Oggi abbiamo incontrato il Ministro On. Alberto Bonisoli in merito all’urgenza di trattare il tema della riorganizzazione del MiBAC.
Tutti insieme abbiamo espresso la nostra contrarietà rispetto al disegno complessivo che mostra uno sbilanciamento a favore delle strutture centrali e prevede una forte centralizzazione delle attività istituzionali rispetto alla periferia, con un allungamento della catena di comando attraverso la proposta di strutture interregionali (segretariati e reti museali – ex poli).
I Musei autonomi rischiano di perdere la capacità di spesa, vista la non chiara convivenza con la DG Contratti. Siamo contrari al ruolo enorme che acquisisce la DG ABAP rispetto all’attuale conformazione: si tornerebbe ad una situazione di fine secolo scorso, in una condizione di velocità amministrativa totalmente differente. Vengono soppresse le CO.RE.PA.CU. e si assiste ad una rivisitazione delle aree funzionali interne delle Soprintendenze, con forte penalizzazione delle professionalità legate alla Demoetnoantropologia. I segretariati “distrettuali”, di cui non è chiaro né il numero né la loro dislocazione geografica così come i Poli, rischiano di accentuare la difficoltà rispetto ad una diretta gestione dei siti e del territorio avendo alcuni di questi estensione interregionale. Abbiamo comunque richiesto all’Amministrazione di mantenere gli accordi di garanzia già definiti per i lavoratori coinvolti in processi di riorganizzazione.
Va fatta una riflessione approfondita, senza però precludere nessun ragionamento in merito a possibili aggregazioni, rispetto all’idea di sopprimere 4 musei autonomi (Parco dell’Appia antica a Roma, Museo di Villa Giulia a Roma, il MUCIV a Roma e le Gallerie dell’Accademia a Firenze) o anche altri differenti, solo per recuperare sedi dirigenziali per le Direzioni Generali. È necessaria maggiore chiarezza sul ruolo degli Uffici esportazione, così come delle funzioni di coordinamento delle Soprintendenze archivistiche rispetto agli Archivi di Stato.
Alla luce di quanto emerso oggi, vista anche la mancanza di un seria prospettiva di nuove immissioni di personale per far fronte agli imminenti pensionamenti (sarebbero necessarie circa 6000 assunzioni entro il 2020 e circa 8000 entro il 2021) le scriventi OO.SS. hanno richiesto all’On. Ministro di fermare il processo di riorganizzazione e l’approvazione del DPCM, definire in tempi brevi un percorso di assunzioni adeguato e di riaprire il tavolo di confronto con le organizzazioni sindacali e gli attori culturali per una revisione organizzativa del Ministero condivisa, partecipata e dettagliata nell’articolazione. Senza precise risposte nel senso sopra auspicato, nonostante l’apertura del Ministro di rivederci di qui ad un mese, queste OO.SS. assumeranno tutte le iniziative necessarie, senza escludere la mobilitazione.

 

FP CGIL                                                   CISL FP                                              UIL PA
Claudio Meloni              Giuseppe Nole’/Valentina Di Stefano           Federico Trastulli

Firmato il contratto nazionale Opere valdesi per il triennio 2017-2019. Oggi infatti a Torino, presso la sede della Diaconia Valdese, è stato firmato definitivamente il contratto Opere Valdesi che si rivolge alle lavoratrici e ai lavoratori che si occupano della tutela dei diritti di persone anziane, con disabilità e di immigrati. A farlo sapere è la Funzione Pubblica Cgil nel sottolineare come, dopo l’intesa raggiunta lo scorso 10 maggio, “il testo è stato sottoposto in queste settimane all’esame delle lavoratrici e dei lavoratori e approvato con largo consenso”.

Molte, fa sapere la Funzione Pubblica Cgil, “le novità introdotte con il nuovo contratto, tra le quali: un aumento salariale a regime di 75 euro (5,26%), nuove tutele per le fasce deboli (congedi, aspettative e permessi), il contingentamento dei rapporti di lavoro precari e atipici, il rafforzamento della contrattazione decentrata, il riconoscimento dei tempi di vestizione in orario di lavoro, l’introduzione della banca delle ore, l’aumento delle maggiorazioni per lavoro supplementare/straordinario e l’aumento delle indennità per lavoro ordinario notturno e festivo”. Per la Funzione Pubblica Cgil si tratta di “un altro importante passo per migliorare le condizioni di lavoro e assicurare dignità alle lavoratrici ed ai lavoratori del Terzo Settore, con l’adeguamento dei salari e il consolidamento dei diritti“.

In basso il testo del contratto

Donne poliziotte. Un accostamento che a molti ancora suona strano. Una percezione fuorviante ma comune che si ripercuote sul lavoro di donne in divisa che si ritrovano a fare i conti con un ambiente maschile e maschilista.
Luoghi comuni e pregiudizi che ancor più si riversano su quelle donne che, in un carcere, assumono ruoli di comando. È il caso di Manuela Federico, Comandante della Polizia Penitenziaria del Carcere di San Vittore, a Milano, da dodici anni. Manuela ci ha raccontato la sua esperienza.

 

Manuela, come è stato entrare a far parte di questo mondo come Comandante donna?

Il Carcere di San Vittore è una delle strutture penitenziarie più complesse del Paese. È stato un compito certamente non semplice essere Comandante qui. Il mio arrivo, più che una novità, è stato – nell’ultra centenaria storia dell’Istituto – una vera e propria svolta epocale e senza precedenti alla quale, oltre a me, si sono dovute abituare le quasi duemila persone che quotidianamente lo “frequentano”. Ho il privilegio e la responsabilità di essere uno dei primi Comandanti donna. Il primo certamente di questo Istituto.

 

Qual è stata la reazione del personale al tuo insediamento?

Abituarsi ad una donna al comando non credo che sia stato semplice. Perché, se è certamente un dato inconfutabile che ancora oggi ai vertici delle strutture della Pubblica Amministrazione in generale e di quelle di Polizia e delle Forze Armate in particolare le donne sono una minoranza, è altrettanto vero che agli occhi di molti la connotazione femminile ed il comando sembrano due cose incompatibili. Quante volte ho visto negli occhi delle persone lo stupore, a volte addirittura lo sguardo interrogativo, nel vedere una donna con quest’uniforme. Una reazione che farebbe un po’ sorridere, se non fosse che siamo nel 2019 e che la modernità di un Paese, che ha l’ambizione di essere nelle prime file delle democrazie occidentali, non dovrebbe sorprendersi se una donna comanda la sicurezza di un carcere.

 

Cosa vuol dire comandare un Reparto di Polizia Penitenziaria?

Beh, non è semplice. Significa essenzialmente occuparsi della sicurezza di un carcere e di tutti coloro che lo frequentano, siano essi detenuti, poliziotti penitenziari, magistrati, avvocati, familiari dei detenuti, volontari ed altri.
Significa avere la competenza per gestire delle dinamiche dove il dato umano è il fattore prevalente nelle relazioni.
San Vittore è forse il luogo dove, più di ogni altro, il rapporto umano è l’arma più importante per affrontare le innumerevoli criticità che si presentano quotidianamente. Un contesto unico e nello stesso tempo emblematico per la situazione di cronico sovraffollamento e per i problemi strutturali legati ad un ambiente detentivo fatiscente e inadeguato.
Significa entrare in relazione con una umanità complessa composta da una popolazione detenuta altamente variegata per cultura, razza, religione e problematicità spesso legate alla tossicodipendenza e alle patologie psichiatriche.
Denominatore comune è la sofferenza e la disperazione, troppo spesso legata a situazioni gravi di disagio sociale, economico e familiare di chi, peraltro, vive la maggior parte del proprio tempo di detenzione in cella, all’interno di spazi ristretti e angusti. È difficile raccontare cosa si prova nel vedere la sofferenza di un uomo. Ancor di più, è difficile descriverne la condizione in questa situazione e capire come intervenire e motivare il personale, soprattutto quando mancano le risorse. Il ruolo del Comandante, in questo mondo così complesso, si compone di mille momenti, che vanno dalla programmazione dei servizi alla gestione dell’emergenza, valutando ogni singolo dettaglio e tutte quelle sfumature che possono essere percepite solo con una profonda passione ed un immenso rispetto per l’uomo.

 

Sei riuscita a scardinare questo scetticismo?

All’atto del mio insediamento mi sono subito resa conto di aver spezzato una tradizione di comandanti dai capelli corti, simbolo di ordine, vigore e forza che certamente un viso femminile non avrebbe mai potuto esprimere.
Mi sono interrogata su come avrei dovuto esercitare la mia funzione. Ho subito ritenuto che sarebbe stato controproducente riproporre un modello di comando maschile che certamente non avrei saputo interpretare, ed allora, ho deciso di fare spontaneamente il Comandante da donna. L’ho fatto con naturalezza.
Certo, all’inizio non è stato semplice. Ho percepito subito la cultura maschile e l’impostazione maschilista ed ho dovuto lavorare perché si facesse breccia in questa logica conservatrice, per cui il Comandante per antonomasia doveva essere un uomo.
Se comandare non è cosa facile, eseguire gli ordini lo è ancora di meno, soprattutto quando si ha qualche resistenza ad accettare, non tanto le disposizioni impartite, ma la figura di chi le impartisce.
Ho lottato contro gli stereotipi propri degli ambienti di caserma ed ho cercato di sgretolare quella diffidenza che ho letto negli occhi dei miei collaboratori conquistando, giorno dopo giorno, uno spazio di autorevolezza.

 

Ti sei domandata il perché di tanta reticenza?

Innanzitutto credo che sia stato condizionato dal contesto essenzialmente maschile, costituito per il 90% da uomini e per il 10% da donne.
Inoltre certamente ha inciso la storia. A differenza degli altri corpi di polizia, le donne sono entrate solo negli anni ‘90.
Alla luce di tali considerazioni, una possibile risposta al rifiuto l’ho trovata nella paura. Nella paura del cambiamento. Nella paura di un qualcosa di diverso, diverso dal passato e diverso da sé stessi.
Allora ho pensato che solo mettendomi al loro fianco potevo dimostrare che non vi era motivo di temere e che, se potevo mettermi in gioco io, lo potevano fare anche loro con me.
Certo, questo mi ha impegnato con enormi sacrifici, personali e familiari. Fare il Comandante in questo modo significa non risparmiarsi, avere pochissimo tempo per sé e soprattutto dedicarsi totalmente a ciò che si sta facendo, senza orari, senza spazi diversi.

 

Con i detenuti hai avuto la stessa difficoltà a farti accettare?

No, ho sorprendentemente constatato che un uomo in difficoltà non ha pregiudizi. Un uomo in difficoltà, evidentemente, non vede il sesso di chi gli sta di fronte, ma percepisce il senso di umanità e la sensibilità che gli comunica il suo interlocutore.
Ed è stato proprio in circostanze come queste che la femminilità del comando è stato un valore aggiunto. Ho cercato la mediazione con soggetti autolesionisti, che sono riuscita a disarmare con le parole, a volte negoziando per farmi consegnare la lametta che si erano puntati alla gola. Ho rassicurato detenuti arrampicati sui tetti dell’istituto o sui cancelli della rotonda centrale. Semplicemente usando gentilezza, umanità e garbo ho convinto detenuti a rientrare in cella o azioni di barricamento con brande ed altri oggetti posti davanti al cancello della cella. Sono intervenuta con fermezza e decisione durante risse tra detenuti all’interno dei cortili o sui piani, dove ho assistito a guerre senza esclusioni di colpi, guadagnando in termini di autostima e identità del ruolo. Sono intervenuta con molte persone affette da disturbi comportamentali e/o psichiatrici. Mi sono spesa personalmente, cercando di ascoltare, capire, comunicare con detenuti con la bocca cucita o che avevano ingerito oggetti, quali posate, pile o altro, per persuaderli ad interrompere quelle assurde manifestazioni di protesta.
Mi sono imbattuta in alcune situazioni che mi hanno sicuramente segnata, ma credo che gli stessi eventi avrebbero lasciato in me lo stesso segno, se fossi stata un uomo.

 

Quindi il tuo essere donna si è rivelato in molti casi un valore aggiunto.

Non ho mai pensato di snaturare la mia femminilità. La femminilità per una donna al comando è un valore che certamente non deve essere esaltato ma che, allo stesso tempo, non deve nemmeno essere forzatamente celato.
Sono convinta che gestire criticità in veste femminile significa dimostrare che la forza di un’Istituzione sta nella mente, nell’intelligenza e nella capacità di ascoltare, di intervenire.
Mi sento di dire che in linea di principio, non è possibile fare una distinzione netta tra uomini e donne. Tuttavia riconosco nelle donne una maggiore familiarità con il mondo emozionale, che le porta a sintonizzarsi più facilmente con il vissuto interiore dell’interlocutore e, pertanto, a decifrare un linguaggio emozionale spesso criptato, ponendo in essere atti, gesti e parole, capaci di mettere a proprio agio e allentare la tensione in situazioni di accesa conflittualità. La capacità di osservare, l’acume, la perspicacia di intuire, mi hanno consentito con gli anni di affermare il ruolo che oggi mi viene riconosciuto con stima e fiducia.
Tutto questo, lo confermano le attenzioni ad ora di pranzo, quando, immersa nel lavoro d’ufficio per la redazione degli atti, qualcuno bussa alla porta, solo per consegnarmi il panino che avrei scelto personalmente se mi fossi potuta recare al bar. Sono piccole cose ma hanno un grande significato.

 

Carcere a parte, qual è la percezione di una Comandante donna nel ‘mondo esterno’, nella vita di tutti i giorni?

Voglio rispondere raccontandovi un aneddoto. Qualche anno fa fui intervistata, insieme ad altri miei colleghi uomini, da una giornalista di una nota rivista mensile che fece un articolo sui Comandanti della Polizia Penitenziaria. Una bella occasione per far conoscere all’opinione pubblica questa sconosciuta figura professionale. Ebbene, la giornalista, e preciso una donna, strutturò tutto il suo articolo parlando ampiamente dei miei colleghi uomini. Riservò solo due righe di fantasiose ricostruzioni al mio lavoro, in cui la figura del Comandante donna di uno dei carceri più famosi d’Italia, veniva descritta come la sintesi tra una moderna Giovanna d’Arco ed una povera martire votata al sacrificio. Ovviamente nulla di vero, ma ne capisco lo scopo. Il giornale è scritto perché qualcuno lo compri e lo legga. E se la giornalista ha ritenuto di scrivere questo è perché, probabilmente, il lettore medio è più affascinato da questa fantasiosa descrizione che dalla realtà che prima ho tentato di raccontarvi a proposito del mio lavoro.
Dunque non è solo un problema culturale del posto dove si lavora o del ruolo che si riveste. È un problema di cultura nazionale. Che sia un Comandante della Polizia Penitenziaria, un Primario ospedaliero o un dirigente di una grande azienda poco importa. Se ad esserlo è una donna, la gente si stupisce ancora. Ciò significa che molto si deve ancora fare.

 

Le donne in divisa si raccontano:

Venerdì 14 giugno è stato finalmente sottoscritto l’accordo per le progressioni economiche del personale del Mipaaft.
Il testo definitivo ha recepito molte delle modifiche da noi proposte ad un testo dell’Amministrazione che, a nostro avviso, oltre a non tenere conto della peculiarità del personale del MIPAAFT, caratterizzato dalla presenza di personale di diversa provenienza a seguito delle molteplici riorganizzazioni che hanno interessato il Ministero, non dava sufficienti garanzie di oggettività nei confronti dei dipendenti.
Si tratta di un accordo che garantisce una progressione economica per 902 dipendenti, ovvero il 66% degli aventi i requisiti previsti dal CCNL distribuiti proporzionalmente nelle divere aree e nei ruoli Agricoltura e ICQRF, con decorrenza 1 gennaio 2019.
L’accordo esplicita che le attuali progressioni fanno parte di un percorso che continuerà nel 2020 e 2021 con il coinvolgimento dei dipendenti che non risulteranno utilmente collocati in graduatoria in questa tornata o che non hanno ad oggi i requisiti previsti dal CCNL.
Riteniamo quindi il testo un punto di mediazione soddisfacente, e monitoreremo puntualmente lo stato di avanzamento delle procedure per la predisposizione delle graduatorie per le progressioni che dovranno essere concluse entro il 31 dicembre 2019 per consentire la decorrenza dell’inquadramento nella nuova fascia retributiva a partire dall’1 gennaio 2019.
E’ nostra intenzione inoltre aprire al più presto la trattativa sul FRD per quanto riguarda le risorse da destinare agli altri istituti previsti dal CCNL (produttività, indennità etc.) in modo da garantire ai lavoratori del Mipaaft la puntuale corresponsione delle loro spettanze, nonchè l’avvio delle trattative per il CCNI triennale anche per la parte normativa.
In allegato trovate il testo dell’accordo sottoscritto per la diffusione sui posti di lavoro.

Anna Andreoli
FP CGIL Nazionale
Funzioni Centrali

Pubblichiamo la convenzione emanata dalla Direzione Centrale per le Risorse Logistiche  e Strumentali riguardo l’acquisto di auto FCA

Pubblichiamo la circolare di riferimento per la convenzione di telefonia mobile TIM e la relativa regolamentazione, emanata dalla Direzione Centrale per le Risorse Logistiche Strumentali

Pubblichiamo la circolare della Direzione Centrale per le Risorse Umane in riferimento alle assenze per malattia

Resoconto trattativa rinnovo CCNL MISERICORDIE

Venerdì 14 giugno 2019 si è tenuta una riunione del tavolo di trattativa per il rinnovo del CCNL Misericordie.
In apertura di riunione, la delegazione della Confederazione delle Misericordie d’Italia ha comunicato
che il 13 giugno si sono incontrati a Roma con Anpas e Croce Rossa per iniziare il percorso di elaborazione di una piattaforma datoriale per unificare i CCNL del settore.
Questo loro percorso continuerà con un nuovo incontro, che si terrà il 25 giugno p.v., al termine del quale auspicano di poter disporre di un primo elaborato da poter iniziare a discutere anche con le organizzazioni sindacali.
In questa fase, la parte datoriale ha proposto di non disperdere troppo le energie su entrambi i tavoli
(questo e quello per l’unificazione dei contratti).
Abbiamo ribadito che il CCNL Misericordie ha la necessità di essere aggiornato, sia per gli istituti
normo giuridici che per quanto riguarda gli istituti economici e retributivi, affinché possa rimanere in linea con gli altri contratti del terzo settore già rinnovati.
Questo, anche per avere pari condizioni con il contratto di Anpas, già rinnovato lo scorso anno. Abbiamo sottolineato che se si riesce a intavolare una discussione produttiva e in tempi contenuti, partendo dalla nostra piattaforma e dalle elaborazioni unitarie già prodotte in merito ai vari aspetti, il successivo lavoro che dovremo svolgere nel tavolo per l’unificazione ne potrà trarre sicuramente beneficio, poiché entrambi i CCNL avranno le medesime decorrenze, i livelli salariali omogenei e gli istituti aggiornati.
Al termine della discussione, abbiamo concordato di fissare due nuove riunioni, per proseguire il lavoro ed entrare nel merito, nelle giornate di lunedì 8 e venerdì 12 luglio 2019, con orario 10:30/18:00, presso la sede della Confederazione Nazionale Misericordie di Firenze.
Vi terremo informati sul prosieguo dei lavori.

 

Per il Comparto Sanità/SSAEP
Fp Cgil Nazionale
Gianluca Mezzadri

Carcere: Fp Cgil, la rivolta di ieri a Poggioreale conferma le nostre preoccupazioni, servono interventi immediati e un piano straordinario di assunzioni.

Napoli, 16 giugno – “Per fortuna questa volta nessun Poliziotto Penitenziario è finito in ospedale, ma non passa giorno che non si registri un’aggressione al personale o una rivolta nelle carceri del nostro Paese. È inaccettabile”. Questo il commento della Fp Cgil Polizia Penitenziaria sulla rivolta di oggi nel carcere di Napoli Poggioreale. ‘ Abbiamo indicato ai vertici dell’amministrazione penitenziaria quali sono le misure urgenti da adottare per tamponare una situazione che sta sfuggendo di mano – afferma il responsabile nazionale della Fp Cgil Pol Pen, Massimiliano Prestini – ma senza un piano straordinario di assunzioni, che possa colmare la carenza di organico, che ad oggi supera le 4000 unità, qualsiasi sforzo prodotto potrebbe risultare vano. Per questo torniamo, ancora una volta, a sollecitare l’intervento del Ministro Bonafede. Basta con le promesse, è il momento di passare dalle parole ai fatti.”

“Ancora un episodio grave di tumulto pericoloso scoppiato nel carcere di Poggioreale sedato con oramai proverbiale sacrificio e abnegazione dal personale della Polizia Penitenziaria, che ogni giorno vede mettere a repentaglio la propria sicurezza, sottorganico, sovraffollamento delle carceri, organizzazione confusa e contraddittoria, una polveriera pericolosa sono divenute la carceri Campane e tutto ciò sembra non interessare a nessuno, basta tentennamenti e condotte passive, il personale è allo stremo, è giunto il momento di intervenire, aprire un tavolo di confronto presso il Prap per la Campania per affrontare le criticità esistenti e fornire le risposte più adeguate in tempi celeri. In mancanza siamo pronti ad ogni forma di mobilitazione per far cessare questo stato emergenziale le cui vittime sono solo il personale della Polizia Penitenziaria” Aggiunge Salvatore Tinto Segretario Regionale FP CGIL Campania.

Situazione mezzi di soccorso ed organici al collasso, queste le rivendicazioni fatte alla Dirigenza dalle OO.SS. territoriali Fp Cgil VVF, Fns Cisl e Uil Pa VVF

Pubblichiamo la dichiarazione dello stato di agitazione, unitario delle OO.SS. Fp Cgil VVF Fns Cisl e Uil Pa VVF riguardo lo stato in cui vertono i Comandi della regione sulla situazione degli automezzi, i mancati  pagamenti delle competenze al personale effettuate nel 2018 e il rinnovo AIB per l’anno 2019

Pubblichiamo la nota unitaria delle OO.SS. territoriali Fp Cgil VVF, Fns Cisl e Uil Pa VVF, sullo stato allarmante delle sedi di servizio del Comando, questa situazione ormai presente da tempo, mette a repentaglio la sicurezza  delle lavoratrici e dei lavoratori del CNVVF

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