Lettera al Capo Dipartimento sui lavoratori ATU

18 Luglio 2011

Lettera al Capo Dipartimento sui lavoratori ATU

Roma, 14 maggio 2007

Al Capo Dipartimento
Organizzazione Giudiziaria
Claudio Castelli

Dottor Castelli,
dopo i contatti informali torniamo sulla vicenda dell’assistenza tecnica unificata per precisare la nostra posizone e chiederle un intervento mirato.
E’ noto che negli uffici giudiziari operano da molti anni circa 1000 lavoratori dipendenti di società private sulla base di contratti distrettuali amministrati dai CISIA.
Il presupposto di questi contratti è la mancanza di professionalità sufficienti nella nostra amministrazione ad assicurare le indispensabili attività tecniche sistemistiche.
Questi lavoratori rappresentano il fondamentale e spesso unico punto di riferimento per qualunque problema di natura informatica di Procure e Tribunali Penali e Civili, impiegati tutti i giorni 8 ore al giorno in gestione server e basi dati (anche secretati), amministrazione reti, gestione e manutenzione parco hardware e software, supporto totale degli utenti, formazione ed altro, in rapporto diretto con tutti gli altri soggetti dell’amministrazione personale amministrativo, dirigenti e magistrati.
Comincia proprio qui il problema di cui non è certamente lei il responsabile ma del quale è chiamato a responsabilizzarsi: se le attività sono indispensabili e lo sono, se la situazione è nota da diversi anni, potremmo dire da sempre, il ministero non ha avuto la capacità, neanche graduale, di programmare una soluzione che fosse in grado di dotarsi di professionalità interne. Per questo motivo oggi ci troviamo contratti onerosi senza aver risolto il problema rappresentato dal fatto che se una professionalità è indispensabile essa deve essere, per definizione, interna all’amministrazione.
E’ infatti noto a tutti che i tagli prodotti dal precedente governo su questo terreno hanno rischiato di mettere in ginocchio l’intera amministrazione della giustizia e ancora oggi si procede in riconoscimento del debito e comunque con grande incertezza.
Molti di questi lavoratori prendono stipendi arretrati, molti sono inquadrati come collaboratori, ad alcuni si applica il contratto del commercio ad altri quello delle aziende metalmeccaniche, su tutti però incombe la minaccia ogni volta che si verifica un cambio di appalto di essere licenziati o messi in mobilità o collocati in cassa integrazione.
Ogni volta che si verifica un cambio di appalto la ditta che subentra propone ai lavoratori un contratto al ribasso sia dal punto di vista economico sia dal punto di vista dei diritti, se si rifiuta tale trattamento si è licenziati e a quel punto subentra un altro lavoratore che però è nuovo del servizio con le ripercussioni facilmente intuibili.
E’ pacifico che un lavoro specialistico non può essere trattato in maniera tanto bizzarra anche se queste sono le leggi del mercato, appena qualcuno di questi lavoratori trova una sistemazione che sia appena più garantita prepara i bagagli e si porta via la sua competenza, impoverendo così il sistema.
Le chiediamo quindi una riflessione che tenga insieme le necessità del servizio con quelle della professionalità di questi lavoratori, le gare al massimo ribasso non si conciliano con nessuna delle questioni che solleviamo, bisognerebbe introdurre degli elementi non soltanto formali di garanzia. E’ legale far lavorare persone con contratti di collaborazione, così come è legale applicare il contratto del commercio, ciò però non vuol dire che sia anche funzionale alle esigenze di una pubblica amministrazione in un settore delicato come è quello della giustizia.
Ci sono vari modi di mantenere, rispettando le norme, sostanzialmente la precarietà del lavoro. Questa precarietà diventa per i lavoratori precarietà di vita, per le amministrazioni precarietà del servizio che devono erogare e per i cittadini precarietà del diritto.
Non chiediamo per questi lavoratori un ingresso nella pubblica amministrazione perché ci rendiamo conto del quadro normativo di riferimento anche se varrebbe sempre la pena di approfondire questo tema, in ogni caso fra il tutto e il niente c’è uno spazio che deve essere riempito.Un primo passo positivo sarebbe quello di stabilire un controllo sugli appalti più rigoroso, per evitare la pratica dei subappalti, la previsione negli appalti di clausole più stringenti del contratto di lavoro da applicare, la massima limitazione del ricorso alle collaborazioni attraverso il passaggio a forme più stabili del rapporto di lavoro e naturalmente la clausola di garanzia occupazionale, secondo la quale chi subentra nell’appalto deve garantire il medesimo trattamento economico e normativo ai dipendenti in servizio.
Distinti saluti

Per FP CGIL Funzioni Centrali
Cosimo Arnone

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