“Per affrontare un fenomeno così delicato come quello dei Neet, non basta un’assistenza virtuale”. Commenta così il segretario generale della Fp Cgil, Federico Bozzanca, la presentazione da parte del ministero del lavoro di Appli, assistente virtuale per il lavoro in Italia.
“Stiamo parlando – aggiunge Bozzanca – di giovani che non studiano e non lavorano e che spesso affrontano, a monte, un problema di esclusione sociale, dovuto a difficoltà economiche, abbandono scolastico, problemi di salute e mancanza di
opportunità. L’intelligenza artificiale, se utilizzata con criterio, può rivelarsi un ottimo strumento di supporto al lavoro ma per accompagnare questi ragazzi e ragazze in percorsi di inclusione lavorativa, serve una presa in carico che può essere garantita unicamente da persone in carne ed ossa”.
“I Centri per l’impiego – conclude il segretario generale – sono servizi pubblici che accompagnano e aiutano la persona
nella scoperta di nuove possibilità che altrimenti non troverebbe. Non si limitano a fare un semplice match”.
“Gli ultimi dati del Conto Annuale della PA lo confermano: da qui al 2033 andranno in pensione oltre 700 mila lavoratrici e lavoratori pubblici, non si arresta la crescita dell’età media nelle funzioni centrali e locali, gli stipendi sono i più bassi d’Europa e il livello di precarietà è ancora preoccupante con oltre 90 mila precari”. Lo scrive in una nota la Funzione Pubblica Cgil.
“L’esodo di dipendenti che andranno in pensione conferma la necessità di procedere con la nostra proposta di assumere 1.250.000 nuove unità, non solo per sostituire chi lascia il posto di lavoro ma anche per rafforzare i servizi pubblici ai cittadini – spiega la Fp Cgil -. Invece, dagli ultimi dati disponibili, un quinto delle nuove assunzioni sono in realtà di dipendenti che già lavoravano nel pubblico. Parliamo di oltre 20 mila unità su un totale di meno di 100 mila. Una percentuale cresciuta dal 5% al 20% in soli due anni, dal 2021 al 2023”.
E aggiunge: “In questo modo il rinnovamento della Pa stenta a decollare, e l’età media dei dipendenti pubblici lo conferma: 52,8 anni nelle funzioni centrali (+0,8 anni rispetto al 2013) , 51,8 anni nelle funzioni locali (+1,4 anni), 48,9 anni nella sanità (-0,1 anni), 44,4 anni nel comparto sicurezza, soccorso e difesa (+2,3 anni). Ma non è solo un problema di quantità. Infatti, l’Italia risulta agli ultimi posti in Europa non solo per il numero di dipendenti pubblici in rapporto alla popolazione, ma anche per la spesa che riserva ai loro stipendi. Spendiamo per le retribuzioni dei dipendenti il 76% in meno della Francia, il 66% in meno della Germania e il 52% in meno del Regno Unito, ma la spesa complessiva della PA cresce più intensamente, segno che aumentano esternalizzazioni e consulenze. E ancora, c’è il problema dell’aumento del costo della vita che sta impoverendo le lavoratrici e i lavoratori. Se finora grazie al lavoro svolto nel contrattare migliori condizioni di lavoro siamo stati in grado di far aumentare gli stipendi dei dipendenti pubblici ben oltre l’inflazione (ottenendo aumenti del 3,48% e di oltre il 4% nelle stagioni 2016-2018 e 2019-2021 a fronte di un’inflazione nello stesso periodo di appena il 4,4%), con l’ultimo rinnovo contrattuale imposto dal Governo, con la compiacenza di altri sindacati firmatari, i dipendenti si sono impoveriti: a fronte del costo della vita aumentato del 16% nel triennio 2022-2024, infatti, gli aumenti si sono fermati a meno del 6%.
Infine, resta vivo il problema della precarietà: nei settori pubblici presi in esame, infatti, sono ancora più di 90 mila le lavoratrici e i lavoratori precari. E se è vero che i contratti a tempo indeterminato crescono leggermente (+ 40 mila tra il 2022 e il 2023), è vero anche che siamo ancora ben lontani dal compensare le gravi perdite che abbiamo subito negli ultimi 10 anni: più di 50 mila unità cessate nelle funzioni centrali, quasi 80 mila nelle funzioni locali e oltre 18 mila nel comparto sicurezza, difesa e soccorso su cui la stessa Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha dichiarato più volte di voler investire. L’unico settore che sembra aver interrotto il trend negativo è la sanità che negli ultimi 10 anni ha aumentato i propri organici di oltre 40 mila unità ma con una forte incidenza di precarietà che non riesce ad essere assorbita a causa della permanenza dei tetti di spesa del personale e nessuna risorsa aggiuntiva per le stabilizzazioni”.
“Riteniamo non più rinviabile un forte investimento sulle assunzioni nei servizi pubblici, essenziali per Costituzione, che garantiscono diritti fondamentali a tutte e tutti. Per queste ragioni chiediamo nuovamente che il Governo esca dagli slogan e dai proclami e si confronti realmente con le organizzazioni sindacali su cosa intende fare per garantire organici adeguati, valorizzazione professionale ed economica, contratti dignitosi che tutelino realmente il potere d’acquisto delle lavoratrici e dei lavoratori dei servizi pubblici”, conclude la Funzione Pubblica CGIL.
Oggetto: richiesta apertura confronto corretta interpretazione requisiti esercizio dell’attività professionale per educatori professionali socio-pedagogici e educatori dei servizi educativi all’infanzia
La scrivente O.S., con la presente pone all’attenzione di codesto Ministero una difficoltà interpretativa che sta emergendo diffusamente sul territorio nazionale in seguito all’entrata in vigore della LEGGE 15 aprile 2024, n. 55 concernenti le disposizioni in materia di ordinamento delle professioni pedagogiche ed educative e istituzione dei relativi albi professionali in relazione all’esercizio dell’attività di educatore professionale socio-pedagogico e di educatore nei servizi educativi per l’infanzia.
Nello specifico abbiamo riscontrato diverse problematiche dovute alla corretta interpretazione della norma e s.m.i da parte sia delle Amministrazioni che degli enti gestori sui requisiti per la partecipazione ai concorsi, l’assunzione, di accreditamento o nei cambi di gestione.
I termini per presentare la domanda di iscrizione inizialmente previsti entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge istitutiva (Legge 55 del 15 aprile 2024), sono stati successivamente prorogati dal DL Milleproroghe (DL 27 dicembre 2024, n. 202) al 31 marzo 2025.
In sede di conversione del DL, tuttavia, è stata inserita la seguente previsione all’art. 10, comma 8- sexies: “… i pedagogisti, gli educatori professionali socio-pedagogici e gli educatori dei servizi educativi per l’infanzia che hanno presentato domanda di iscrizione ai relativi albi possono comunque esercitare la rispettiva attività professionale disciplinata dalla medesima legge 15 aprile 2024, n. 55.”.
Le amministrazioni e alcuni enti gestori interpretano la norma in questione come anticipatrice degli effetti della conclusione definitiva della procedura di istituzione degli Albi, che ad oggi ancora non è avvenuta.
Questa interpretazione ha conseguenze che possono incidere negativamente sul funzionamento dei servizi collegati a queste figure professionali quali ad esempio i servizi educativi per l’infanzia nelle sue diverse articolazioni, poiché pur in possesso del titolo di studio idoneo, non possono materialmente iscriversi agli Albi non essendo ancora operativo il relativo Ordine ed essendo terminata il 31 marzo scorso la fase preliminare di presentazione delle domande. In particolare contestiamo l’esclusione di chi ha conseguito il titolo dopo il 31 marzo 2025 come una mera interpretazione restrittiva della norma. Appare pertanto non rinviabile l’apertura urgente di un confronto teso a risolvere celermente le criticità emerse, tutto ciò al fine di scongiurare gravi difficoltà nelle procedure di reclutamento del personale nonché l’insorgere di un contenzioso legale mettendo a rischio la tenuta dei servizi e dei livelli occupazionali.
Si è svolto oggi, 21 luglio, l’incontro con l’ARAN per la prosecuzione della trattativa sul rinnovo del CCNL Funzioni Locali 2022-2024.
Durante l’incontro è stato presentato un articolato che introduce alcune novità, tra cui la proposta scritta di inglobamento di solo il 30% dell’indennità di comparto.
Nella proposta di ARAN i piccoli passi avanti, così come la certezza dei tempi della contrattazione decentrata, non sono ancora sufficienti. Infatti non vi sono soluzioni adeguate — e in alcuni casi risultano peggiorative — come:
Le mancate soluzioni relative al sistema di classificazione:
nonché la proposta peggiorativa sulla cumulabilità tra la maggiorazione del differenziale stipendiale che compensa la permanenza nell’area degli istruttori del personale educativo e scolastico e quella per lo svolgimento di attività per cui è richiesta l’iscrizione ad albi professionali.
Abbiamo riaffermato tutte le richieste contenute nella nostra piattaforma che non trovano attualmente soluzione nella proposta ARAN, evidenziando in particolare:
Permane una forte distanza sul tema delle risorse economiche. Anche con la proposta di inglobare il 30% dell’indennità di comparto nello stipendio, l’ARAN continua a proporre il “gioco delle tre carte”: toglie risorse dal trattamento accessorio per reinserirle nel trattamento fondamentale tagliando, inoltre, il fondo delle risorse decentrate in pari misura senza consentire il suo rifinanziamento.
Abbiamo attivato ogni tipo di interlocuzione per far comprendere che non è accettabile garantire, in nove anni, un importo inferiore a quello che sarebbe spettato alle lavoratrici e ai lavoratori per il triennio 2022-2024.
Abbiamo sottoposto alle controparti diverse soluzioni tecniche volte a coprire la perdita del potere d’acquisto del salario delle lavoratrici e dei lavoratori del comparto nel triennio 2022-2024 a fronte di un’inflazione al 16%. Inoltre è necessario un fondo dedicato e finanziato per ridurre le distanze retributive tra i comparti pubblici attraverso l’adeguamento dell’indennità di comparto.
Ora la palla passa al Governo a cui spetta indicare come intenda risolvere il problema salariale per tornare a rendere attrattivo lavorare nelle amministrazioni locali oltre a garantire i servizi sul territorio attraverso un piano straordinario delle assunzioni
Il tavolo è stato aggiornato al 9 settembre.
Segretaria Nazionale FF.LL.
Tatiana Cazzaniga
E’ Federico Bozzanca il nuovo Segretario generale della Funzione pubblica Cgil, la categoria dei servizi pubblici della Cgil. E’ stato eletto con 181 voti favorevoli e 4 contrari dall’Assemblea generale Fp Cgil riunitasi oggi a Roma, alla presenza del Segretario generale Cgil Maurizio Landini.
Succede a Serena Sorrentino.
Bozzanca, classe ’77, nato a Siracusa, ha iniziato la sua carriera sindacale in Nidil CGIL, dove si è occupato della costruzione del primo fondo interprofessionale per la formazione (Formatemp) e del vasto mondo del precariato nella Capitale. Entra nella Funzione pubblica di Roma est nel 2004, poi in segreteria regionale di Roma e Lazio, dove ha seguito anche il Ssaep (Socio Sanitario Assistenziale Educativo Privato) oltre alle autonomie locali. Nel 2011 è passato alla Funzione Pubblica Cgil, in qualità di Segretario nazionale, con delega alle funzioni locali e all’igiene ambientale.
E’ stato responsabile della contrattazione e del mercato del lavoro nei settori pubblici, nonché dei servizi pubblici locali e delle società pubbliche, per la Cgil nazionale, dove ha lavorato al progetto di costituzione della scuola di formazione sindacale.
Attualmente ha la responsabilità sui settori pubblici e quella di Coordinatore della segreteria generale della Cgil.
“Si è tenuto stamattina un incontro per la prosecuzione della trattativa per il rinnovo del Ccnl Funzioni locali 2022-24. Nell’occasione, mentre Fp Cgil e Uil Fpl hanno illustrato opzioni e soluzioni in grado di rispondere alle esigenze reali di lavoratrici e lavoratori, Aran ha presentato una proposta che si muove nell’ambito delle risorse già stanziate, e che non risolve il problema salariale: uno spostamento delle risorse dall’indennità di comparto allo stipendio tabellare e una riduzione corrispondente del fondo delle risorse decentrate oltre a qualche euro inizialmente destinato alla contrattazione decentrata. L’operazione sarebbe valsa da un massimo di 17 euro lordi per i funzionari a 11 euro lordi per gli operatori sul salario tabellare già percepito in altra forma e che rischia di avere un saldo negativo dovendo compensare i maggiori oneri riflessi. Per noi la proposta è totalmente insufficiente. Occorrono fondi certi aggiuntivi per un contratto giusto e dignitoso per tutti. Dopo un solo giro di interventi al tavolo, Aran ha interrotto bruscamente la trattativa senza preannunciare ulteriori convocazioni”.
E’ quanto fanno sapere in una nota Fp Cgil e Uil Fpl, che ribadiscono: “noi rimaniamo sempre disponibili a proseguire il confronto, ad un esame nel merito dei provvedimenti e ad un ulteriore momento di approfondimento. Nell’occasione, è opportuno ricordare che il recente decreto sulla Pubblica Amministrazione non garantisce alcun aumento certo per tutti i lavoratori, ma introduce solo una possibilità, non un obbligo, di superamento del tetto del salario accessorio. Opportunità riservata ai soli enti virtuosi e, anche tra questi, molti saranno costretti a scegliere tra nuove assunzioni e l’aumento (nella stragrande maggioranza dei casi minimo) del salario per il personale in servizio”, proseguono.
“Il governo non sta dando le risposte necessarie, per noi parte la mobilitazione”, conclude la nota.