Roma, 7 Dicembre 2016
Nella giornata di ieri si è tenuto il previsto
incontro con Anaste.
L’incontro, che aveva un carattere tecnico, aveva
lo scopo di provare a capire se ci fossero le
possibilità per avviare la trattativa per il
rinnovo del CCNL, viste le richieste avanzate dalla
controparte, ed esplicitate nella loro
piattaforma.
Dopo una lunghissima discussione, dobbiamo però
registrare che permangono distanze notevoli su
almeno due temi fondamentali, per noi dirimenti,
quali orario di lavoro e trattamento economico di
malattia.
Anaste continua infatti a chiedere l’incremento
orario a 40 ore, un intervento sui ROL che porti ad
una loro effettiva e sostanziale diminuzione, e i
tre giorni di carenza malattia.
Ci siamo aggiornati ad un ulteriore incontro, per
il giorno 11 gennaio prossimo, per esperire
definitivamente tutte le reali possibilità di
sciogliere questi nodi e dare concreto avvio alla trattativa,
senza modificare questi istituti.
p. FP CGIL
Denise Amerini
Resp. Naz. SSAEP
Grazie alle pressioni unitarie di FPCGIL–CISL FP– UILPA
l’Ammnistrazione della Giustizia ha accolto la richiesta di
riaprire temporaneamente i termini della formazione on line
relativi alle procedure di riqualificazione del personale per
i passaggi dei cancellieri e degli ufficiali giudiziari.
Al seguente link l’informativa:
https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_16_1.page?contentId=NEW1310701&previsiousPage=homepage
Si prega di darne massima diffusione tra i lavoratori.
Amina D’Orazio
Nel corso della giornata di ieri
si è svolto l’incontro con la delegazione di parte pubblica del MIT e le OO.SS.
Nazionali che ha avuto come oggetto la sottoscrizione dell’accordo sul FUA 2015
e un’informativa sulla circolare che definisce le modalità operative in merito
alle revisioni dei veicoli pesanti superiori a 3,5 t.
Sul primo punto all’ordine del
giorno abbiamo sottoscritto l’accordo relativo al Fua 2015 dopo il parere
positivo degli organi di controllo. Il testo ricalca puntualmente l’ipotesi di
accordo precedentemente firmata e per tale motivo, coerentemente, sigliamo
l’accordo in questione. Nell’occasione abbiamo di nuovo segnalato qualche
criticità rispetto all’applicazione del sistema di valutazione che sarebbe bene
affrontare nell’ambito della discussione per il 2016 che, insieme alle altre
OO.SS., abbiamo chiesto di avviare in tempi brevi.
In merito all’informativa sulla
circolare il Direttore Vitelli, presente all’incontro, ne ha illustrato il
contenuto richiamando, in particolare,
l’attenzione circa l’aumento della durata minima per la definizione delle
operazioni di controllo in sede di revisione del veicolo e una migliore
individuazione delle attività e dei profili di responsabilità in capo ai
funzionari e operatori che esercitano tali compiti. Inoltre, proprio per
affrontare le criticità derivanti da una sempre più insostenibile carenza di
personale che sta progressivamente pregiudicando l’erogazione del servizio
negli uffici della Motorizzazione civile, ha previsto l’apertura di un tavolo
tecnico per affrontare tutte le problematiche connesse alla individuazione di
alcune figure all’interno del personale del Ministero e al loro percorso
formativo da adibire a supporto dell’attività di revisione.
Nella discussione che ne è
seguita abbiamo evidenziato, visto che precedentemente alla riunione non ci era
stato fornito nessun documento, la necessità di approfondire il contenuto della
circolare e di rivederci in tempi stretti per valutare eventuali correttivi e
avviare il tavolo tecnico previsto.
La richiesta è stata accolta e
presumibilmente saremo riconvocati il giorno 16 febbraio prossimo.
In coda alla riunione il
Direttore Chiovelli ci ha informati circa lo stato del piano di
razionalizzazione della logistica delle sedi centrali.
A differenza di quanto
preventivato, causa uno slittamento dei tempi di realizzazione di alcuni
interventi connessi al piano (spostamento CED via Nomentana, secondo hangar di
Ciampino) il termine dell’intera operazione sarà posticipato al 2020 con
progressivi “step” di avvicinamento negli anni precedenti sulla base della
conclusione degli interventi necessari.
Su tutte queste tematiche vi
aggiorneremo sugli eventuali sviluppi
Roma, 9 febbraio 2017
IL
COORDINATORE NAZIONALE
FP CGIL MIT
Roberto Morelli
Chiude l’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Montelupo Fiorentino, dopo le dimissioni questa settimana degli ultimi tre internati.
Seppure
con grave ritardo, e grazie anche al lavoro del Commissario Franco
Corleone, finalmente raggiunto il risultato di una lunga mobilitazione.
Nella sede dell’ex OPG sono ancora detenute sette persone, che dovranno
essere assistite in carcere o, preferibilmente, con misure alternative.
Nel corso della nostra ultima visita a Montelupo Fiorentino (23 dicembre
scorso) abbiamo espresso sostegno agli operatori che ancora lavorano
nella struttura, per un giusto riconoscimento dei loro diritti e del
lavoro svolto. Anche in Toscana si apre una fase nuova per il diritto
alla salute mentale di tutte le persone, senza distinzioni, che non può
ridursi all’apertura delle sole Rems ma che anzi deve sviluppare tutte
quelle misure di cura alternative alla detenzione, come prescrive la
legge 81/2014 di riforma degli OPG.
Nelle prossime ore stopOPG è in Sicilia per far chiudere l’ultimo manicomio giudiziario a Barcellona Pozzo di Gotto.
p. Il Comitato nazionale stopOPGStefano Cecconi, Giovanna Del Giudice, Vito D’Anza, Denise Amerini, Patrizio Gonnella
Viaggio attraverso le Rems (Presentato in occasione dell’anniversario della chiusura degli OPG, 27-28 gennaio 2017 – Trieste)
Le federazioni sindacali europee condividono una serie di preoccupazioni in merito all’accordo CETA così come presentato nel suo testo attuale al Parlamento europeo. Lo strumento interpretativo comune (JII) non fornisce chiarimenti sufficientemente esaustivi né risposte adeguate a tali preoccupazioni.
Per tali ragioni, vi chiediamo di non votare a favore della ratifica dell’accordo nella seduta plenaria del 15 febbraio.
Qui di seguito vengono sintetizzati i principali punti che destano preoccupazione:
I servizi pubblici non sono esclusi dall’accordo CETA
Recentemente il Parlamento europeo ha raccomandato con fermezza alla Commissione di escludere integralmente i servizi pubblici da accordi commerciali bilaterali e internazionali, indipendentemente dalle modalità di finanziamento e organizzazione di tali servizi. Il disorganico mosaico di esclusioni sui servizi pubblici previsto dall’accordo CETA non è sufficiente adassicurare la piena tutela dei servizi pubblici attuali e futuri. Sebbene gli Allegati al CETA prevedano una serie di restrizioni in materia di servizi sanitari, istruzione e altri settori della funzione pubblica, tali vincoli offrono solo un’esigua protezione dei servizi pubblici, limitati ai cosiddetti servizi “finanziati con fondi pubblici”, un termine che non figura nelle disposizioni del trattato sull’Unione europea. Non è chiara la distinzione tra servizi finanziati o forniti dal pubblico e dal privato e continua a non esserci alcuna indicazione sulla misura in cui verranno applicate le esenzioni decise in base a tale definizione.
Per essere adeguata, l’esclusione deve coprire i servizi pubblici indipendentemente da come questi siano finanziati o erogati. L’Unione europea, infatti, ha promosso un modello di servizi pubblici che non tiene conto, per l’appunto, della natura “pubblica” o “privata” del prestatario, privilegiando invece la protezione del cosiddetto “interesse generale”. Inoltre, non vi è alcun riferimento a una qualche esenzione dal campo di applicazione dell’accordo per i servizi pubblicio i servizi di Interesse generale. Nell’ambito del CETA, l’Unione europea ha assunto forti impegni in merito ai servizi finanziati da fondi privati, anche in settori della funzione pubblica. Questi impegni variano leggermente tra i singoli Stati membri a seconda delle specifiche deroghe assunte. Di conseguenza, l’Unione europea e i relativi Stati membri stanno aprendo la porta, di fatto, a prestatari stranieri che operano a fini di lucro e stanno concedendo nuovi diritti agli investitori privati che vanno ben oltre qualsiasi accordo commerciale attualmente in vigore.
Il CETA è il primo accordo dell’Unione europea a introdurre un approccio basato su una “lista negativa”
Questo significa che tutti i servizi potranno essere liberalizzati, salvo espressa indicazione di esclusione. Si tratta di una svolta radicale rispetto agli accordi commerciali sinora conclusi dall’Unione europea basati su liste positive. L’impostazione basata sulla lista negativa amplia il campo di applicazione degli accordi commerciali e renderà più difficile anticipare e regolamentare i nuovi servizi che emergeranno in futuro.
I meccanismi di sospensione (“standstill”) e di irreversibilità (“ratchet”) del CETA impediranno di invertire i processi di liberalizzazione attuali o futuri. Questo limiterà negli anni a venire gli sforzi dei governi volti a regolamentare o rinazionalizzare i servizi liberalizzati, anche qualora i precedenti processi di liberalizzazione dovessero rivelarsi fallimentari o quando, nell’interesse della popolazione, occorra restituire all’amministrazione pubblica l’erogazione di tali servizi.Queste disposizioni frenano lo sviluppo di una buona governance e l’assunzione di responsabilità a livello locale, in particolare nel caso delle amministrazioni locali e regionali. Si rammenta agli eurodeputati che nelle sue raccomandazioni relative all’Accordo sul commercio dei servizi (TiSA), il Parlamento europeo aveva respinto le clausole di standstill e ratchet precisamente perché minano i processi democratici e l’assunzione di responsabilità.
Il CETA potrebbe ridurre gli obblighi di servizio universale introdotti nelle imprese di servizi pubblici quali la posta, l’elettricità, le telecomunicazioni e i trasporti urbani
Questi obblighi sono necessari per garantire a tutti i cittadini servizi di base a prezzi accessibili. Il CETA limiterà anche la libertà delle imprese di servizi pubblici di produrre e distribuire l’energia conformemente agli obiettivi di interesse pubblico, ad esempio promuovendo le energie rinnovabili per contribuire alla lotta contro il cambiamento climatico. Pochissimi Stati membri si sono riservati esplicitamente il diritto di adottare talune misure in materia di produzionedell’elettricità.
Il CETA contiene disposizioni di vasta portata a tutela degli investimenti
Sebbene la versione riveduta del meccanismo per la protezione degli investimenti (Sistema giudiziario per la protezione degli investimenti o ICS) del CETA rappresenti un miglioramento rispetta al nefasto e ampiamente criticato meccanismo di risoluzione delle controversie investitore-Stato (ISDS), è lungi dall’essere sufficiente. Con l’ICS, gli investitori continuano a godere di diritti speciali rispetto ad altri gruppi della società che consentono loro di citare ingiudizio gli Stati per politiche che minacciano i loro profitti o i loro interessi commerciali. Questo diritto si applicherà anche a molte società statunitensi presenti in Canada. Precedenti tentativi di regolamentare i servizi pubblici sono già stati oggetto di ricorsi presentati all’ISDS da operatori privati e il CETA minaccia di perpetuare e rafforzare ulteriormente questa tendenza, esponendo settori quali l’istruzione, l’acqua, la sanità, il welfare sociale e il sistema pensionistico a tutta una serie di attacchi da parte degli investitori. Il nuovo ICS, inoltre, non riesce a placare ulteriori preoccupazioni suscitate in passato dal sistema ISDS, in particolare per quanto riguarda l’interesse finanziario dei meccanismi di arbitrato, la possibilità di presentare ricorsi collettivi, l’assenza di consolidati meccanismi “di judicial restraint” quali i controlli di deferenza o proporzionalità e norme di protezione ambigue riguardo all'”espropriazione indiretta” e al “trattamento giusto ed equo”, fattori che continuano ad esporre l’ICS a interpretazioni abusive.
Il CETA è debole sul fronte dei diritti umani, compresi i diritti dei lavoratori
Il CETA non solo non contiene una clausola che sancisce il rispetto dei diritti umani come elemento essenziale dell’accordo, ma il capitolo sullo sviluppo sostenibile non prevede procedure esigibili e norme vincolanti per garantire il rispetto delle convenzioni fondamentali dell’ILO sui diritti dei lavoratori. I meccanismi di monitoraggio sono insufficienti e questo impedisce di garantire la parità retributiva a parità di lavoro e rischia di portare, in realtà, a un maggior dumping sociale e di aumentare i casi di violazione dei diritti sociali. Insieme alledisposizioni del modello 1 sui servizi online all’estero, questo scatenerà una feroce concorrenza sui prezzi e una spirale al ribasso delle condizioni di lavoro nell’Unione europea e in Canada.Inoltre, le disposizioni in materia di appalti pubblici non includono obblighi relativi al rispetto delle norme ambientali e del lavoro, né promuovono l’applicazione di criteri sociali e ambientali nei bandi di gara pubblici. Per di più, le disposizioni sulla cooperazione in campo normativo rischiano di compromettere qualsiasi progresso futuro volto a migliorare i diritti e le tutele esistenti.Altrettanto carente, a tale proposito, si rivela lo strumento JII, il quale si limita ad affermare che il CETA non abbasserà i livelli di tutela del lavoro senza tuttavia formulare alcun impegno in merito alla protezione e a un effettivo miglioramento dell’occupazione, della salute e delle norme sociali e ambientali, un aspetto che contribuirebbe a rendere il CETA un accordo commerciale nettamente più progressista e ambizioso di quanto non lo sia attualmente.
Il CETA non è un accordo commerciale progressista né equo
La politica commerciale è sempre più spesso al centro del dibattito pubblico. È ormai evidente come gli accordi di libero scambio non possano più essere negoziati in una logica puramente commerciale, ma debbano tener conto di temi sociali più vasti quali l’occupazione, la coesione sociale e lo sviluppo sostenibile. Il CETA non lo fa e pertanto non può diventare un modello di riferimento per la prossima generazione di accordi.
Harald WIEDENHOFER, Segretario generale, EFFAT h.wiedenhofer@effat.org
Ricardo GUTIERREZ , Segretario generale, EFJ ricardo.gutierrez@ifj.org
Eduardo CHAGAS, Segretario generale, ETF e.chagas@etf-europe.org
Susan FLOCKEN, Direttrice europea, CSEE/ETUCE Susan.Flocken@csee-etuce.org
Sam HÄGGLUND, Segretario generale, EFBWW samhagglund@efbh.be
Luc TRIANGLE, Segretario generale, IndustriAll Luc.Triangle@industriall-europe.eu
Oliver ROETHIG Segretario regionale, UNI Europa Oliver.Roethig@uniglobalunion.org
Jan Willem GOUDRIAAN, Segretario generale, EPSU jwgoudriaan@epsu.org
Roma,
1 febbraio – Il Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco consegnato al
potere prefettizio. Questo è quanto emergerebbe dalla bozza del decreto
legislativo della riforma Pa firmata Madia di modifica dell’ordinamento
del Corpo dei Vigili. La denuncia è della Fp Cgil Vigili del Fuoco, che
così commenta: “Il governo sta manovrando per togliere definitivamente
l’autonomia ai Vigili del Fuoco mentre, nelle emergenze e
quotidianamente con il soccorso tecnico urgente, le lavoratrici ed i
lavoratori del Corpo garantiscono assistenza alla collettività su tutto
il territorio nazionale”.
Secondo Danilo Zuliani, responsabile
nazionale della Fp Cgil Vigili del Fuoco, “se si dovesse realizzare
questo scellerato, vergognoso progetto si passerebbe alla completa e
definitiva militarizzazione del Corpo”. La Cgil, precisa, “rigetta
completamente l’intero impianto del Decreto che, oltre a relegare le
lavoratrici ed i lavoratori, tutti, quale bassa manovalanza nelle mani
dei Prefetti, pone gli operatori del soccorso in una posizione di
subalternità intollerabile”.
Per Zuliani “tutto l’ordinamento è
un’accozzaglia di norme che nulla hanno a che vedere con il fine ultimo
del nostro lavoro, che è e rimane il soccorso alle popolazioni in un
sistema di protezione civile integrato e all’avanguardia. L’intero
articolato non rispetta minimamente il personale del Corpo, ridisegna
una struttura ingessata nella quale i ruoli e le qualifiche non offrono
adeguati percorsi di carriera e soluzioni alternative all’attuale
disastro provocato dal D.Lgs. 217/05, anzi, se possibile, ne peggiora
l’impianto”.
Per questo, aggiunge il responsabile Fp Cgil Vvf,
“crediamo che diventi indispensabile unire gli intenti, quelli dei
Dirigenti, depauperati di ogni tipo di potere, con quelli del personale,
relegato a diventare manovalanza senza alcun riconoscimento
professionale, con ulteriori restringimenti di tutele e diritti. Tutti
uniti contro questa ulteriore pseudo-riforma, prosieguo del progetto
partito nel 2002 e sinonimo di default del Corpo. È sotto gli occhi di
tutti lo sfacelo prodotto in questi 10 anni dal precedente ordinamento,
ora bisogna rigettare la proposta dell’Amministrazione e, discutere
seriamente del nostro futuro. La Cgil – conclude Zuliani – si dissocia
dicendo No a questo progetto e metterà in campo ogni iniziativa per
contrastare questo vergognoso disegno”.
Nota ministeriale n.0045698 datata 8.2.2017 di cui all’oggetto.
Nelle scorse settimane si è registrato l’ennesimo episodio di
aggressione ai danni di un lavoratore addetto allo sportello, il cui monitor
del computer è stato preso a martellate da un utente, mentre l’addetto alla
vigilanza è stato ferito.
A quanto ci risulta, l’Amministrazione avrebbe proceduto a sporgere
denuncia, ma ciò non può essere sufficiente.
Riteniamo importante, a fronte di quest’ulteriore segnale di rabbia
dell’utenza, che l’Amministrazione prenda delle idonee misure a tutela dei
propri lavoratori per metterne in sicurezza l’attività lavorativa e garantirne
l’incolumità fisica.
La prima misura, per la quale come FP CGIL ci stiamo attivando sul
territorio, riguarda la richiesta di inserimento del rischio aggressioni –
laddove esso non sia stato già previsto – fra quelli da valutare nel documento
di valutazione dei rischi, perché da questa previsione discende l’obbligo di
adottare ulteriori misure conseguenti, a seconda della sede (ad es. maggiore
presenza del personale di vigilanza nelle sedi, previsione di corsi per la
gestione del conflitto, numerazione elimina code, etc.).
Il moltiplicarsi di episodi simili, peraltro, testimonia carenze organizzative
che si scaricano sul personale. Per questo, oltre alla piena valutazione dei
rischi è necessario porre mano al più presto a queste inefficienze interne.
La FP CGIL chiede risposte concrete ed urgenti a questo problema, non
più rinviabile, considerato che nelle ultime riunioni i nuovi vertici
dell’Istituto hanno dichiarato di voler discutere degli aspetti legati al
benessere del personale.
Roma, 08 febbraio 2017
IL COORDINATORE NAZIONALE
FP CGIL INPS
Matteo Ariano
Roma, 6 febbraio 2017
A seguito dell’esito del tutto positivo delle
assemblee di validazione dell’ipotesi di accordo sottoscritta il 21
dicembre scorso relativamente al rinnovo del CCNL Agidae, che hanno
visto la quasi totalità dei lavoratori esprimersi positivamente, in
data odierna abbiamo ricevuto la conferma della data del 7 febbraio
prossimo per la sottoscrizione definitiva del testo contrattuale.
Denise Amerini
resp. naz.le SSAEP
Roma, 7 febbraio 2017
Nella giornata odierna si è svolto l’incontro previsto
con Anaste, a seguito dei tavoli
tecnici di cui vi abbiamo dato conto con le precedenti
informative.
Anaste ha confermato tutte le richieste già avanzate,
sulle quali abbiamo unitariamente
espresso l’impossibilità di raggiungere mediazioni
accettabili, vista la distanza con la
nostra piattaforma. Anaste è rimasta ferma sulle proprie
posizioni, ed ha comunicato la
propria impossibilità a procedere nel confronto, rompendo
di fatto il tavolo di trattativa.
Vi faremo pervenire al più presto il comunicato unitario,
dove vi daremo anche
indicazioni in merito alle forme di mobilitazione che
saranno indette unitariamente.
Denise Amerini Responsabile FP CGIL SSAEP
Francesca De Rugeriis
Capo Area FPCGIL Sanità e SSAEP
(8 febbraio 2017) EPSU è l’organizzazione europea che riunisce i sindacati che organizzano le lavoratrici ed i lavoratori nel settore socio assistenziale, sia nel settore privato (con o senza fini di lucro) sia nel settore pubblico. Il settore sta cambiando e grandi multinazionali forniscono quei servizi che una volta erano forniti da aziende più piccole, magari senza scopo di lucro, o dal settore pubblico.
Tutti gli operatori hanno bisogno di avere rappresentanza sindacale,sia a livello locale siano a livello europeo ed internazionale. EPSU sta assumendo questa sfida e ha intensificato i suoi sforzi per organizzare reti sindacali in alcuni dei grandi servizi multinazionali sociali in Europa.
Il 30 gennaio 2017 delegati e rappresentanti sindacali provenienti da tutta Europa hanno preso parte a una prima riunione di coordinamento organizzata a Bruxelles. Lo scopo della creazione di reti sindacali nelle diverse multinazionali di assistenza sociale vuole agevolare e potenziare i diritti dei lavoratori all’informazione e alla consultazione nelle imprese in cui lavorano. Nonostante il fatto che le aziende private del settore realizzino profitti favolosi, i salari sono bassi, tanti i contratti precari e part-time e mentre sono all’ordine del giorno condizioni di lavoro atipiche.
Al fine di promuovere la creazione di reti sindacali nelle multinazionali, EPSU invitato quattro relatori esterni. Jane Lethbridge, di PSIRU, l’ Unità di Ricerca internazionale sui servizi pubblici, che ha presentato i suoi risultati di una ricerca sui recenti sviluppi dei player di mercato nella sanità e nei servizi pubblici;
Bruno Demaître, dell’Istituto sindacale europeo, che ha presentato una guida step-by-step riguardante la costruzione di un comitato aziendale europeo (CAE); Kevin Thompson, di Kommunal Svezia, e Robert Textoris, dal FNME-CGT Francia che hanno condiviso la loro prospettiva di lavoro nei CAE in Capio e Engie.
I prossimi incontri si svolgeranno a maggio e settembre 2017 (Denise Amerini)
Testo peggiora condizioni di lavoro e toglie autonomia al Corpo
Roma,
7 febbraio – Stato di agitazione per i Vigili del Fuoco della Fp Cgil
Nazionale. Una decisione, spiegano in una nota il responsabile nazionale
Fp Cgil Vigili del Fuoco, Danilo Zuliani, e il segretario nazionale
della Fp Cgil, Salvatore Chiaramonte, legata alle bozze circolate in
questi giorni rispetto al progetto di riordino dei compiti, delle
funzioni e dell’ordinamento del Corpo come previsto dalla riforma Madia.
La Fp Cgil Vigili del fuoco, spiegano i due dirigenti
sindacali, “ha fortemente sostenuto la necessità che, attraverso la
Delega Madia, si potessero correggere tutte le criticità che negli
ultimi 10 anni anni hanno caratterizzato negativamente le condizioni
economiche e professionali del personale, così come l’efficacia e
l’efficienza del servizio attraverso un modello organizzativo del Corpo
Nazionale maggiormente adeguato ai bisogni dei cittadini e del Paese.
Abbiamo contribuito – proseguono – con convinzione al lavoro mirato a
modificare il decreto che regola l’ordinamento del personale ed il
decreto che regola compiti e funzioni del Corpo”.
Eppure,
rilevano Zuliani e Chiaramonte, “con i contratti del Pubblico impiego
scaduti dal 2009, senza il bonus degli 80 euro in busta paga, dopo oltre
un anno di attesa e guarda caso in prossimità della scadenza della
delega, sono circolate bozze di riforma che non solo non tengono in
considerazione assolutamente del parere espresso dalle parti sociali, ma
peggiorano ulteriormente le condizioni di lavoratrici e lavoratori e
tolgono ulteriore autonomia tecnica amministrativa e gestionale ai
Vigili del Fuoco, a tutto vantaggio della componente prefettizia. Negli
ultimi giorni abbiamo chiesto insistentemente e con grande senso di
responsabilità il ritiro delle bozze e la possibilità di aprire una vera
e partecipata discussione di merito”. Ed è per queste ragioni,
concludono, che la Fp Cgil “si trova costretta a proclamare lo stato di
agitazione del comparto”.