Pubblichiamo la ministeriale n.0145909.U del 4.5.2020 di cui all’oggetto.

A seguito della nota inviata dalla Direzione Centrale per la Formazione in merito alle indicazioni impartite per l’inizio del corso Capo Squadra decorrenza 2019 chiediamo chiarimenti

Pubblichiamo la nota nella quale si chiediamo chiarimenti sull’organizzazione intrapresa con l’emergenza epidemiologica in atto,  per il personale del compendio delle SCA e gli allievi dell’87° AA.VV.F. che transiteranno nella struttura nelle prossime settimane. Inoltre sollecitiamo  chiarimenti  sul percorso formativo 87° AA.VV.F. tutt’ora in svolgimento.

Pubblichiamo la circolare della Direzione Centrale per le Risorse Umane , in merito alla valutazione annuale per la progressione in carriera, svolta nell’anno 2019 per il personale non Direttivo

Oggi  4 maggio si celebra la giornata Internazionale dei Vigili del Fuoco. Con i colori rosso e blu, che rappresentano il fuoco e l’acqua, vogliamo ricordare in tutto il mondo, coloro che quotidianamente e con professionalità garantiscono la sicurezza dei cittadini spesso a discapito della propria vita

#NoBodyShaming Giovanna Botteri

In riferimento allo spiacevole episodio che vede come protagonista Giovanna Botteri,  giornalista Rai che circa una settimana fa è stata oggetto di scherno per il suo modo di vestire e per la sua acconciatura, esprimiamo il nostro massimo sostegno.

Giovanna Botteri, inviata di guerra che con la sua professionalità ci ha tenuti collegati con le zone più pericolose del mondo, esperta di questione internazionali, grande corrispondente estera, nonché analista della politica italiana, è una donna che non ha bisogno di essere difesa perché la sua professionalità fa da schermo a qualunque tipo di attacco. Nonostante questo è necessario costruire insieme una rete di solidarietà e di condanna di attacchi di questo tipo, per far sì che il bodyshaming di cui è vittima non colpisca più né lei né altre donne.

Anche di fronte a tanta professionalità, quest’ultima sembra poter essere facilmente sacrificata in nome di modelli estetici arbitrari e poco rilevanti. Troppo spesso ci viene suggerito dalla società – e dalla comunicazione pubblica che ne è il riflesso – che il modello estetico, la conformità al pensiero dominante, l’omologazione, surclassano libertà e autodeterminazione, a partire dalle donne. Si fa ancora fatica a guardare le competenze, a riconoscere il valore della donna che, anche nel mondo del lavoro, occupa ancora uno spazio marginale nei ruoli dirigenziali e di guida del Paese.

Quanto ancora accade mette in evidenza ciò che pensiamo da tempo: che sia necessario mettere al centro dell’agenda politica del nostro paese una campagna culturale e di sensibilizzazione che parta dal rispetto delle persone. Vorremmo non dover ancora ribadire che è determinante, per una società, avere donne nei ruoli di direzione del Paese per superare definitivamente l’accentramento maschile nei ruoli di comando, e non avere politiche che rinuncino ad una visione di genere. Occorre un cambiamento della cultura organizzativa del lavoro e della società, che elimini ogni forma di discriminazione a svantaggio delle donne. Dobbiamo combattere le discriminazioni, a partire dai luoghi di lavoro.

Stiamo vivendo uno dei periodi più bui della storia degli ultimi cento anni. E lo stiamo vivendo insieme, nessuno escluso. Per questo ogni giorno ascoltiamo voci che parlano di come ne usciremo migliori, assistiamo a grandi gesti di solidarietà, di comunità, che fanno ben sperare che dopo tutto questo ci aspetti una società migliore. Eppure, nonostante le tante belle parole e gli intenti genuini, ci sono mostri ancestrali che non si riescono a scardinare. Tra questi alcune becere forme di discriminazione nei confronti della donna. In fondo ha ragione Giovanna Botteri: conta quello che le Donne hanno da dire, non come appaiono né come lo esprimono. Facciamoci Sentire. Grazie Giovanna.

“Avevamo chiesto un rapido cambio di rotta alla guida del Dap e cogliamo con favore la rapida soluzione della crisi, che si era creata con le dimissioni di Basentini, con la nomina in tempi brevi di due magistrati di grande spessore che hanno contribuito nella loro carriera professionale alla lotta alla criminalità organizzata: Petralia nuovo Capo del Dap e Tartaglia suo vice”. Questo il commento della Fp Cgil sulla nomina dei nuovi vertici del Dipartimento per l’Amministrazione Penitenziaria.

“Auguriamo buon lavoro ai due magistrati e confidiamo in un proficuo confronto con le organizzazioni sindacali finalizzato a superare lo stato di abbandono in cui si trova il sistema dell’esecuzione penale del nostro paese. Così come serve aprire una nuova pagina nella gestione del sistema, a partire dall’edilizia penitenziaria, dalle assunzioni, dalla sicurezza nei luoghi di lavoro e dalla formazione del personale”, conclude la Fp Cgil.

“Adesso serve un vero e proprio cambio di rotta nelle politiche gestionali, da tempo ormai precarie e perlopiù vulnerabili”. Così il coordinatore nazionale della la Fp Cgil Polizia Penitenziaria, Stefano Branchi, commenta la notizia delle possibili prossime dimissioni del capo del Dap, Francesco Basentini, ricordando che: “Qualche mese fa, come organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, interrompemmo le relazioni sindacali con l’Amministrazione Centrale, viste le continue inascoltate rivendicazioni fatte per il personale di Polizia Penitenziaria”.

Quanto alla nomina di Tartaglia quale Vice Capo del Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria, il dirigente sindacale osserva: “Da lui ci attendiamo un autorevole e serio contributo per un’inversione di rotta nelle politiche di salvaguardia per il personale”. Infine, “in un momento storico così delicato e sensibile, per l’intero panorama nazionale dell’intero sistema penitenziario, si aggiungono anche una serie di incertezze rispetto alla stabilità dei vertici di Largo Daga, ma noi siamo fiduciosi in ‘un nuovo orizzonte’, così per poter ripartire in propositive interlocuzioni istituzionali e collaborazione tra le Parti“, conclude Branchi.

Primo maggio, con il lavoro che non c’è.

Primo Maggio 2020, non lo dimenticheremo per molto tempo. Tante le lavoratrici e i lavoratori a casa perché in cassa integrazione, o perché le attività sono chiuse o magari, si pensa i più fortunati, in smart working.

La drammatica situazione economica causata dell’emergenza sanitaria dovuta al Covid-19 sta facendo sì che le persone vivano una altrettanto drammatica crisi occupazionale, con molti, uomini e donne (più donne che uomini), a rischio di perdere il proprio impiego e molte altre che dovranno venire a capo di un’inedita situazione con il lavoro da svolgere e l’assenza del sostegno della scuola nella cura dei bambini. Un problema, quest’ultimo, che rischia di far arretrare la condizione di molte donne, che spesso sono le prime a essere chiamate in causa nella gestione dei figli.

Pensiamo che questa crisi possa essere l’occasione per arrivare a superare anche nel nostro paese, preparando luoghi e spazi che consentano di uscire dal refrain che si ripete all’infinito, come in un’eco senza fine, che vede le donne le uniche a doversi fare carico della cura della casa e dei familiari.

In questo periodo c’è un uso esagerato di riferimenti al Rinascimento. E allora quanto sta avvenendo potrebbe essere colto come una buona occasione per riportare un po’ di Rinascimento anche nel vissuto delle donne, lavorando per costruire un nuovo modello di famiglia, che vada oltre il concetto a parole ampliamente superato, che vede nella donna l’unica figura che deve occuparsi della gestione familiare.

Chi, uomo o donna che sia, in qualche modo riuscirà a conciliare lo smart working, peraltro svolto obbligatoriamente da casa, con la presenza dei familiari da accudire e gli ambienti maggiormente vissuti da gestire, dovrà affrontare i prossimi mesi con un impegno non certo “smart”. Un impegno che non mette al centro la persona e diventa di fatto sovraccarico, stress, piuttosto che una forma di conciliazione vita-lavoro di qualità e benessere, quale il “lavoro agile” dovrebbe essere ed è in tempi “normali”.

In questo periodo sono cambiati gli spazi e i tempi del lavoro, ma per certi aspetti i nodi da sciogliere sono rimasti gli stessi. E il primo di questi nodi è il ruolo della donna nella società, che non può più essere quello dell’ “angelo del focolare” e deve avere pari dignità e opportunità, anche in casa.

Alle iscritte e agli iscritti della Funzione Pubblica Cgil

Care Compagne e Cari Compagni,
Molti di voi in questa giornata, come sempre, sono al Lavoro. Come lo sono stati, senza far mancare i servizi essenziali ai cittadini, in questi mesi drammatici a causa della pandemia.
Tante lavoratrici e tanti lavoratori dei Servizi Pubblici lavorano anche nella giornata in cui si celebra la Festa dei Lavoratori.
Ma quest’anno è diverso. Un primo maggio in pandemia non è una giornata festiva in cui capita “semplicemente” di essere in turno lavorativo. Come non lo è per quelle lavoratrici e per quei lavoratori che oggi avrebbero preso parte ai cortei, alle iniziative, per esprimere la loro militanza. Oggi non potranno farlo nelle piazze reali ma solo in quelle virtuali.
Sono passati mesi nei quali tante e tanti hanno rischiato la salute, la vita stessa, sacrificato gli affetti per esserci per tutte le cittadine e i cittadini che hanno bisogno di noi e dei Servizi Pubblici.
In troppi si sono ammalati, in tanti sono morti. Non è tollerabile non riconoscere la dignità del lavoro e non proteggerlo nei confronti dei rischi per la salute, soprattutto per chi è in prima linea e con la propria competenza e professionalità si prende cura delle persone. Solo grazie a loro si sta lentamente riprendendo il controllo dell’emergenza sanitaria, che non è alle nostre spalle e che attraversa tanti luoghi di sofferenza nei quali l’assenza di intervento è colpevole: le residenze assistite, i centri residenziali per minori soli, le comunità terapeutiche e tanti altri.
Spesso questi lavoratori fanno parte del settore privato della sanità e del sociosanitario e non si vedono riconosciuti neanche il diritto al rinnovo del Contratto collettivo di lavoro da oltre un decennio.
Per loro, come per i lavoratori della Sanità, delle Amministrazioni Centrali, delle Autonomie Locali, dell’Igiene Ambientale e del Terzo Settore, insieme alla Cgil, abbiamo lavorato per garantire tutele adeguate. Non sempre ci siamo riusciti, spesso abbiamo dovuto denunciare, diffidare amministrazioni e aziende per affermare un principio che dovrebbe essere inviolabile: prima la cura, prima la salute, prima la sicurezza sociale delle persone.
L’opinione pubblica ha compreso quanto sia fondamentale preservare i principi contenuti nella prima parte della Costituzione che fanno dei diritti fondamentali delle persone un bene comune, universale e pertanto pubblico.
Se siamo, e vogliamo continuare ad essere, una Repubblica democratica fondata sul Lavoro, il Lavoro deve essere il valore sociale che orienta le scelte politiche.
Abbiamo gestito migliaia di accordi di crisi in queste settimane, tanti lavoratori si ritrovano loro malgrado col sostegno degli ammortizzatori sociali, in sospensione senza reddito, senza contratto, senza lavoro. Migliaia sono le amministrazioni e le aziende nelle quali grazie agli accordi sindacali si è potuto garantire un diverso modo di lavorare che prevedesse maggiori tutele con il ricorso al lavoro da remoto e con accordi sulla sicurezza per chi invece ha continuato a lavorare recandosi in azienda o in ufficio tutti i giorni.
Siamo Essenziali, lo dicono persino leggi e decreti. Siamo Essenziali, lo dicono i cittadini che applaudono dai balconi la forza delle lavoratrici e dei lavoratori della sanità, del soccorso e della sicurezza.
Non siamo solo Essenziali bensì Fondamentali: la vera Cura per il nostro Paese sono i Lavoratori. Per questo non possiamo fermare le lotte sindacali anche in questa fase di crisi da Covid19: salario, lavoro stabile, equità fiscale, sostenibilità ambientale, diritti sociali, un’altra politica economica e sociale.
Davanti a noi ci sono settimane difficili, superare il lockdown vorrebbe, o forse dovrebbe, voler dire aver definito piani di riorganizzazione dei servizi pubblici e privati, della produzione, dei tempi delle città, premettendo la sicurezza e la tutela della salute all’intensità del contenimento.
Non possiamo permetterci di non rafforzare e riorganizzare il Sistema delle cure: salute, sociale, assistenza. Convivere per molti mesi con il Covid19 dovrebbe voler dire condizionare alla tutela della salute di chi lavora la velocità della ripresa economica. Soprattutto dovrebbe spingere il Paese verso la scelta della valorizzazione delle competenze, della ricerca non solo in campo sanitario ma applicata a un “Progetto per il Paese”, orientato alla trasformazione sostenibile di tutte le produzioni, non solo dei beni ma anche dei servizi: innovare per migliorare la qualità della nostra cittadinanza. Il tempo, ci dicono, è un fattore decisivo per la competizione globale. Per noi lo sono prima di tutto le Persone.
In questo primo Maggio quello che manca è la possibilità di gridare nelle piazze che le persone che lavorano hanno diritto di non abbandonare la speranza, non nel ritorno alla normalità, che forse non abbiamo mai conosciuto e che forse è un concetto che non ha un significato sociale, ma nella forza rivoluzionaria che l’intelligenza del lavoro ha sempre agito nelle grandi trasformazioni. Serve più partecipazione non più autocrazia, bisogna dare voce e peso al pensiero del Lavoro, ma dobbiamo anche essere capaci di innovare per salvaguardare il mondo che abitiamo a partire dai servizi pubblici.
Ci ritroveremo a celebrare i nostri valori in una dimensione privata pur sapendo di essere Popolo. Lo abbiamo fatto il 25 Aprile, lo faremo oggi che è il 1° Maggio.
Vi confesso, però, che avverto la privazione dell’esercizio della militanza: essere in piazza con le compagne e compagni per le ragioni del lavoro.
Mettiamo il nostro quadrato rosso, sventoliamo la nostra bandiera, scriviamo un messaggio per la dignità del lavoro e di ringraziamento alle lavoratrici e ai lavoratori dei Servizi Pubblici che, spesso a mani nude, hanno affrontato la pandemia e continuano a resistere consapevoli del Valore Pubblico del loro Lavoro.
Siamo questo: donne e uomini che nei simboli, nei valori e nelle pratiche si riconoscono come Popolo.
Per noi il Lavoro deve essere libertà, eguaglianza, autonomia e, oggi più che mai, sicurezza.
Buon Primo Maggio, Compagne e Compagni, scorrono nella memoria tutte le immagini delle nostre manifestazioni, iniziative, assemblee e trattative. Scorrono con la forza della passione che ci anima e continuerà ad animarci anche in questo tempo in cui, seppur distanti, siamo uniti, vicini ma non prossimi. La nostra forza è quella passione che ci fa lavorare per tutti, tutti i giorni.
W il 1° Maggio! W la Cgil! W le Lavoratrici e i Lavoratori dei Servizi Pubblici!

Serena Sorrentino

Pubblichiamo la nota del Coordinamento provinciale Fp Cgil VVF in merito alla mancanza di personale del ruolo tecnico amministrativo, la quale si ripercuote negativamente sull’aspetto organizzativo del Comando

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