In queste ore è in discussione la conversione in legge del cosiddetto “Decreto Cultura”, al cui interno sono contenuti diversi emendamenti. Tra questi merita particolare attenzione la norma, proposta dalla stessa maggioranza, che ha come finalità la stabilizzazione – unicamente mediante colloquio – di funzionari che, in virtù di un incarico fiduciario già protrattosi per diverso tempo e nei fatti già scaduto, diverrebbero dirigenti di II fascia.
La norma – ribadiscono le scriventi Organizzazioni Sindacali – rivela la sua totale iniquità almeno sotto tre profili: 1) perché impedisce ad alcuni dirigenti vincitori di concorso di essere assegnati agli Istituti oggi gestiti da codesti funzionari, con il rischio di essere destinati ad ambiti disciplinari molto diversi da quelli per cui si sono specializzati; 2) perché pone sullo stesso piano i funzionari e i 14 dirigenti idonei, che invece meriterebbero specifica tutela e per i quali si chiede da tempo l’inserimento in ruolo; 3) perché non cita neanche di sfuggita ulteriori 20 aspiranti dirigenti che hanno concluso il concorso ma non sono stati messi nelle condizioni di seguire il conseguente corso. Inascoltati sono stati fino ad ora gli appelli del sindacato affinché si desse risposta ai quasi cento dirigenti (fra vincitori e idonei) del corso-concorso bandito dalla stessa Amministrazione, i quali avrebbero dovuto occupare le sedi lasciate vuote dai pensionamenti, dal mancato turn over e da una riforma organizzativa del Ministero fra le peggiori che la storia della PA ricordi. Il sopra citato corso-concorso recepiva il meglio delle formule di reclutamento vigenti e individuava distinti settori di competenza; un requisito poi disatteso in quanto, per insipienza di talune commissioni d’esame, taluni dirigenti destinati alle Soprintendenze sono invece finiti negli Archivi. Ancor prima del corso-concorso un’altra norma aveva stabilito che, nelle more dell’espletamento del medesimo, il Ministero della Cultura avrebbe potuto utilizzare funzionari in organico, in ragione del rapporto fiduciario regolato dall’art. 19 comma 6 del D. Lgs 165/2001.
Soltanto alcuni di questi hanno però avuto la blindatura del proprio incarico mediante norma di legge, permanendo nel proprio incarico anche ad avvenuto inserimento dei vincitori nei ruoli della dirigenza. Ci sembrava superfluo ribadirlo, ma nella Pubblica Amministrazione si entra mediante selezione pubblica il cui grado di difficoltà deve essere commisurata alle posizioni di lavoro messe a bando: gli incarichi fiduciari possono sopperire a situazioni emergenziali ma non possono, né devono, diventare la regola né possono essere interpretati come l’anticamera di una stabilizzazione ex lege, tanto meno con un colloquio orale. Riteniamo si debba restituire, da un lato, dignità ai dirigenti che hanno sostenuto uno specifico concorso, ad ogni livello della procedura, e, dall’altro, dignità al personale interno le cui elevate professionalità tecniche, specifiche di questo Ministero, sono e continuano essere garanzia del bene pubblico. Sulla valorizzazione dei funzionari di ruolo siamo sempre disponibili al confronto ma dubitiamo di trovare “dall’altra parte” la stessa sensibilità. In ultimo, ma non per importanza, è da stigmatizzare la proposta di modifica del “Codice dei Beni Culturali”, totalmente svuotato della funzione prioritaria della tutela, nella parte in cui rende “obbligatorio ma non vincolante” il parere dei funzionari.
Per tutto quanto finora detto le scriventi Organizzazioni si rivolgono alle forze politiche coinvolte nella discussione parlamentare affinché votino contro tali emendamenti e convincano la maggioranza, eventualmente, a riscriverli. Laddove la politica decidesse di avallare il principio della “stabilizzazione selettiva” – ferma restando la nostra esplicita contrarietà – ci dichiariamo fin da ora pronti a tutelare nelle sedi più opportune tutti coloro che ne risultino esclusi.
In queste ore anche da autorevoli fonti ascoltiamo e leggiamo ricostruzioni imprecise sul mancato rinnovo del contratto sanità, con particolare riferimento a infermieri e medici.
Proviamo a fare un po’ di chiarezza e partiamo dalla basi, per l’unico contratto oggetto di trattativa fino ad oggi, che è quello del comparto.
Il governo ha stanziato per il rinnovo dei Ccnl pubblici per il triennio 22/24 risorse pari a circa il 10% in meno rispetto a quanto i salari sono stati erosi dall’inflazione nello stesso periodo (5,78% rispetto ad oltre il 16%); nelle due tornate precedenti (16/18 e 19/21) gli aumenti erano sempre stati superiori all’inflazione del periodo.
La traduzione dell’Aran di questo aumento del 5,78% (che è sull’intera massa salariale, quindi anche sulle voci di retribuzione accessoria) ha portato a stimare aumenti medi sul tabellare dell’area dei professionisti della salute (a cui appartengono, fra gli altri, gli infermieri) di 135 euro a regime.
Di questi 135 euro più del 50% sono già percepiti in busta paga a titolo di indennità di vacanza contrattuale potenziata, per scelta unilaterale del governo.
Gli importi per altre figure, ad esempio gli oss, sono inferiori: in questo caso 120 euro.
Per il personale amministrativo, quello che fa gli appalti, le assunzioni, le buste paga e che non percepisce nessuna indennità specifica, sono in media 127 euro.
In legge di bilancio 2025 il governo ha deciso di stanziare un ulteriore 0,22% del monte salari per incrementare le voci accessorie, in deroga a un blocco del salario accessorio che vige da quindici anni e che ha prosciugato la contrattazione; la somma di questo incremento e della quota parte del 5,78% destinato all’accessorio (indennità varie, straordinario, produttività, carriere) è pari (fonte Aran) a 13,2 euro procapite, sempre per l’area d’inquadramento delle professioni sanitarie.
Contestualmente ha stabilito di assoggettare nuovamente le spese per il welfare contrattuale si tetti di spesa previsti per il salario accessorio, sostanzialmente azzerando, come minimo, l’incremento dello 0,22% sopracitato.
Le risorse per l’accessorio, va ricordato, non vengono corrisposte a tutti in modo omogeneo ma solo a coloro che hanno diritto a un determinato istituto contrattuale (straordinari, indennità, etc) ma, convenzionalmente, si sommano agli incrementi tabellari per stimare l’impatto complessivo di un contratto.
A queste due voci, per gli infermieri, va aggiunta la quota per l’aumento dell’indennità di specificità infermieristica, che a regime nel 2025 vale circa 15 euro.
In tutta evidenza 135+15+13,2 non fa 180 euro , ma 163,2.
Quanto all’aumento dell’indennità di pronto soccorso, che si somma a questi importi e che porta incrementi significativi che vengono da più parti usati col risultato (o l’obiettivo) di confondere le acque andrebbe detto che gli infermieri che operano nei pronto soccorso sono un’assoluta minoranza (il personale del pronto soccorso, non solo infermieristico, è pari a circa 23.000, il 4% della platea di 581.000 che costituiva il personale del SSN nel 2021, fonte Aran).
Quindi per il 96% del personale, infermiere e non, della parte consistente di aumenti legati all’indennità di pronto soccorso non c’è traccia e ci si ferma, nella migliore delle ipotesi a 163,2 euro.
Corre, infine, l’obbligo di precisare che l’incremento dell’indennità di pronto soccorso, già presente nella Legge di Bilancio per il 2023 e anticipato con il Decreto 34/23 al 1/6/23, poteva già essere erogato agli operatori di PS in base al vigente CCNL 19/21 e agli Accordi Sindacali Regionali vigenti, in base alle regole lì stabilite, come da noi sempre sostenuto.
Infine sulla detassazione, prevista sia per le prestazioni straordinarie aggiuntive che per gli straordinari dei soli infermieri, è utile precisare che:
Spiegato così siamo certi sia più chiaro a tutti, addetti ai lavori e no, perché quel contratto, anche solo per la sua parte economica, non era sottoscrivibile e perché, assieme a tante lavoratrici e a tanti lavoratori, ci ostiniamo a chiedere di più.
E a proposito di “forse si poteva protestare prima” corre l’obbligo di ricordare come questa la nostra organizzazione, al pari delle altre due non firmatarie, ha scioperato contro questa legge di bilancio, e lo stessa ha fatto contro tutte le leggi di bilancio recessive a partire da quella del governo Draghi in avanti.
“Forse si poteva protestare prima”. Se tutti avessero fatto lo stesso non rompendo il fronte sindacale in attesa delle concessioni del governo, puntualmente non arrivate, saremmo ora in un’altra situazione.
P.s. anche i migliori sbagliano, magari perché informati male:
CCNL funzioni centrali: Fp Cgil, Uil Pa e Usb hanno confermato il giudizio negativo su un contratto che, per la prima volta, non recupera con gli aumenti stipendiali il maggiore peso dell’inflazione registrato nel triennio di rifermento. A fronte, infatti, di una inflazione complessiva registrata per gli anni 2022, 2023 e 2024, pari al 15,4 per cento, le risorse del contratto sono il 5,78 per cento che nonostante produca adeguamenti sul tabellare di poco più alti non recuperano neanche l’inflazione.
Per FP CGIL, UIL PA e USB PI questo contratto segna l’abbandono del CCNL quale strumento utile a determinare la crescita delle retribuzioni per tutti i lavoratori.
Per questo, ancor più incomprensibile e non condivisibile la scelta delle organizzazioni firmatarie di avallare questo contratto.
I lavoratori, con l’entrata in vigore del nuovo contratto, avranno una perdita definitiva del valore del proprio stipendio dal 2021 (anno di scadenza del contratto precedente) ad oggi pari a 146,51 euro al mese per un funzionario, 120,65 euro al mese per un assistente e 114,62 euro al mese per un operatore.
In più, gli aumenti dichiarati nel ccnl, per effetto dell’indennità di vacanza contrattuale e degli anticipi già pagati dal governo, si tradurranno nei prossimi cedolini in aumenti mensili lordi reali da un minimo di 47,22 per un funzionario ex area III F7 a un massimo di 80,33 di un funzionario ex area III F1, come si vede dalla tabella che segue:
Sulla parte normativa aumentano gli spazi lasciati alla gestione discrezionale delle amministrazioni.
Come per la settimana su quattro giorni dove si conferma la discrezionalità delle amministrazioni e per lavoratrici e lavoratori, non riducendo l’orario di lavoro settimanale di 36 ore ma comprimendolo in 9 ore al giorno per 4 giorni più la pausa obbligatoria, costituirà un ulteriore elemento di discriminazione, in particolare delle donne, sulle quali grava la maggior parte del lavoro di cura. Più che settimana corta è settimana densa.
Così come per il tanto decantato riconoscimento del buono pasto nei giorni di smart working che diventa il modo per le amministrazioni di richiedere vincoli orari nelle prestazioni non previsti dalla legge.
Infine, il danno per molti a vantaggio di pochi e sempre che vada bene all’amministrazione si ha con la norma sul consolidamento delle posizioni organizzative: l’aumento da 2.600 a 3.500 euro sarà a carico del fondo e non con risorse aggiuntive e da qui in avanti chi verrà individuato e confermato dal dirigente per otto anni, avrà il diritto di mantenere l’incarico a vita, precludendo così la possibilità agli altri colleghi di poter aspirare agli stessi esclusivamente in nome della maggiore anzianità e benevolenza da parte del dirigente.
Per questi motivi FP CGIL, UIL PA e USB PI non hanno cambiato idea, forti anche del pronunciamento delle migliaia di lavoratrici e dei lavoratori ascoltati e consultati in questi mesi, e hanno confermato la indisponibilità ad assecondare la volontà del governo.
Non firmare il contratto 2022/2024 non è una rinuncia ma il solo modo oggi possibile per tenere alta la voce di quanti chiedono contratti dignitosi.
Per questo la partita non si chiude qui e invitiamo le lavoratrici e i lavoratori del Comparto delle Funzioni Centrali a continuare la mobilitazione per dare valore al lavoro pubblico e restituire dignità a chi entra nelle amministrazioni pubbliche per dare un servizio di qualità al paese.
In queste ore è in discussione alla Camera il disegno di legge n. 1621 presentato dal Ministro Foti, allora capogruppo di FdI, che reca profonde modifiche all’assetto ordinamentale della Corte dei Conti. In particolare è l’emendamento 2.06 dei relatori Kelany (FdI) e Pittalis (FI) a destare forti preoccupazioni per il personale dipendente delle funzioni centrali, che sarebbe interessato da una profonda riorganizzazione territoriale della Corte secondo quanto previsto al comma 3, con la soppressione di 15 sezioni regionali di controllo su 21 per accentrare l’attività svolta in sole 6 sedi macroregionali.
Riteniamo un errore grave aver formulato questa proposta da parte dei relatori senza alcun confronto con chi rappresenta il personale che ogni giorno si adopera per garantire l’attività della più antica magistratura d’Italia. Crediamo inoltre che l’azione di responsabilità erariale si eserciti nelle piene garanzie del dettato costituzionale anche grazie alla prossimità territoriale e alla vicinanza con le amministrazioni locali, che garantisce efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa. Per queste ragioni di merito la FP CGIL è in campo per fermare questo progetto scellerato di riforma dell’ordinamento e dell’organizzazione della magistratura contabile, che avrebbe poi gravissime ripercussioni su oltre 900 unità di personale che sarebbero costrette ad affrontare trasferimenti forzati a centinaia di km dalle loro famiglie, stravolgendo completamente le loro vite.
Grazie all’azione delle organizzazioni sindacali del personale amministrativo e dirigenziale, dell’Associazione Nazionale Magistrati Corte dei conti, il termine per eventuali subemendamenti alla proposta 2.06 è stato prorogato al 28 gennaio prossimo. Ci appelliamo a tutte le forze politiche, di maggioranza e opposizione, per ritirare questo emendamento ed evitare così la paralisi e il grave pregiudizio all’azione della Corte dei conti in tutte le sue sedi.
Il 14 gennaio 2025, dando seguito al mandato ricevuto dalle lavoratrici e dai lavoratori di Federcasa durante la consultazione svolta nel mese di novembre 2024, la Fp Cgil ha sottoscritto il CCNL 2022-2024, su cui la nostra Federazione aveva sospeso il giudizio in attesa di confrontarsi con il personale cui il contratto si applica.
A seguito della consultazione abbiamo, quindi, comunicato alla controparte e alle altre organizzazioni sindacali gli esiti del percorso di partecipazione democratica svolto evidenziando come lavoratrici e lavoratori abbiano condiviso le valutazioni di merito sugli avanzamenti e sulle criticità emerse nel corso della trattativa, sulla cui risoluzione la nostra Federazione si impegnerà fin da subito.
Al Segretario per i Diritti Umani della Repubblica Argentina
Dott. Alberto Baños
Egregio signor Baños,
la FP CGIL esprime la sua profonda preoccupazione per la crescente ondata di licenziamenti che ha colpito l’intero settore pubblico e il personale della Segreteria dei Diritti Umani della Repubblica Argentina, un’entità chiave nella costruzione e conservazione delle politiche di memoria, verità e giustizia e nella continuità di decenni di lavoro collettivo per garantire che le violazioni dei diritti umani in Argentina non si ripetano più.
I settori che dipendono da voi non sono solo organismi amministrativi, ma un supporto fondamentale nella difesa e nella promozione dei diritti umani, e il loro indebolimento mette a rischio l’impegno e l’obbligo dello Stato nei confronti di politiche pubbliche della memoria che costituiscono un patrimonio universale fondamentale.
La FP CGIL esprime la propria preoccupazione per quanto sta accadendo in Argentina con lo smantellamento da parte del governo di importanti strutture statali preposte alla conservazione della memoria della dittatura e con l’attacco generalizzato alle lavoratrici e ai lavoratori del settore pubblico con le migliaia di licenziamenti effettuati dal governo Milei nelle amministrazioni.
Tenendo conto della forte vocazione democratica della nostra organizzazione e della convinzione che sia fondamentale opporsi a livello internazionale, insieme alle organizzazioni sindacali argentine, a qualsiasi attacco che possa indebolire la democrazia, riteniamo grave che mentre la ferita della dittatura in Argentina è ancora aperta, il governo continui a indebolire alcune importanti istituzioni che contribuiscono a mantenere viva la memoria della dittatura.
Oltre al recente licenziamento di massa di fine anno dei lavoratori del centro Haroldo Conti, situato nell’ex Esma, esprimiamo la nostra preoccupazione per l’indebolimento dei luoghi della memoria che operano negli ex centri di detenzione clandestina e per il Registro unico delle vittime del terrorismo di Stato.
Siamo solidali con i sindacati argentini nel respingere i massicci licenziamenti di dipendenti pubblici avvenuti nell’ultimo anno nei diversi settori dell’amministrazione pubblica.
Le organizzazioni sindacali e la società civile organizzata internazionale osservano con crescente preoccupazione il deterioramento delle condizioni di lavoro e di vita dei lavoratori argentini e chiedono al vostro governo il rispetto assoluto della legislazione del lavoro in vigore e dei diritti acquisiti.
Cordiali saluti,
Giordana Pallone
Segretaria nazionale FP CGIL
“Il Governo ancora una volta mortifica la dignità dei lavoratori pubblici. Stavolta è il turno dei dipendenti delle Funzioni Locali, un comparto dove il reddito medio è più basso, che devono fare i conti con l’insufficienza di risorse stanziate nelle leggi di bilancio per coprire il triennio 2022/24. Abbiamo ribadito anche oggi che non ci sono le condizioni per sottoscrivere un’ipotesi che non fornisce risposte al tema centrale: aumentare lo stipendio tabellare. Non ci sono risposte per la Polizia locale, per il settore educativo scolastico, per gli amministrativi, i tecnici e demografici, gli assistenti sociali. Questo comparto ha una pluralità di figure e servizi che hanno bisogno di strumenti di valorizzazione professionale che la bozza di CCNL presentata da Aran non contiene a causa dell’assenza di risorse disponibili. Ciò crea frustrazione nelle lavoratrici e nei lavoratori di un comparto che già soffre per la carenza di personale e i bassi salari. In questa ipotesi di contratto, ancora, non si vede nulla per Province, oggetto di profonde riforme, Avvocatura, Camere di Commercio e Piccoli Comuni”.
Lo dichiarano in una nota Fp Cgil e Uil Fpl, a seguito del tavolo di trattativa per il rinnovo contrattuale del CCNL del Personale del Comparto Funzioni Locali relativo al Triennio 2022-24 tenutosi oggi in Aran.
“Chiedevamo altresì – aggiungono – di costruire un sistema di incentivazione e incarichi che riconoscesse le specificità, ma neanche il salario accessorio può dare risposte a causa dei blocchi al tetto del 2016 che il Governo si ostina a non rimuovere. Per queste ragioni abbiamo giudicato ancora non sottoscrivibile la bozza di contratto non cedendo al ricatto ‘bere o affogare’”.
“In una trattativa – proseguono i sindacati – se la parte sindacale dichiara a quella datoriale che non ci sono le condizioni si tenta di trovare un nuovo equilibrio ascoltando le ragioni degli altri. Ed è quello che per noi va fatto. Gli Enti locali hanno subito pesanti tagli e per questo il Governo ha una responsabilità doppia nei confronti di questo comparto che rischia di essere il più penalizzato. Bisogna ricordare che un anticipo è stato già erogato, quindi gli aumenti reali sarebbero davvero bassissimi. In più, non ci sono risorse per le progressioni e non è prevista l’area dell’elevata qualificazione. Ci viene allora da fare una domanda al Ministro Zangrillo: ma che gli hanno fatto di male i lavoratori delle Funzioni Locali per essere così penalizzati? Noi certamente non accetteremo compromessi al ribasso. Per noi la battaglia va avanti, per difendere la dignità e la professionalità dei lavoratori degli enti locali”.
“L’Aran ha ribadito la chiusura netta del Ministro Zangrillo ad aprire il confronto sulle risorse dichiarando di fatto la volontà del Governo di non voler arrivare ad una soluzione sulle risorse, ed è paradossale che alcune organizzazioni sindacali confederali al tavolo abbiano dichiarato di condividere questa impostazione anche se non fornisce risposte adeguate. Evidentemente c’è chi deve rispondere al Governo. Noi Cgil e Uil scegliamo di rispondere ai lavoratori delle Funzioni Locali”.
“Quanto alla proposta di Aran di proseguire il confronto con tavoli tecnici, questa scelta conferma da un lato che grazie alla nostra maggioranza preponderante al Tavolo siamo riusciti ad avere ulteriori spazi di confronto per rivedere quelle parti normative del testo che ad oggi o non abbiamo discusso o vanno modificate, ma la battaglia aperta rimane quella sulle risorse senza le quali non ci possono essere soluzioni condivise”, concludono Fp Cgil e Uil Fpl.
Il 5,78% di aumento, ben lontano dall’inflazione al 16,5% nel triennio di riferimento, produce effetti ancora inferiori per le funzioni locali, come si vede in questo schema:
Area Funzionari ed elevate qualificazioni: aumento lordo euro 141,5 euro; aumento decurtata l’Indennità di vacanza contrattuale (Ivc) 67,04 euro; aumento netto circa 38,70 euro.
Istruttori: aumento lordo euro 130,41; aumento decurtata l’Ivc 61,80; aumento netto circa 42,26.
Operatori esperti: aumento lordo 116,03; aumento decurtata l’Ivc 54,97; aumento netto circa 37,59.
Operatori: aumento lordo 111,45; aumento decurtata l’Ivc 52,78; aumento netto circa 36,09.
Referendum CCNL Funzioni Centrali: lavoratrici e lavoratori bocciano l’ipotesi separata