Roma, 13 Giugno 2016
Con nota prot. n. 82924 del 27 maggio 2016 l’Amministrazione
ha chiarito e integrato la
nota prot. n. 2011/183815 del 21 dicembre 2001 e nello specifico
“al ricorrere della fattispecie
prevista alla lettera a), secondo comma le ore di
formazione in eccedenza rispetto al profilo
orario giornaliero del dipendente sono considerate
prestazione di lavoro straordinario in
pagamento, oppure accantonate come banca ore o riposo
compensativo, a richiesta
dell’interessato”.
Detto chiarimento è pervenuto a seguito dell’orientamento
applicativo AGF-075 del 3 marzo
2016 dell’Aran.
Ad avviso della scrivente O.S. la lettera b), della nota
2011/183815 del 21 dicembre 2011 è
stata interpretata in maniera restrittiva da molte
Direzioni Regionali, che da un lato hanno previsto
l’eventuale recupero delle ore inferiori al normale
orario di lavoro e dall’altro nessun
accantonamento come banca delle ore/ riposo compensativo
delle ore eccedenti.
Inoltre, da informazioni acquisite, sappiamo che nella
stessa Direzione Centrale le ore in
eccedenza, per corsi di formazione fuori dalla sede di
lavoro, sono state riconosciute.
Ciò premesso, la scrivente O.S. ritiene che non può esserci
alcuna diversa interpretazione
tra corsi svolti all’interno della sede di servizio e
fuori dalla stessa, di conseguenza
CHIEDE
l’applicazione dell’orientamento applicativo AGF-075 del
3 marzo 2016 dell’Aran anche per
i corsi fuori dalla sede di servizio, lettera b), della
nota 2011/183815 del 21 dicembre 2011.
Il Coordinatore Nazionale Agenzie Fiscali
Luciano Boldorini
Il
coordinatore Nazionale Agenzia Entrate
Carmine Di Leo
Roma, 24 maggio 2016
Lo scorso 19 maggio CGIL
CISL e UIL hanno organizzato in Piazza Montecitorio a Roma una mobilitazione nazionale
promossa per rappresentare al Governo e al Parlamento i rischi
che incombono sui servizi
scolastici ed educativi destinati all’infanzia.
Carenze di personale e di
risorse, l’esternalizzazione e la riduzione dei servizi –
soprattutto ai bambini con
disabilità che necessiterebbero di un’assistenza prolungata e
qualificata – sono i fattori
che accomunano le scuole per l’infanzia da nord a sud dello stivale,
condizionandone sia la
didattica che la sicurezza e mettendo a rischio di smantellamento un
sistema nevralgico per il
Paese sotto il profilo sociale.
Solo l’abnegazione dei
lavoratori e il sostegno economico prestato dai genitori dei bimbi –
chiamati a contribuire alle
spese di approvvigionamento di materiale didattico e finanche a
partecipare materialmente
alla manutenzione ordinaria dei plessi – consentono alle scuole
ancora di funzionare.
In questi anni il servizio
scolastico non si è avvicinato neanche lontanamente alla
copertura che la strategia di Lisbona 2000 aveva indicato – pari al 33% dei bimbi in età prescolare
– per raggiungere la quale
mancano all’appello almeno 1.700 nuove strutture e
almeno 20.000 lavoratori.
Anzi, a dispetto del mancato aumento del servizio previsto nel 2000
a Lisbona, oggi sono a
rischio anche quelli ben più ridotti erogati dal sistema pubblico.
Se non si vuole lasciare in
capo alle sole famiglie il problema dell’educazione del bambino
in età 0-6 anni, il Governo
deve intervenire con urgenza ed è per questo che chiediamo la
convocazione di un incontro
per discutere le nostre proposte che sono:
– Lo sblocco del turn over;
– Il superamento del
precariato
– La tutela e la valorizzare
dei lavoratori delle scuole dell’infanzia e degli asili nido
– La costruzione del nuovo
sistema educativo integrato da zero a sei anni.
Anche l’ANCI, investita delle nostre richieste, nella
nota di riscontro ha manifestato
grande preoccupazione per la problematica, in particolare
per le sorti del personale precario
per il quale auspica una celere soluzione attraverso un
percorso di immissione in ruolo.
In attesa comunque dello sblocco del turn-over e della
stabilizzazione del precariato
esistente, è prioritario innanzitutto procedere alla
proroga dei contratti del personale precario
che ha garantito in questi anni la copertura degli
incarichi e la sostituzione delle assenze,
nell’impossibilità di realizzare il necessario ricambio
generazionale.
FP CGIL CISL FP UIL FPL
Rossana Dettori Giovanni Faverin Giovanni Torluccio
Comunicato Stampa Fp Cgil, Cisl Fp, Uil Fpl e Uilpa
Roma,
27 maggio 2016
Piazze piene in tutta Italia di lavoratrici e
lavoratori dei servizi pubblici, scioperi nei luoghi di lavoro con
adesioni altissime. Con questo bilancio si chiude la mobilitazione
territoriale promossa da Fp-Cgil, Cisl-Fp, Uil-Fpl e Uil-Pa: un impegno
lungo circa due mesi per rivendicare il diritto ad un rinnovo dei
contratti che tarda ormai da quasi sette anni. Una mobilitazione che ha
attraversato l’intero paese, con scioperi e manifestazioni a carattere
regionale, accompagnata da centinaia di assemblee, dal coinvolgimento
della cittadinanza e dal confronto con le istituzioni locali. Un fitto
calendario a sostegno di un diritto, sancito dalla corte costituzionale a
luglio dello scorso anno, e da una proposta innovativa per rilanciare i
servizi pubblici come volando per la crescita del paese.
“Siamo
partiti dal basso – affermano i segretari generali di Fp-Cgil, Cisl-Fp,
Uil-Fpl e Uil-Pa, Rossana Dettori, Giovanni Faverin, Giovanni Torluccio
e Nicola Turco -, dai territori e dai luoghi di lavoro, con il sostegno
delle lavoratici e dei lavoratori che ogni giorno, tra mille fatiche,
garantiscono i servizi pubblici, siano essi del mondo pubblico che di
quello privato. Abbiamo portato la nostra proposta di cambiamento: nuovi
modelli organizzativi, innovazione dei processi, produttività vera,
investimento nelle competenze, motivazione e partecipazione. Punti sui
quali – aggiungono – abbiamo incrociato il sostegno dei cittadini e
delle imprese: serve una pubblica amministrazione capace di offrire
servizi più veloci e di qualità. E il solo strumento per farlo è il
contratto”.
Per
queste ragioni, proseguono, “forti di questo sostegno, forti delle
nostre ragioni, la mobilitazione non si ferma. Andremo avanti da subito.
E alla ministra Marianna Madia vogliamo ricordare che è tempo di
avviare il confronto sui rinnovi. Siamo disponibili ma con un punto
fermo: il rinnovo dei contratti deve riguardare tutti i lavoratori.
Sette anni di attesa, i sette anni della crisi, hanno inciso
trasversalmente sull’intero mondo del lavoro pubblico, senza
distinzioni. La crisi ha colpito tutti e tutti meritano una risposta, il
riconoscimento di un diritto: il rinnovo del contratto, subito e per
tutti”, concludono Dettori, Faverin, Torluccio e Turco.
A TUTTO IL PERSONALE
Roma, 13 giugno 2016
Apprendiamo con soddisfazione, che nella
pubblicazione del Ruolo 2016, l’Amministrazione ha accolto
la nostra richiesta (vedi allegato) di eliminare il dato
sensibile del personale femminile, quale lo stato civile,
ovvero il cognome del coniuge o dello stesso deceduto.
Finalmente anche la Corte dei conti si
adegua ed elimina una disparità di trattamento, da noi
sempre segnalata, cancellando un dato pubblico che nulla ha
a che fare con il grado di professionalità raggiunto, ma che
riguarda esclusivamente un dato personale e strettamente
privato.
Il Coordinatore Nazionale Fp Cgil Corte
dei conti
Susanna Di Folco
Circolare ministeriale n.0200955 del 13.6.2016.
Nota ministeriale n. 0200214 del 10 giugno 2016, e relativi allegati.
Roma, 8 giugno 2016
“Ha ragione il ministro della Salute, Beatrice
Lorenzin, quando afferma che non si possono fare le nozze con i fichi
secchi. Ma questa affermazione dovrebbe essere rivolta al suo governo
che, attraverso precise scelte politiche, continua a destinare più
risorse ad altri settori: dagli imprenditori alle banche”. Così la
segretaria nazionale della Fp Cgil, Cecilia Taranto, e il segretario
nazionale della Fp Cgil Medici, Massimo Cozza, commentano le parole
della titolare del dicastero della Salute, Beatrice Lorenzin, circa
l’indagine del Censis.
Una ricerca che, affermano Taranto e
Cozza, “fotografa una situazione sempre più precaria della sanità
italiana, da noi denunciata da diversi anni, dove milioni di cittadini
non riescono ad accedere alle prestazioni sanitarie a causa del muro
delle liste di attesa e dei ticket. È il frutto amaro – proseguono – di
anni di tagli alla sanità che anche questo governo ha continuato, come
chiaramente descritto anche nel recente Def dove si prospetta una
costante riduzione della percentuale del Pil legata alla sanità, che
dovrebbe scendere nel 2019 al 6,5%, soglia sotto la quale si riduce
l’aspettativa di vita, secondo gli stessi esperti dell’Oms”, concludono.
Abbiamo inviato ad Utilitalia e
Assoambiente la dichiarazione di una nuova iniziativa di sciopero per mercoledì
15 giugno. La mobilitazione e la partecipazione ai presidi di lunedì 30 maggio
è stata talmente enorme che, ovunque, i lavoratori e le lavoratrici ci chiedono
di andare avanti con forza e determinazione fino alla sottoscrizione del
contratto collettivo nazionale di lavoro. In questi giorni, abbiamo raccontato
ai Sindaci e alle Amministrazioni locali come si possono sviluppare i temi
della piattaforma sindacale e i nuovi bisogni affinché – tramite un rinnovo
contrattuale industriale – si potranno garantire ai lavoratori le regole e le
tutele e ai cittadini il miglioramento della qualità del servizio, senza
aumentare le tariffe fin troppo esose. Ovunque, abbiamo chiesto scusa per i
disagi ma il diritto di sciopero, soprattutto di fronte al blocco ideologico e
conservatore di alcune imprese, è previsto costituzionalmente e di certo – da
questo comparto – mai abusato; addirittura in Utilitalia l’ultimo sciopero
nazionale prima del 30 maggio è stato nella primavera del 2008. Hanno provato
ad umiliare i diritti di cittadinanza e il sistema delle relazioni sindacali
definendo la rappresentanza come un privilegio (ne chiederemo conto) e hanno
provato a raccontare con i soliti ritornelli delle nostre pregiudiziali e delle
nostre richieste improprie. Le “verità” diffuse da alcuni del blocco
conservatore, ideologico e antisindacale che impongono all’Associazioni
datoriali una posizione ottocentesca, si posano anche sull’idea che le
ingiustizie e la precarietà alla fine possano passare come consuetudine. In
ogni modo, dobbiamo spiegare ai cittadini che a pagare saranno sempre loro e i
lavoratori. Lo sciopero nazionale sarà per l’intera giornata di mercoledì 15
giugno e riguarderà tutti i turni di lavoro con inizio nella medesima giornata.
Molti lavoratori chiedevano due giornate consecutive d’astensione dai servizi,
ma tutto ciò non sarebbe possibile in quanto la franchigia elettorale impone un
fermo alle agitazioni sindacali dal 16 giugno compreso. Il 14 giugno non era
disponibile come data per il rispetto del termine di preavviso minimo. Per
scioperare due giorni consecutivi avremmo dovuto aspettare la fine del mese di
giugno ma l’inquietudine tra i lavoratori e le lavoratrici non ci permettono
tempi così lunghi. In queste ore abbiamo ricevuto dal Presidente dell’ANCI la
richiesta di riprendere le trattative per il rinnovo del CCNL per evitare i
gravi disagi ai cittadini. Noi siamo immediatamente disponibili alla trattativa
e ad un negoziato breve, necessario a scongiurare il prossimo sciopero. Il
nostro obiettivo è migliorare i turni e i pesantissimi carichi di lavoro, le
regole sugli appalti e sui passaggi di gestione, ampliare le garanzie sulla
salute e sulla sicurezza, evitare il potere discrezionale sui licenziamenti
facili e garantire i giusti aumenti economici. Per questo, la categoria ha
scioperato in maniera compatta e su questo firmeremo un contratto nazionale che
sviluppi anche i servizi ai cittadini e la produttività delle imprese. Il
Sindacato ha lanciato la sfida della modernizzazione attraverso un ciclo
integrato del lavoro che pensa alla qualità ambientale a tariffe contenute per
i cittadini. I lavoratori e le lavoratrici del settore sono sempre stati dei
riformisti e alla fine avranno ragione sulla parte più conservatrice delle
imprese. Ad oggi, non ci sono previsti incontri ufficiali, ivi compreso
l’annunciato tavolo con Assoambiente per il 6 giugno ma non ancora confermato.
Le Segreterie Nazionali
FP CGIL FIT CISL UILTRASPORTI FIADEL
Comunicato Stampa Fp Cgil, Fit Cisl, UilTrasporti e Fiadel
“Serve accordo per coniugare diritti dei lavoratori e dei cittadini”
Roma, 3 giugno 2016 – “Confermiamo al presidente
dell’Anci, Piero Fassino, la disponibilità piena a riprendere
immediatamente il confronto per arrivare ad un accordo, che ci auguriamo
in tempi celeri, per il rinnovo del contratto nazionale”. Così Fp Cgil,
Fit Cisl, UilTrasporti e Fiadel replicano alla richiesta del presidente
dell’associazione dei Comuni, Piero Fassino, di riprendere al più
presto il negoziato sul rinnovo del contratto dell’Igiene ambientale.
Il
nostro obiettivo, precisano i sindacati, “è quello di coniugare il
diritto dei lavoratori al contratto, con la sacrosanta esigenza dei
cittadini ad avere servizi efficienti e di qualità. Obiettivo
raggiungibile solo attraverso il rinnovo di un contratto scaduto da
oltre due anni e mezzo e che interessa poco meno di 100 mila
lavoratori”. Per questo, fanno sapere Fp Cgil, Fit Cisl, UilTrasporti e
Fiadel, “rinnoviamo al presidente Fassino la disponibilità alla
trattativa e a un negoziato, da tenersi anche in sede Anci, che possa
scongiurare lo sciopero già in programma per il prossimo 15 giugno e gli
inevitabili disagi ai cittadini”.
Nel merito, ribadiscono,
“serve un rinnovo che migliori i turni, i pesantissimi carichi di
lavoro, le regole sugli appalti e sui passaggi di gestione, che ampli le
garanzie sulla salute e sulla sicurezza, che eviti il potere
discrezionale sui licenziamenti facili e che dia i giusti aumenti
retributivi. Per questo la categoria ha scioperato in maniera compatta
lo scorso 30 maggio e su queste basi firmeremo un contratto nazionale
che sviluppi anche i servizi ai cittadini e la produttività delle
imprese. Il sindacato ha lanciato la sfida della modernizzazione
attraverso un ciclo integrato del lavoro che pensa alla qualità
ambientale e tariffe contenute per i cittadini. Su questo terreno
sfidiamo la controparte”, concludono.
Roma,
30 maggio 2016
“La straordinaria riuscita dello sciopero nazionale di
tutti i lavoratori e di tutte le lavoratrici del settore dell’igiene
ambientale e, soprattutto, la forte partecipazione ai presidi
territoriali è la risposta durissima spedita a Utilitalia, Assoambiente e
a tutte le imprese del comparto. Nelle grandi aziende la partecipazione
è stata quasi totale e, complessivamente, sono state confermate le alte
percentuali di adesione che storicamente si raggiungono”, così
dichiarano le Segreterie nazionali di Fp Cgil, Fit-Cisl, UilTrasporti e
Fiadel in merito allo sciopero nazionale indetto per oggi.
“In
questo momento l’adesione media allo sciopero è del 90% – proseguono
Fp, Fit, Uilt e Fiadel – e i lavoratori sono in piazza, in presidio
davanti a prefetture e comuni. A Roma siamo davanti alla sede
dell’associazione datoriale Utilitalia. Molto significativa è stata la
riuscita anche nelle piccole imprese, nel resto delle aziende private e
nel Sud del Paese che, nonostante la crisi economica, ha visto la
partecipazione diffusa dei lavoratori allo sciopero nazionale. Le
Segreterie nazionali esprimono grande soddisfazione per la riuscita
dello sciopero e, consapevoli del consenso che il progetto sindacale per
il settore ha tra i lavoratori, saranno ancor più determinate a
raggiungere l’obiettivo del rinnovo contrattuale. Anche in difesa della
libertà e della democrazia sui posti di lavoro.
Le
imprese vogliono precarizzare, vogliono poter licenziare, pensano che
il nostro sia un lavoro di ‘straccioni’ e che il massiccio ricorso ad
appalti senza regole, sia la naturale via di ‘sviluppo’ per il settore.
Abbiamo chiesto maggiore sicurezza e condizioni di lavoro migliori,
anche in cambio di maggiore produttività, ma ci hanno risposto che il
problema è il sindacato e la richiesta di partecipazione. Le imprese,
nascoste e silenti, dietro le loro associazioni, attaccano il Sindacato
per indebolire i lavoratori e le lavoratrici; pensano al nostro lavoro
come all’elemosina che si fa ai lavoratori. Su questo, secondo loro, non
si tratta e non c’è bisogno delle parti sociali”.
Concludono
le organizzazioni sindacali: “Gli scioperi e la mobilitazione vanno
avanti ad oltranza. Dovremo essere più forti e più incisivi anche
nell’attività quotidiana delle aziende. Questo è il momento di
resistere.
Grazie
a tutte le lavoratrici, a tutti i lavoratori, alle Rsu e ai
responsabili territoriali del sindacato per il vostro straordinario
contributo in difesa della libertà”.
Roma,
30 maggio 2016
“Il rinnovo di un contratto scaduto da due anni e
mezzo fondato su due elementi: il rispetto dei diritti e delle tutele
dei lavoratori del settore, il miglioramento dei servizi resi ai
cittadini”. Sono queste in estrema sintesi le ragioni dello sciopero
nazionale di venti quattro ore delle lavoratrici e dei lavoratori
dell’igiene ambientale in programma oggi, con al centro la
rivendicazione del rinnovo del contratto nazionale, promosso da Fp Cgil,
Fit Cisl, UilTrasporti e Fiadel. “La posizione strumentale e di bottega
assunta da Utilitalia contro lo sciopero di oggi – affermano i
sindacati – è la dimostrazione palese di come, per sola responsabilità
della controparte, la trattativa per il rinnovo è in una fase assoluta
di stallo. Un blocco che si determina su nodi centrali del rinnovo, di
certo non quelli individuati da Utilitalia, e che hanno a che fare con:
il salario, le tutele e le garanzie da riconoscere alle lavoratrici e ai
lavoratori in caso di cambi di appalto, il miglioramento delle
condizione di salute e di sicurezza – nelle aziende oramai il 15% dei
lavoratori è inidoneo per colpa dell’assurde modalità di raccolta a mano
– e il miglioramento dei servizi offerti ai cittadini”.
Punti
che, proseguono i sindacati, “la controparte derubrica, in un tentativo
vano di contrapporre lavoratori e cittadini, in maniera assolutamente
irresponsabile. In questi due anni e mezzo di attesa le lavoratrici e i
lavoratori del settore dell’igiene ambientale hanno dimostrato grande
sacrificio e responsabilità, nonostante l’atteggiamento della
controparte, nonostante il contratto scaduto, nonostante un investimento
nullo sul servizio e sulle condizioni di lavoro. Noi siamo dalla parte
dei cittadini ed è proprio in ragione di questo asse che vogliamo
costruire con loro, che mettiamo al centro il tema del rilancio del
servizio, che passa dalla discussione sull’organizzazione e la maggiore
produttività senza costi aggiuntivi. Temi sui quali abbiamo dato
assoluta disponibilità e messo in campo le nostre proposte anche con le
Amministrazioni locali”.
“Forse le imprese – continuano Fp Cgil,
Fit Cisl, UilTrasporti e Fiadel – dimenticano anche che chiedono sempre
più soldi ai cittadini per raccogliere e smaltire rifiuti, mentre se ne
producono sempre meno. Dal 2010 al 2015 la tassa è aumentata del 55%,
per importo dovuto cresciuto di quasi 3 miliardi di euro e nello stesso
periodo la produzione di rifiuti è calata dell’11% e le retribuzioni
sono cresciute solo del 5%. Oppure si potrebbe parlare del fenomeno
delle esternalizzazioni che hanno fatto aumentare i costi a danno degli
utenti e peggiorato le condizioni dei lavoratori. A vantaggio di
cooperative senza scrupoli contro le quali il sindacato si batte e si
batterà sempre. Forse è per questo che diamo fastidio. E come sempre in
questi casi a rimetterci sono i lavoratori e i cittadini, che hanno però
dimostrato, insieme alle organizzazioni sindacali, di voler
fortissimamente questo rinnovo nelle tante assemblee e con lo sciopero e
le manifestazioni di oggi. Per questo, grazie al loro sostegno, andremo
avanti, con ancora più forza, nelle prossime ore con il solo obiettivo
del ‘contratto subito'”, concludono.
(11.06.2016) “Da ambienti vicini alla Commissione europea di Bruxelles giungono brutte notizie secondo le quali il Governo italiano, in particolare il ministero dello Sviluppo Economico, avrebbe assicurato al Commissario europeo al Commercio internazionale Cecilia Malmström la disponibilità del nostro Paese a considerare l’accordo commerciale UE-Canada (CETA) come un accordo non misto, e quindi di esclusiva competenza europea. Se così fosse, il CETA verrebbe approvato attraverso il solo voto del Parlamento europeo, senza il pronunciamento dei parlamenti dei 28 stati UE. Sarebbe un fatto molto grave, e ci auguriamo che il ministero possa smentire questa eventualità”. Così Fausto Durante, responsabile Politiche europee e internazionali della Cgil nazionale.”A nostro giudizio il CETA è chiaramente un accordo misto – prosegue Durante – con competenze di natura nazionale su cui devono essere le assemblee elettive di ogni Paese a potersi pronunciare”. “In caso contrario – denuncia il dirigente sindacale – ci troveremmo di fronte ad un fatto molto grave, al parziale esproprio del diritto democratico di ogni Stato dell’UE a intervenire sulle delicate questioni degli accordi commerciali internazionali”.
“Una prospettiva da respingere – conclude Durante – anche perché, essendo il CETA il riferimento per il TTIP, non vorremmo che per l’eventuale accordo UE-USA il Parlamento italiano fosse impossibilitato a pronunciarsi”.
La testimonianza di un diplomatico europeo, raccolta dall’agenzia di stampa Reuters e confermata da fonti nella rappresentanza italiana presso l’Ue, confermano che Calenda ha sostenuto, con un documento presentato a nome del governo italiano, che l’Italia è favorevole a tagliare fuori il suo Parlamento e quelli di tutti gli Stati dell’Unione dal processo di ratifica.
Un atto gravissimo, secondo la Campagna Stop TTIP Italia, che si è messa sulle tracce del documento ufficiale sperando di riuscire a pubblicarlo il prima possibile. Riteniamo inaccettabile escludere dal processo i parlamentari nazionali, molti dei quali, dopo essere entrati per la prima volta nella sala di lettura del TTIP in Italia, hanno espresso gravi preoccupazioni.
Nel mandato negoziale definito nel 2011, i governi dell’Ue hanno sottolineato che il CETA non può essere considerato un accordo su cui la Commissione possa vantare competenza esclusiva. In tema di investimenti, ad esempio, soprattutto per quanto riguarda la temibile clausola ISDS, la competenza dev’essere mista, cioè prevedere la ratifica di tutti i Parlamenti degli Stati membri. Circa 42 mila aziende già operanti nell’Unione fanno capo a società Statunitensi con filiali in Canada. Queste imprese potrebbero intentare cause agli Stati per conto degli Stati Uniti senza che il TTIP sia ancora entrato in vigore. Basterà ratificare il CETA. Davvero i nostri Parlamenti devono essere privati del diritto di esprimersi su temi tanto sensibili?
Stesso discorso per la protezione dell’ambiente e dei consumatori: quando venne dato mandato alla Commissione di negoziare in nome dei singoli Stati, si specificò che i governi dovevano mantenere il diritto di disciplinare tali materie.
Il ministro Calenda, a quanto si apprende, sarà audito alla Camera dei Deputati il 15 giugno, mentre la decisione sulla competenza degli accordi verrà adottata durante il Consiglio europeo del 28-29 giugno.
Esortiamo i parlamentari italiani, a prescindere dai propri schieramenti, ad uno scatto di orgoglio. Chiedano conto e ragione di questa scelta che limita le loro prerogative parlamentari e comprime la sovranità nazionale ben oltre quanto stabilito dal trattato di Lisbona.
Su Twitter Calenda ha confermato dicenco ” Il TTIP è sicuramente misto Il CETA no. UE deve avere mandato chiaro su trade altrimenti viene meno forza e credibilità” e poi “Per il CETA? Certo! Quello europeo. Europeisti alla carte? TTIP anche parlamenti nazionali.”
Sig. Capo di Gabinetto,
con la presente la scrivente O. S.
produce le proprie osservazioni allo schema di Decreto di cui
all’oggetto.
Pur apprezzando l’aver integrato le
previsioni in materia di sicurezza e vigilanza con le indicazioni
presenti nella precedente nota di
osservazioni inviata in data 20 aprile 2016 si continuano a
mantenere forti perplessità in
ordine ai seguenti punti:
· art. 1, comma 1. Si ribadisce la
netta contrarietà alla previsione della chiusura settimanale
come eccezione e non come regola.
Siamo in presenza di chiusure programmate
settimanalmente al solo fine di
consentire l’ordinaria manutenzione dei siti e del patrimonio
in essi conservato. Si ricorda a tal
fine che tale prassi è normalmente utilizzata a livello
internazionale e che gli orari di
apertura attualmente previsti sono di gran lunga superiori
agli standard internazionali. Si
chiede pertanto di modificare tale punto inserendo
l’ordinaria chiusura settimanale e
l’eventuale possibilità di deroga a tale chiusura sulla base
di motivate e inderogabili esigenze
funzionali. Si aggiunge peraltro la richiesta di mantenere
la chiusura prevista per la giornata
del Primo Maggio, risultando incomprensibile la scelta di
limitare le giornate di chiusura ai
soli giorni di Natale e Capodanno, così come appare
ridondante e contraddittoria la
previsione dell’apertura di Capodanno qualora la stessa
giornata coincida con la domenica.
Sarebbe opportuno in questo caso prevedere la
giornata di apertura gratuita la
domenica successiva;
· Per quanto riguarda la rimodulazione
degli orari previsti si sottolinea che gli stessi non
possono essere riformulati senza
tener conto delle condizioni organizzative, ovvero
l’utilizzo dell’orario su
turnazioni, le condizioni degli organici e la diversa tipologia dei luoghi
della cultura, ad esempio Archivi e
Biblioteche il cui sistema di apertura al pubblico non
necessariamente deve garantire la
continuità delle aperture per 363 giorni l’anno. Da
questo punto di vista la dizione
presente al punto 1 dovrebbe prevedere esplicitamente
aperture diverse per i luoghi della
cultura la cui finalità di fruizione non è assimilabile alle
fattispecie ivi indicate. In
aggiunta si sottolinea che l’organizzazione del lavoro su turni e
l’unica modalità attualmente in
grado di garantire l’integrità dei beni e l’incolumità delle
persone presenti, così come
richiamato nel primo alinea dell’allegato tecnico e che tale
modalità deve risultare garantita
anche in presenza di orari di apertura diversi da quelli
indicati;
· art.2, comma 3. L’obbligo di
assicurare la riconoscibilità del personale addetto alla vigilanza
ed accoglienza è già previsto dalle
norme. Stupisce che ancora si richiami in questo
provvedimento la possibilità di
acquisizione del vestiario e degli accessori tramite
sponsorizzazioni tecniche, la cui
utilizzazione è già prevista in norme specifiche. Qualora
codesta Amministrazione avesse
inteso o intendesse applicare detta previsione avrebbe
potuto e potrebbe procedere tramite
procedure ordinarie e già vigenti, anche in
considerazione della necessità di
programmazione che tale fornitura implica, ad esempio
rispetto alla necessità di ricambio
periodico dei vestiari e accessori forniti al personale.
Infine la scrivente O.S., nel
continuare a ritenere del tutto anticostituzionale la previsione di cui
all’art.1 del D. L. 146/2015,
considera del tutto fuori luogo la sua citazione nelle premesse del
decreto. Questo sulla base del fatto
che lo stesso interviene per modificare un decreto analogo il
quale, in assenza della norma
suddetta, aveva del tutto efficacemente garantito la fruizione del
nostro patrimonio culturale per
circa un ventennio.
Per quanto non citato nella presente
nota di osservazioni e non recepito nella proposta di revisione
del decreto, la scrivente O.S: si
richiama integralmente alle osservazioni prodotte nella citata nota
del 20 aprile 2016.
Claudio Meloni
FP CGIL
Nazionale
Egregio Direttore,
in caso di assenza del personale di Polizia
Penitenziaria per visite, terapie, prestazioni
specialistiche ed esami diagnostici, alcune direzioni
di istituti penitenziari chiedono al dipendente
che nell’attestazione da allegare alla richiesta di
congedo straordinario risulti l’orario di entrata e di
uscita dalla struttura sanitaria.
A parere di tali direzioni la richiesta ha fondamento
in base a quanto disciplinato dalla
circolare n. 2/2014 del Dipartimento della Funzione
Pubblica che, in applicazione dell’art. 55-
septies, comma 5 ter, d.lgs. n. 165/2001, come
introdotto dall’art. 16, comma 9, l. n. 111/2011 e
successivamente modificato dall’art. 4, comma 16 bis,
d.l. n. 101/2013, conv. in l. n. 125/2013,
prevede come “nel caso in cui l’assenza per malattia
abbia luogo per l’espletamento di visite,
terapie, prestazioni specialistiche od esami
diagnostici il permesso è giustificato mediante la
presentazione di attestazione, anche in ordine all’orario,
rilasciata dal medico o dalla struttura,
anche privati, che hanno svolto la visita o la
prestazione o trasmessa da questi ultimi mediante
posta elettronica”.
Nella stessa circolare è successivamente specificato
che dall’attestazione deve risultare
“l’orario di entrata e di uscita del dipendente dalla
struttura sanitaria erogante la prestazione”.
Considerato che con sentenza 5714 del 2015 il T.A.R.
del Lazio ha annullato la suddetta
circolare, l’unica attestazione che il dipendente dovrà
presentare sarà quella prevista dalla norma,
ossia quella con indicazione dell’orario di
effettuazione della visita, e non quella specificata dalla
circolare, dove veniva richiesto l’orario di entrata e
di uscita dalla struttura sanitaria.
Per quanto sopra esposto la FP CGIL le chiede di
impartire precise disposizioni che tengano
conto di quanto sancito dalla citata sentenza del
T.A.R. del Lazio.
Si resta in attesa di un cortese
celere riscontro.
Il coordinatore Nazionale Fp Cgil
Polizia Penitenziaria
Massimiliano Prestini