La Fp Cgil VVF da sempre a tutela delle donne e degli uomini del Corpo
A seguito delle richieste unitarie Fp Cgil VVF, Fns Cisl e Confsal VVF le Organizzazioni Sindacali sono state convocate dal Ministro dell’Interno
Al Direttore Generale dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli
Dott. Marcello Minenna
Al Direttore del Personale di ADM
Dott. Rocco Flore
Oggetto: Criticità Valutazione individuale anno 2020.
Sono pervenute a questa O.S. segnalazioni in merito a valutazioni individuali per l’anno 2020 non in linea con l’apporto comportamentale che molti colleghi e colleghe hanno realmente effettuato nell’ambito delle proprie attività svolte.
Non sfuggirà che l’anno 2020 è stato l’anno in cui è intervenuta la situazione emergenziale COVID 19 che di punto in bianco ha costretto a dover rivedere la gestione dell’attività degli Uffici in maniera assolutamente diversa da quanto avvenuto fino ad allora pur permanendo tutte le necessità operative, gestionali e di risposta all’utenza.
I lavoratori e le lavoratrici di ADM hanno pertanto messo in atto ogni azione utile per garantire servizi emergenziali in Smart Working ma anche in presenza con una maggiore esposizione al contagio del virus e a causa del quale purtroppo qualche collega ci ha lasciato proprio per essere più esposto a tale pericolo.
Tale specificità è stata anche più volte valorizzata dai vertici dell’Agenzia proprio per l’azione strategica che ADM e il suo personale ha avuto in quei mesi nel individuare ogni DPI utile a prevenire l’espandersi del virus contribuendo ad effettuare requisizioni di materiale medico di difficile reperimento per conto della struttura commissariale.
A due anni di distanza registriamo invece che in molti casi ci ritroviamo con alcuni dirigenti degli Uffici che hanno proceduto alla valutazione individuale per il 2020 come se nulla fosse successo.
Anzi in molti di casi, di fronte a risultati di struttura altissimi (a volte anche il massimo) collegati al raggiungimento degli obbiettivi la valutazione dei lavoratori è stata abbassata rispetto agli anni precedenti e/o comunque ridimensionata.
È quindi del tutto evidente che per il 2020 in molti casi non vi sia corrispondenza tra la valutazione individuale assegnata e quella di struttura in quanto la prima diminuisce a fronte di un aumento della seconda.
E parliamo di obbiettivi incentivanti per l’Agenzia quali ad esempio, oltre a quelli collegati all’emergenza COVID, la contraffazione, la sotto-fatturazione, la quantità di diritti doganali, accise e IVA accertati, ecc. Tutti obiettivi che malgrado tutte le difficoltà sono stati raggiunti.
Non possiamo quindi che stigmatizzare quanto accaduto perché a nostro avviso denota quanto l’obbiettivo di avere un Sistema di Valutazione volto a valorizzare le capacità del dipendente e a migliorarle dove risultano carenti non può che passare da un passaggio culturale che prima di tutto a nostro avviso deve passare da una formazione adeguata per i Dirigenti di questa Agenzia.
Nel Sistema di Valutazione vigente alcuni passi in avanti sono stati fatti, ma crediamo fermamente che ulteriori interventi di miglioramento siano necessari con particolare riferimento ai momenti partecipativi dei dipendenti nelle varie fasi valutative anche rispetto al gradimento dell’azione posta in essere dai rispettivi Dirigenti durante la loro gestione.
Premesso quanto sopra, considerato che il 2020 è stato un anno particolare che però ha visto comunque il personale dell’Agenzia fortemente impegnato per non far venire meno le attività istituzionali di ADM, malgrado la pandemia, si chiede di verificare quanto accaduto e ove necessario e possibile di adottare tutti gli opportuni accorgimenti, anche già nell’attuale fase di valutazione dei ricorsi di I e/o di II livello, per rendere questo Sistema, che ci viene imposto dalle norme, un reale strumento incentivante delle professionalità presenti.
Certi di una sua sensibilità al riguardo si porgono cordiali saluti.
Per la FP CGIL
Florindo Iervolino
Min. Giustizia, progressioni economiche: non c’è certezza, non firmiamo.
Nell’incontro di oggi si è consumata la trattativa farsa del Ministero della Giustizia sulle progressioni economiche del personale. A distanza di tre mesi, infatti, dall’incontro dell’11 aprile scorso, l’amministrazione si è limitata alla sola verifica di chi era disponibile alla firma del testo proposto allora senza dare alcuna risposta alle osservazioni fatte dalle organizzazioni sindacali.
Come Funzione Pubblica CGIL abbiamo ribadito i motivi per cui eravamo e rimaniamo in disaccordo.
Prevedere adesso progressioni economiche che avranno comunque effetti successivi alla entrata in vigore del nuovo CCNL, con il nuovo sistema di classificazione, senza tenere conto di come il personale sarà reinquadrato automaticamente per effetto del nuovo contratto rappresenta da un lato una modalità per esporre i lavoratori al rischio di vedere oggi un beneficio economico precludendosi la possibilità di ottenerne uno migliore per i prossimi sei/sette anni e, dall’altro, un ulteriore aggravio di procedure che inevitabilmente saranno fatte oggetto di rivisitazioni se non di veri e propri contenziosi. Per questo avevamo proposto di definire un accordo complessivo che sancisse tempi e procedure certe per il definitivo e celere esaurimento delle procedure stabilite dall’accordo del 26 aprile 2017 (21 quater), insieme alla definizione dei tempi di avvio e possibilmente di chiusura della contrattazione integrativa per la definizione delle famiglie professionali propedeutiche all’applicazione della norma di prima applicazione (art. 18 del CCNL 2019/2021 Funzioni Centrali) che dà la possibilità al personale oggi inquadrato in prima e seconda area di transitare alle nuove aree superiori di Assistenti e Funzionari. Il CCNL, infatti, permette di aggiungere nuove risorse, nella misura dello 0,55 per cento del monte salari 2018, a quelle già disponibili al ministero per le procedure del 21 quater che, ricordiamolo, permettono progressioni giuridiche per diverse figure professionali e non solo per cancellieri e ufficiali giudiziari (ausiliari, informatici, contabili, direttori, eccetera), e inevitabilmente la concreta applicazione di entrambe le procedure ridisegneranno gli addensamenti di personale nelle aree e nelle posizioni economiche.
Alla luce di quanto evidenziato abbiamo provato a far riflettere l’amministrazione sulla necessità di anticipare i tempi delle progressioni giuridiche rispetto a quelle economiche, sapendo che il CCNL comunque prevede il passaggio dal vecchio al nuovo ordinamento dal prossimo primo novembre (“il giorno 1 del mese successivo ad un periodo dilatorio pari a cinque mesi dalla sottoscrizione definitiva del presente CCNL”, come recita l’art. 18, comma 1 del CCNL), un termine entro cui l’amministrazione non ha garantito le decorrenze delle progressioni economiche.
Purtroppo, l’amministrazione ha proposto il testo di aprile con la modalità “prendere o lasciare”, evidentemente forte del consenso incondizionato già ottenuto da altri non volendo noi immaginare una innata arroganza su materia che è oggetto di contrattazione e non di semplice o banale informativa o confronto. Se avessero avuto il buon senso di approfondire il merito delle nostre proposte avrebbero potuto cogliere l’opportunità di evitare l’ennesimo rischio di questa amministrazione, già buon’ultima nel panorama ministeriale, di rinviare sine die l’applicazione delle norme di reinquadramento stabilite dal nuovo contratto. Per esempio, avevamo proposto di inserire una clausola all’accordo sulle progressioni economiche che permettesse di fare più progressioni economiche nelle fasce economiche di maggiore addensamento, favorendo le lavoratrici e i lavoratori in prossimità di pensionamento e quelle che, anche sul piano economico, ne avrebbero un sicuro vantaggio rispetto ai nuovi differenziali stipendiali, prescindendo quindi da tetti imposti aprioristicamente. Infine, resta il tema di fondo. Perché la fretta di chiudere un accordo sulle progressioni economiche senza accettare nemmeno di dare date certe sulla definitiva e piena applicazione dell’accordo del 2017? La fretta è forse dovuta ai tempi della politica con le elezioni alle porte (la legislatura termina agli inizi del 2023), come ha ricordato qualche sindacalista molto ascoltato?
Sia chiaro che la responsabilità dei ritardi nell’applicazione di quell’accordo è unicamente dell’amministrazione. Quell’accordo si rese necessario nel 2017 per accordi sbagliati del passato (2010) che noi non firmammo e che hanno consegnato l’amministrazione della giustizia al fanalino di coda nel panorama dei ministeri. I ritardi successivi non sono giustificabili essendo le risorse del 21 quater nella disponibilità dell’amministrazione già da anni.
A cinque anni di distanza, oggi la piena e corretta applicazione dell’accordo 2017 permetterebbe di aumentare le disponibilità di progressioni economiche per tutto il personale del Ministero della Giustizia e non solo di un unico Dipartimento. Ritardare oltre l’applicazione di quell’accordo avrà il solo effetto di rendere incerti adesso anche i tempi dell’applicazione del nuovo CCNL e del relativo passaggio dal vecchio al nuovo ordinamento per il personale e dei relativi benefici economici e giuridici.
Ritardi che non potremo tollerare e che non saranno differenziabili tra i diversi dipartimenti.
La stessa decisione di attivare tavoli tecnici per la definizione del prossimo contratto collettivo integrativo – uno congiunto di tutti e quattro i dipartimenti, per l’applicazione di welfare contrattuale, lavoro agile, orari di lavoro, diritto allo studio; altri tavoli distinti per singolo dipartimento (Archivi Notarili, DAP, DGMC, DOG) su individuazione famiglie professionali e relative competenze ed effetti economici del passaggio dal vecchio al nuovo ordinamento – se da un lato può rispondere oggettivamente alla necessità di rendere più veloce il confronto affrontando in consessi omogenei discussioni di merito più approfondito, dall’altro, presentato come la necessità
di permettere al DOG di fare una analisi differente sugli effetti del nuovo ordinamento alla luce dell’applicazione del “21 quater”, espone al rischio che ancora una volta il contratto collettivo possa applicarsi a velocità differenti tra i dipartimenti. Per questo abbiamo ribadito la necessità di avere innanzitutto adeguate informazioni sul personale distinto per dipartimenti, servizi, anzianità di servizio, addensamenti nelle posizioni di inquadramento, sia economico sia giuridico, ma anche la esatta conoscenza delle risorse disponibili pari allo 0,55 per cento del monte salari 2018 complessivo di amministrazione. Informazioni che potrebbero essere inviate alle organizzazioni sindacali nel giro di pochi giorni e così almeno utilizzare utilmente il tempo che l’amministrazione mette da qui alla effettiva convocazione in settembre dei tavoli proposti.
Ecco, ci aspetteremmo che chi guida l’amministrazione pro tempore (tecnici e politici), risponda come deve ai propri compiti fino all’ultimo giorno in cui presta il proprio servizio e non facendo i calcoli su cosa è meglio e cosa può in ragione delle proprie sorti personali. Per questo abbiamo ribadito anche la necessità che con il contratto collettivo integrativo di amministrazione e oltre questo si affrontino questioni annose e recenti del ministero quali, solo a titolo di esempio, la necessità di investimenti dedicati alle strutture, alle tecnologie disponibili e l’informatizzazione, la valorizzazione di tutto il personale, la messa a regime dell’Ufficio per il Processo oltre i tempi del PNRR, la configurazione e organizzazione del nuovo dipartimento sull’informatica e statistica, un nuovo e più avanzato piano dei fabbisogni del personale. Va fatto adesso perché l’amministrazione tutta è al collasso. Ogni rinvio a tempi successivi, pur richiesto da qualche organizzazione, sarebbe colpevole verso i lavoratori e il Paese.
Roma, 11 luglio 2022
Pubblichiamo la nota unitaria delle strutture Fp Cgil VVF, Fns Cisl e Confsal VVF con la quale chiedono al Ministro dell’Interno Pref. Luciana Lamorgese di intervenire e di dialogare con le Organizzazioni Sindacali al fine di risolvere e colmare le tante problematiche che affliggono il CNVVF
Al Capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria
Presidente Dott. Carlo Renoldi
Egregio Presidente,
la FP CGIL ha letto con attenzione i due recenti documenti che Ella ha voluto comunicare a tutte le rappresentanze sindacali dei lavoratori di questa amministrazione.
Ci riferiamo alla bozza della circolare sulla rivisitazione dei circuiti di media sicurezza ed al messaggio dello scorso 6 luglio da Lei indirizzato a tutte le OO.SS..
Pur apprezzando l’attenzione che Ella pone nel rappresentare la difficile situazione che tutti noi registriamo all’interno degli istituti penitenziari e l’equilibrio con cui pone in evidenza le necessità di coinvolgere tutte le componenti del complesso mondo dell’esecuzione penale, bisogna registrare che, sino ad oggi, le risposte che l’Amministrazione è stata in grado di fornire sono state frammentate ed orientate a tentare, con scarso successo, di tamponare il fenomeno in discussione, inasprendo la risposta disciplinare nei confronti dei detenuti e del personale e trasferendo poi il problema da un istituto all’altro, senza mai riuscire a risolverlo.
Nella Sua comunicazione Ella anticipa l’avvio di iniziative composite e coerenti le une con le altre.
L’intensificazione dell’addestramento del personale di polizia penitenziaria, che ci auguriamo sia programmato in modo tale da garantire la partecipazione al numero maggiore possibile di personale, soprattutto quello che è impegnato all’interno dei reparti detentivi e che, pertanto, dovrà essere organizzato in modalità decentrata, in modo da raggiungere rapidamente i destinatari .
Una nuova dotazione di attrezzature di prevenzione e sicurezza per il personale del Corpo. Attrezzature all’uso delle quali il personale del Corpo dovrà essere addestrato. Anche su questo auspichiamo una organizzazione celere sia per la consegna del materiale sia per l’addestramento all’uso delle nuove dotazioni.
Sempre nel suo messaggio Ella fa riferimento a protocolli operativi per la gestione degli eventi critici. Questo ci fa immaginare che un gruppo di operatori esperti sarà incaricato di occuparsi della elaborazione di queste procedure.
Infine, ci informa dell’avvio del monitoraggio che Ella ha previsto per l’applicazione delle nuove direttive sulla riorganizzazione degli istituti e sezioni di media sicurezza, che sarà focalizzato anche sull’andamento degli episodi auto ed etero aggressivi.
Anche nella bozza della circolare per la riorganizzazione del circuito di media sicurezza riscontriamo degli elementi di novità. Intanto è, a memoria, la prima disposizione che non viene emanata urbi et orbi , ma prevede un periodo di sperimentazione in 4 tra gli 11 provveditorati regionali ed in ciascuno di questi territori i Provveditori dovranno individuare tre istituti che avranno il compito di sperimentare per primi questa nuova organizzazione. Sperimentazione che immaginiamo farà riferimento a criteri di valutazione circa l’efficacia di questo innovato modello organizzativo gestionale.
Nel complesso riteniamo necessario sottolineare che crediamo che i processi di cambiamento possano essere tali solo se partecipati, se cioè coinvolgono ed includono i lavoratori tutti motivandoli, coinvolgendoli e rendendoli protagonisti, attori del cambiamento.
Pertanto, crediamo importante che Ella solleciti e si assicuri che tutto il personale sia parte attiva di questo percorso. La dirigenza penitenziaria deve svolgere un ruolo attivo e propositivo. Il personale deve essere aiutato a comprendere le ragioni di tale cambiamento e dell’opportunità di crescita che questo percorso potenzialmente rappresenta.
In tale contesto ed in ragione del percorso organizzativo che Ella ha inteso promuovere, considerato che la FP CGIL continua periodicamente ad effettuare visite sui luoghi di lavoro negli istituti penitenziari e ad organizzare assemblee con le professionalità che vi operano e che si onora di rappresentare nella loro totalità, si chiede di costituire un tavolo tecnico, composto dalle organizzazioni sindacali rappresentative delle diverse categorie professionali, con il compito di seguire il lavoro di monitoraggio, ricevere informazioni circa lo stato di avanzamento dei programmi, di condividerle con i lavoratori, di fornire pareri su alcune scelte gestionali, di segnalare criticità che potrebbero registrarsi presso le articolazioni del territorio e di proporre soluzioni utili a superare le criticità delle fasi di implementazione.
Crediamo sia tempo di realizzare concretamente un modello organizzativo inclusivo e partecipato. Tutto il personale, se ben informato e ben guidato, è in grado di accogliere, comprendere e dare il proprio qualificato contributo.
La nostra Organizzazione non ha mai ceduto alla tentazione di fare parte del gruppo degli “urlatori” .
Le politiche di taglio alla spesa pubblica del ventennio che ci siamo lasciati alle spalle hanno prodotto i danni che sono sotto gli occhi di tutti. Il programma di assunzioni, che va comunque implementato, richiede tempi tecnici e non basta continuare a ricordarlo con ultimatum che non portano a nulla. La complessità dell’utenza è un dato che è specchio di una società sempre più in disagio. Che il carcere sia un luogo complesso tutti lo sappiamo bene e tutti sappiamo che tenere chiusi i detenuti per 24 h serve solo ad aumentare l’aggressività ed a rendere quei luoghi disumani, sia per chi è obbligato a starci sia per chi ci lavora.
Siamo convinti che insieme alle riforme legislative che hanno lo scopo di deflazionare gli ingressi in carcere, sia possibile progressivamente migliorare la qualità del servizio penitenziario con un nuovo calibrato modello organizzativo , con la rivisitazione ragionata dei posti di servizio ( già due anni fa si è concluso il lavoro di una autorevole commissione che aveva il compito di elaborare un nuovo assetto dell’organizzazione dei servizi in carcere, ma da questo lavoro non ricordiamo siano scaturiti interventi e modifiche conseguenti), con l’introduzione ed ampliamento dell’uso di tecnologie, con un incremento della presenza di Poliziotti Penitenziari, di personale delle Funzioni Centrali, di Dirigenti e con un ripristino ed ampliamento della partecipazione della comunità esterna nel lavoro all’interno degli istituti.
Il Segretario nazionale
Florindo Oliverio
Pubblichiamo il comunicato stampa delle strutture regionali Fp Cgil, con il quale evidenziano la carenza di organici a discapito della salute e sicurezza del personale e dei cittadini
Pubblichiamo la comunicazione ministeriale relativa alla contrattazione integrativa del personale con qualifica dirigenziale e del personale delle aree funzionali appartenenti ai ruoli del Ministero della Difesa. Composizione delle relative delegazioni trattanti di parte pubblica.
p. la FP CGIL Nazionale
Francesco Quinti
Roma, 11 luglio 2022
Al Ministro della Difesa
On. le Lorenzo Guerini
Ai Presidenti e componenti
Commissioni 4^ Difesa Camera e Senato
Ai Gruppi parlamentari Camera e Senato
Sig. Ministro,
ripetute sono fin qui state le grida di allarme lanciate dal sindacato confederale negli ultimi anni sul costante e significativo detrimento dei livelli occupazionali tecnici e amministrativi del personale civile delle aree funzionali del Ministero della Difesa, come pure sulle dannose conseguenze da questo generate sul piano del rispetto della mission istituzionale affidata al contingente civile posto a supporto delle FF.AA.
Il tema rappresentato dall’esigenza di intervenire in maniera coerente e tempestiva sulla implementazione degli organici di quel personale, per favorire il ricambio generazionale ed evitare la perdita delle alte professionalità tecniche indispensabili al sistema difesa e, più in generale, quello degli investimenti pubblici necessari a sostenere la ripresa a pieno regime delle attività degli enti, dei poli e degli arsenali militari dello Stato che abbiamo invano tentato di porre alla Sua attenzione, resta tuttora privo di soluzioni.
In tal senso, era almeno per le scriventi organizzazioni sindacali logico attendersi che nell’ambito della discussione svolta in seno al governo sul PNRR, una parte dei significativi investimenti destinati alla difesa venisse indirizzata allo sviluppo e alla ripresa in house dell’operatività dell’industria militare italiana. Logica che nella circostanza, invece, pare non essere stata affatto praticata dal vertice politico della difesa, verosimilmente per raggiungere il completamento di un processo di esternalizzazione delle attività e dei servizi che è iniziato nel 2012, e che presumibilmente si concluderà con la privatizzazione dell’intero sistema difesa, quando addirittura non anche delle stesse FF.AA.
Ovviamente, saremmo felici di essere smentiti, laddove non trovasse reale corrispondenza tale convinzione, ma con i fatti non con le solite parole di circostanza.
Perché vede signor Ministro, stiamo parlando di imponenti realtà produttive “pubbliche” che, in ragione dei disinvestimenti imposti dai governi che si sono succeduti alla guida del paese, in particolare nell’ultimo decennio, da tempo manifestano l’esigenza di vedersi finalmente attribuite risorse economiche indispensabili non semplicemente a sopravvivere, ma a garantire alla Difesa e allo Stato una ripresa a pieno regime delle attività industriali e istituzionali che potenzialmente sono in grado di sviluppare attraverso l’adeguamento di un livello di occupazione civile qualificato e specializzato a supporto delle esigenze delle FF.AA. e, più in generale, dell’economia del paese.
Asset militari strategici che meriterebbero di essere valorizzati dallo Stato anche per l’importanza che rappresentano sull’indotto generato indirettamente nell’economia dei territori ove insistono, sia in termini finanziari che occupazionali, piuttosto che diventare – come in effetti sta ormai da tempo accadendo, peraltro nel silenzio assordante e surreale delle istituzioni e della politica del paese – terra di conquista della competizione industriale “privata” nel libero mercato. Aziende, a cui ormai viene sempre più spesso consentito di frequentare spazi riservati alla sicurezza degli apparati militari dello Stato, che approcciano ai luoghi di lavoro negli stabilimenti, nei bacini navali e nelle officine militari traendone grandi profitti, anche considerati gli irrisori costi di gestione richiesti per l’utilizzo delle strutture. Ciò, evidentemente, comporta l’aumento esponenziale delle spese militari poste oggi ad esclusivo carico e controllo dello Stato che, nei fatti, è poi costretto a conferire sempre maggiori risorse economiche al bilancio della difesa per sostenerne il peso, ovviamente a spese della collettività.
Una scelta politica radicalmente sbagliata, quella che a nostro giudizio si sta perpetuando alla difesa contro i reali bisogni del paese, che ha prodotto luoghi di lavoro lasciati pressoché abbandonati per mancanza di mezzi economici e di personale tecnico, operativo e amministrativo. Una condizione indotta che determina l’impossibilità di garantire le ordinarie attività di servizio e/o di sottoscrivere o anche mantenere contratti di manutenzione relativi agli armamenti attribuiti dalle Forze di Polizia, come pure del naviglio militare/civile, anche con altri paesi europei o extraeuropei.
Concorsi fermi da anni – poche centinaia di assunzioni rispetto al reale bisogno manifestato dal sistema – tuttora avvolti in una sorta di oscura nebulosa amministrativa da cui pare impossibile districarsi solo per il Ministero della Difesa, al contrario di altre PP.AA. che invece riescono ad ottenere in ogni legge di bilancio o, da ultimo, anche attraverso il PNRR, un consistente numero di assunzioni (Giustizia, Beni Culturali, Interno, Inps, Agenzie ecc.).
Peraltro, sul personale tecnico che noi continuiamo a ritenere indispensabile al sistema pubblico della difesa, e di cui abbiamo più volte invano tentato di discutere, appare del tutto estraneo alla realtà conosciuta il piano triennale dei fabbisogni predisposto e comunicato dall’amministrazione con la nota UDG del 7 maggio u.s., che nei volumi dei bisogni elaborati per i prossimi 3 anni dimostra di non tenere affatto in considerazione l’alto numero dei pensionamenti maturati e maturandi dai lavoratori civili al 31 dicembre del corrente anno, e nei prossimi due, considerato che la quasi totalità del personale ancora in servizio è stato assunto ai sensi della legge 285/77.
Siamo così giunti ad un punto di non ritorno, il disegno strategico che ha prodotto la devastazione delle aree operativa e industriale della difesa, ovvero dell’intero sistema di supporto civile qualificato alle FF.AA., è infine pressoché compiuto. Eppure nessuno sembra accorgersi di quanto sta accadendo nelle istituzioni, in ambito parlamentare e politico. Possibile? Pare sia così, stando almeno al disinteresse generale riscontrato dalle scriventi OO.SS. in questi ultimi 10 anni sulla gestione del Ministero della Difesa, seppure in presenza di segnali chiarissimi – più volte evidenziati pubblicamente da FP CGIL CISL FP e UIL PA – che riconducevano ad una precisa volontà politico-militare pianificata per tempo, a giudizio delle scriventi, tesa ad una lenta ma precisa e costante pratica di abbandono del perimetro pubblico per intraprendere la strada della privatizzazione dell’apparato militare statale, stile U.S.A. per comprenderci.
Se, poi, alla grave situazione testé illustrata aggiungiamo anche il totale abbandono in cui versano attualmente le lavoratrici e i lavoratori civili della difesa sul piano lavorativo, organizzativo, gestionale ed anche economico il quadro diventa evidentemente insostenibile per le scriventi rappresentanze sindacali, che più e più volte hanno tentato la strada della ragionevolezza.
In effetti, malgrado il reiterato tentativo di dissimulare l’inerzia prodotta dal vertice politico di codesto dicastero profittando delle ultime due occasioni di incontro avute dalle scriventi con il Sottosegretario delegato, mancano ancora all’appello per il c.a. quei 21 milioni di euro che negli ultimi 5 anni sono stati accordati dal parlamento alle lavoratrici e ai lavoratori civili della difesa attraverso leggi di bilancio annuali, ritenuti utili a colmare il gap economico che intercorre/va tra le retribuzioni accessorie attribuite a quel personale e quelle accordate agli altri pubblici dipendenti, a parità di ruolo e funzione pubblica esercitata.
Come pure, a dispetto di una discussione che le parti avevano dato quasi per conclusa dopo pasqua di quest’anno, le lavoratrici e i lavoratori civili della difesa non possono ancora fruire dell’istituto del lavoro agile, malgrado questo sia rientrato a pieno titolo nell’ultimo CCNL F.C., perché non c’è il regolamento attuativo e, soprattutto, perché non è ancora stata formalizzata la composizione della delegazione trattante di parte pubblica! Incredibile ciò che accade alla difesa, mentre negli altri ministeri e PP.AA. i lavoratori fruiscono ormai da tempo di quella modalità ordinaria di lavoro.
Ma non è tutto. Da almeno 4 anni le scriventi organizzazioni sindacali chiedono di aprire la discussione sui processi di mobilità del personale civile, che tanti problemi sta creando alle lavoratrici e lavoratori che ambiscono al trasferimento, ma ciò – sempre a detta dell’amministrazione – non è possibile farlo perché gli Stati maggiori non fanno conoscere e non rendono trasparenti gli organici del personale civile che gestiscono. Un’anomalia tutta interna alla difesa, quella di attribuire la gestione dei lavoratori civili ad ogni Stato maggiore piuttosto che ad un’unica direzione generale, perché in nessun’altra P.A. o ministero questo accade, e lo abbiamo evidenziato più volte in sede politica, almeno tanto quanto la gestione anacronistica e del tutto inadeguata del personale ex militare transitato nei ruoli civili della difesa, che meriterebbe ben altra considerazione da parte dello Stato.
E ancora molto tempo è trascorso da quando le scriventi OO.SS. per la prima volta hanno chiesto di porre l’attenzione sul problema degli O.P.S., dalla cui gestione le associazioni costituite da personale civile della difesa sono di fatto escluse, mentre per quelli di Forza Armata l’amministrazione continua ad essere appannaggio esclusivo della componente militare.
Per non parlare, poi, dell’azione ghettizzante e discriminatoria di cui è stato fatto oggetto il personale civile della difesa di recente, a cui è stata perfino negata la possibilità di aderire ad una polizza assicurativa gratuita stipulata dallo Stato maggiore della Difesa contro il rischio infortuni/malattia del solo personale militare. Quasi che i lavoratori civili della difesa dipendessero da un’altra amministrazione.
Vergognoso, inaccettabile, almeno tanto quanto i tentativi di giustificazione addotti dal Gabinetto prima e dal predetto Sottosegretario dopo nell’ambito degli incontri menzionati. Anche qui, malgrado siano state prodotte almeno 4 note di protesta destinate a Lei e al Gabinetto, a distanza di quasi 8 mesi dall’inizio della vicenda ancora zero risultati.
Ad ulteriore conferma del compromesso scenario delineato, va poi considerato il pessimo livello di relazioni sindacali intrattenuto con le scriventi rappresentanze da parte dei vertici di F.A., condizione che produce gravi danni di relazione tra le parti anche sui territori e posti di lavoro.
Occorrono risposte serie e concrete, serve pianificare subito un piano straordinario di assunzioni di almeno 9.000 unità composto di professioni tecniche e amministrative da consegnare alla prossima discussione sulla legge di bilancio 2023, per evitare che i poli e gli stabilimenti militari industriali chiudano presto i battenti ad esclusivo beneficio dell’industria e impresa privata lasciando a casa lavoratrici e lavoratori pubblici. Un’idea di privatizzazione della difesa che non ci piace affatto e che peraltro non si rintraccia in alcun paese dell’U.E., di cui vorremmo se possibile discutere con codeste Commissioni e gruppi parlamentari in apposite audizioni pubbliche.
Per quando ci riguarda, sappiamo a chi attribuire la responsabilità della situazione complessivamente generata e, per questo, signor Ministro, FP CGIL CISL FP e UIL PA Le comunicano sin d’ora l’indizione dello stato di agitazione nazionale delle lavoratrici e dei lavoratori civili della difesa, quale preambolo necessario all’avvio di tutte una serie di iniziative di lotta, mobilitazione e protesta pubblica ritenute utili ad informare e coinvolgere i media e l’opinione pubblica sull’intero territorio nazionale.
Nei prossimi giorni faremo conoscere le prime date della mobilitazione.
Cordiali saluti
FP CGIL CISL FP UIL PA
Francesco Quinti Massimo Ferri Carmela Cilento
Roberto De Cesaris Franco Volpi
Pubblichiamo la nota unitaria delle Strutture Territoriali Fp Cgil VVF, Fns Cisl, Uil Pa VVF e Conapo con la quale chiedono l’interessamento del Prefetto, per risolvere la problematica della mancanza di organici e mezzi di soccorso
Pubblichiamo la nota unitaria delle Strutture territoriali Fp Cgil VVF, Fns Cisl, Uil Pa VVF e Conapo con la quale ancora una volta risaltano le mancate relazioni sindacali
Pubblichiamo la nota unitaria delle Strutture territoriali Fp Cgil VVF, Fns Cisl, Uil Pa VVF e Conapo con la quale chiedono di rendere i locali della sede portuale salubri, nel rispetto della salute e sicurezza dei lavoratori