Siamo ai miracoli!
Da parte del Governo si afferma che con le risorse stanziate si rinnoveranno i contratti con incrementi che vanno dal 6 all’8%!
Con i numeri proviamo a capire come può avvenire questo miracolo:
Il rapporto che deriva da questi due dati è pari, per il biennio 2008/2009, ad un valore incrementale del 3,16%.
Come si possa dimostrare che, dati valori prestabiliti dai quali ne discende un altro altrettanto certo, quel 3,16% possa diventare il 6% e finanche l’8% è cosa alquanto complicata se non a fronte di un miracolo.
Ce lo insegnavano alle scuole elementari che una mela, per quanto suddivisa a spicchi, rimane sempre una mela!
Operando maliziosamente, non rimane che una strada: considerando che gli interessati ai rinnovi contrattuali dell’aggregato Stato sono 2 milioni di persone, l’unico modo a disposizione dell’ economista per far lievitare il 3,16% al 6 e fino all’8% è di suddividere le risorse destinate ai rinnovi contrattuali non su 2 milioni di persone ma sulla metà o ancor meno di essi!
È stato dichiarato che per ottenere questo risultato basta concentrare i due anni 2008 e 2009 nel solo 2009.
E siamo sempre all’esempio della mela: dato lo stanziamento attuale che questo sia erogato in due tranche o in una unica soluzione equivale sempre, ed è incontrovertibile, al 3,16%.
Per noi, ma dovrebbe elementarmente esserlo per tutti, i numeri dicono che per sostenere che le retribuzioni cresceranno tra il 6 e l’8% è necessario che gli stanziamenti attuali destinati ai rinnovi contrattuali siano più che raddoppiati.
A poco serve giocare sulle parole citando “dinamiche salariali” e non retribuzioni reali; sappiamo tutti che l’ISTAT nelle sue rilevazioni sulle dinamiche salariali prende a riferimento solo alcune componenti delle retribuzioni escludendo il salario accessorio e, come nel caso della pubblica amministrazione dove quest’ultimo pesa per circa il 30%, quindi con una rilevazione incompleta del reale andamento delle retribuzioni: pur anche volendo stare a questo “giochetto”, con gli stanziamenti attuali neanche l’ISTAT può dare una mano a falsare i dati!
Numeri in mano, le risorse attualmente stanziate per i rinnovi contrattuali dei dipendenti “statali” equivalgono a:
Pertanto le dichiarazioni governative che “ci sono le risorse per fare un contratto onesto che mantenga non solo il potere d’acquisto ma dia anche i premi”, a fronte di una inflazione corrente del 4% (e vedremo quale sarà nel 2009) e a fronte degli incrementi ipotizzati dallo stesso per valori che vanno dal 6 all’8%, sono totalmente infondate e non oneste.
Veniamo all’altra affermazione del Ministero della pubblica amministrazione secondo le quali “negli ultimi otto anni gli incrementi salariali nel settore pubblico sono stati il doppio rispetto a quelli del settore privato e mentre nel privato sono stati al limite dell’inflazione effettiva, nel pubblico sono stati il doppio dell’inflazione effettiva”.
Vediamo quindi quanto siano confutabili tali affermazioni partendo dai numeri e individuando alcuni riferimenti generali come anche quelli presi a riferimento dal ministero, ovvero gli ultimi otto anni.
Anni di riferimento 1991/2007
Nel settore pubblico per gli anni 1991 / 1992 / 1993 non c’è stato rinnovo contrattuale.
Nel periodo 1991/2007 a fronte di una inflazione reale pari al 53,40%, i rinnovi contrattuali hanno portato incrementi nominali delle retribuzioni medie per 37,34 punti percentuali.
Un dato negativo per i lavoratori pubblici per 16 punti percentuale.
Anni 1994/2007
Periodo temporale nel quale c’è la contrattualizzazione del rapporto di lavoro pubblico.
Nel periodo 1994/2007 a fronte di una inflazione reale pari al 37,50%, i rinnovi contrattuali hanno portato incrementi nominali delle retribuzioni medie per 37,34 punti percentuale.
Un dato negativo per i lavoratori pubblici per 0,16 punti percentuale.
Anni 2001/2007
Gli ultimi otto anni, considerati dal Governo.
Nel periodo 2001/2007 a fronte di una inflazione pari al 16,10%, i rinnovi contrattuali hanno portato incrementi nominali delle retribuzioni medie per 17,22 punti percentuale.
Un dato positivo per i lavoratori pubblici per 1,10 punti percentuale.
Anni 2000/2007
A differenza degli 8 anni indicati, sarebbe più corretto visionare periodi temporali coincidenti con i cicli contrattuali, tenendo ben presente i contenuti dell’accordo sul costo del lavoro del 1993 il quale, fra le altre cose, prevede nel biennio contrattuale di riferimento il recupero del differenziale inflattivo registratosi nel biennio contrattuale precedente.
Per il periodo considerato avremmo i bienni contrattuali 2000/2001 che include lo 0,40% per il recupero del differenziale inflattivo del biennio 1998/1999; 2002/2003; 2004/2005 e 2006/2007.
Nel periodo 2000/2007 a fronte di una inflazione reale del 18,60%, i rinnovi contrattuali hanno portato incrementi nominali delle retribuzioni medie per 18,74 punti percentuale.
Un dato positivo per i lavoratori pubblici per 0,14 punti percentuale.
A fronte di chi gioca strumentalmente con dati e periodi, noi razionalmente vorremmo che qualche “economista” ci quantificasse la perdita di valore degli incrementi contrattuali quando sono corrisposti con ritardi medi di diciotto mesi, che è il ritardo medio con il quale vengono rinnovati i contratti nella P.A. così come dimostrano gli “indicatori di tensione contrattuale” dell’ISTAT.
Potremmo dire, così come sostiene il Ministero, che si tratta anche per il pubblico di valori “che sono stati al limite dell’inflazione effettiva” aggiungendo che per alcuni periodi i valori sono molto inferiori all’inflazione effettiva.
Dai dati presi in esame se ne desume che anche per il confronto pubblico/privato quanto con superficialità affermato non ha alcun riscontro nella realtà, senza per questo alimentare ulteriore populismo demagogico così come fino adesso sta facendo capziosamente il Governo.
In conclusione, non c’è un solo dato che possa confortare le dichiarazioni del Ministero, siamo di fronte alla più totale disonestà politica e intellettuale.
L’entità dei tagli alla retribuzione accessoria previsti dal DL 112/2008, checché sia riportato nella relazione tecnica del Ministero, ammontano a regime a 1,7 miliardi di euro e questo in conseguenza della legge finanziaria 296/2006 (legge finanziaria 2007) che richiama ai fini della determinazione dei fondi per la contrattazione integrativa, oltre alle Amministrazioni centrali, anche le Regioni e le Autonomie locali e gli Enti del Servizio sanitario nazionale al rispetto dell’articolo 1, comma 189, L.296/2007; comma per ultimo modificato dal decreto legge 112 che riporta una riduzione dei fondi per 10 punti percentuali.
Un’ultima ingenua, e non tanto, annotazione:
come si può conciliare l’affermazione “ci sono le risorse per fare un contratto onesto che mantenga non solo il potere d’acquisto ma dia anche i premi” (incrementi mensili medi lordi per € 64,47) con l’azione di prelievo dalle retribuzioni attuali che va da 80 a 300 mensili operata con il decreto legge 112?
Questi sono i misteri della vita ai quali, sicuramente, darà una risposta il Governo attraverso …… un miracolo!
Roma, 4 Settembre 2008
Le ragioni spiegate da Carlo Podda, Segretario Generale della Funzione Pubblica CGIL.
E’ possibile eseguire anche il download del video.
Mettiamo a disposizione 2 differenti files in formato Windows Media (wmv) che si differenziano per qualità e quindi anche per dimensioni.
Non è casuale che, in questi giorni, il Consiglio di Stato, sollecitato dal Governo, abbia emanato un parere che cambia le regole sulla rappresentatività per la sottoscrizione dei Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro, mentre è aperta la stagione contrattuale.
Sono le anticipazioni della riforma Brunetta sulla rilegificazione del rapporto di lavoro nel pubblico impiego. Chi è al Governo decide di volta in volta come gli conviene interpretare e applicare le regole, che sono invece definite proprio per dare certezza, trasparenza e diritti.
E’ l’invasione, senza più alcun freno, della politica nella gestione di qualunque aspetto che riguardi il pubblico impiego, in totale spregio delle norme. Ricordiamo, tra l’altro, che l’attuale normativa ha attribuito al giudice ordinario le controversie nel pubblico impiego, per cui il parere del Consiglio di Stato, organo la cui autorevolezza non abbiamo mai messo in discussione, non è competente in materia e quindi non può modificare le regole attuali.
E’ fin troppo evidente, che l’aggiramento delle norme ha come fine quello di prendere decisioni anche senza avere la maggioranza dei consensi o, per meglio dire, di costruire una falsa maggioranza . Per ottenere questo si è disposti a piegare e distorcere le regole utilizzate negli ultimi 14 anni, con il consenso di tutti.
Vorremmo capire, inoltre, se la difesa del diritto è un impegno solo della CGIL o anche delle altre Organizzazioni Sindacali, che hanno contribuito a definire le regole che oggi vengono calpestate.
Nella lista, già lunga, dei motivi per partecipare allo sciopero generale di domani, 12 dicembre, si aggiunge anche questo volgare tentativo di mettere il bavaglio alla maggioranza dei lavoratori che non condividono gli accordi sottoscritti.
Roma, 11 dicembre 2008
Il conflitto istituzionale in atto tra il Presidente del Consiglio ed il Presidente della Repubblica, mette a rischio i principi democratici su cui si fonda la nostra Repubblica. Il Governo Berlusconi mette in discussione i principi fondamentali della nostra democrazia, primo fra tutti la validità della Costituzione, la garanzia di regole chiare a tutela dei cittadini e dei loro diritti.
Non possiamo non vedere come l’attacco ai diritti democratici segua di pochi giorni l’attacco di questo stesso Governo ai principi fondamentali della democrazia sindacale. Il tutto delinea un quadro di grave preoccupazione sulla tenuta democratica della nostra società. La mobilitazione di Funzione Pubblica Cgil e Fiom-Cgil si intesterà anche questa battaglia di civiltà e democrazia.
Invitiamo quindi tutti i cittadini che non sono direttamente interessati ai contenuti sindacali della manifestazione, ma che come noi comprendono la gravità della deriva autoritaria di questo Governo, a scendere in piazza, il 13 Febbraio a Roma in Piazza San Giovanni, per difendere la costituzione democratica ed antifascista della nostra Repubblica. A tale scopo mi piacerebbe molto che ciascuno portasse con se un cartello, una scritta, con la quale si dichiari: “anche io difendo la costituzione”.
Roma, 8 Febbraio 2009
In occasione del Cdm di Venerdì 6 Marzo, che, come annunciato, dovrebbe approvare il decreto legge sullo stop alle stabilizzazioni nel pubblico impiego, la Funzione Pubblica Cgil effettuerà un sit-in in Piazza Montecitorio, dalle ore 9:00 alle ore 13:00, per chiedere al Governo di non approvare il Dl e tornare sui suoi passi, ripristinando i meccanismi di stabilizzazione o quantomeno prorogando i contratti a tempo determinato.
Riteniamo inconcepibile che proprio lo Stato italiano, in una fase in cui sul versante del lavoro privato si tenta da più parti di contenere i licenziamenti e di estendere le tutele a tutti quei lavoratori che oggi ne sono sprovvisti, licenzi di fatto 60.000 lavoratori totalmente privi di ammortizzatori già a luglio 2009, su una platea totale di circa 500.000 lavoratori coinvolti dallo stop alle stabilizzazioni nell’arco dei prossimi 3 anni.
Roma, 3 Marzo 2009
Ho letto le dichiarazioni del Ministro Sacconi in merito ad una mia presunta disponibilità a discutere dell’art 18. Lo ringrazio dei complimenti circa il coraggio, che non manca a me come a tutta la Cgil. È però un fatto sgradevole che spesso la politica (gli uomini politici) utilizzi strumentalmente le posizioni altrui a fini propri. Non mi stupisce ma non condivido.
La posizione da me espressa era una valutazione di sistema sul generale impoverimento del lavoro (sia dal punto di vista economico, che in termini di tutele, ma anche del suo valore sociale), ed un tentativo di aprire un dibattito su come affrontare le sfide imposte dalla precarietà al sindacato. Non certo un’apertura sull’articolo 18, questione che avevo definito nell’intervista, cito testualmente, “stucchevole”.
Credo che i diritti debbano essere estesi a tutti quei lavoratori che oggi ne sono privi, non tolti a chi li gode. Sono convinto che se davvero si dovesse aprire un dibattito o un confronto con il Governo, i fatti si incaricherebbero di dimostrare la reale distanza tra queste due posizioni.
Roma, 6 Maggio 2009
La vicenda del salario accessorio dei dipendenti pubblici non sembra essere giunta a conclusione nemmeno con la firma del Dpcm che dovrebbe restituire ai lavoratori il maltolto. Va infatti ricordato che in questo caso parliamo di un vero prestito forzato ed involontario da parte dei dipendenti allo Stato italiano. Il decreto 112, poi convertito il legge (133 del 6 Agosto 2008), aveva infatti colpito le retribuzioni dei lavoratori pubblici sottraendo 530 milioni alle leggi speciali e 190 ai fondi unici di amministrazione.
L’accordo sottoscritto con il Ministro Brunetta, non firmato dalla Funzione Pubblica della Cgil, stabiliva che entro il 30 Giugno il salario accessorio sarebbe tornato nelle tasche dei lavoratori. Come all’epoca, le nostre perplessità sulla copertura finanziaria permangono. Il Dpcm non prevede infatti alcuno stanziamento, affidando la restituzione all’arbitrarietà del Ministero dell’Economia e del Dipartimento della Funzione Pubblica, ed agli eventuali (quanto improbabili) risparmi di enti e ministeri.
In assenza di uno stanziamento vero, non possiamo affidarci a formule fumose che non chiariscono l’entità dei fondi messi a disposizione della contrattazione integrativa.
Riteniamo comunque questo Decreto il segno che le lotte dei lavoratori pubblici iniziano a dare i loro frutti, ma non possiamo che continuare a rivendicare la restituzione totale di quei 720 milioni di euro ingiustamente sottratti ai dipendenti pubblici per necessità di cassa.
Aspettando di capire dal Ministro se davvero pensa di cavarsela con una non-soluzione, vorremmo poter capire come sarà possibile garantire la restituzione in assenza di uno stanziamento. Se questo era davvero il contenuto dell’accordo del 30 ottobre, abbiamo una ragione in più per non averlo firmato.
Roma, 3 Luglio 2009
FP CGIL, FPCISL, UIL FPL ritengono che la tornata dei prossimi rinnovi del lavoro pubblico si collochi in un quadro di straordinaria difficoltà, ma che allo stesso tempo possa rappresentare una grande opportunità per riorientare il sistema pubblico nei confronti dei bisogni del Paese. Ciò potrà avvenire attraverso una nuova stagione di partecipazione dei lavoratori pubblici e il coinvolgimento di tutti gli stakeholder (cittadini, imprese, forze sociali) nell’organizzazione e nell’erogazione di servizi appropriati ed efficienti.
La crisi globale, che attraversa ovviamente anche il nostro Paese, impone politiche di investimento nel settore, in servizi pubblici alle persone ed alle imprese. C’è in particolare bisogno di massimizzare le risorse da investire nei settori che sostengono indirettamente o direttamente il reddito delle persone o in quelli che forniscono prestazioni alle comunità e alle aziende. I sistemi di welfare nazionale e locali costituiscono di fatto uno strumento strategico indispensabile per la ripresa economica e per il mantenimento della coesione sociale.
Le Organizzazioni sindacali confederali di categoria sono convinte che nella condivisa ricerca di maggiore efficienza ed efficacia del sistema, si debbano perseguire politiche innovative di sostegno e valorizzazione del sistema pubblico. A partire da un utilizzo più coerente e fecondo dello strumento contrattuale, che metta insieme le esigenze di chi lavora e vuol lavorare sempre meglio con quelle di chi ha bisogno di servizi sempre più efficienti ed avanzati.
Per questo lo stesso rinnovo dei contratti di lavoro va collocato in una fase di non più rinviabile di rilancio del lavoro pubblico avviando un deciso processo di democratizzazione nell’organizzazione dei servizi ai cittadini ed alle imprese.
Si tratta in estrema sintesi di dare finalmente voce ai portatori dei diritti e degli interessi che hanno a che fare con i servizi e con il lavoro pubblico, siano essi i lavoratori pubblici, i cittadini o le imprese. Solo mettendo finalmente a confronto gli interessi ed i bisogni degli utilizzatori dei servizi e dei detentori dei diritti di cittadinanza che devono essere garantiti dal lavoro pubblico con chi ha la responsabilità di organizzare l’offerta dei servizi potremo finalmente rendere la pubblica amministrazione ed i servizi trasparenti, moderni e democraticamente organizzati.
Riteniamo quindi necessario in questa fase, proporre un nuovo quadro di priorità al governo nazionale ed a quelli locali: partecipazione e coinvolgimento dei produttori e degli utenti dei servizi pubblici. Non quindi una ordinaria stagione di rinnovi contrattuali, quanto piuttosto una stagione che, anche in ragione della straordinarietà della crisi e della conseguente necessità di avere un maggiore sostegno da parte della collettività ai soggetti colpiti dalla crisi, si qualifichi come occasione vera di rinnovamento di un settore pubblico sempre più centrale nel contesto nazionale e globale.
Avanziamo in questo quadro la proposta che la tornata dei rinnovi che abbiamo di fronte venga aperta da un grande tavolo di confronto con Governo nazionale e con il sistema delle Regioni, delle Autonomie Locali e con quello delle imprese. Al fine di costruire, anche in via sperimentale, forme di partecipazione democratica di tutti i soggetti presenti al tavolo, a livello nazionale ma soprattutto locale, che consenta di avviare con tutti gli attori del sistema una effettiva fase di riorganizzazione della macchina pubblica e di riqualificazione dei servizi, alla luce di una domanda finalmente espressa e qualificata da parte di tutti i destinatari dei beni prodotti dal lavoro pubblico e di una partecipazione effettiva di chi ogni giorno si spende con impegno per garantire quei servizi.
Nel quadro di tale confronto FP CGIL, CISL FP, UIL FPL predisporranno le piattaforme contrattuali ed i governi nazionale e locali dovranno stanziare le risorse necessarie
FP CGIL Carlo Podda – CISL FP Giovanni Faverin – UIL FPL Giovanni Torluccio
Roma, 25 Settembre 2009
Le notizie che emergono dalle indagini che ruotano attorno al “sistema” della Protezione Civile vedono anche il coinvolgimento di alti funzionari del Ministero delle Infrastrutture. Fermo restando che attenderemo, come sempre fiduciosi, gli esiti delle istruttorie in corso, non possiamo che sottolineare come nella denuncia dello “scandalo Protezione Civile” rischino di venire accomunati nel giudizio i migliaia di lavoratori e lavoratrici delle Infrastrutture, della Presidenza del Consiglio dei Ministri e della Protezione Civile, a partire dalla Toscana che, a leggere le intercettazioni, sembra essere il cuore del problema, ma anche nel resto del paese. Lavoratrici e lavoratori che hanno sempre svolto con coscienza e responsabilità il proprio lavoro, molto spesso con carriere non riconosciute e salari tagliati nei fondi di produttività. L’abnegazione e gli sforzi di queste donne e di questi uomini oggi rischiano di essere offuscati da chi ha utilizzato il loro lavoro per fini personali e contro la collettività.
Una riprova, anche se non ne sentivamo il bisogno, che la controriforma del Ministro Brunetta non garantisce quella separazione di responsabilità fra politica, affari e gestione della cosa pubblica che invece serve al paese per uscire dalla crisi e rilanciare il sistema pubblico.
Occorre reintrodurre trasparenza e legalità nella gestione del lavoro pubblico, rimotivando e valorizzando quei lavoratori e quelle lavoratrici che, anche in questi giorni, con la propria faccia, fanno funzionare la macchina dello Stato nonostante i pesanti contraccolpi che stanziamenti sempre più ridotti, carenze di personale e una dilagante privatizzazione dei servizi pubblici, hanno assestato alla pubblica amministrazione italiana.
Roma, 18 Febbraio 2010
16/03/2010
Carlo Podda, segretario generale FP CGIL, ospite a Omnibus Life nella puntata “Burocracy”.
Care compagne cari compagni,
non mi sfuggono le responsabilità a cui sono chiamata nell’accettare la proposta di essere la nuova Segretaria Generale della Funzione Pubblica CGIL, data l’importanza ed il ruolo che ha questa categoria fuori e dentro la CGIL.
A partire dal fatto che per la nostra categoria questo congresso ha significato una profonda divisione già dal gruppo dirigente.
Sarà compito mio, in primo luogo, impegnarmi a ricomporre, senza azzeramenti, le divisioni che ci sono al nostro interno; lo farò a partire dal merito dei problemi che la categoria ha davanti a se ma, soprattutto, provando, insieme a tutti voi, a ricreare quel clima solidale,di condivisione e costruzione delle politiche che ci hanno caratterizzato sino a qualche tempo fa.
Molte sono le cose che ci uniscono, la comune idea di lavoro pubblico, i beni comuni , l’intreccio pubblico privato e la legalità e da queste bisogna ripartire.
Per realizzare ciò è importante una gestione unitaria della Cgil.
Non è mio obbiettivo annullare le differenze, ma provare insieme a voi a far vivere il pluralismo come fonte di arricchimento reciproco, ricercando anche forme nuove di valorizzazione, evitando arroccamenti.
So che è una scommessa, ma conoscendo questa categoria penso che ci siano le volontà e le intelligenze per cimentarci unitariamente nella gestione di questo percorso e indicare anche prospettive diverse alla CGIL tutta.
Mai come in questo momento parole chiave come partecipazione, solidarietà, democrazia, trasparenza, collegialità vanno sostanziate da atti concreti e verificabili da tutto il gruppo dirigente con modalità certe e condivise.
Non intendo certo con questo abdicare alla responsabilità che mi dovrò di volta in volta assumere.
Vorrei, però, che all’esercizio di quella responsabilità si giunga al termine di un percorso nel quale tutti siano chiamati a partecipare con le loro convinzioni e con l’ascolto reciproco; questo significa valorizzare gli organismi dirigenti, praticare un confronto continuo con le strutture regionali e territoriali, valorizzare le attività tematiche del centro nazionale.
Mi piace pensare, a partire dalla futura segreteria, a modalità inclusive di tutte e tutti, a luoghi dove le discussioni siano libere, dove ognuno possa con agio esprimere il proprio pensiero, giungendo a decisioni il più possibile partecipate e condivise. Per questo motivo sarò sempre disponibile all’ascolto e al confronto.
Penso, sempre a partire dal centro, che tutti gli atti che riguardano l’organizzazione debbano rispondere a criteri conosciuti e condivisi riferiti sia all’uso delle risorse umane che economiche.
Quanto detto sin qui assume una rilevanza particolare se volgiamo lo sguardo al mondo fuori di noi.
Abbiamo di fronte a noi un modello di società alternativo ai nostri valori che è rafforzato dall’esito delle elezioni regionali ,emblematicamente rappresentato dal decreto Brunetta, dal libro bianco sul welfare di Sacconi, dall’accordo separato sul modello contrattuale e, da ultimo, dalle norme rinviate alle Camere dal Presidente Napolitano sul processo del lavoro e dal prospettato accorpamento contrattuale regioni-sanità.
Il segno unificante di tutti questi atti è riassumibile nella volontà di far implodere ogni regolazione collettiva e solidale della dialettica sociale.
Per questo il nostro primo compito è, e dovrà continuare ad essere, la difesa ed anzi la valorizzazione del CCNL, stretti, come saremo, tra un disegno centralizzatore rappresentato dalla riforma brunetta e le spinte verso la devolution.
Il nostro contrasto all’accordo separato del 22 gennaio deve riguardare tutti i settori da noi rappresentati e, quindi, la definizione delle quantità economiche e delle parti normative deve essere coerente con questa impostazione; questo deve anche essere determinante nei rapporti unitari.
Questi obbiettivi li raggiungeremo se da subito coinvolgiamo le lavoratrici, i lavoratori, i Comitati degli iscritti e le RSU.
Penso che sia un percorso necessario per rilanciare un processo di unità sindacale dal basso che, a partire dalle convergenze sui contenuti, aiuti a recuperare le divisioni nei rapporti unitari; ricomposizione possibile se partiamo dall’ascolto dei bisogni, dalla valorizzazione del lavoro e dalla funzione svolta dalle lavoratrici e dai lavoratori per garantire i diritti delle persone.
Per questo la valorizzazione dei nostri comitati degli iscritti, dotandoli di risorse e investendo sulla loro formazione non è più rinviabile se vogliamo riportare i nostri valori nei luoghi di lavoro.
Penso a un sindacato che è un soggetto politico non corporativo, confederale nel suo essere , che sulla base delle sue elaborazioni e le sue pratiche democratiche si misura senza complessi con la politica, riconfermando la sua autonomia dalle istituzioni, dai partiti e da possibili gruppi di pressione.
Ringrazio Carlo per il lavoro importante che ha svolto per questa categoria non solo in questi ultimi anni da Segretario Generale.
Lo ringrazio anche per l’impegno a far si che questo congresso si concludesse unitariamente.
Ed un grazie a tutti voi.
Rossana Dettori
Le decisioni che sembrano sostanziarsi dopo l’incontro odierno fra il Governo e i Presidenti delle Regioni Lazio, Campania, Molise e Calabria sono, se confermate, l’ennesima lesione del principio universalistico del nostro sistema sanitario nazionale e sarebbero vissute dai cittadini di quelle regioni come la beffa che si aggiunge al danno.
Che la decisione di far pagare ai cittadini il deficit di bilancio (per alcune regioni, in verità, ancora presunto) avvenga nel giorno in cui il Ministero della Salute rende noti i dati della sua ricerca sui sistemi di valutazione delle performance dei sistemi sanitari regionali è, senza ombra di dubbio, emblematico.
Ai cittadini del Molise, che per il 22% dei casi sono costretti ad “emigrare” verso sistemi sanitari di altre Regioni, il Governo indica come soluzione ai loro problemi quella delle addizionali regionali.
Alle cittadine della Campania, che solo nel 36% dei casi vengono invitate allo screening mammografico nella fascia di età più a rischio, il Governo offre come risposta quella di aumentare le tasse.
Ai cittadini calabresi, che hanno il doppio del rischio di essere nuovamente ricoverati per la stessa patologia rispetto ai cittadini del Piemonte, il Governo vuole aumentare la pressione fiscale.
Per i cittadini del Lazio, che solo per il 16% dei casi, vengono operati per fratture al femore nei due giorni successivi al ricovero, la stessa soluzione: più tasse.
Come si può ragionevolmente sostenere un approccio simile?
Valuteremo nei prossimi giorni, insieme alle strutture regionali della nostra categoria ed alla confederazione, le giuste risposte a questo ennesimo attacco al diritto dei cittadini ad un servizio sanitario di qualità, e respingeremo con tutti i mezzi a nostra disposizione il tentativo di far pagare più tasse proprio a quei cittadini che ricevono meno.
Meno servizi di qualità e più tasse è un’accoppiata indegna.
Roma 13 Maggio 2010