Assicurare a tutte le donne Ivg farmacologica in regime ambulatoriale

“Basta disinformazione e demagogia sulla pillola RU486! Ancora una volta, con la scusa di falsi timori per la salute delle donne, si vuole attaccare il loro diritto alle scelte riproduttive e all’autodeterminazione”. Con queste parole un vasto cartello di associazioni impegnate sul fronte dei diritti, insieme a Amica, Cgil e Fp Cgil, lanciano una petizione su change.org per chiedere che le donne siano libere di scegliere e che sia loro assicurata la possibilità di eseguire l’interruzione volontaria di gravidanza farmacologica, anche in regime ambulatoriale.

“Diverse regioni governate dal centrodestra (Marche, Umbria, Lombardia, Piemonte e Abruzzo) – spiegano – si pongono in aperto contrasto con le nuove linee di indirizzo del Ministero della Salute e in molte parti del nostro Paese l’accesso all’Ivg farmacologica continua ad essere praticamente impossibile, un vero e proprio percorso a ostacoli. La sanità pubblica – proseguono i primi firmatari della petizione – deve essere laica e deve assicurare alle donne procedure moderne e basate sulle evidenze scientifiche”.

“Chiediamo un intervento del Governo e del Ministero della Salute. Deve essere assicurata a tutte le donne la possibilità di eseguire la Ivg farmacologica, anche in regime ambulatoriale. Inoltre bisogna investire sui consultori pubblici, anche attraverso un piano di assunzioni, e monitorare l’attuazione delle nuove linee guida del ministero da parte di tutti”, queste le rivendicazioni alla base della petizione.

Diretta Facebook su @fpcgil, lunedì 8 marzo alle 16.30

Donna. Io l’Otto. È il nome dell’iniziativa che si terrà in occasione della Giornata Internazionale delle donne, per avviare una riflessione sulla condizione delle donne nel mondo del lavoro. Appuntamento lunedì prossimo, 8 marzo, in diretta Facebook dalle 16.30.

Quanto è impari la cittadinanza delle donne nella vita lavorativa, nella vita pubblica e sociale e in quella istituzionale? Leadership femminile e gender gap sono le questioni da affrontare, consapevoli che non si tratta di aspetti marginali per lo sviluppo del paese, ma di una priorità.

Le donne sul lavoro

In Italia le donne occupate in posizioni dirigenziali sono appena il 18%, con una crescita negli ultimi 10 anni dello 0,3%. I pochi ruoli manageriali delle donne, inoltre, fanno emergere un altro dato su cui è necessario lavorare: qui troviamo le maggiori differenze retributive di genere. Un uomo dirigente guadagna molto di più di una donna dirigente.

Eppure è dimostrato che l’equilibrio di genere fa aumentare il fatturato delle aziende e fa crescere il PIL. Le imprese con governance mista, equamente distribuita tra uomini e donne, sono più competitive e reagiscono meglio nei contesti di crisi.

Le donne nella vita sociale

Nelle istituzioni, nella vita pubblica e sociale la possibilità di espressione delle capacità femminili sono ancora ridotte a pochi spazi, faticosamente raggiunti. Decisioni e strategie politiche di genere vengono ancora maturate in ambienti politici a componente maggioritaria maschile, le donne fanno ancora fatica – a 60 anni dalla legge che attribuisce loro il diritto all’elettorato attivo – ad accedere ai ruoli istituzionali.

Le donne nel privato

Nonostante si stia facendo un percorso per scardinare una mentalità retrograda che vede la donna come maggiore (se non unica) addetta alla cura della casa e della famiglia, nei fatti e nelle idee questa rimane una visione fin troppo radicata – delle volte consapevolmente, altre inconsapevolmente – e ancora da superare. E’ quindi necessaria una rilettura dei ruoli tradizionali di cura, anche attraverso una redistribuzione dei carichi fuori dagli stereotipi di genere.

Oltre alla necessità di sradicare alla base queste visioni maschiliste e retrograde, ci sono anche altre strade da percorrere in questa stessa direzione, come quella di procedere ad un potenziamento dei servizi pubblici come asili nido e scuole dell’infanzia o servizi per l’assistenza agli anziani, per liberare le donne, dando loro maggiore libertà di scelta lavorativa e di carriera.

Gli impegni da assumere

L’Italia ha messo al centro della sua presidenza del G20 il tema dell’empowerment femminile e ora deve assolutamente agganciare gli stanziamenti del NextGenerationEU per colmare il gender gap e dare una spinta decisiva di sviluppo al Paese e, attraverso la giusta rappresentanza nei ruoli chiave, dare un senso vero e tangibile alla parità di genere.

Ne parliamo insieme l’8 marzo, in diretta Facebook su @fpcgilnazionale, dalle ore 16.30.

IL PROGRAMMA

Interverranno:

  • Susanna Camusso, Responsabile politiche di genere e internazionali Cgil
  • Anna Canepa, Magistrata – Sostituta Procuratrice DNAA Roma
  • Giorgia D’Errico, autrice di “Maschile singolare”
  • Massimiliano Prestini, Fp Cgil
  • Linda Laura Sabbadini, Statistica – Direttrice Centrale dell’Istat – Chair del W20
  • Serena Sorrentino, Segretaria generale Fp Cgil
  • Lara Verbigrazia, Politiche di genere Fp Cgil

Modera Giorgio Sbordoni, giornalista di Collettiva

 

Donne della Polizia Penitenziaria in netta minoranza, con pochi posti disponibili nei concorsi, escluse dai percorsi di carriera. Cosa vuol dire essere donne poliziotte, in un ambiente da sempre maschile

 

Come vive una donna che lavora in un carcere? Con quali condizioni di lavoro ha a che fare ogni giorno? Cosa vuol dire lavorare in un ambiente che negli anni è sempre stato caratterizzato da una presenza prettamente maschile? Esiste la tanto decantata parità di genere nel mondo del lavoro e, in particolare, in quello delle donne in divisa? Questi gli interrogativi dai quali siamo partiti e che ci hanno portato a costruire un’idea di parità, umana e professionale, che abbiamo deciso di condividere, domani, a Milano, nel Carcere di San Vittore, con un’iniziativa targata Fp Cgil dal titolo ‘Oltre le sbarre, il lavoro delle donne in divisa’.

 

Donne e lavoro.

Purtroppo viviamo in un Paese in cui, più che nel resto dell’Europa, si scontano importanti disparità di condizioni tra i generi. Assistiamo sempre più spesso, negli ultimi mesi, a iniziative della politica che, di fatto, minano le libertà e i diritti individuali delle donne, ad un arretramento culturale che rafforza un modello di società patriarcale. Questo ‘modus pensandi’ si riversa inevitabilmente nel mondo del lavoro, tutto. A partire dalle retribuzioni. Lo scenario italiano infatti è quello di donne mediamente molto più istruite dei colleghi uomini, ma con salari inferiori, a parità di occupazione e di mansioni, nonostante le più elevante competenze. Secondo gli ultimi dati Istat, relativi al 2018, lo scarto di retribuzioni tra uomini e donne sfiora il 30%.

 

La maternità.

A maggior ragione la maternità è implicitamente considerata, in Italia, un evento personale e legato alla vita privata – e, diciamocelo, un inconveniente per il datore di lavoro – piuttosto che una risorsa per il Paese, che in fondo non è altro che una macchina che si mette in moto e si alimenta, di generazione in generazione. E’ di conseguenza considerato un costo quello per i servizi a sostegno delle famiglie, piuttosto che un investimento. Secondo i dati Istat, infatti, sono il 27% le madri che lasciano il lavoro per prendersi cura dei propri figli, contro il solo 0,5% degli uomini nella stessa condizione.

 

Le donne della Polizia Penitenziaria.

Non è difficile immaginare quanto possa essere enormemente più complicato per tutte quelle donne che trascorrono gran parte della propria giornata, ogni giorno, in ambienti di lavoro in cui la presenza maschile è predominante. La presenza di donne nel corpo di polizia penitenziaria è una novità introdotta appena 29 anni fa con la Legge 395 del 1990 e rappresenta oggi il 9% del personale tra gli agenti (il 7% tra i sovraintendenti e il 12% tra gli ispettori). Questa è una conseguenza anche della normativa vigente secondo cui “il personale del corpo di polizia penitenziaria da adibire ai servizi in Istituto all’interno delle sezioni deve essere dello stesso sesso dei detenuti”. E se consideriamo che la popolazione carceraria è costituita da circa 55 mila detenuti uomini e da sole 2.228 detenute donne (dati del 2017), va da sé che la presenza maschile è quasi esclusiva.

Ma è davvero quella vigente l’unica modalità possibile? Eppure questo non vale per tutte le legislazioni. Ci sono infatti esperienze europee (come quelle di Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Spagna, Portogallo, Regno Unito, Francia e Germania) in cui le donne della Polizia Penitenziaria sono ammesse anche nelle sezioni maschili, salvo che per le operazioni di perquisizione dei detenuti. Queste esperienze ci insegnano che aumentare il numero di donne nel corpo di Polizia Penitenziaria, se fatto con criterio, è possibile. C’è poi da considerare che l’Italia esclude attualmente le donne non solo dai ruoli che operano all’interno delle sezioni detentive, ma anche da ruoli e mansioni che non prevedono il lavoro in sezione: ispettori e sovrintendenti. Gli ultimi concorsi per accedere ai suddetti ruoli, infatti, hanno previsto soli 172 posti femminili per i sovrintendenti, pari al 6% (contro 2.679 posti maschili) e 35 posti femminili per gli ispettori pari al 5% (contro i 608 maschili). Per gli agenti la percentuale aumenta al 22%, con 196 agenti donne e 678 agenti uomini.

 

Le condizioni di lavoro.

Quanto detto fino adesso tocca solo questioni numeriche, c’è poi tutta la questione di come si lavora nelle carceri. Un ambiente storicamente maschile ha mantenuto in sé una serie di aspetti organizzativi e pratici, oltre che psicologici e umani, che rendono difficile il clima per le donne poliziotte. Nelle carceri, per esempio, non ci sono spogliatoi, bagni, armadietti e stanze per il pernottamento che siano riservati alle sole donne. Mancano misure di flessibilità di orari e turni per armonizzare quanto più possibile la conciliazione della vita personale con il lavoro. Sono tanti gli aspetti che fino ad oggi non sono stati curati e che meritano invece la giusta attenzione.

 

Per questo la Fp Cgil ha deciso, attraverso questa iniziativa, di sensibilizzare la politica a questo tema e di avanzare delle proposte, contenute nella Piattaforma per le pari opportunità, che permetterebbero a tutto il personale di Polizia Penitenziaria, uomini e donne, di vivere in armonia, nel rispetto e nella realizzazione personale e professionale. Nel corpo di Polizia Penitenziaria vi è una discriminazione verso le donne sostanziale rispetto a quanto avviene negli altri corpi di polizia. “Siamo convinti – commenta il sindacato – che una maggiore presenza femminile in ambienti così chiusi e delicati possa dare un contributo importante, rendendoli più sereni e vivibili. Non possiamo fare passi indietro, dobbiamo procedere in avanti, in direzione di una parità di opportunità tra uomini e donne che è da ritenersi civile”.

 

Le donne in divisa si raccontano:

 


Leggi anche: Donne in divisa: intervista a Manuela, Comandante in un carcere

Leggi anche: Carceri: Fp Cgil, domani a Milano iniziativa ‘Oltre le sbarre’

 

“È giunto il momento di portare la parità di genere in quei posti di lavoro, come quello del Corpo di Polizia Penitenziaria, da sempre caratterizzati da una presenza prevalentemente maschile. È un’evoluzione civile dovuta”. Questo lo spirito con il quale ieri la Funzione Pubblica Cgil si è recata al Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria per incontrare il capo del Dipartimento, Francesco Basentini, e avanzare delle proposte “nella direzione del buon senso”.

 

Tanti gli aspetti sui quali è necessario lavorare, secondo la Funzione Pubblica Cgil. Primo tra tutti le assunzioni al femminile. Infatti al momento è prevista nel Corpo di Polizia Penitenziaria una presenza di donne pari al numero di detenute, attualmente appena il 5%, limite posto solo in questo Corpo. Non si tiene conto di tutti quei ruoli che non prevedono il lavoro con i detenuti, per i quali i concorsi sono aperti ai soli uomini. “Percentuale veramente bassa e misura priva di buon senso. Per questo stiamo lavorando nella direzione di calibrare una proposta assunzionale che tenga conto sì delle specificità e criticità dei ruoli e delle situazioni di pericolo potenziale, ma anche dell’importanza di dare alle donne l’opportunità di svolgere questo lavoro”. Altrettanto importante, fa sapere il sindacato, è la previsione di un’assistenza psicologica per i dipendenti degli istituti penitenziari, che chiaramente si rivolga indistintamente a uomini e donne. “Un atto di civiltà che tarda fin troppo ad entrare nella realtà delle carceri”. In seguito la Fp Cgil chiede un adeguamento delle strutture e dei servizi: bagni, docce e servizi igienici per le lavoratrici, stanze per il pernottamento, spogliatoi e armadietti personali, che al momento sono condivisi tra colleghe donne e colleghi uomini. Altro aspetto è quella della tutela delle lavoratrici madri, attraverso una serie di misure di flessibilità di orari e turni, prevedendo anche delle agevolazioni per quanto riguardo gli asili nido delle strutture. Infine non va trascurata la formazione e la sensibilizzazione al tema della parità di genere, possibile attraverso percorsi formativi specifici rivolti non solo alle lavoratrici ma anche a lavoratori e dirigenti. Tutti questi elementi di novità dovranno essere accompagnati dal monitoraggio del Comitato per le pari opportunità e da un lavoro di ricerca e rendicontazione delle condizioni e del clima sul posto di lavoro, con particolare attenzione al tema della prevenzione e della lotta alle molestie sessuali.

Questa la sintesi della proposta della Funzione Pubblica Cgil avanzata ieri al Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria, con la promessa di un nuovo incontro per continuare a discutere della questione e delineare in modo sempre più definito le misure più adeguate a garantire le pari opportunità all’interno del Corpo di Polizia Penitenziaria.

 

Leggi le nostre proposte

8 marzo: come ieri, per domani, Funzione Paritaria

A 40 anni dall’approvazione della legge 194 continua, oggi come ieri, la nostra ‘Funzione Paritaria’ per rivendicare e difendere libertà e autodeterminazione delle donne.

X
Questo sito usa i cookie per offrirti la migliore esperienza possibile. Procedendo con la navigazione sul sito o scrollando la pagina, accetti implicitamente l'utilizzo dei cookie sul tuo dispositivo. Informativa sull'utilizzo dei cookie Accetto