Comunicato

 

A TUTTE LE LAVORATRICI E I LAVORATORI ACI

Il giorno 19 maggio u.s. è stato firmato il Protocollo d’Intesa relativo ai progetti locali per gli Uffici Provinciali, per la Sede Centrale e le Direzioni Regionali.

In attuazione delle previsioni del CCNL 2006-2009, che sottolineano la necessità di valutare il livello di efficienza dei servizi pubblici sulla base del gradimento dei cittadini-utenti, si è proceduto a disciplinare in modo nuovo rispetto al passato i progetti locali, stabilendo il principio che a giudicare il raggiungimento dell’obiettivo del progetto siano i cittadini stessi attraverso lo strumento di una indagine di “customer satisfaction”.

Per il 2009 l’indagine è stata effettuata solo negli Uffici Provinciali ma l’obiettivo è quello di estenderla alle Direzioni Centrali, anche in riferimento alla soddisfazione del cliente interno, e alle Direzioni Regionali/Interregionali. Pertanto, in attesa di completare l’intero sistema, per tali Direzioni è stato definita una disciplina transitoria che prende a riferimento per una quota del fondo la media delle rilevazioni effettuate negli Uffici Provinciali e per la restante parte la realizzazione di progetti specifici.

Ciò che ci ha motivato ad iniziare, in via sperimentale, questo percorso è la consapevolezza che solamente attraverso il coinvolgimento dei cittadini si possa riconquistare pienamente il ruolo proprio dei dipendenti pubblici, che sono essenzialmente coloro che garantiscono a tutti diritti fondamentali erogando servizi alla cittadinanza; questo anche al di là delle facili demonizzazioni su cui ultimamente, a livello governativo, si è ampiamente speculato.

Resta confermato il ruolo della contrattazione decentrata, quale strumento indispensabile per migliorare l’organizzazione del lavoro e la qualità dei servizi ai cittadini, attraverso l’adozione di progetti e iniziative specifici tarati sulle peculiarità delle sedi.

Entrando nel merito del documento, che alleghiamo, i progetti dovranno essere finalizzati al miglioramento delle aree di diretto impatto sull’utenza, indicati nel Protocollo con l’obiettivo generale di elevare il giudizio medio complessivo dei servizi resi dagli Uffici Provinciali A.C.I.

Il livello di raggiungimento dell’obiettivo, che determinerà la percentuale di accesso
al fondo, sarà stabilito confrontando i dati del 2009 con quelli della rilevazione che sarà effettuata, sulla base degli stessi parametri, nel 2010.

Le aree di intervento sono state individuate all’interno del questionario, escludendo quelle non riconducibili all’organizzazione del lavoro (per es. la raggiungibilità degli uffici o la logistica).

Rimaniamo comunque a disposizione per ulteriori chiarimenti.

Roma 20 maggio 2009 

FP CGIL ACI
Derna Figliuolo

 
 
 
 
 

Nota del dipartimento sindacale

 
 
Nota del dipartimento sindacale relativa alla circolare n. 3 del Ministro Brunetta in merito ai dati su retribuzioni e assenze che le amministrazioni si accingono a pubblicare nei loro siti web. 
 


In questi giorni le varie amministrazioni pubbliche stanno dando corso alla circolare Dip. Funzione pubblica n. 3, del 17.07.2009, emanata in applicazione dell’art. 21, Legge 69/09.

La norma obbliga le Amministrazioni a pubblicare, sul proprio sito, i curricula vitae dei dirigenti, la loro retribuzione annuale, i recapiti lavorativi nonché i tassi di assenza e di presenza del personale di ogni ufficio.

Questa disposizione, secondo il Ministro Brunetta, dovrebbe “favorire l’efficienza e la trasparenza dell’azione amministrativa e l’eliminazione degli sprechi”.

È nostra convinzione che anche questo provvedimento e la conseguente iniziativa siano parte della politica complessiva di delegittimazione dei dipendenti pubblici messa in atto dal Governo.

Così è per la questione delle assenze; con la circolare si chiedono dati aggregati per ufficio (e questo è un doveroso tributo alla privacy) computando senza alcuna distinzione tutte le assenze a qualsiasi titolo determinatesi. Certo il Ministro non si smentisce. Così come da un anno, volutamente, spara numeri confusi sui giornali, così oggi chiede di mantenere la stessa confusione, mettendo insieme la malattia con il congedo obbligatorio per maternità, le ferie con i permessi per l’assistenza agli invalidi, la donazione sangue con l’aspettativa.

Ed a proposito di trasparenza sulle retribuzioni, a questo punto, sarebbe stato più logico, naturalmente sempre in modo da non violare la privacy, chiedere la pubblicazione dei dati relativi anche agli incarichi e alle attività libero-professionali, invece di indicare solo le voci contrattuali.

Cosa ci sia in queste prescrizione che abbia attinenza con il funzionamento degli uffici non ci è chiaro. Nessuno si preoccupa di capire quali e dove siano le criticità rispetto al funzionamento dei servizi pubblici, né, tantomeno, ci si preoccupa di come risolverli.

Infine, consigliamo ai dirigenti, chiamati a compilare i vari moduli, di ricordarsi di non dare il consenso al trattamento dei dati personali per fini diversi da quelli consentiti dalle leggi vigenti.

Roma, 7 settembre 2009
 

p. FP CGIL Dipartimento sindacale
(V. Di Biasi)

 
 

 
 

Protezione Civile Decreto S.P.A.? Anche Zamberletti è contrario – Comunicato stampa di A. Crispi, Segretario Nazionale FP CGIL e Fp Cgil Protezione Civile

Apprendiamo con piacere che anche il ‘padre’ della moderna Protezione civile appare contrario alla cosiddetta “nuova” protezione civile, che il governo, attraverso il fido Bertolaso, sta trasformando in una macchina di soldi spesi senza alcun controllo sulla pelle dei cittadini.

Perché questo alla fine è e sarà.
 
Con i poteri attualmente attribuiti alla protezione civile, non c’è alcun bisogno di creare alcunché;  ciò che occorre invece è occuparsi seriamente dei rischi di questo Paese con una seria politica operativa di prevenzione che è mancata negli ultimi otto anni.
 
E tale mancanza si vede e si è vista al di là dell’effetto alone degli annunci roboanti e della resa mediatica di inesistenti emergenze gonfiate all’uopo, che ammorbano le coscienze e coprono come un velo l’atroce vuoto.

Roma, 8 gennaio 2010


testo del comunicato Adnkronos:
 
PROTEZIONE CIVILE: ZAMBERLETTI, DECRETO S.P.A.?,GIA’ OGGI A DISPOSIZIONE STRUMENTI ADEGUATI =

Roma, 8 gen. (Adnkronos) – Giuseppe Zamberletti, unanimemente considerato, accoglie con qualche interrogativo la costituzione della ‘protezione civile s.p.a.’, novita’ legislativa prevista dal decreto legge 195 varato dal governo il 17 dicembre scorso: ”l’obiettivo e’ probabilmente quello di rendere piu’ agile ed efficace l’azione della della Protezione civile in momenti di particolare urgenza come le calamita’ naturali o altre emergenze”.

”Ma va detto -sottolinea Zamberletti all’ADNKRONOS- che gia’ ora la Protezione civile dispone di adeguati strumenti per intervenire in modo tempestivo ed ha la possibilita’ di agire in deroga alle norme. Mi chiedo quindi se fosse proprio necessario varare una nuova struttura”.

”Chi si trova a gestire le emergenze -prosegue Zamberletti- deve poter disporre dei meccanismi necessari per far funzionare la ‘macchina’ degli interventi in maniera rapida ed efficace. Ricordo che nel 1976, quando mi trovai ad affrontare il terremoto in Friuli, chiesi all’allora ministro dell’Interno Francesco Cossiga fino a che punto potessi spingermi in materia di poteri di intervento. E lui mi disse: ‘e’ discutibile se puoi condannare a morte qualcuno, ma per il resto puoi fare tutto!’. I poteri eccezionali per far fronte alle emergenze, insomma, c’erano anche piu’ di 30 anni fa”.
(Mac/Col/Adnkronos)

08-GEN-10 15:21

 

Consulta Nazionale Protezione Civile: Ancora una volta nell'agenda DPC nessun obiettivo di protezione civile

Giorni fa il Governo ha strombazzato l’esito di un’indagine OCSE sul modello italiano di Protezione Civile (PC), risultato essere un modello di riferimento esportabile. Su questo abbiamo già detto: l’OCSE non si riferiva certo al Dipartimento dei Grandi Eventi ma all’impianto legislativo e culturale di protezione civile antecedente all’attuale direzione, impegnata, come è noto, in altre faccende.

Alla fine dell’indagine l’OSCE raccomandava al servizio nazionale di PC di “dedicare maggiore attenzione” alle questioni di “sua diretta competenza”, di garantire i “requisiti minimi” di pianificazione e preparazione all’emergenza a livello nazionale e di investire maggiormente sulla formazione e sulla prevenzione.

A stretto giro di posta l’attuale Sottosegretario con delega mascherata alla Protezione Civile e capo di quest’ultima risponde declinando i suoi tre unici e veri obiettivi, concordati, a suo dire, con il Presidente del Consiglio dei Ministri: l’assunzione dei giovani precari (concordiamo, purché avvenga attraverso una selezione trasparente che preveda tempi certi per la stabilizzazione); la nomina dei dirigenti (siamo assolutamente contrari); la definizione di una road map per la “missione di una realtà ammirata e rispettata a livello internazionale”.

Quindi, ancora una volta, nessun obiettivo di protezione civile nell’interesse generale e della pubblica incolumità, ma provvedimenti di casta, di quel “particolare” che sta smantellando l’interesse pubblico, disunendo e dissolvendo il Paese.

Roma 11 Maggio 2010 
 

Comunicato Unitario dei Segretari Generali

FP CGIL    CISL FP   UIL PA
 
Il Disegno di Legge Finanziaria 2007 compromette la tenuta dei livelli occupazionali nelle Agenzie Fiscali, mettendo a repentaglio la stabilizzazione dei lavoratori precari e viola pesantemente l’autonomia organizzativa delle Agenzie.

F.P. CGILCISL F.P. –UIL P.A. proclamano lo stato di agitazione di tutto il personale del Comparto con una grande manifestazione di protesta che si terrà il 1 dicembre 2006 – alle ore 10°° – presso il Ministero dell’Economia e Finanze – Piazza Mastai – ROMA:

– C O N T R O l’indiscriminato taglio alle dotazioni organiche che limita al 15% il personale che può essere impegnato nelle attività di c.d. supporto

– C O N T R O il conseguente ulteriore taglio delle risorse destinate alla contrattazione integrativa, determinando una forte riduzione del salario di produttività dei lavoratori ed una forte caduta della qualità dei servizi offerti all’utenza

– C O N T R O l’incertezza che si aprirebbe sulla stabilizzazione dei lavoratori precari che scadono, per effetto del nuovo taglio alle dotazioni organiche
– C O N T R O la esternalizzazione selvaggia di interi settori delle Agenzie che comporteranno non solo tagli occupazionali, ma un sicuro incremento dei costi degli appalti esterni e una minore efficienza nella lotta all’evasione ed elusione fiscale.

Roma, 24 novembre 2006

FP CGIL    CISL FP     UIL PA
Podda       Tarelli        Bosco

Iniziato il confronto sui meccanismi di finanziamento delle Agenzie

Nel pomeriggio di ieri, presso il Dipartimento Politiche Fiscali del Ministero dell’Economia e delle Finanze, è formalmente iniziato il confronto per la rivisitazione dei meccanismi di finanziamento delle Agenzie Fiscali.
Come ricorderete, l’impegno del vertice politico, assunto nel corso del confronto sulle convenzioni per l’anno 2007, su richiesta delle OO.SS confederali, prevede l’istituzione di un tavolo di trattativa che, nel tracciare un bilancio dell’esperienza fin qui vissuta e delle criticità manifestatesi in questi anni, possa indicare proposte di modifica degli attuali meccanismi di finanziamento degli Enti in questione e delle norme che regolano l’afflusso delle risorse incentivanti destinate al personale.
E’ infatti fuor di dubbio che il sistema fin qui adottato, per la lungaggine dei tempi di definizione delle somme da destinare alla contrattazione e per l’incertezza, circa le quantità economiche disponibili di anno in anno, è risultato inadeguato a supportare efficacemente lo sviluppo dei modelli organizzativi delle diverse agenzie e le rispettive politiche di incentivazione e qualificazione del personale.
Nel corso della riunione, abbiamo avuto modo di ribadire e motivare la necessità di garantire, insieme con risorse adeguate alle sfide che il sistema fisco è chiamato ad affrontare, certezza sull’entità e sui tempi di erogazione delle stesse ed una piena autonomia gestionale e contrattuale circa il loro utilizzo.
Nel sottolineare la positiva conclusione del confronto avvenuto in sede di convenzione, dove per la prima volta è stato assicurato alle agenzie il pagamento, in corso d’anno, del 70% della quota incentivante, abbiamo anche apprezzato l’atteggiamento costruttivo e la disponibilità mostrata dalla delegazione pubblica nel corso della discussione, durante la quale sono emerse le criticità più volte manifestate in questi anni dalla nostra organizzazione.
Nell’inviarvi il sintetico documento finale della riunione, esprimiamo l’augurio che la disponibilità, fin qui manifestata, possa presto concretizzarsi in adeguate iniziative normative.

p. la Fp Cgil Nazionale
Comparto Agenzie Fiscali
G. Serio C. Cielo

Roma, 24 Luglio 2007


News – Accordi

Firmato l'accordo sui passaggi all'interno delle aree

 

Finalmente è firmato l’Accordo per il passaggio dentro le Aree tra OO.SS. e l’Agenzia delle Dogane.

In data odierna è stato sottoscritto l’accordo per l’utilizzo integrale dei 3 milioni previsti nel Fondo 2007 per i passaggi all’interno delle Aree per 1709 dipendenti di cui 5 della 1° Area, 1200 della 2° Area e 504 della 3° Area.
Entro la metà di ottobre verranno definiti i criteri per i passaggi.
Il dato positivo che con questo Accordo si da una risposta ad una serie di situazioni ancora aperte dall’Accordo dell’ottobre 2005.
Il 60% della somma utilizzabile viene destinata alla 2^ Area ed il 40 % alla 3^ Area con particolare rilievo alle posizioni stipendiali che erano state considerate di minor rilievo nei passaggi precedenti.
Inoltre l’Amministrazione ci ha comunicato che finalmente è finito il contenzioso per i lavoratori ex ETI i quali non solo non devono essere oggetto di azioni risarcitorie nei confronti delle D.P.T., ma qualora avessero subito delle trattenute saranno restituite perché indebitamente percepite dalla D.P.T..
Si comunica infine che l’Amministrazione ha comunicato che a breve sarà pagato il saldo della quota incentivante (produttività) dell’anno 2007 ovvero il restante 30% della quota totale.
Roma, 10.09.2008

Il Coordinatore nazionale CGIL/FP
Agenzie Fiscali

Giovanni Serio
 
Il Coordinatore nazionale CGIL/FP
Agenzia delle Dogane
 
Pastorino Giovanni

 
 

Rifiuti: un – bollettino di guerra – di arresti e sequestri – Comunicato stampa di Franca Peroni Segretaria Nazionale Funzione Pubblica CGIL

Si susseguono in questi giorni preoccupanti notizie di agenzia su sequestri di impianti di smaltimento rifiuti, discariche, inceneritori.

Si va dal sequestro di inceneritori non “a norma” a quello di discariche abusive, fino all’ultima importante operazione dei Noe a Brindisi che ha smascherato un traffico illecito di rifiuti pericolosi che venivano “derubricati”, con il contributo di tecnici compiacenti in rifiuti normali.

La Puglia è una delle regioni più esposte per il traffico illecito di rifiuti, territorio di “sversamento” di rifiuti che provengono in misura rilevante dal nord Italia.
Tutto questo a fronte di un “avvertimento” della Comunità Europea che richiama – pena sanzioni – l’Italia a mettersi in regola proprio sulla disciplina di conferimento dei rifiuti in discarica, disciplina definita a livello europeo per “prevenire danni all’ambiente e ridurre al minimo i rischi per la salute dei cittadini europei”.

Un Governo assente sulle politiche ambientali, con un codice ambientale che rischia quotidianamente la destrutturazione, con politiche di gestione del ciclo integrato dei rifiuti che fanno spesso “acqua” da tutte le parti.

Quello che appare evidente è che lo spezzettamento del ciclo integrato dei rifiuti, che separa raccolta dallo smaltimento degli stessi, diviene “naturale” terreno di coltura di comportamenti scorretti, se non illegali.

Abbiamo sempre sostenuto che il rifiuto debba essere accompagnato dal momento della sua produzione (che dovrebbe vedere a monte forti politiche di prevenzione e riduzione dello stesso) fino a quello del suo smaltimento finale. Gli inceneritori sono l’ultimo anello della catena, il punto spesso più esposto – assieme alle discariche – dove gli appetiti dell’economia illegale possono prosperare. Per questo occorre un forte governo pubblico ed una gestione pubblica, trasparente e partecipata delle diverse fasi.

Su questo chiediamo un impegno forte e rigoroso al Governo sul versante della normativa, alle Regioni ed alle comunità locali sul versante della programmazione e della gestione del ciclo, ai cittadini ed alle cittadine sul versante di rigorosi comportamenti ambientali. La salute e l’ambiente sono beni preziosi, non ripetibili. I lavoratori e le lavoratrici dell’igiene ambientale daranno sicuramente il proprio contributo.

Roma, 19 marzo 2009

Rapporto di lavoro a tempo parziale – Disciplina transitoria- Parere del comitato pari opprtunità

Roma, 27 maggio 2011

Al Direttore Centrale del Personale
dott. Girolamo Pastorello

All’Ufficio Relazioni sindacali

e p.c. Ai Comitati Pari opportunità Regionali

 
 

Prot. n. 2011/9-U

OGGETTO: Rapporto di lavoro a tempo parziale – disciplina transitoria

Com’è noto, l’art. 73 del D.L. 25 giugno 2008 n. 112, ha modificato le disposizioni che disciplinano il part time, eliminando l’automatismo contenuto nella normativa precedente a favore della trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in contratto a tempo parziale. In particolare, il novellato art. 1 comma 58 della L. n. 662/96, nella vigente formulazione, consente all’Amministrazione di concedere “la trasformazione” del rapporto di lavoro, da tempo pieno a tempo parziale, pronunciandosi “entro sessanta giorni dalla domanda nella quale è indicata l’eventuale attività di lavoro subordinato o autonomo che il dipendente intende svolgere”. La norma richiama espressamente la sola ipotesi in cui la modifica contrattuale tragga origine da esigenze di carattere lavorativo del dipendente, ma non contiene alcun riferimento alla diversa ipotesi in cui l’istanza di part time sia motivata da ragioni personali e di cura dei familiari. La disposizione successiva preclude l’invocata trasformazione, “nel caso in cui l’attività lavorativa di lavoro autonomo o subordinato comporti un conflitto di interessi con la specifica attività di servizio svolta dal dipendente ovvero nel caso in cui la trasformazione comporti in relazione alle mansioni e alla posizione organizzativa ricoperta dal dipendente, pregiudizio alla funzionalità dell’amministrazione stessa”.
Per quel che concerne i rapporti in essere, l’art. 16 della legge n. 183 del 2010, recante la disciplina del periodo transitorio, dispone che le Pubbliche Amministrazioni, entro 180 giorni dall’entrata in vigore della novella legislativa, “nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede, possono sottoporre a nuova valutazione i provvedimenti …… già adottati prima dell’entrata in vigore del citato decreto-legge n. 112 del 2008”. La norma, dunque, lungi dal prevedere la revoca automatica dei rapporti di part time già in essere, ne dispone soltanto una nuova valutazione, nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede, alla luce dei criteri indicati dalle recenti disposizioni: eventuale conflitto di interessi, mansioni e posizione organizzativa ricoperta dal dipendente. Il carattere derogatorio della stessa ne impone, peraltro, la stretta interpretazione, atteso che, trattandosi di part time già in essere, la trasformazione del rapporto opera in senso opposto ed incide su assetti contrattuali definiti.
Con nota n. 62796 del 20 aprile 2011, codesta Direzione centrale, nel fornire “criteri applicativi per il riesame dei vecchi part time e la concessione dei nuovi”, al fine di ottemperare alle citate disposizioni, ha individuando alcune fattispecie, in presenza delle quali, il pregiudizio derivante dalla trasformazione del rapporto di lavoro deve ritenersi per così dire “presunto”, con conseguente necessità di motivare l’accoglimento dell’istanza e non il rigetto della stessa.
Fra le ipotesi di part time con pregiudizio per così dire “presunto”, codesta Direzione comprende quella consistente nel part time orizzontale, con prestazione lavorativa inferiore al 50% per più di un mese. Come precisato nella stessa nota, in tale fattispecie, come regola generale e salvo eccezioni debitamente motivate, “il part-time non potrà avere più corso”.
Ciò posto, questo Comitato, nell’ambito delle proprie prerogative (art 7 CCNL vigente, comma 1, lettere B e C, comma 3) osserva che, dai dati forniti dall’Amministrazione ai fini della relazione di cui all’art. 7 del CCNL, emerge che oltre l’ottanta per cento del personale con part time superiore al 50 % è costituito da dipendenti di genere femminile: su 2377 , 318 sono uomini e 2059 donne.
Tale constatazione induce a ritenere che, presumibilmente, le motivazioni che hanno indotto le lavoratrici ad optare per il rapporto di lavoro a tempo parziale, in molti casi non siano riconducibili ad esigenze lavorative esterne, ma piuttosto ad esigenze di cura dei figli e dei familiari, atteso che la maggior responsabilità in tale ambito, per ragioni di carattere storico e sociologico, ricade notoriamente sulle donne sia per quel che concerne la cura dei figli – non solo in età pre-scolare – che per quel che riguarda l’assistenza agli anziani.
Ne deriva che l’applicazione della normativa in argomento, così come interpretata nella nota richiamata, pur se apparentemente neutra, alla luce del dato statistico sopra evidenziato può costituire una forma di discriminazione indiretta a danno del personale femminile, in contrasto, in quanto tale, con le norme nazionali e comunitarie che vietano ogni forma di discriminazione diretta ed indiretta.

Al riguardo lo Scrivente osserva, altresì, che il tenore letterale delle disposizioni in parola, sembra deporre per un’interpretazione che colleghi i criteri di maggiore rigidità recentemente introdotti, alle sole ipotesi in cui la scelta del part time sia riconducibile ad esigenze di lavoro esterno all’Amministrazione; non anche ai casi in cui la richiesta sia motivata da esigenze personali e di cura dei familiari, atteso che, come sopra rilevato, la norma richiama espressamente soltanto le ipotesi di richieste motivate da ragioni di lavoro. Si potrebbe ritenere, dunque, ragionando a contrario, che le recenti limitazioni possano trovare applicazione soltanto in relazione a queste ultime, non anche in ordine alla diversa ipotesi in cui le ragioni poste a fondamento della domanda siano di tipo personale e familiare. In tali casi, pertanto, in base ad un’interpretazione costituzionalmente orientata, dovrebbero trovare applicazione le disposizioni che tutelano la volontà del dipendente nei confronti del datore di lavoro (D.lgs. n. 61/2000).
Ed invero, le considerazioni che precedono depongono per un’applicazione dell’istituto che tenga conto dei principi nazionali e comunitari posti a tutela delle pari opportunità e del part time, per il futuro e, soprattutto, per il pregresso, con riguardo ai rapporti in essere. In proposito richiama: la legge 11 agosto 1991 n. 266, la Direttiva sulle Pari Opportunità del maggio 2007, il D.lgs. n.5/2010; nonché la Direttiva n. 97/81/ CEE, che tutela ed incentiva espressamente il lavoro a tempo parziale vietando ogni forma di discriminazione ed attribuisce, al fine di promuoverne la diffusione,” importanza alle misure che facilitino l’accesso al tempo parziale per uomini e donne che si preparano alla pensione, che vogliono conciliare vita professionale e familiare ed approfittare delle possibilità di istruzione e formazione per migliorare le loro competenze e le loro carriere” ; ed il decreto legislativo n. 61 del 2000, emanato in attuazione alla suddetta Direttiva, che non consente la trasformazione unilaterale del rapporto su decisione del solo datore di lavoro (art. 5 D.lgs. n. 61/20009) . Ad avviso dello Scrivente, dunque, alla luce delle disposizioni legislative richiamate, è necessario evitare trasformazioni unilaterali dei rapporti in corso, senza il preventivo consenso degli interessati. Questo Comitato, pertanto, invita l’Amministrazione a dare indicazioni in tal senso alle diverse strutture territoriali, chiarendo che le disposizioni contenute nella menzionata nota n. 62796/2011, debbono essere riferite ai soli rapporti futuri e non anche al pregresso. Per quel che concerne i rapporti in essere, infatti, una valutazione su base presuntiva, oltre a contrastare con gli obiettivi perseguiti dalla citata direttiva europea, non sembra trovare giustificazione neppure sotto il profilo organizzativo, atteso che si tratta di situazioni già organicamente inserite nella Struttura, che coinvolgono un numero di dipendenti inferiore al 10% del personale complessivo e che, in ogni caso, l’Agenzia ha facoltà di procedere ad assunzioni a tempo determinato per far fronte ad eventuali esigenze di tipo lavorativo.
Infine, nel sottolineare ancora una volta la composizione del personale attualmente in part time sotto il profilo del genere, questo Comitato rileva, altresì, nell’ottica delle pari opportunità, la necessità di salvaguardare le legittime esigenze delle lavoratrici, evitando che eventuali rifiuti, in taluni casi possano comportare scelte irreversibili quali la rinuncia all’impiego.

                                                                                         F.to Il Comitato Nazionale Pari Opportunità


 

Relazione introduttiva di Franca Peroni segretaria naz.le FP CGIL relativa al convegno " Il futuro del ciclo integrato dei rifiuti nelle liberalizzazioni" del 27 febbraio 2007

L’iniziativa di oggi si pone nel solco della nostra riflessione di categoria sullo “stato dell’arte” del settore, anche alla luce delle modificazioni intervenute nell’ultimo periodo ed in prospettiva della discussione del ddl “Lanzillotta”.
Oggi quindi vorremmo parlare della gestione del ciclo integrato dei rifiuti, toccando il tema del modello di gestione.Sicuramente il susseguirsi di normative regolamentari – a volte anche discordanti – non ha contribuito ad uno sviluppo regolato del settore. Ma oggi, dobbiamo dire di essere ulteriormente preoccupati dalle prospettive che sembrano avanzare con i progetti di liberalizzazione che stanno prendendo campo. Prioritariamente vorrei sottolineare come il ddl Lanzillotta abbia una impostazione sbagliata perché accomuna tipologie di servizi profondamente diversi, avendo come  unico obiettivo l’apertura al mercato, a prescindere.Il ddl ha anche una impronta neo liberista, racchiusa nel concetto che solo liberalizzando/privatizzando si possono avere servizi migliori per l’utenza a costi più bassi. Occorrerebbe chiedere ai cittadini di Aprilia, che sono stati soggetti passivi di una liberalizzazione – quella dell’acqua – cosa ne pensino al riguardo!L’analisi di  precedenti percorsi di liberalizzazione non ha dato questi risultati così concordanti: guardiamo alla telefonia o, se andiamo all’estero, le privatizzazioni inglesi delle ferrovie, tanto per citare alcuni esempi.
Inoltre, l’intervento legislativo attua un tentativo di esproprio delle competenze e titolarità territoriali delle autonomie locali, nel contesto della riforma del titolo V della Costituzione.. Il poter decidere sul proprio territorio come organizzare, sul piano quali-quantitativo l’erogazione dei servizi pubblici locali, è elemento fondamentale per rispondere ai bisogni primari della collettività locale.Basti pensare alle scelte che attengono alle politiche ambientali legate alle vocazioni storiche, sociali e produttive dei territori: come è possibile pensare esista un solo modello declinativo sull’intero territorio nazionale?Questo vale a maggior ragione per la gestione del ciclo integrato dei rifiuti, che noi riteniamo debba rientrare a pieno titolo in quell’area nella quale noi identifichiamo i cosiddetti “beni comuni”.
La tutela dell’ambiente è bene comune che va preservato e la realizzazione della stessa necessita di strumenti di forte controllo da parte delle comunità locali, strumenti che possono essere efficaci solo nella misura in cui sono agiti direttamente.
Abbiamo tentato, con il pragmatismo che ci contraddistingue, di andare aldilà delle affermazioni di principio, che rischiano di divenire esclusivamente ideologiche, tentando una lettura dello “stato dell’arte” ed un approfondimento sui modelli di gestione in essere.  E’ quindi questo il tema di oggi.
Così come crediamo non si tratti di aderire o meno acriticamente alla liberalizzazione e alla successiva cessione delle attività/imprese pubbliche, piuttosto di analizzare e trovare il punto di equilibrio tra il mercato e la necessità dell’intervento dello stato nell’economia reale per lo sviluppo.
Noi crediamo infatti che l’impresa pubblica non sia la rappresentazione del potere o l’occupazione del mercato da parte dello stato, ma possa essere anche uno strumento prezioso che la pubblica amministrazione utilizza per risolvere molti degli ancora irrisolti problemi economici. Così come è un dato difficilmente contestabile quello che tutti i più importanti Paesi a capitalismo avanzato hanno tratto un enorme beneficio dalla presenza dello stato nell’economia reale.
Ma, ritornando al tema delle privatizzazioni/liberalizzazioni, occorre prioritariamente rilevare che sul territorio nazionale, nel settore ambientale, così come in altri settori, non esiste alcun straccio di politica industriale che garantisca la presenza di soggetti in grado di stare in campo producendo buoni servizi, buona occupazione ed attività economicamente significativa.
La legislazione del settore è carente. I tentativi di regolamentazione del settore, susseguitisi con i diversi Esecutivi, non hanno prodotto significativi risultati, registrando una battuta d’arresto con la delega ambientale del governo Berlusconi, che ha tentato di destrutturare profondamente il settore, a partire dalla rivisitazione del concetto di rifiuto e che ha introdotto elementi di frantumazione nella gestione integrata del ciclo, espropriato la titolarità dei soggetti istituzionali (autonomie locali) e tentato di consegnare ad un monopolio privato la gestione terminale del ciclo dei rifiuti.
In questo quadro, si prevede- appunto – nel settore dei rifiuti un percorso di completa apertura al mercato. Questo percorso non prefigura, per le motivazioni che poi tenterò di spiegare, allo stato le condizioni di contesto nonché quelle di regolazione che rendono possibile il superamento delle attuali difficoltà del settore e delle questioni (dai diritti alla trasparenza, dalla tutela delle fasce deboli alla sicurezza ed alla legalità) che rappresentano per il Sindacato punti assolutamente prioritari.
E’ sintomatico ad esempio come la Carta dei Servizi (che pure non è uno strumento risolutivo) rimanga documento obbligatorio nei servizi idrici, ma ancora strumento volontario per il ciclo dei rifiuti. Come Categoria, assieme al Dipartimento Ambiente della Confederazione, abbiamo prodotto una prima riflessione, che riprenderò nella mia introduzione. Altre questioni verranno sicuramente riprese dal compagno Ludovico Ferroni del Dipartimento Ambiente che interverrà nel corso dei nostri lavori.Prima di affrontare il quadro della gestione del ciclo integrato dei rifiuti su scala nazionale, vorrei fare presente come  però ci sia  tutto un pezzo del settore/mercato che spesso non compare e che ha effetti importanti sul versante economico/ambientale.Sto parlando dei consorzi obbligatori per il riciclo di materiali, delle discariche, degli stessi impianti di termovalorizzazione che sovente sono fuori dal ciclo integrato dei rifiuti.
Sul primo, i consorzi, parliamo di un “mercato obbligatorio” (imballaggi, Conai e Consorzi obbligatori e/o volontari di filiere) determinato normativamente dallo Stato fin nelle articolazioni interne di questi soggetti.
In questo segmento è evidente che all’obiettivo pubblico di raggiungimento dei livelli di Raccolta Differenziata in tutto il territorio nazionale si sostituisce un indirizzo privato che tende ovviamente al raggiungimento dello stesso in una condizione di pareggio (o di non spesa) di bilancio.
Ciò porta ad accentrare risorse finanziarie e sforzi organizzativi là dove è più facile cogliere, a parità di investimento, risultati percentuali nettamente superiori alla media nazionale. Così, visto che gli obiettivi di riciclo per il Conai sono nazionali, si continua a privilegiare i risultati positivi del Nord ed a non risolvere i problemi del Sud .Un ruolo decisivo in questa direzione è giocato dalle inadeguatezze territoriali del ruolo pubblico (soprattutto nel Mezzogiorno) con la conseguenza, per certi versi paradossale, di un trasferimento netto di risorse finanziarie dal Sud al Nord del Paese e dal riuso e riciclo alla termovalorizzazione.
Il secondo segmento, quello delle discariche, è un mercato nel quale vi è un monopolista della domanda che è tra l’altro titolare di un potere esclusivo di concessione nel quale lo stesso rinuncia volontariamente ai benefici della concorrenza e favorisce invece vere e proprie rendite di posizione.
In via teorica si dovrebbe infatti pensare il detentore del monopolio potrebbe aprire la possibilità ai privati, detentori di suolo effettivamente utilizzabile, di avanzare liberamente le proprie offerte di servizio, valutandole dal punto di vista economico ed al netto delle garanzie ambientali, sulla base della loro vicinanza massima ai livelli dei costi tecnici di gestione. Con un sovrappiù (profitto) chiaramente determinato e conosciuto, mentre sempre sconosciuto (e poi a carico sociale) risulta essere la successiva bonifica dei siti contaminati. Il paradosso economico delle discariche nasce dal fatto che il prezzo è stabilito in una contrattazione di tipo privatistico che non ha nessuna spiegazione e nessun riferimento nella tariffa imposta al cittadino-consumatore.
Il terzo segmento  appunto, è quello degli impianti. Si è sostenuto che occorre separare la proprietà, ma di fatto anche la gestione delle reti da quella del servizio. Ma in questo caso, reti e servizio, formano appunto quel ciclo integrato dei rifiuti che per noi è condizione sine qua non per garantire una gestione sostenibile del sistema.
In verità vi è anche il quarto segmento e forse più rilevante, quello  industriale del recupero e trattamento dei rifiuti speciali, riferito direttamente alle produzioni, che spesso viene citato come criticità ma non affrontato ancora nel modo dovuto perché in parte ancora “poco conosciuto”.
Ma arriviamo infine al pezzo che ci riguarda più da vicino. Quello della gestione della raccolta e smaltimento (servizio pubblico locale). Ed è solo su questo mercato che in genere si appuntano le ansie delle virtù progressive dell'”apertura al mercato” (e non solo dei soggetti forti ma anche di una parte consistente della politica). E’ qui che si inserisce il “mercato-souk dell’appalto” o ancor peggio del sub-appalto basato su un connubio improprio tra politica ed affari ed infelicemente ridotto alla “missione” di esternalizzare i costi dei primi tre (discariche, impianti e consorzi)  il più delle volte a detrimento dei diritti del lavoro, di chi sulle dimensioni delle micro-gare scorge il proprio spazio di micro-rendita di posizione e di micro-potere di mercato.
Oggi valuteremo alcune “buone pratiche” imprenditoriali, ma segnaleremo anche i punti di forte sofferenza.
Infatti, riassumendo lo stato dell’arte, dobbiamo prioritariamente registrare come l’assenza di politiche di investimenti nel sud del paese, trovi drammaticamente riscontro anche nel settore.
Possiamo, per dirla con Silone, affermare che “l’ambiente e la sua tutela si è fermato ad Eboli”.
Tanta parte del nostro bel Sud è stata territorio di scorribande di improbabili imprenditori che hanno saccheggiato il territorio e, quando si sono comportati bene, hanno sfruttato i lavoratori, con pericolose contiguità con il mondo della malavita organizzata. E’ noto infatti che la gestione illegale dei rifiuti è in testa di lista su altri mercati di profitto illegale quale droga, prostituzione, racket, ecc.
D’altra parte, il reiterarsi dello stato di “emergenza” con le conseguenti gestioni commissariali ha di fatto svuotato di responsabilità le autonomie locali, oltre naturalmente le casse dello stato.
Così emergono i due anelli deboli della catena: da una parte i lavoratori sfruttati da imprese “mordi e fuggi”, dall’altra cittadini che vivono in condizioni di emergenza sanitaria e spesso sono strumentalizzati (vedi caso Acerra). Per questo diventa fondamentale chiudere le gestioni commissariali, uscendo dall’emergenza in tutte le Regioni coinvolte, e restituendo pieni poteri e responsabilità ai soggetti preposti.
Ma poiché sarebbe sbagliato generalizzare i comportamenti, abbiamo invitato la dott.ssa Cerroni ad illustrarci anche quella parte di mondo dell’imprenditoria privata del settore che quotidianamente mette in campo le buone pratiche.
Nel Nord, assistiamo invece, pur con alcuni preoccupanti casi di caduta, che sfiorano anche lì contiguità con sistemi economici illegali e malavitosi, a momenti di sviluppo che si possono così articolare:
crescita dimensionale delle imprese – pubbliche perché nell’area privata non ci sono significative esperienze – sviluppatesi in modelli di mono o multiutility in ambito sovraprovinciale, con dimensionamenti che a volte superano il territorio regionale (oggi avremo il contributo di Amsa e di Hera). Questo tipo di aziende riesce a rispondere alla richiesta di gestione del ciclo integrato dei rifiuti, occupandosi dalla raccolta allo smaltimento finale dello stesso e gestendo i relativi impianti. Questo ha consentito recuperi di produttività e di economicità nella gestione del ciclo, che spesso sono stati legati a qualità nei servizi e nell’occupazione e che ha dato alle stesse margini economici per tentare il “grande salto”: quello della quotazione in borsa delle aziende, andando così a modificare il profilo ed assetto societario delle stesse (nonché sovente ad un peggioramento delle condizioni materiali degli operatori).
Dall’altra, assistiamo alla presenza consolidata di piccole e medie aziende, ex Municipalizzate che, pur non gestendo l’intero ciclo dei rifiuti, sul segmento di competenza riescono a coniugare equilibrio nei costi/qualità ambientale/qualità occupazionale.
Queste aziende, in particolare le prime, sono riuscite a registrare nella prima fase di dimensionamento anche un interessante sviluppo sul versante della ricerca e dell’innovazione di processo, integrando nella propria mission investimenti utili alla sostenibilità ambientale. Dovremmo quindi dire che questo è il modello che funziona.
La crescita dei profitti di queste aziende sta però ricollocando le stesse verso processi di finanziarizzazione che rischiano, ad oggi, di snaturare la mission originaria su cui sono state costituite.
La quotazione delle aziende pubbliche in Borsa introduce scelte gestionali che possono confliggere, a causa di una “smania da dividendo” con gli obiettivi sociali che i Comuni azionisti hanno loro assegnato.
Accade così che nei bilanci delle multiutilities potremmo leggere come un successo l’aumento della quantità di acqua venduta causa siccità e/o l’incremento di gas venduto a seguito di intensi inverni. Quasi fosse positivo il fenomeno di riscaldamento del pianeta!
Appare evidente come la collocazione su modelli gestionali ed assetti societari fortemente liberalizzati e finanziarizzati possa portare ad un progressivo allontanamento delle stesse dalle finalità ed obiettivi che le comunità locali hanno loro assegnato. Sul tema della governance avremo oggi un interessante contributo del prof. Paolo Leon.
E forse, allora, sui modelli di gestione, occorre ripensare ad un loro dimensionamento territoriale: ha senso che una multiutility – Hera anziché Ama – vada a raccogliere rifiuti in Messico o in questo modello di “globalizzazione” dell’intervento dell’azienda si vada perdendo anche l’antica mission che i proprietari “Comuni” avevano ad essa affidato?
Non è forse invece più opportuno rafforzare pienamente questa mission, pensando ad una azienda pubblica territoriale (regionale forse, suggeriscono i compagni dell’Emilia Romagna pensando alla loro esperienza) che operi per la riduzione dell’impatto ambientale, sul fronte della riduzione nella produzione dei rifiuti, del consumo più consapevole di energia, investendo quindi capitali, lavoro, intelligenze, ricerca ed innovazione su questo versante?
E non potrebbe questa azienda essere il “braccio operativo” delle politiche ambientali ed energetiche che le comunità locali, a partire dai piani regionali, definiscono via via?
Così come, in questa impostazione, dovrà essere posta attenzione all’equilibrio fra le diverse filiere organizzate.
Se il trattamento dei rifiuti con gli impianti diventa elemento interessante di produzione di energia – e la multiutility investe prevalentemente su questa ultima filiera – appare evidente che lo stesso ciclo di trattamento integrato dei rifiuti verrà “piegato” agli interessi/compatibilità di quello dell’energia, divenendo esso stesso esclusivamente “carburante” per lo sviluppo di quest’ultimo.
Così come infine, una particolare attenzione sul versante di queste aziende va posta sul tema “lavoro”.
Vedete, certamente la partita degli investimenti sugli impianti è cosa rilevante, ma in molte filiere di queste multiutilities il costo significativo è quello del lavoro.
Ora, se non si mette in campo una buona politica occupazionale (lavoro stabile – applicazione dei ccnl di settore – rispetto delle norme di sicurezza sul lavoro) è evidente come il segmento produttivo, attraverso il meccanismo degli appalti e subappalti, diverrà territorio di conquista di imprenditori di “facili costumi”, con il risultato che, attraverso la frammentazione del ciclo, si introdurranno elementi di precarietà sul versante occupazionale ed anche ambientale, perché vengono disperse importanti conoscenze sulla gestione del ciclo stesso. Non a caso, all’apertura del rinnovo quadriennale del ccnl dell’igiene ambientale pubblica e privata, stiamo chiedendo ai datori di lavoro – pubblici e privati – si sedersi ad un medesimo tavolo.
Come vedete, prima degli intendimenti del ddl Lanzillotta, servono interventi significativi che regolino il settore. Il tavolo di rivisitazione del Testo Unico Ambientale è la sede più opportuna per garantire ciò.
Gli elementi per noi fondamentali sono quindi la clausola sociale e la dimensione delle imprese.
La prima di queste condizioni (preventiva ed anzi pregiudiziale) è l’introduzione nella eventuale legge delega della clausola sociale e l’identificazione nei successivi decreti legislativi dei contratti di riferimento.  E di questo ad oggi mi risulta si siano perse le tracce nel testo ultimo emendato.
Questo non solo per ciò che riguarda, come naturale, i diritti del lavoro, ma anche per impedire una concorrenza selvaggia basata sulla compressione dei diritti piuttosto che sulla qualità delle imprese, cosa questa che valorizzerebbe anche le imprese sane..
Va inoltre evitata in esplicito la differenziazione tra segmenti ricchi che producono profitti (discariche e termovalorizzazione) da quelli più poveri di valore aggiunto (Raccolta Differenziata e spazzamento in primo luogo) che scaricherebbero sul lavoro e sui diritti una inaccettabile pressione.
La seconda condizione riguarda invece la necessità di indicare, tra i provvedimenti previsti all’art. 2, quelli relativi alla crescita dimensionale delle imprese in particolare per ciò che attiene alle realtà del Mezzogiorno. La responsabilità di questa frantumazione coinvolge colpevolmente sia gli enti locali che il sistema delle imprese e produce in definitiva una cultura scarsamente competitiva, fortemente legata (ed in qualche caso collusa) con la politica e legata alla logica dell’appalto e del costo “a piè di lista”.
Gli sprechi derivanti da tale situazione sono stati calcolati in alcune realtà e Regioni del Mezzogiorno in circa il 20%  del volume d’affari complessivo.
La normativa, che noi continuiamo a preferire di settore, deve pertanto assumere i principi correlati della obbligatorietà per i Comuni della dimensione minima degli ATO (almeno provinciale), della separazione netta tra soggetti delle domanda (ATO) e soggetti gestori (pubblici o privati che siano), dell’introduzione di criteri rigorosi ed adeguati di qualificazione delle imprese per l’accesso alle gare, ove questa sia scelta come modalità gestionale. Abbiamo messo il condizionale, perché non ci stancheremo mai di ripetere che debbono essere garantite e riconfermate le tre modalità di assegnazione del servizio, previsto dal Testo Unico degli Enti locali 2001, che possono così consentire scelte coerenti con la storia culturale, sociale ed ambientale dei singoli territori. Questo,  sotto la vigilanza di autorità indipendenti (nazionale e regionali) per garantire una efficace tutela dei cittadini.
Ciò anche al fine di non rendere irreversibile il dualismo tra il Nord, nel quale si ipotizza una concentrazione atta a favorire la nascita di una “super-utility” capace di competere sul piano internazionale ed un Meridione sempre più preda di una politica e di un sistema delle imprese sempre più irresponsabile.
Queste alcune delle riflessioni per introdurre i nostri lavori di oggi: abbiamo pensato ad una sede seminariale, che consente ad ogni soggetto di potersi esprimere “in libertà”. Perché crediamo che oggi sia fondamentale che la discussione sul futuro del settore – e delle liberalizzazioni – esca dagli angusti spazi del dibattito politico-istituzionale, ma provi ad essere declinata anche dai soggetti più coinvolti dalla stessa: le imprese ed i lavoratori, che forse – credo – avrebbero da dire qualcosa al riguardo

Roma, 27 febbraio 2007  

Lettera unitaria al Viceministro Visco su polizza sanitaria

FP CGIL CISL FPS UIL PA

Roma, 2 aprile 2007

Al Vice Ministro dell’Economia
e delle Finanze
On.le Vincenzo Visco

Al Direttore dell’Agenzia delle Entrate
Dott. Massimo Romano

Al Direttore del Personale
Dott. Girolamo Pastorello

e p.c. A tutto il personale dell’Agenzia

Le scriventi OO.SS., solo in questi giorni, hanno appreso da segnalazioni pervenuteci da lavoratori dell’Agenzia, dell’avvenuta sottoscrizione, in data 26 febbraio 2007, di una convenzione stipulata dall’Agenzia delle Entrate con la Cassa di Assistenza Sociale e sanitaria (CASPIE) con sede di Roma in Via Due Macelli, 73.
Tale convenzione ha per oggetto l’erogazione di contributi economici al personale dell’Agenzia a fronte di spese sanitarie per malattia, infortunio e parto, che comportano il pagamento da parte dei lavoratori interessati di una quota associativa che risulta totalmente ed esclusivamente a carico degli stessi.
Tale iniziativa unilaterale dell’Amministrazione è avvenuta in aperta violazione di quanto prevede il CCNL, che impone, su tali tematiche, l’informazione preventiva alle OO.SS. firmatarie e la conseguente apertura di un confronto sulla materia.
Vale la pena di sottolineare, alla vigilia del rinnovo del CCNL di comparto che in altri Enti pubblici le scriventi OO.SS., proprio in sede di contrattazione, hanno ottenuto l’attivazione di polizze sanitarie di migliore contenuto e che comportano la parziale o totale copertura dei costi a carico dell’Amministrazione.
E’ questo ad esempio il caso degli enti parastatali e da ultimo del CCNL recentemente stipulato presso l’Agenzia del Demanio.
Fatto ancor più grave la convenzione affida la gestione degli aspetti operativi e del rapporto con la CASPIE ad una associazione dei dipendenti dell’Agenzia delle Entrate denominata A.D.A.E. della quale poco si conosce circa il grado di adesione di cui detta associazione gode presso i lavoratori dell’Ente e attribuendole in tal modo una patente di rappresentatività non condivisibile.
Inoltre al punto 4.1 della suddetta convenzione, l’Agenzia afferma che nessuna responsabilità incombe sull’Agenzia stessa per eventuali inadempienze della CASPIE riguardanti la presente convenzione.
Non condividendo tali condizione, ed avendo le scriventi elaborato una diversa proposta, contenuta nella piattaforma per il rinnovo del CCNL di comparto che nei prossimi giorni sarà presentata ai lavoratori dell’agenzia, chiediamo l’immediata apertura di un tavolo di confronto sulla questione e la contestuale sospensione di ogni iniziativa operativa.

FP CGIL   CISL FPS    UIL PA
CIELO     SILVERI      CEFALO

Comunicato unitario – sintesi nazionale

CGIL FP CISL FP UIL PA SALFI
Agenzie Fiscali

Ai lavoratori doganali

Ci sembra indispensabile riconfermare, ancora una volta, alle nostre strutture e a tutti i colleghi, la necessità della più ampia partecipazione alla fase di discussione assembleare sulla ipotesi di Contratto integrativo della Agenzia delle Dogane.
Avevamo già preannunciato con il comunicato dello scorso 4 luglio, l’importanza di concludere la fase del confronto sul Contratto, con una sintesi nazionale, che avevamo previsto di convocare il 14 settembre 2007.
Tuttavia per consentire il più ampio approfondimento dei temi e degli istituti contrattuali, comunichiamo che la sintesi nazionale verrà spostata a venerdi 21 settembre, sempre presso la sede della UIL PA, in Via Barberini a Roma.
Questa decisione consentirà peraltro di organizzare, almeno nelle principali realtà territoriali, momenti di sintesi regionale fin dai primi giorni di settembre, ai quali ci rendiamo disponibili fin d’ora a garantire la nostra presenza unitaria.
Roma 18 luglio 2007

CGIL FP CISL FP UIL PA SALFI

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