FORMAZIONE, NESSUNO ESCLUSO

La formazione è un argomento a cui noi tutti teniamo moltissimo, riteniamo che una Amministrazione
che voglia migliorare se stessa non possa che farlo investendo in professionalità e aggiornamento
continuo dei propri dipendenti.
Purtroppo invece nella P.A., e la nostra Amministrazione non fa eccezione, non si ritiene necessario
farlo, i lavoratori, tranne pochi fortunati, una volta assunti si auto formeranno fino alla pensione.
Proprio in merito a quanto suddetto ci giungono diverse segnalazioni da parte dei colleghi, sembra
che, oltre al fatto che la formazione è rivolta ad un numero molto ristretto di persone, al MEF
si riscontri una ulteriore situazione alquanto singolare: i destinatari sono sempre gli stessi.
Se a questo sommiamo che è ormai da diversi anni che i corsi proposti dalla Scuola Nazionale
dell’Amministrazione sono, quasi esclusivamente, riservati ai dirigenti ed al personale appartenente
alla terza area, diventa evidente come ci troviamo difronte ad una ingiustificabile discriminazione
a danno di una fetta molto consistente di lavoratori del MEF.
Come CGIL, CISL e UIL riteniamo opportuno stabilire dei criteri trasparenti e chiari, con una formazione mirata e diversificata in modo da ricoprire l’intera platea dei lavoratori, senza distinzioni
altrimenti ci troveremo una parte ristretta super formata ed il resto dei colleghi fermi al palo.
In un’ottica di maggiore flessibilità professionale e capacità di adeguarsi ai cambiamenti tecnologici
e funzionali la formazione rimane per noi indispensabile per tutti, è un investimento che non
possiamo più non fare; un lavoratore che si senta valorizzato e partecipe nella realtà che lo circonda
sarà meglio in grado di svolgere le proprie mansioni.
Continueremo a lavorare affinché nessuno venga escluso, vi terremo informati.

 

FP CGIL                             CISL FP                      UILPA
Americo FIMIANI               Walter DE CARO        Andrea G. BORDINI

Al S.G Avv. Paolo Grasso
Roma – SEDE
segreteria.generale@mailcert.avvocaturastato.it
segreteria.generale@avvocaturastato.it

Ufficio II Organizzazione e Metodo
ufficio2.organizzazione@mailcert.avvocaturastato.it
ufficio2.organizzazione@avvocaturastato.it

In riferimento alla vostra nota del 14.02.2019 inviata alla Scrivente O.S. avente ad oggetto la
proposta di nuovo sistema di Misurazione e Valutazione del personale amministrativo
dell’Avvocatura dello Stato, pur apprezzando, ancora una volta, l’accoglimento di un nostro rilievo
inerente al sistema di valutazione della performance organizzativa, riteniamo non condivisibile le
motivazioni che hanno portato a non valutare le altre nostre osservazione in merito.
Ad ogni modo ci sentiamo di sottolineare che un sempre e proficuo rapporto, fondato su stabili
relazioni sindacali sia determinante non solo per salvaguardare e tutelare i lavoratori coinvolti, ma,
anche, a rendere sempre più oggettivo ed efficace l’azione amministrativa, e non solo, su tale
aspetto.

Il Coordinatore Fp Cgil Nazionale
Vincenzo Malatesta

Provvedimento inaccettabile e pericoloso, ritorno a peggior passato

Dopo il decreto ‘concretezza’, con il disegno di legge ‘miglioramento’ continua l’intervento demolitore del Governo nei confronti del lavoro pubblico”. È quanto sostengono in una nota congiunta Cgil Nazionale, Fp Cgil e Flc Cgil, in merito al ddl approvato nel corso della riunione del Consiglio dei ministro del 14 febbraio scorso, su proposta del ministro della Pa, Giulia Bongiorno, intitolato “Deleghe al Governo per il miglioramento della pubblica amministrazione”.

Questo ddl, affermano, “è inaccettabile e pericoloso per il metodo e nel merito. Per il metodo perché si propone di intervenire mediante lo strumento della delega, che come noto limita la discussione parlamentare e il confronto democratico, su una materia come il lavoro nella Pa che è di importanza rilevante per l’intero Paese oltre che per i 3 milioni di lavoratori che vi sono addetti. Nel merito perché, con una sorta di ‘brunettismo’ di ritorno, ripropone a circa un decennio dal fallimento di quelle politiche, nei confronti del lavoro pubblico le stesse ricette proposte dall’allora Ministro Brunetta. Un sistema di valutazione unico al solo scopo di mettere in evidenza pochi casi di ‘infedeli’ pur di non riconoscere il valore di quanti fanno funzionare lo stato senza mezzi né risorse”.

Per la Cgil e le due categorie, Fp e Flc, “si intende intervenire in materia di accesso al pubblico impiego prevedendo anche le ‘verifiche psico-attitudinali’ del personale oltre che ‘l’obbligo del giuramento’ (abolito per legge dopo lo sciopero della fame fatto negli anni 90 da un docente); di nuovo su merito e premialità proponendo questa volta l’intervento dell’utenza e l’utilizzazione di soggetti anche estranei alla pubblica amministrazione, senza dire che ancora una volta si cerca di allontanare le amministrazioni dai cittadini, centralizzando ancor più il potere nelle mani di pochi vertici nazionali, meglio se provenienti dalla carriera militare. Sulla disciplina della dirigenza (i cui contratti per il triennio 2016/2018 ancora non sono stati rinnovati) proponendo, in maniera ormai ossessiva, compiti maggiormente finalizzati a contrastare la scarsa produttività e l’assenteismo trasformando i dirigenti in gendarmi anziché fornire loro risorse e personale per organizzare meglio e incrementare i servizi ai cittadini, con l’obiettivo nemmeno velato di selezionare i più fedeli al politico di turno che i migliori manager. Infine sul rapporto di lavoro pubblico riproponendo nuovamente l’inderogabilità della legge da parte del contratto al fine di valorizzare ‘il principio per cui i dipendenti pubblici sono al servizio esclusivo della Nazione’”.

“Di tutto si parla meno che di rinnovare i contratti del lavoro pubblico già scaduti da due mesi e per i quali la legge di bilancio non ha stanziato che pochi euro non in grado di colmare nemmeno la perdita di potere d’acquisto degli stipendi dei lavoratori pubblici. Non è questa la via per conseguire il ‘miglioramento’ della Pa. Ciò che si prospetta è una restaurazione, un ritorno al peggior passato sia per il lavoro pubblico che per la qualità dei servizi offerti al Paese”, concludono Cgil, Fp e Flc.

La risposta viene dall’Emilia Romagna, dove attraverso la Regione si è condiviso un percorso di integrazione del soccorso capace di valorizzare la Componente Volontaria, senza intaccare la professionalità e capacità del personale permanente.
In un’ unica serata tra musica e proiezioni delle attività svolte, il presidente della Regione, l’Assessore regionale ed il Sindaco di San Lazzaro unitariamente al Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco, ripercorreranno le attività svolte in regione. 

Una iniziativa che la Fp Cgil VVF guarda di buon occhio e auspicio; rilanciare un modello organizzativo del Corpo più adeguato alle esigenze del cittadino e del territorio in un sistema, quello integrato di Protezione Civile, in linea con quanto stabilito dall’art. 10 del Codice di Protezione Civile. Volontariato e Professionisti del Soccorso, i Vigili del Fuoco, stretti in una cooperazione sinergica a tutela del Paese con tempi di intervento e di percorrenza drasticamente diminuiti, in tutti i luoghi.

Innanzitutto vogliamo ringraziarvi perché, con così poco preavviso, avete partecipato numerosi al
presidio unitario a sostegno della trattativa sul rinnovo del contratto collettivo nazionale della
cooperazione sociale.
Nella giornata di ieri, abbiamo affrontato il tema complesso di modifica dell’articolato sul rapporto di
lavoro a tempo parziale, discussione serrata e a tratti dura perchè impegnata ad avvicinare
posizioni ovviamente distanti, ma che ha prodotto alcuni significativi risultati.
Le novità concordate, sono la riduzione complessiva del limite di ore supplementari dal 50% al
40% ma conservandone le maggiorazioni tutt’ora previste.
Tale riduzione percentuale ha per noi un significato positivo in quanto l’abbassamento di questo
valore renderà piu agevole adeguare al rialzo i parametri orari contrattualizzati nei rapporti di
lavoro a tempo parziale.
Altra importante novità rispetto all’attuale impianto contrattuale riguarda l’utilizzo delle clausole
elastiche, perchè nel nuovo testo oltre alla possibilità di sospensione delle stesse, così come
previsto dal contratto vigente per motivi di salute gravi, famigliari, formazione e lavoro,
sarà possibile richiedere di sospendere suddette clausole anche su richiesta del lavoratore, sulla
falsa riga della procedura prevista per l’aspettativa non retribuita.
La discussione è poi proseguita sugli articoli ancora aperti da affrontare nel prossimo confronto del
27 Febbraio, nel corso del quale dovremmo cominciare a discutere degli aumenti economici che
per noi, ribadiamo, dovranno essere in linea con quelli degli altri contratti sottoscritti dalla nostra
federazione.
Diverse le questioni ancora aperte, a titolo esemplificativo e non esaustivo: le notti
passive, i permessi e la definizione di alcuni profili professionali.
Argomenti questi che andranno risolti nella discussione finale che dovrebbe, il condizionale è
d’obbligo, permetterci di arrivare in tempi rapidi alla sottoscrizione della preintesa.
L’attenzione deve restare alta, siamo in dirittura di arrivo e pur essendo complesso, il confronto
proseguirà con l’intento manifesto di tutte le parti in causa di provare a chiudere questa importante
vertenza che si trascina oramai da troppo tempo.

 

 

Per il Comparto Sanità/SSAEP                 Il Capo Area Sanità/SSAEP
Fp Cgil Nazionale                                           Fp CgilNazionale
Stefano Sabato                                                   Michele Vannini

Riprende l’indagine Fp Cgil riguardo gli effetti del Reddito di Cittadinanza sul lavoro pubblico: Comuni, Inps e Centri per l’Impiego. Dopo il focus sul ruolo giocato dagli assistenti sociali, è la volta dei Centri per l’Impiego, fulcro della misura di governo.

Mancano ormai pochi giorni all’avvio del Reddito di Cittadinanza. Il 6 marzo si apriranno le domande e ad aprile partirà l’erogazione del sussidio. A beneficiarne saranno circa 4 milioni di persone (secondo una stima della Fp Cgil, 5 milioni invece per il governo), con cui il lavoro pubblico avrà a che fare. Chi sarà maggiormente coinvolto nella gestione di questa misura saranno i Centri per l’Impiego che, una volta accolta la domanda dei richiedenti e riconosciuto il Reddito di Cittadinanza da parte dell’Inps, avranno il compito di attivare il Patto per il Lavoro: un percorso di accompagnamento e inserimento nel mondo del lavoro. Al momento però – denunciano – non c’è chiarezza ma totale assenza di informazioni.

 

[Scopri come funziona il Reddito di Cittadinanza: fase 1 e fase 2]

 

RDC: il percorso dei dipendenti dei Centri per l’Impiego

 

Che cosa prevede il Patto per il Lavoro?

Entro un mese dal riconoscimento del beneficio, i Centri per l’Impiego dovranno convocare i beneficiari del Reddito di Cittadinanza. Da quel momento inizierà un percorso di inserimento nel mercato del lavoro. Compito del Centro per l’Impiego sarà quello di proporre all’utente fino a tre offerte di lavoro. La prima offerta riguarderà un posto di lavoro ad una distanza massima di 100 km dal luogo di residenza (o comunque raggiungibile con i mezzi pubblici in un’ora e mezza circa). Qualora l’utente dovesse rifiutare la prima offerta, gliene verrà proposta una seconda, questa volta ad una distanza fino a 250 km. A seguire, in caso di rifiuto anche della seconda, la terza offerta di lavoro potrà riguardare una posizione in qualsiasi parte d’Italia.

 

Per far fronte alla nuova ondata di beneficiari che avranno necessità di essere seguiti, sono state previste 4 mila assunzioni nei Centri per l’Impiego, a sostegno degli 8 mila dipendenti già a lavoro. Già nel 2016 era atteso un potenziamento dei Centri per l’Impiego di 1.600 unità, ma ad oggi ancora non esiste un concorso. A queste si accompagnerà l’istituzione di una nuova figura professionale, il cosiddetto ‘navigator’, che avrà il compito di seguire personalmente il beneficiario del Reddito di Cittadinanza nella ricerca del lavoro, nella formazione e nel reinserimento professionale. È prevista l’assunzione di 6 mila navigator, che ottimisticamente dovrebbero essere in grado di seguire ciascuno tra i 10 e i 20 beneficiari del reddito per volta, per un totale di massimo 120 mila utenti. Gli altri resteranno in attesa del proprio turno.

 

I Centri per l’Impiego oggi.

Queste novità introdotte però non disinnescano una serie di criticità già presenti nelle realtà dei Centri per l’Impiego e che certamente saranno amplificate dall’avvento del Reddito di Cittadinanza. Infatti il servizio versa attualmente in condizioni critiche. Basti pensare che appena il 30% delle strutture garantisce tutte le attività ordinarie (reddito escluso). Da un’indagine Anpal inoltre risulta che circa il 50% dei dipendenti denuncia una carenza di personale e il 20% la presenza di software e strumentazioni inadeguate. Allo stato attuale i dipendenti dei Centri per l’Impiego sono meno di 8 mila, a fronte di una platea di richiedenti di quasi 3 milioni (cifra che non è da sovrapporsi a quella riguardante i potenziali beneficiari del reddito). In sostanza allo stato attuale ogni dipendente ha il compito di seguire 377 persone in un anno. Dunque, tirando le somme, attualmente i Centri per l’Impiego sono contraddistinti da un’organizzazione emergenziale del lavoro ordinario, da una carenza di personale e da strumentazioni inadeguate.

 

Proviamo a immaginare come cambierebbe il lavoro di un dipendente dei centri per l’impiego se domani il Reddito di Cittadinanza fosse realtà.

RDC: il carico di lavoro dei dipendenti CPI (persone per dipendente e ore di lavoro all’anno)

Immaginiamo ottimisticamente che si presenti ai Centri per l’impiego un solo membro di ogni famiglia e che gli si dedichino circa 8 ore lavorative (stima che tiene conto di una serie di colloqui, da quello conoscitivo al bilancio delle competenze), ne risulta che ogni dipendente avrà a che fare con ben 162 persone da seguire (da sommarsi alle 377 persone già seguite prima dell’introduzione del Reddito di Cittadinanza) e che nel corso di un anno dedicherà 10 mesi e mezzo all’utenza dell’Rdc e un solo mese e mezzo al lavoro ordinario ‘extra reddito’.

 

LE CRITICITA’

Dunque, come nel caso dei servizi sociali, si sta richiedendo un ulteriore enorme sforzo a servizi già in emergenza. Ma non si limitano a questo le criticità dell’introduzione della nuova misura.

I navigator.
Una delle grandi problematiche relative all’introduzione del Reddito di Cittadinanza gira intorno alla figura del navigator. Infatti, come accennato prima, è prevista l’assunzione di 6 mila navigator per supportare il lavoro dei Centri per l’Impiego. Ma queste assunzioni avverranno con contratti di collaborazione. Un paradosso, come quello già presente nei Cpi: un precario che ha il compito di aiutare un disoccupato a trovare lavoro. Questa misura non solo crea un paradosso discutibile, ma accresce il numero di precari rischiando di innescare una ‘guerra tra poveri’. Il Governo, in risposta alle critiche, ha parlato della possibilità di stabilizzare questi 6 mila navigator a conclusione di un percorso. Ma già nei Centri per l’Impiego ci sono centinaia di precari che attendono da anni una stabilizzazione e che rischiano di vedersi superati dai neo-colleghi. Inoltre, chi li assumerebbe? Un nodo che ancora non è stato sciolto. L’ipotesi più probabile è che se ne occupi Anpal. Ma se così fosse le Regioni – che hanno acquisito titolarità sul tema delle politiche attive con la riforma del titolo V della Costituzione – sono pronte a dare battaglia rivendicando il loro ruolo. Insomma, una situazione dalla gestione tutt’altro che semplice. Infine la problematica legata ai navigator è proprio nel senso stesso di questa ‘collaborazione’. Infatti non è ancora chiaro e delineato quale sarà il ruolo di queste nuove figure professionali e fin dove andrà a sovrapporsi – o a supportare – i Centri per l’Impiego. Dunque presumibilmente non sarà semplice creare una sinergia tra le due forze-lavoro.

Il Sud Italia.
Poi c’è il problema del Sud Italia. Il Reddito di Cittadinanza si pone come occasione di incontro tra domanda e offerta, per agevolare e facilitare l’introduzione nel mondo del lavoro. Ci sono però quelle situazioni, come accade con prevalenza nel Sud Italia, in cui il problema spesso non è nel mancato incontro tra domanda e offerta lavorativa, ma nell’assenza stessa della domanda. Cosa succederà per tutti i beneficiari delle regioni del Sud – che è lecito immaginare saranno la fetta più significativa – se dovessero fare richiesta per un lavoro che, nei fatti, non esiste? In quale modo saranno avanzate tre offerte di lavoro a queste persone? In questa area sarebbe più consono stimolare l’occupazione, e il lavoro si crea con gli investimenti.

Le assunzioni.
Infine c’è il problema delle assunzioni nei Cpi. Sono infatti previste, come accennato, 4 mila nuove assunzioni (più altre 1.600 risalenti al 2016). Al contempo, però, non è ancora stata stabilita la loro suddivisione sul territorio nazionale, laddove ci sono regioni che certamente avranno un bisogno maggiore di altre. Ma le tempistiche con le quali avverranno queste assunzioni presumibilmente non saranno abbastanza rapide, proprio in considerazione del fatto che ancora non sono state date disposizioni alle Regioni. Ancora una volta ciò che traspare è la contraddizione tra la bramosia di introdurre il prima possibile una misura di lotta alla povertà da una parte, e la lentezza della messa in moto della macchina dall’altra.

 

La posizione di Cgil, Cisl, Uil:

Il Reddito di Cittadinanza sembra attribuire un ruolo prioritario all’avvio del lavoro come risolutivo di una condizione di povertà, senza tenere conto del fatto che attualmente in Italia ci sono molti lavoratori poveri. Affinché questa misura funzioni è necessario che i servizi territoriali, a partire dai Centri per l’Impiego, siano rafforzati in tempi adeguati per la buona riuscita della misura. Ma la messa a regime degli interventi necessari, realisticamente e ragionevolmente, non avverrà in tempi brevi.
Inoltre le Regioni denunciano che una misura ‘così nevralgica’ sia stata introdotta senza ascoltare l’esperienza di quelli che saranno i protagonisti della misura: i lavoratori. In questo modo si rischia di rendere la misura inattuabile e di imbattersi in intoppi amministrativi. È indispensabile rafforzare i Centri per l’Impiego, non solo da un punto di vista di personale ma anche di strumentazioni, se non si vuole rischiare di essere travolti dall’onda d’urto delle domande che arriveranno.

 

“Rafforzare il sistema dei Centri per l’impiego è stata per noi sempre una priorità, soprattutto se si investe nell’incremento e la valorizzazione del personale – commenta Federico Bozzanca, della Funzione Pubblica Cgil -. Il problema che emergerà nei prossimi giorni riguarda l’impossibilità di rafforzare il sistema entro l’avvio dell’erogazione del reddito di cittadinanza. Per questo occorre trovare tutte le soluzioni possibili per accelerare il processo di rafforzamento delle politiche attive.”

 

Ancora una volta, parola ai lavoratori.

Abbiamo raccolto le testimonianze di dipendenti dei Centri per l’Impiego da varie zone d’Italia, così da fotografare le diverse realtà regionali con le quali si avrà a che fare.

Carlotta, 46 anni, da Ravenna. Dipendente CPI da 18 anni.
“Lavoro nei servizi di orientamento, in front office con le persone. Seguire una persona richiede nel migliore dei casi almeno 10-12 ore di lavoro, ma si arriva fino alle 16 ore. Se pensiamo ai numeri previsti con il Reddito di Cittadinanza, non abbiamo umanamente il tempo di seguire tutte queste persone. A Ravenna in un anno abbiamo gestito 1.066 domande. Secondo le stime avremo a che fare con quasi 12 mila domande, dieci volte tanto”.

Alessandra, 40 anni, da Reggio Calabria. Dipendente CPI da 10 anni.
“Noi non abbiamo avuto ancora nessuna comunicazione da parte delle Regioni
, la famosa piattaforma informatica cui dovremmo far riferimento ancora non esiste, in compenso sono tante le persone che vengono da noi a chiederci informazioni sul Reddito di Cittadinanza. In Calabria il tasso di disoccupazione è molto alto e ci sono sedi che non sono pronte, che hanno 2 o 3 dipendenti, non hanno figure specialistiche o non hanno strutture abbastanza capienti per ospitare altro personale.
La questione delle 3 offerte, poi, è una follia. Noi a Reggio Calabria abbiamo un massimo di due offerte di lavoro al mese. Come possiamo garantirne tre a persona?”.

Monica, 55 anni, da Firenze. Dipendente CPI da 16 anni.
“Ad oggi non abbiamo nessuna disposizione, stiamo ancora aspettando di capire come il lavoro per il Reddito di Cittadinanza ricadrà sui Centri per l’Impiego, ma è certo che ci saranno delle ripercussioni. La nostra situazione è una delle migliori d’Italia e nonostante questo non siamo in grado di far fronte alla situazione. Abbiamo un problema di sottorganico storico e non sappiamo quando ci sarà un potenziamento del personale. Le tempistiche saranno fondamentali per garantire un servizio dignitoso”.


 

LEGGI ANCHE: Reddito di cittadinanza, i servizi sociali al governo del caos


Ascolta il podcast di RadioArticolo 1 su Reddito di cittadinanza? Vince la confusione

Interventi di Luca Vecchi, sindaco di Reggio Emilia; Laura Paradiso, Rsu comune di Roma; Christian Biagini, centro per l’impiego Perugia; Claudio Di Berardino, assessore al Lavoro Regione Lazio. In studio Enzo Bernardo, Fp Cgil e Anna Teselli, Cgil.

 

Pubblichiamo la nota unitaria delle OO.SS. territoriali con la quale pongono l’attenzione sulla grave situazione di criticità operativa nonché gestionale del Comando

DICIAMO LA VERITA’! IL MERITO DELLA LIQUIDAZIONE DEL SALARIO ACCESSORIO 2016 E 2017 E’ SOLO DI CHI E’ RIMASTO AL TAVOLO NEGOZIALE

Se deve essere dato merito a qualcuno, allora lo si deve a queste sigle sindacali (CGILUIL- CONFSAL/UNSA-FLP-CONFINTESA), rimaste al tavolo negoziale a confrontarsi con l’Amministrazione nell’incontro dell’8 febbraio u.s., che con determinazione hanno spinto affinché il pagamento del salario accessorio 2016 e 2017 avvenisse già dal mese di marzo/aprile p.v.. A chi sostiene che basta andarsene dal tavolo negoziale per ottenere risultati, suggeriamo di abbandonare anche nelle prossime contrattazioni, sicuri che le scriventi OO.SS. riusciranno a raggiungere gli obiettivi attesi da tutto il personale.
NON E’ PIU’ IL TEMPO DI ALZATE DI TESTA PER ESSERE PIU’ VISIBILI. QUELLO
CHE CONTA E’ LAVORARE UNITI NELL’INTERESSE DEL PERSONALE.
Queste OO.SS. NON FARANNO UN PASSO INDIETRO fin quando non avranno certezze dall’Amministrazione su un riconoscimento economico sostanziale per tutto il personale, evitando disparità di trattamento che portino a classificazioni in Uffici di serie A, di serie B ed anche di serie C.
Basta con le mistificazioni: è il momento dei fatti!
Alla luce della pubblicazione del nuovo Regolamento dell’Organo di autogoverno della magistratura (Consiglio di presidenza), nel quale all’art. 8 si prevedono benefici economici anche al personale amministrativo che vi opera, aspettiamo risposte dal Segretario generale nelle prossime riunioni di contrattazione del 20 e 22 febbraio pp.vv.. Se non dovesse essere data una “RISPOSTA CERTA” nel merito sul progetto in favore di tutto il personale, sarà compito di queste OO.SS. chiedere un urgente incontro al Presidente dell’Istituto Angelo Buscema. Nel rispetto di quanto dichiarato dal Segretario generale, se non ci saranno chiarezza, conferme o smentite, vorrà dire che ad alzarsi e ad andarsene dal tavolo negoziale saranno le scriventi OO.SS. che continueranno con ancora maggiore determinazione lo stato di agitazione.
Siamo pronti alla mobilitazione chiamando a raccolta il personale, organizzando assemblee in tutte le sedi, sit-in, comunicati stampa nonché a manifestare in tutte le forme previste e consentite il disagio del personale, fino ad arrivare allo sciopero.

S. Di Folco                   F. Amidani            U. Cafiero        A. Benedetti       F. Stefanangeli

Pubblichiamo la ministeriale  del Ministero della Giustizia GDAP-0053513.U

Sorrentino: ‘Lavoratori chiedono rispetto e dignità’

La cooperazione sociale ritrovi la sua vocazione e rinnovi il contratto nazionale”. Mentre era in corso il presidio in piazza dell’Esquilino a Roma, e contemporaneamente la trattativa per il rinnovo del contratto nazionale a pochi metri, Serena Sorrentino, segretaria generale della Funzione Pubblica Cgil, ribadiva in piazza e in un messaggio su Facebook la necessità e l’urgenza di arrivare presto ad una intesa.

Il contratto, infatti, che investe una platea stimata in circa 350 mila lavoratori, è scaduto da oltre sei anni. “Non esiste solo il profitto per un’impresa, soprattutto se sociale, ma anche il rispetto dei diritti, l’etica del lavoro e la solidarietà – afferma Sorrentino -. Riconoscere le professionalità, dare certezze salariali, garantire partecipazione democratica. I lavoratori della cooperazione chiedono rispetto e dignità”. Nella giornata del 18 febbraio si è tenuto a Roma il presidio unitario (Fp Cgil, Cisl Fp, Fisascat Cisl, Uiltucs e Uil Fpl) mentre nelle stesse ore si teneva un nuovo appuntamento della trattativa.

Guarda le foto del presidio

Guarda in basso il video: ‘Cooperazione Sociale, è ora di #ContrattoSubito’

Pubblichiamo lo stato di agitazione dichiarato dalla struttura territoriale, in cui si evidenzia la carenza in cui desta il Comando

Pubblichiamo la nota del Coordinatore Provinciale, nella quale chiede un sollecito all’ Amministrazione alle richieste già inoltrate in passato, sulla carente situazione in cui destano i Nuclei Navali VVF del Comando di Messina

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