchino Natoli
Capo Dipartimento
dell’organizzazione giudiziaria
Dott.ssa Barbara Fabbrini
Direttore Generale
del personale e della formazione
In merito al
calendario delle prove selettive previste dall’art. 21 quater L. 132/2015,
stanno circolando notizie contraddittorie, allo stato non verificabili. Poiché
l’argomento è particolarmente sensibile, ad avviso di CGIL CISL e UIL, stante
il forte malcontento che serpeggia negli uffici, occorre dare certezze ai
lavoratori che devono partecipare alle prove ed evitare al tempo stesso
speculazioni dirette ad ostacolare il regolare svolgimento della procedura. Per
tale motivo le stesse, nel reiterare le richieste da ultimo avanzate
(decentramento delle prove selettive e riapertura dei termini per il
completamento della formazione), chiedono che codesta amministrazione fornisca notizie
certe sulle modalità e sui tempi delle prove.
CGIL CISL e UIL
inoltre, al fine di consentire ai cancellieri ed agli ufficiali giudiziari che
hanno portato a termine il percorso formativo, di completare la preparazione in
vista delle prove chiedono che senza indugio sia messa a loro disposizione la
banca dati dei quiz. Tale ultima richiesta ha il carattere della priorità in
quanto i cancellieri e gli ufficiali giudiziari, soprattutto in ragione delle
pesanti condizioni in cui operano (massacranti turni di udienza ed attività di
notificazione e/o esecuzione sul territorio), hanno il diritto di essere messi
nelle migliori condizioni possibili per affrontare con profitto le prove
selettive.
Con riserva di
ulteriori iniziative in caso di negativo riscontro, si porgono distinti saluti.
FP CGIL CISL FP UIL PA
Amina D’Orazio Eugenio Marra Domenico Amoroso
Roma, 6 febbraio 2017
Al
Capo DAP
Al
Direttore Generale del personale e delle risorse
All’Ufficio
per le relazioni sindacali
Oggetto: Ripartizione dotazioni organiche territoriali- Richiesta di
informativa
Siamo a conoscenza che codesta amministrazione con nota n.
0421352 del 22 dicembre 2012 a firma del Capo Dipartimento ha
inoltrato ai Provveditorati ed alla Direzione Generale della
formazione una bozza di ripartizione territoriale delle dotazioni
organiche del personale appartenente alle diverse aree funzionali
chiedendo ai provveditori di formulare in base ai bisogni del
territorio di competenza anche eventuali modifiche.
Tale
bozza non solo non è stata inoltrata alle OOSS nazionali quale
informativa, ma rileviamo purtroppo che nella nota sopra indicata,
contrariamente a quanto condiviso nel corso dell’incontro del 5
luglio 2016 con il Direttore generale del personale , non si fa
menzione né al confronto né tantomeno ad informativa sindacale
alle OO.SS. presenti sul territorio . Tale passaggio, da noi
richiesto, concordato e assicurato dal direttore generale del
personale, nel rispetto delle buone relazioni sindacali, avrebbe
consentito una condivisa razionalizzazione delle risorse, coniugando
in maniera armonica i bisogni dell’amministrazione e quelli del
personale.
Evidenziamo
in merito che dai territori ci segnalano forte preoccupazione, in
particolare da quelle realtà che hanno subito in virtù del DPCM
n.84 del 15 giugno 2015 modifiche organizzative, ci riferiamo alle
strutture formative e ai Provveditorati regionali
dell’amministrazione che sono stati accorpati a seguito di
soppressione e, pertanto, al personale che vi prestava servizio.
Ciò
rappresentato si chiede di poter conoscere, quale informativa, la
documentazione relativa alla ripartizione territoriale delle
dotazioni organiche delle professionalità del comparto ministeri
predisposte a livello centrale riguardante i Provveditorati e la
Direzione generale della formazione (strutture centrali e
periferiche) per le dovute eventuali osservazioni e contributi
In
attesa di riscontro si porgono cordiali saluti
La
coordinatrice nazionale DAP
Lina
Lamonica
– STOP ALLA “PREFETTIZZAZIONE DEL CORPO” –
progetto vergognoso di militarizzazione: RICHIESTO L’INTERVENTO URGENTE DEL MINISTRO DELL’INTERNO MARCO MINNITI
“I Vigili del Fuoco consegnati in mano ai Prefetti e
ancora nessun intervento da parte del Ministro dell’Interno, Marco Minniti”. A
denunciarlo è ancora la Funzione Pubblica CGIL dei Vigili del Fuoco della Regione
Puglia, a distanza di giorni dalla presentazione del progetto di riordino dei
compiti, delle funzioni e dell’ordinamento del Corpo. Un progetto che rappresenta
decisamente un’ingiusta modalità di trattamento delle lavoratrici e dei
lavoratori che, senza sosta dal 24 agosto, stanno operando in favore delle popolazioni
duramente colpite dai continui eventi sismici e dallo straordinario maltempo
che ha imperversato su una vasta area del centro Italia.
“La Fp CGIL – continuano il Segretario Patrizia
Tomaselli ed il Coordinatore Sandro Anelli dei vigili del fuoco
della categoria dei servizi pubblici – non intende abbassare la guardia di fronte
a questa vergognosa proposta fatta dal Dipartimento, in attuazione della delega
della legge 13 agosto 2015, n. 124. Intendiamo insistere affinchè il Governo
intervenga per sospendere l’incontro del prossimo 8 febbraio, ritirare le bozze
della riforma e far si che l’intero impianto venga rimesso in discussione in
una modalità che sia democratica e condivisa da tutte le organizzazioni
sindacali di categoria”.
“Contrarietà alla “prefettizzazione” del Corpo-
proseguono i due rappresentanti sindacali- ” che continuiamo a sostenere con
forza, rivendicando l’autonomia ed il rispetto per il lavoro che
quotidianamente prestano i VVF al servizio della cittadinanza. Invece qualcun altro
sta operando, incurante dell’impegno, delle responsabilità, del disagio, della
professionalità e della competenza dimostrate dal Corpo, per far fare un salto
all’indietro di decenni ai pompieri italiani, offendendo e mortificando tutti
quei lavoratori che ogni giorno assicurano il soccorso tecnico urgente”
Per
queste ragioni, la Fp CGIL VVF della Puglia, “chiede fermamente al Ministro
Minniti un suo tempestivo intervento, dando la sua disponibilità a discutere
nel merito, pronta a portare a termine quanto stabilito nella delega ma non si dice
in alcun modo disponibile a veder trattata come manovalanza subalterna ai
Prefetti il valoroso Corpo dei Vigili del Fuoco. Se cosi non accadrà, la FPCGIL
è pronta a mettere in campo tutte le iniziative di mobilitazione per salvaguardare
e tutelare l’autonomia dei Vigili del Fuoco”
Bari, 6
febbraio 2017
In allegato la circolare ministeriale n. 0042282 del 6.2.2017 su riattivazione delle attività di accertamento infrazioni codice della strada da parte della Polizia Penitenziaria.
FP CGIL Nazionale
Massimiliano Prestini
06.02.2017 – Comunicato ai lavoratori – Una riforma…. Ad Personam….. penalizza pompieri e personale amministrativo
Roma, 3 febbraio 2017
All’Autorità Nazionale Anticorruzione
All’Aran
Al Dipartimento della Funzione Pubblica
Facciamo
riferimento al Protocollo d’intesa per gli sviluppi economici all’interno delle
aree sottoscritto il 21/11/2016 all’Avvocatura dello Stato dal Segretario
Generale e della OO.SS. CISL FPS, UIL PA, CONFSAL UNSA, FLP. (All. 1).
La scrivente FP CGIL non ha
sottoscritto il protocollo d’intesa, ritenendolo in alcune sue parti non
conforme alle disposizioni contrattuali che regolamentano le progressioni
economiche, e ravvisandovi altresì aspetti ritenuti illegittimi rispetto alla
normativa in materia di prevenzione della corruzione e di trasparenza ed
integrità.
In dettaglio: Nell’ambito dell’esperienza professionale (art.
2, paragrafo I del Protocollo di intesa) la valutazione dell’esperienza
lavorativa, a causa del meccanismo previsto, porta a risultati distorti:
fissando a 18 punti il massimo del punteggio valutabile, tutti gli anni
superiore ai 33 di servizio effettivo risultano, di fatto, “non utili” e
pertanto azzerati, da un lato producendo un danno ingiusto ad una vasta platea
di lavoratori, anche a fronte all’età media anagrafica elevata; dall’altro va
ad attribuire una eccessiva ai titoli di studio, culturali e professionali, e
agli “incarichi” conferiti da parte dalla dirigenza dell’ufficio, rispetto ai
quali esprimeremo più avanti tutte le nostre riserve.
Con riferimento ai titoli di studio,
culturali e professionali (art. 2, paragrafo III lett. E, del Protocollo di
intesa).
In linea di principio, appare
inaccettabile che possano essere inseriti tra i criteri valutabili, e con un
punteggio sostanziale, gli incarichi di posizione organizzativa (già
retribuiti) ed altri incarichi assegnati dalla dirigenza in base a criteri
fiduciari e, quindi, non oggettivi. Ciò provoca una chiara discriminazione
tra il personale e rende le procedure finalizzate a favorire chi già gode ed ha
goduto in passato di queste posizioni. Tale criterio è una novità assoluta, non
è previsto dal CCNL, crea un pericoloso precedente e favorisce lo svolgimento di
una procedura in cui si progredisce in base alla decisione della dirigenza.
In dettaglio:
-Il protocollo
di intesa del 21/11/16 stabilisce la valutazione degli incarichi di
posizione organizzativa (lett. E, punto 1),. attribuiti a partire dal
1° gennaio 2010, senza tener conto che nel 2014 è stato sottoscritto in
Avvocatura un accordo tra Amministrazione e OO.SS. che ha individuato,
nell’ambito della disciplina contrattuale, criteri condivisi per l’attribuzione
delle p.o., da cui è scaturita la Circolare n. 45/14. L’accordo in questione si
era reso necessario a seguito delle modalità, non rispondenti alle
caratteristiche dell’istituto contrattuale, con cui molto spesso, all’interno
dell’unico Istituto della Pubblica Amministrazione privo di dirigenza
amministrativa, venivano assegnate le posizioni organizzative (per lo più secondo
un principio di automatismo direttamente legato all’inquadramento in terza area
professionale). Pertanto, la valutazione delle posizioni attribuite prima di
tale data, rappresenta una sorta di “sanatoria” inaccettabile, che peraltro si
lega a quanto emerso al tavolo contrattuale, circa il fatto che, ancora oggi,
procedure e modalità di conferimento delle posizioni organizzative non sono
affatto in linea con la disciplina vigente. Ragione in più per non inserire tra
i criteri valutabili gli incarichi di posizione organizzativa.
-Sugli altri
incarichi previsti da disposizioni normative o contrattuali (non di nomina
sindacale) conferiti con provvedimenti dell’Avvocato Generale, del Segretario
Generale o dell’Avvocato distrettuale (lett. E, punto 2).
-La definizione
di INCARICHI utilizzata nel Protocollo di Intesa è estremamente generica, né
consente di appurare se davvero esistano o siano individuabili disposizioni
normative o contrattuali alle quali ricondurre la fattispecie “incarico”, in
modo da fornire almeno una garanzia di certezza e di trasparenza. Viceversa,
si è aperta la strada alla più ampia, incontrollata soprattutto incontrollabile
discrezionalità da parte dell’amministrazione nell’attribuire punteggi
anche ad attività del tutto improbabili ai fini delle progressioni. Occorre
evidenziare, peraltro, che gli incarichi sono conferiti in maniera del tutto
discrezionale dalle figure summenzionate, e non secondo una procedura
oggettiva, e ciò rende ancora più grave la attribuzione di punteggi nell’ambito
di progressioni professionali rivolte a tutto il personale.
Inserendosi all’interno di una
procedura selettiva, occorre poi valutare il Protocollo di Intesa alla luce
del Piano triennale di prevenzione della corruzione adottato dall’Avvocatura
dello Stato, che per il triennio 2016/2018 ha effettuato una prima
mappatura dei processi con annessa individuazione dei rischi, tra cui risulta
proprio (area gestione del personale, macroprocesso “progressioni di carriera e
progressioni economiche personale contrattualizzato”) il processo “valutazione
di titoli se previsti” .
Due elementi, a questo punto, vengono in evidenza:
l’ufficio amministrativo responsabile, ovvero la COMMISSIONE ESAMINATRICE, e la
descrizione del rischio: VALUTAZIONE NON CONFORME AI CRITERI PRESTABILITI ALLO
SCOPO DI RECLUTARE CANDIDATI PARTICOLARI (si veda All. n. 2 alla pagina
3).
1) commissione esaminatrice: all’interno
dell’accordo ne è stata prevista già la composizione: avvocati e procuratori
dello stato, dipendenti con funzioni di segreteria. E’ facile intuire che tutti
i componenti saranno scelti all’interno della sede di Roma, dove è scontata la
conoscenza diretta dei candidati che hanno presentato i titoli da valutare, con
un maggiore condizionamento (in positivo ma anche in negativo) dei
componenti; di altrettanto dubbia trasparenza appare la presenza in commissione
di dipendenti amministrativi (pur con funzioni di segreteria) che avranno
presentato la propria domanda di progressione.
2) valutazione non
conforme ai criteri prestabiliti questo aspetto ci riporta a quanto
osservato all’inizio, e cioè la NECESSITA’ di criteri oggettivi ed
individuabili con certezza, proprio per consentire la prevenzione del
rischio specifico. E’ evidente che la formulazione contenuta nell’accordo non
presenta tale caratteristica.
Inoltre, come è
noto, parte integrante della prevenzione della corruzione è il piano di
trasparenza, con annesso obbligo per ciascuna amministrazione di pubblicazione
sul proprio sito istituzionale. Se si accede alla Rete Intranet dell’Avvocatura
dello Stato, infatti, alla Sezione Amministrazione trasparente, Personale, si
trovano elencate una serie di voci riconducibili agli incarichi, ma rispetto al
personale amministrativo l’unico riferimento, intitolato “Incarichi conferiti e
autorizzati al personale amministrativo, anni 2014-2015-2016” comprende
tutt’altro, facendo così cadere un’ altra possibile garanzia. (che alleghiamo a
mero titolo esemplificativo, cfr. All. n. 3,).
Tutto ciò, a
nostro avviso, merita di essere valutato sotto l’aspetto della legittimità.
Secondo la normativa vigente, sarebbe naturale agire attraverso una segnalazione
al Responsabile della Prevenzione. Senonché si presenta un ulteriore problema:
il Responsabile dell’Avvocatura è il medesimo funzionario che costantemente
presenzia alle riunioni sindacali quale componente della delegazione di parte
pubblica, e -nello specifico dell’accordo in esame ha contribuito in prima
persona alla sua costruzione. Di questo ruolo (di componente delegazione parte
pubblica) non risulta peraltro menzione alcuna nei vari programmi triennali di
prevenzione corruzione/trasparenza, ma ci orienta a presentare la nostra
segnalazione direttamente all’ANAC, nonché agli altri Organismi di
Controllo in indirizzo, non già a scopo di rivendicazione sindacale, bensì
di vera e propria segnalazione di violazione della normativa.
Infine: tra le misure di prevenzione da
applicare ed inserite nel piano triennale, troviamo il “divieto di
ammissione di titoli che, se non previsti dalla legge o altre norme giuridiche,
non risultino da registri ufficiali dell’ufficio (normativa interna, protocollo)
o che non siano riconducibili ad alcun procedimento amministrativo”. Anche
in questo caso, la previsione risulta di difficile interpretazione, e
meriterebbe almeno un chiarimento, a garanzia del principio di trasparenza.
Si comunica,
per opportuna conoscenza, che tutti i documenti allegati (1, 2, 3) sono
accessibili da chiunque poiché pubblicati sul sito della Avvocatura o
regolarmente inviati in via ufficiale alla scrivente O.S.
Nell’attesa di
ricevere riscontri in merito a questa segnalazione si porgono distinti saluti.
Il Segretario Nazionale
FPCGIL
Salvatore Chiaramonte
Il 1 febbraio è stato firmato il
nuovo accordo sul telelavoro domiciliare. Un accordo voluto
fortemente dalla CGIL e da chi ha
creduto, firmando il primo accordo del 26 maggio 2010, nella
possibilità di avviare anche nell’Agenzia
delle Entrate una modalità lavorativa flessibile, in grado
di coniugare le esigenze del
lavoratore che si trova in particolari condizioni personali e familiari che
rendono difficoltoso e particolarmente gravoso
garantire una regolare presenza in ufficio, con
quelle dell’Agenzia, che può
impiegare in modo continuativo e stabile personale di elevata
professionalità, competenza e
specializzazione.
Con il nuovo accordo le postazioni
attivabili sono 400 e saranno ripartite a livello regionale
secondo criteri che terranno conto
in prima applicazione dell’organico regionale. Ricordiamo che
il primo accordo prevedeva la
possibilità di attivare 100 postazioni..
Tutti i dipendenti dell’Agenzia, con
contratto di lavoro a tempo indeterminato e non titolari di
posizioni organizzative o incarichi
di responsabilità, potranno manifestare il proprio interesse ad
aderire al telelavoro al
responsabile dell’ufficio, il quale verificata la sussistenza dei requisiti previsti
dall’accordo predispone la
proposta di progetto e la trasmette per la valutazione alla Direzione
Regionale/Centrale competente. Il progetto avrà durata biennale.
In presenza di domande superiori ai
posti assegnati a livello regionale si formerà una graduatoria
utilizzando i criteri concordati.
Sia l’avvio della procedura per
l’assegnazione delle postazioni di telelavoro ( ogni due anni) sia
l’esito della medesima saranno
oggetto di informativa alle OO.SS. regionali.
Per i tutti gli aspetti tecnici
rimandiamo al testo dell’accordo allegato.
Esprimiamo soddisfazione per il
risultato raggiunto nella consapevolezza che le forme di lavoro
flessibile a beneficio delle
lavoratrici e dei lavoratori non si esauriscono nel telelavoro domiciliare e
tale circostanza viene ribadita
nell’accordo nel quale sono previste nuove modalità di lavoro agile
sperimentate e da sperimentare (
smart working e co working).
Roma 6 febbraio 2017
FP CGIL Nazionale
Carmine Di Leo
FP CGIL Nazionale
Luciano Boldorini