Breve riepilogo delle disposizioni contenute nel DL 78/2009 per quanto riguarda il precariato pubblico, in particolare sulle conseguenze di questo provvedimento per quanto attiene il prosieguo dei processi di stabilizzazione.
Grazie alle tante iniziative messe in campo dal sindacato, ed in particolare dalla nostra categoria, ed alle ripercussioni che tutto ciò ha comportato in termini d’orientamento sull’opinione pubblica, il Governo è stato costretto a modificare i propri intendimenti cassando i licenziamenti già previsti dall’art 7 dell’Atto Senato 1167 per coloro che , pur in possesso dei requisiti di legge, non erano stati stabilizzati entro il 30.6.2009 ed a prolungare fino al 31.12.del 2009 la possibilità di bandire concorsi pubblici con la riserva del 40% per i precari; nonché riconoscere con apposito punteggio nei concorsi pubblici l’esperienza maturata dal personale a tempo determinato o con contratto di co.co.co già in servizio alla data del 24.12.2007.
Come abbiamo detto, si tratta di un importante cambiamento di tendenza rispetto al recente passato, ma non basta; persistono in questo provvedimento elementi di parzialità che dovranno essere necessariamente rivisti se vogliamo rendere veramente efficaci le procedure di stabilizzazione da oggi al 31.12.2012.
Ci si riferisce, in particolare, alla necessità di correggere i vincoli percentuali che la legge 133 mette a disposizione di precari (10% nel 2010, 20% nel 2011, il 50% nel 2012) rispetto il turn-over verificatosi nell’anno precedente se non vogliamo che solo per alcune centinaia di questi lavoratori sia possibile parlare di assunzione stabile in base alle vigenti normative.
Per quanto riguarda in particolare Enti Locali e Sanità dovrebbero essere rivisti anche gli attuali vincoli economici ed assunzionali , previsti dal Patto di Stabilità per i Comuni e dai limiti di spesa posti alle Regioni per il Servizio Sanitario, perché altrimenti sarà molto difficile bandire concorsi pubblici in misura tale da poter stabilizzare tutti i precari aventi i requisiti di legge.
Per queste ragioni, visto che i nuovi limiti temporali per le stabilizzazioni non costituiscano di per se una effettiva garanzia è necessario, per prima cosa procedere alla proroga dei contratti in essere “fino al perfezionamento delle procedure di stabilizzazione”, anche utilizzando lo strumento dell’avviso comune, per permettere ai precari di partecipare alle selezioni concorsuali senza dover perdere il proprio lavoro.
Nello stesso tempo chiedere una apertura nei confronti di Enti Locali e Sanità che consenta, in attesa della approvazione del nuovo patto di stabilità e dei nuovi tetti di spesa, di mantenere in servizio questi lavoratori e, laddove ne esistono le condizioni, di proseguire i processi di stabilizzazione.
Tutto questo per affermare che, nonostante l’importante risultato conseguito, non bisogna abbassare nei prossimi mesi il nostro impegno per consolidare e rendere esigibile questo importante risultato.
Molti sono i rischi in cui si potrebbe incorrere se, di fronte ad eventuali difficoltà delle amministrazioni per stabilizzare i propri precari, si dovesse scegliere come risposta al problema l’utilizzo delle nuove modalità di lavoro flessibile come riposta all’esigenza di garantire la continuità lavorativa.
Dovremo quindi fare molta attenzione; a tal fine è utile in questa sede ricordare che in tema d’assunzioni con questo decreto si supera la norma con la quale veniva introdotto un divieto a prorogare o rinnovare i contratti a tempo determinato o i contratti di collaborazione oltre i 3 anni.
Con questa misura si supera la contraddizione tra lavoro pubblico e lavoro privato in base alla quale dopo i 3anni nel settore privato si può chiedere la trasformazione a tempo indeterminato, mentre nel sistema pubblico dopo 3 anni si veniva licenziati.
Come abbiamo già detto si tratterà ora di lavorare affinché l’abolizione del vincolo temporale sia utilizzata soltanto ai fini del mantenimento in servizio del personale precario da stabilizzare e non per determinare contratti precari “senza limiti di tempo”.
Infine, la continua attività di questo Governo volta a ridurre e marginalizzare sempre di più la presenza del lavoro pubblico, e di conseguenza dei servizi che questi eroga ai cittadini, trova purtroppo un’ennesima conferma con l’introduzione in questo decreto del così detto “lavoro accessorio” (voucher) derivante dal dlgs 276, nonostante in quel decreto e nella legge 30 si demandasse ad uno specifico accordo quadro l’eventuale individuazione delle misure “applicabili” nelle pubbliche amministrazioni.
E’ un gesto grave che non trova giustificazione in ambito pubblico vista la natura strettamente saltuaria ed accessoria del vaucher (i cui destinatari nel privato sono pensionati, studenti, casalinghe per lo svolgimento d’attività una-tantum e della durata di qualche giorno).
Dovremo pertanto non solo contrastare duramente, in ogni sede, questa norma qualora se ne ipotizzi l’utilizzo ma, soprattutto, intervenire in via preventiva per determinare intese con le amministrazioni sulle condizioni di inapplicabilità di tale disposizione in ambito pubblico, avendo chiaro che la sua attuazione non potrebbe che comportare ulteriori forme di disuguaglianza e sfruttamento tra i nostri lavoratori.
p. Dipartimento Welfare-MdL Gian Guido Santucci
Roma 20luglio 2009
Il 28 ottobre u.s. si è tenuta a Roma la seconda conferenza nazionale sulla vigilanza in materia di lavoro dal titolo “Il futuro della vigilanza: bilanci e prospettive ad un anno dalla Direttiva Sacconi” a cui ha partecipato, in rappresentanza della CGIL, la segretaria confederale Paola Agnello Modica.
Al riguardo è’ nota la posizione estremamente critica della CGIL in merito ai contenuti della Direttiva Sacconi.
Tale contrarietà non è frutto di una lettura “ottusamente ideologica”, come definita anche in questa occasione dal Ministro nei suoi pochi minuti di presenza. Al di là delle enunciazioni di principio la Direttiva , nei fatti, depotenzia l’attività ispettiva e sposta l’asse dei valori, delle ragioni e delle tutele costituzionali poste a fondamento del suo esercizio sull’applicazione delle norme in materia di lavoro, assumendo una intollerabile equidistanza della funzione statale di vigilanza tra le esigenze di competitività delle imprese e la tutela dei lavoratori.
Emblematico il tema su cui le parti sociali erano chiamate a confrontarsi ” Il ruolo della vigilanza in materia di lavoro tra tutela dei lavoratori e salvaguardia della concorrenza”. Un confronto che nella realtà dei fatti è stato completamente disatteso visto che, ancora una volta, non si è inteso ascoltare il perché delle nostre ragioni.
Da parte della compagna Paola Agnello Modica, nel suo intervento, è stato ribadita la nostra contrarietà alla Direttiva Sacconi ed alle relative Circolari applicative emesse dal Ministero, non per pregiudizio, bensì per un indirizzo politico dell’attività di vigilanza che si pone in contrasto ai valori costituzionali e alle ragioni profonde della legislazione sociale.
La Costituzione riconosce che l’iniziativa economica privata è libera, nei limiti della sua utilità sociale e della dignità, libertà e sicurezza della persona, ma l’attività di vigilanza è funzione pubblica posta a presidio della corretta applicazione delle leggi sociali a tutela della libertà, della personalità e della salute e sicurezza dei lavoratori nell’ambito di relazioni intrinsecamente ineguali con i datori di lavoro. Non può esservi alcuna equidistanza della funzione di vigilanza tra la tutela dei lavoratori e la salvaguardia della competitività e della concorrenza tra le imprese.
Altri sono gli strumenti a tutela della libertà di iniziativa economica e della libera concorrenza, così come altri sono i soggetti e gli strumenti posti a tutela dei livelli occupazionali e al sostegno della produzione, non certo la funzione pubblica di vigilanza in materia di lavoro!
Con una mera direttiva politica si vuole snaturare la funzione stessa dell’intero sistema di legislazione sociale e spostare l’asse dei principi e delle tutele consacrati nella nostra Costituzione.
Nel suo breve intervento il Ministro, ha ribadito la sua impostazione autoritaria, espressa anche dalla negazione del confronto con le parti sociali e dalle istanze corporativistiche che trovano sostegno e riscontro in una classe dirigente evidentemente insofferente alla imparzialità e terzietà delle funzioni pubbliche, almeno quanto è intollerante nei confronti di chi esprime democraticamente dissenso e idee diverse da quello che si vuole essere il pensiero unico.
L’attività di vigilanza in materia di lavoro è, e deve restare, funzione pubblica fondamentale e irrinunciabile dal sistema dei valori costituzionali e come tale va potenziata e resa sempre più efficace.
Tale rafforzamento non si ottiene limitando l’operatività degli organi ispettivi o sottoponendo i singoli ispettori ad un ruolo censorio dei controllati o ponendo a loro carico la responsabilità di tutelare i livelli occupazionali e la competitività delle imprese e di distinguere tra violazioni formali e non.
Queste ultime sono responsabilità della politica, così come politica è la responsabilità di dotare gli ispettori del lavoro di mezzi, risorse e strumentazioni adeguate. La funzione ispettiva non può, infatti, configurarsi quale spesa pubblica improduttiva e questo non solo per l’enorme quantità di risorse finanziarie che il suo esercizio fa confluire nelle casse dell’Erario ma, soprattutto, perché la creazione e la garanzia di valori pubblici di legalità e di tutela dei diritti non può rispondere a logiche aziendalistiche di equilibri di bilancio.
E’ politica la responsabilità dell’assegnazione delle risorse finanziarie necessarie alla piena operatività degli ispettori del lavoro: è sufficiente destinarvi una percentuale maggiore delle sanzioni irrogate.
E’ politica la responsabilità della mancata condivisione delle banche dati: il tema del coordinamento degli organi ispettivi resta utopistico in assenza di banche dati condivise e di effettiva volontà politica di attuare la legislazione vigente sul tema.
E’ politica la responsabilità di un effettivo progetto di miglioramento e potenziamento dell’attività di vigilanza e del mancato un confronto con le parti sociali su questi temi.
Per queste ragioni riteniamo necessario dare vigore e rilevanza alla nostra iniziativa sindacale, sia nei posti di lavoro del ministero che in tutte le sedi istituzionali, per contrastare gl’indirizzi che si vogliono assumere al riguardo senza sentire la necessità di confrontarsi con il sindacato, rivendicando il rispetto degli obblighi di legge.
Al riguardo risulteremo vincenti se in ciò saremo supportati, in tutte le sedi istituzionali dove è prevista la presenza sindacale della CGIL (in particolare nei CLES, nei Comitati Regionali e Provinciali del Ministero del Lavoro, dell’INPS, INAIL ed ENPALS, e nelle Commissioni Regionali per i Servizi Ispettivi Sanitari), da specifici pronunciamenti sia riguardo l’attività ispettiva vera e propria che dall’avvio nei territori d’ interventi comuni tra gli enti interessati al fine di una più capillare azione di controllo delle attività delle imprese, mettendo insieme risorse umane e finanziarie, nonché le rispettive banche dati.
Roma, 11 novembre 2009
Comparto delle Funzioni Centrali
il Segretario Nazionale
Antonio Crispi
Dipartimento Welfare-MdL
il Segretario Nazionale
Daniele Giordano
La Giunta della Provincia di Lecce, sulla base di indefiniti pareri del Ministero della Pubblica Amministrazione, del Ministero dell’Interno, del Ministero dell’Economia e di un giudizio di nullità espresso da due avvocati di parte, appositamente incaricati per dare questa interpretazione, ha deciso di annullarel’assunzione a tempo indeterminato di 37 dipendenti, stabilizzati nel 2008 dalla precedente amministrazione dopo anni di precariato.
Con questa decisione si getta alle ortiche il piano occupazionale approvato dalla precedente Giunta, mettendo in crisi attività e servizi ai cittadini fino ad oggi garantiti sul piano della continuità e della qualità da questi lavoratori che, all’improvviso, si trovano senza più un lavoro e privati del proprio futuro.
Questo è il modello di Governo del Paese che, al di là delle roboanti dichiarazioni efficientistiche di qualche Ministro della Repubblica, s’intende affermare, determinando così una pericolosissima deriva che causerà l’abbassamento dei livelli di legalità e democrazia, delle tutele e dei diritti, nonché il progressivo degrado dei servizi offerti ai cittadini. Una deriva che rischia di mettere così in discussione il principio costituzionale di eguaglianza dei cittadini di fronte allo Stato.
L’Fp-Cgil, nel ribadire la propria piena solidarietà a questi lavoratori, metterà in campo tutti gli strumenti utili a sostenere la loro lotta. Ci attiveremo in tutte le sedi, nazionali e locali, per scongiurare il rischio che il modello messo in campo a Lecce possa estendersi al resto del Paese, in nome di un’idea distorta dello spoil system che viene in questo modo applicata ad un personale che per sua natura dovrebbe essere indipendente dalla politica, per garantire al meglio una gestione della Pubblica Amministrazione trasparente e non clientelare.
Roma, 25 novembre 2010
La Fp-Cgil Nazionale, unitamente alla Fp-Cgil Regionale Abruzzo, considera gravissimo l’emendamento inserito e approvato dalla maggioranza in Regione Abruzzo relativamente al reclutamento del personale.
Di fatto si crea un percorso privilegiato, illegittimo e anticostituzionale, per l’accesso al lavoro nella pubblica amministrazione, violando le intese sottoscritte con le organizzazioni sindacali e la normativa vigente. Si prevedono infatti, come unici criteri, lo scorrimento di graduatorie vigenti e l’inserimento nella selezione, per i posti riservati a tempo determinato, di chi ha maturato i requisiti per la stabilizzazione, anche del così detto personale politico (i portaborse), con effetti devastanti per le prospettive dei lavoratori precari non assunti tramite chiamata diretta.
Chiediamo la cancellazione del provvedimento e in caso contrario ci mobiliteremo in tutti le sedi per contrastare una norma odiosa e ingiusta, inserita all’ultimo momento in occasione della discussione del Consiglio Regionale come variazione di bilancio.
Coerentemente con la battaglia intrapresa dalla categoria sulla trasparenza e la legalità nell’accesso al lavoro, contro ogni forma di precarizzazione, e con gli impegni assunti nel recente convegno promosso a Pescara dalla Fp-Cgil Abruzzo insieme alla Fp-Cgil Nazionale in occasione della costituzione del coordinamento regionale dei precari, metteremo in campo iniziative di lotta e di sensibilizzazione tra i cittadini e le forze politiche. Va garantito il rispetto della legge e la salvaguardia di quel patrimonio professionale che ha dato un grandissimo contributo in una fase difficile per la Regione Abruzzo, soprattutto a seguito del terremoto.
Dopo le leggi ad personam sulla giustizia, si è passati alla legge ad personam sul lavoro:
noi lo impediremo con tutti i mezzi e gli strumenti disponibili.
Roma, 26 Novembre 2010
I dati pubblicati dall’Istat sull’andamento del mercato del lavoro sono preoccupanti e confermano le peggiori previsioni della Cgil sull’incapacità del nostro Paese di rispondere alla crisi con una politica industriale incisiva che rilanci l’economia e i consumi. Più che il dato sulla disoccupazione, di per se farraginoso e incompleto, è allarmante la cronica inattività in età da lavoro e il basso numero di occupati, il 57% sul totale della popolazione attiva, in tendenziale decrescita.
L’inadeguatezza delle misure adottate dal Governo è oggi lampante. All’immobilismo sul versante dei settori privati, a partire dal 1 Gennaio 2011, si aggiungeranno i provvedimenti operati nei settori pubblici, che ridurranno gli occupati di 150mila unità a causa dell’espulsione dal mondo del lavoro pubblico del personale precario.
Una scelta sciagurata che aggraverà la crisi economica e ridurrà i servizi ai cittadini e alle imprese, il reddito immateriale che lo Stato fornisce attraverso le sue articolazioni, in una fase in cui tutto servirebbe tranne la compressione dei consumi e la riduzione degli occupati.
Il Ministro Sacconi sostiene che questi dati testimoniano una maggiore dinamicità del mercato del lavoro. I dati, a detta del Ministro, “ci dicono che più persone si offrono sul mercato del lavoro, incoraggiati dalla ripresa”.
A Sacconi devono aver inviato dei dati molto vecchi o comunque diversi da quelli in nostro possesso. Non c’è altra spiegazione.
Roma, 1 Dicembre 2010
Con la trasformazione in legge (183/2010) del collegato lavoro si è fatto un ulteriore passo in vanti nell’azione portata avanti dal Governo di ridimensionamento nel nostro ordinamento legislativo di tutto ciò che riguarda il lavoro, e quindi delle tutele e dei diritti connessi, nonché del ruolo di rappresentanza del sindacato.
Con l’entrata in vigore di questa legge, d’ora in poi sarà sempre più difficile per i lavoratori potersi difendere dal proprio datore di lavoro ricorrendo al giudice, impugnare i licenziamenti, ottenere giusti risarcimenti, contrastare e denunciare sfruttamento e lavoro nero.
Non ci sarà scampo per nessuno, anche nei settori pubblici; e, soprattutto per chi ha la sfortuna di un lavoro precario, sarà sempre più problematico non chinare la testa di fronte alle minacce e ricatti di una parte padronale certa di non potere essere più perseguita grazie alle impunità regalatagli dal Governo, anche con questa legge.
Una impunità che si poggia essenzialmente sulla certificazione congiunta del contratto di lavoro e sul privilegiare l’istituto della conciliazione e dell’arbitrato, anziché ricorrere al giudice, per disarticolare e depotenziare le possibili vertenzialità inerenti il rapporto di lavoro per quanto riguarda la irregolarità dei contenuti del contratto od eventuali omissioni.
Se si sarà poi licenziati, in caso di contratti a termine, eventuali rivendicazioni saranno oggetto di un vero e proprio percorso ad ostacoli perché l’impugnazione dovrà essere formalizzata alla controparte, pena decadenza, entro 60 giorni dalla sua comunicazione in forma scritta (il termine per i licenziamenti precedenti l’entrata in vigore della legge scade il prossimo 23 gennaio 2011), nei successivi 270 giorni dovrà invece essere depositato il ricorso alla cancelleria del tribunale o data comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione.
Ciò renderà molto difficile ad un lavoratore precario, per la sua intrinseca debolezza e qualora in scadenza di contratto e con il sindacato non presente nel posto di lavoro, impugnare il licenziamento per fine termine sapendo che in questo modo sarà quasi certamente annullata ogni possibilità di riassunzione.
Su questa vicenda la FP CGIL continuerà la battaglia in ogni sede ed in ogni livello per non lasciare mai soli questi lavoratori di fronte al datore di lavoro, per impedire che in un dialogo limitato solo a questi due soggetti possano essere legittimate storture che in seguito potrebbero rendere inutile ogni rivendicazione a tutela dei propri diritti.
Ma l’attacco al lavoro, ed all’insieme di norme che, in base ai principi costituzionali, lo ha garantito dagli abusi e dalle violazioni di legge e contrattuali in questo provvedimento non è solo conciliazione ed arbitrato ma anche le deleghe su sanità, previdenza e lavori usuranti assunte dal Governo; gl’interventi sulla 104, part-time ed orario di lavoro; aspettative e malattia , permessi e tempo parziale, tanto per fare un esempio.
p. La Segreteria Nazionale FP CGIL Dip.to Welfare Fabrizio Fratini
P. Il Mercato del Lavoro Gian Guido Santucci
Vediamo quindi di seguito, nel dettaglio, le diverse norme che interessano la Categoria alla luce delle novità introdotte nel corso del dibattito parlamentare (sono riportate solo le disposizioni riguardanti il lavoro pubblico e privato della nostra categoria ) :
Legge 4 novembre 2010, n. 183
Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi all’impiego, d’incentivi all’occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro mil lavoro sommerso e disposizoone in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro
Art 1 (revisione disciplina lavori usuranti)
* Il governo avrà tre mesi di tempo dall’entrata in vigore del “collegato” per emanare uno o più decreti legislativi relativi alle modalità di accesso ai pensionamenti anticipati per i lavoratori impiegati in attività usuranti, fra cui la riduzione di tre anni sull’età minima per il pensionamento di anzianità.
* Sarà necessario che l’attività usurante sia stata svolta per almeno 7 anni negli ultimi dieci o per almeno metà della vita lavorativa a partire dall’anno 2018.
* Va giudicata negativamente la clausola del comma 2 che, in caso di scostamento tra domande accolte e copertura finanziaria adotterà un criterio di priorità basato sui requisiti posseduti e la data di presentazione della domanda
Art 2 (riorganizzazione enti vigilati dal Ministero del Lavoro e dal Ministero della salute)
* Entro un anno il Governo è delegato ad emanare uno o più decreti legislativi per riorganizzare gli enti e le società vigilate dal ministero del lavoro e dal ministero della salute. Si prevede anche l’organizzazione del Casellario centrale infortuni e la riorganizzazione dell’attività dell’ISPELS da parte dell’INAIL. Inoltre, sulla base di questa norma, il Governo potrà intervenire, in particolare, nel riordino degli istituti previdenziali, della CRI , degli Enti del Sistema Sanitario Nazionale.
Art. 4 (lavoro sommerso)
* E’ obbligatoria la comunicazione preventiva al centro per l’impiego delle assunzioni ma si stabiliscono deroghe al lavoro domestico (con la possibilità in questo settore di comunicare l’assunzione fino al terzo giorno successivo, e quindi di dichiarare a posteriori l’assunzione di un lavoratore irregolare di fronte ad una ispezione o ad un infortunio).
* Sanzioni amministrative:
In caso di utilizzo del lavoratore senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto la sanzione è compresa tra 1.500 euro e 12.000 euro per ciascun lavoratore irregolare, maggiorata di euro 150 per ciascuna giornata di lavoro effettivo in “nero”;
L’importo della sanzione è compreso tra 1.000 ed 8.000 euro per ciascun lavoratore irregolare, maggiorato di 30 euro per ciascuna giornata di lavoro irregolare, nel caso in cui il lavoratore risulti regolarmente occupato per un periodo lavorativo successivo.
L’importo delle sanzioni civili connesse alla evasione dei contributi e dei premi riferiti a ciascun lavoratore irregolare per i periodi cui ai precedenti paragrafi è aumentato del 50%.
* Sono escluse le sanzioni amministrative e civili per il datore di lavoro qualora dagli adempimenti di carattere contributivo assolti in precedenza si evinca comunque la “volontà di non occultare il rapporto di lavoro” anche se il lavoratore è stato inquadrato con una diversa qualifica da quella spettante.
Art 5 (Adempimenti formali relativi alle pubbliche amministrazioni)
* Le pubbliche amministrazioni, diversamente dal privato, possono trasmettere le comunicazioni di assunzione, di proroga, trasformazione e cessazione del rapporto, entro il ventesimo giorno del mese successivo a quello in cui l’evento si verifica; anche dei tempi determinati e dei co.co.co/pro .
* Sempre entro il ventesimo giorno del mese successivo alla data della assunzione al lavoratore dovrà essere fornita copia della comunicazione d’instaurazione di rapporto di lavoro o, in alternativa, la copia del contratto individuale di lavoro.
* Al Dipartimento della funzione pubblica dovranno essere inviati i relativi dati entro il ventesimo giorno del mese successivo alla assunzione
Art.7 ( Modifiche alla disciplina dell’orario di lavoro)
* Si modifica il regime sanzionatorio previsto dalla legge 133/2008 in caso di non rispetto dei riposi settimanali, giornalieri e per i periodi di ferie. In particolare il comma 1 ridefinisce le sanzioni per le ipotesi di violazione della disciplina sulla durata media dell’orario di lavoro, sul riposo settimanale, sulle ferie annuali retribuite e per il caso di violazione della normativa sul riposo giornaliero.
* E’ anche prevista la possibilità di derogare alle norme sull’orario di lavoro di riposo e ferie dei lavoratori marittimi al livello della contrattazione aziendale in assenza di specifiche disposizioni al riguardo nei CCNL
Art. 13 (Mobilità del personale delle pubbliche amministrazioni)
* In caso di trasferimento di competenze da parte dello Stato a Regioni ed Enti locali, tra diversi soggetti pubblici,ed anche nel caso di esternalizzazione di attività e di servizi, il personale addetto, ove dichiarato in esubero, viene posto in mobilità ai sensi dell’art 33 del dlgs 165/2001. Inoltre, le pubbliche amministrazioni possano utilizzare in assegnazione temporanea, per motivate esigenze organizzative e secondo le modalità previste dai rispettivi ordinamenti, personale di altre amministrazioni per un periodo non superiore a 3 anni, fermo restando quanto già previsto da norme speciali in materia (entro 60 giorni dall’entrata in vigore, le pubbliche amministrazioni possono rideterminare le assegnazioni temporanee in corso).
* E’ evidente come con questa norma si accentuino i rischi occupazionali a seguito di dichiarazione di esubero dei lavoratori in caso di passaggio di competenze ad altri soggetti pubblici o in presenza di esternalizzazione
Art. 14 (Modifiche alla disciplina del trattamento di dati personali effettuato da soggetti pubblici)
* Le informazioni riguardanti le prestazioni svolte da chi esercita una attività pubblica e la relativa valutazione sono rese accessibili dalla amministrazione di appartenenza. Non lo sono invece , se non per i casi previsti dalla legge, notizie relative infermità ed impedimenti personali o notizie inerenti il rapporto di lavoro idonei a rivelare l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, opinioni politiche, orientamento sessuale
Art.15 (Modifica all’articolo 9-bis del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, in materia di
conferimento di incarichi dirigenziali a dirigenti di seconda fascia)
* Presso la Presidenza del Consiglio, ai dirigenti di seconda fascia in prestito i da altre amministrazioni incaricati del livello dirigenziale generale, non si applica la disposizione per la quale il transito nella prima fascia è reso possibile qualora siano stati ricoperti incarichi di direzione di uffici dirigenziali generali o equivalenti, per un periodo pari almeno a cinque anni
Art. 16 (Disposizioni in materia di rapporto di lavoro a tempo parziale)
* Le pubbliche amministrazioni, entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge in commento, possono sottoporre a nuova valutazione i provvedimenti di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale già adottati prima dell’entrata in vigore del decreto 112/2008 , financo a revocarli .
Art .17 ( Applicazione dei CCNL del comparto della Presidenza del Consiglio dei ministri al personale ad
essa trasferito)
* A far data dal 1 gennaio 2009 a tutto il personale trasferito ed inquadrato nei ruoli della Presidenza del Consiglio dei ministri, si applicano i contratti collettivi di lavoro del comparto Presidenza del Consiglio dei ministri. Il relativo onere è pari a 3.020.000 € a decorrere dal 2010
Art.18 (Aspettativa)
* I dipendenti pubblici possono essere collocati in aspettativa non retribuita e senza decorrenza dell’anzianità di servizio, per un periodo massimo di dodici mesi, anche per avviare attività professionali e imprenditoriali. Per il periodo in questione non si applicano le norme d’incompatibilità cui all’art 53 del dlgs 165/2001
Art. 19 (Specificità delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco)
* Questa norma riconosce la specificità delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco nonché dello stato giuridico del personale ad essi appartenente ai fini dell’ordinamento delle carriere, della regolamentazione del rapporto d’impiego, come nel caso del trattamento della malattia, e della tutela economica, pensionistica e previdenziale. La disciplina attuativa è demandata a successivi provvedimenti legislativi. Il COCER parteciperà alle attività negoziali in rappresentanza del personale militare
Art. 21 (Misure atte a garantire pari opportunità, benessere di chi lavora e assenza di discriminazioni
nelle amministrazioni pubbliche)
* Sarà istituito presso le pubbliche amministrazioni del “Comitato Unico di Garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni”, che sostituisce, unificando le relative competenze, i Comitati per le Pari opportunità e i Comitati paritetici per il fenomeno del mobbing. Si tratta di una norma di principio che quasi certamente non avrà seguito perché la sua applicazione presuppone modelli organizzativi, di sviluppo professionale ed economico che mal si conciliano con le disposizioni della legge 150
Art.22 (Età pensionabile dei dirigenti medici del servizio Sanitario nazionale)
* Viene estesa ai dirigenti medici ed ai dirigenti del ruolo sanitario del S.S.N. in servizio alla data del 31 gennaio 2010 la possibilità di chiedere il collocamento a riposo al maturare del quarantesimo anno di servizio effettivo, esclusi i periodi di contribuzione figurativa. In ogni caso Il limite massimo di permanenza non può superare il settantesimo anno di età e il permanere in servizio non può dare luogo ad un aumento del numero dei dirigenti
Art. 23 (Delega al Governo per il riordino della normativa in materia di congedi, aspettative e
permessi)
* Il Governo è delegato a riordinare, entro sei mesi, la disciplina in materia di congedi, aspettative e permessi, spettanti ai lavoratori dipendenti, pubblici e privati, rideterminandone le casuali, i requisiti per l’utilizzo, precisando i soggetti che ne possono usufruire, regolando in maniera uniforme le modalità di utilizzo, riducendo e semplificando i documenti da presentare in casi di handicap particolarmente gravi, o in presenza di patologie di tipo neuro degenerativo od oncologiche. I decreti saranno emanati dal Ministro della Funzione Pubblica e quello della Salute di concerto con il Ministero dell’Economia e Finanze, sentite le parti sociali e previo parere della Conferenza Unificata. Al riguardo occorrerà stare molto attenti, in sede di confronto, sulle reali intenzioni del Governo su questa materia ricordando come le precedenti restrizioni varate dal Ministro Brunetta abbiano creato grandi difficoltà ai lavoratori in situazioni di disagio personale o familiare e che solo grazie alla opposizione della CGIL si è riusciti in parte a mitigarne l’impatto.
Art. 24 (Modifiche alla disciplina in materia di permessi per l’assistenza a portatori di handicap in
situazione di gravità)
* I dipendenti del settore privato e pubblico hanno diritto a tre giorni di permesso mensile retribuito, per l’assistenza ad un familiare, parente o affine entro il secondo grado, con handicap in situazione di gravità, purché non ricoverato a tempo pieno, ovvero di terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap abbiano compiuto i 65 anni, o abbiano patologie invalidanti o che siano deceduti. Per i figli il diritto al permesso è riconosciuto ad entrambi i genitori, anche se adottivi, che possono fruirne alternativamente. E’ stata fortunatamente tolta la norma che impediva al lavoratore affine di terzo grado al portatore di handicap di scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e di non essere trasferito senza consenso ad altra sede. Appare grave l’istituzione di una banca dati dei dipendenti pubblici che usufruiscono di questi permessi nonché dei soggetti portatori di handicap grave oggetto dell’assistenza, specificandone le modalità di utilizzo nonché i dati personali dei fruitori di detti permessi. *vedi nota n.1 alla fine del documento
Art.25 ( Certificati di malattia)
* Si estendono dal settore pubblico a quello privato le regole per la certificazione delle malattie: nei casi di assenza per malattia protratta per un periodo superiore a 10 giorni, e, in ogni caso, dopo il secondo evento di malattia nell’anno solare l’assenza viene giustificata esclusivamente mediante certificazione medica rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale.
* Obbligatorio, da parte del medico, immediata trasmissione on line dei certificati di malattia. Il medico trasmette il certificato all’INPS che a sua volta lo invia all’azienda.
Art.26 (Aspettativa per conferimento di incarichi, ai sensi dell’articolo 19, comma 6, del decreto
Legislativo 30 marzo 2001, n.165)
* Previa autorizzazione del Ministro competente, d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze,il personale del comparto sicurezza e difesa può essere collocato in aspettativa per conferimento di incarichi dirigenziali da parte di amministrazioni pubbliche diverse da quella di appartenenza.
Art.27 (Disposizioni in materia di personale dell’Amministrazione della difesa)
* Cambiano numerose disposizioni relative al personale delle Forze armate e dell’Arma dei Carabinieri; in caso di comando ad altra amministrazione questa si fanno carico degli oneri del trattamento fondamentale ed accessorio così come per il personale in posizione di comando delle Forze di Polizia e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco. Inoltre, per i Vigili del Fuoco , ivi compresi i volontari, il Governo s’impegna entro 18 mesi a emanare provvedimenti volti a riordinare, con decorrenza 1 gennaio 2012, il sistema previdenziale ed assistenziale per equiparare la pensione dei superstiti dei volontari deceduti per cause di servizio a quelle dei vigili in servizio permanente; ad equiparare il trattamento economico dei Vigili del Fuoco Volontari a quello riconosciuto ai Vigili del Fuoco in servizio permanente in caso d’ infortunio invalidante o malattia contratta per causa di servizio, includendo anche i periodi di addestramento iniziale reso dagli aspiranti vigili a titolo gratuito
Art.30 (clausole generali e certificazione del contratto di lavoro)
* Sono abilitati a certificare i contratti di lavoro gli Enti bilaterali, le DPL e le Province, le Università Pubbliche e Private nonché le Fondazioni Universitarie, ma, soprattutto, i consigli provinciali dei consulenti del lavoro.
* La certificazione è di natura “volontaria”, ma è “suggerita” per ridurre il contenzioso in materia di lavoro; le parti sottoscrivono attraverso la certificazione la validità e la correttezza di un contratto. E’ ovvio che senza la presenza del sindacato tale sottoscrizione, potrebbe rendere difficile aprire successivamente vertenze, impugnare i contratti, soprattutto se atipici, precari o con clausole aggiuntive alle norme (dai contratti a progetto ai regolamenti per i soci lavoratori di cooperativa).
* Una volta stipulato il contratto certificato, c’è l’obbligo del tentativo di conciliazione dinanzi alla commissione certificatrice prima di poter agire davanti alla magistratura.
* In caso di impugnazione del contratto certificato può essere accertato solo il rispetto dei principi generali dell’ordinamento e non il merito dello stesso, né tantomeno alcuna valutazione tecnica , organizzativa e produttiva perché di pertinenza esclusiva del datore di lavoro o del committente, ciò vale anche per i casi generali previsti dall’art 409 del codice di procedura civile e dall’art 63, comma 1, del dlgs 165/2001g, ivi compreso l’esercizio dei poteri datoriali, trasferimento d’azienda e recesso.
* E’ possibile impugnare il contratto certificato davanti alla magistratura solo per i seguenti motivi: erronea “qualificazione” del tipo di contratto, vizi del consenso volontario, difformità tra prestazione stabilita ed effettiva esecuzione della stessa
Art.31 (Conciliazione ed arbitrato)
Di seguito illustriamo le procedure in maniera semplificata, così come vengono descritte dalla Legge; procedure che, al di là della attenzione formale e procedurale ai diritti del lavoratore, evidenziano, soprattutto se si è precari, quanto sarà difficile d’ora in poi potersi difendere per tutelare i propri diritti. Ciò perchè il sistema così congegnato della certificazione e dell’arbitrato/conciliazione svolto sempre dagli stessi soggetti privati, in virtù della clausola compromissoria, ben difficilmente potrà dare ragione al lavoratore ricorrente. Già con l’avvio del rapporto di lavoro, in sede di certificazione congiunta potranno essere avallate violazioni o deroghe contrattuali rispetto alle quali ben difficilmente sarà poi possibile fare opposizione una volta certificato l’accordo. Inoltre, qualora il lavoratore dovesse fare ricorso si ricorda che la legge permette l’ intervento giudiziale sostanzialmente solo nei casi di vizio della volontà e della diversa qualificazione del contratto. Va infine evidenziato che tutta la parte relativa al ruolo ed alle funzioni della DPL per la conciliazione e l’ arbitrato sono in realtà solo una finta perché questa struttura pubblica di garanzia , a ben leggere, ne esce depotenziata, limitata sostanzialmente alla funzione di passacarte del giudice per rendere esecutivi i lodi e le conciliazioni, perché ciò che conta è soltanto quanto previsto dal comma 10 ed 11 di questo articolo: il passaggio agli organi di certificazione della competenza su conciliazione e l’arbitrato
CONCILIAZIONE
* In caso di chiamata a giudizio riguardo problematiche del rapporto di lavoro cui all’art 409 del codice di procedura civile, il tentativo di conciliazione può essere promosso tramite sindacato .
* La richiesta di conciliazione interrompe la prescrizione e sospende per la durata del tentativo di conciliazione e dei 20 giorni successivi alla sua conclusione ogni termine di decadenza.
* La commissione di conciliazione è istituita presso la Direzione Provinciale del Lavoro, e se la controparte accetta il tentativo di conciliazione, entro 20 giorni dal ricevimento di copia della richiesta, è tenuta a produrre una propria memoria difensiva comprensiva delle contro deduzioni In caso di non adesione della controparte alla conciliazione ciascuno dei soggetti interessati sarà libero di adire alla autorità giudiziaria.
* Nei successivi 10 giorni dal deposito della memoria la commissione convoca le parti per il tentativo di conciliazione che dovrà essere tenuto entro i 30 giorni successivi.
* Il lavoratore, nel corso della conciliazione si può fare rappresentare dalla organizzazione sindacale cui conferisce il mandato
* In tutti i casi di contratto certificato nel quale si evidenzino vizi del consenso o della qualificazione dello stesso, difformità tra prestazione stabilita ed effettiva esecuzione della stessa è obbligatorio il tentativo di conciliazione prima del ricorso al giudice.
* Qualora la conciliazione abbia buon fine solo per alcuni aspetti della domanda ne viene fatto verbale e, su istanza della parte interessata, il giudice, limitatamente per quell’aspetto, lo dichiara esecutivo .
* In caso di non accordo, la commissione di conciliazione formulerà una proposta bonaria di definizione della controversia di cui, se non accettata senza motivazione, il giudice terrà conto in sede di giudizio ; in caso invece di richiesta congiunta di conciliazione, ove non risolta , entrambe le parti nel successivo giudizio dovranno fornire verbali e memorie relative al tentativo di conciliazione non riuscito.
* Per la conciliazione in sede sindacale non si applicano le disposizioni dell’art. 410 cpc, il relativo verbale sarà inviato alla DPL; su istanza della parte interessata il giudice dichiarerà esecutiva l’intesa raggiunta una volta verificatane la regolarità formale del verbale redatto .
* Se nel corso della successiva causa al tentativo di conciliazione posto in essere dal giudice una delle parti rifiuta la proposta transattiva “senza giustificato motivo”(?) questo comportamento sarà valutato ai fini del giudizio.
* In ogni fase della conciliazione, o in caso di mancata riuscita , le parti possono concordare una soluzione anche parziale della lite e riconoscere l’eventuale credito del lavoratore (solo un riconoscimento economico!!); possono anche accordarsi per affidare alla commissione di conciliazione la risoluzione in via arbitrale della controversia.
LODO ARBITRALE
* Nel mandato per la soluzione in via arbitrale le parti devono stabilire i termini per l’emanazione del lodo , termini che non possono superare i 60 giorni ; il lodo, una volta emanato ha forza di legge tra le parti ( art 1372 c.c.), ma può essere impugnato (art 808 ter c.c.)
* Sulle controversie aventi per oggetto la validità del lodo arbitrale decide in un unico grado il tribunale della circoscrizione in cui è la sede dell’arbitrato ed il ricorso va depositato entro 30 gironi dalla notificazione del lodo.
* Con questo articolo si prevedono anche sedi diverse dove svolgere la conciliazione e l’ arbitrato per le materie previste dall’art.409 del codice di procedura civile, in particolare presso le associazioni sindacali maggiormente rappresentative secondo le modalità definite dai contratti collettivi .
ARBITRATO IRRITUALE
* Ferma restando la facoltà delle parti di adire in via giudiziaria e di avvalersi delle procedure di conciliazione e di arbitrato tramite la Direzione Provinciale del lavoro , le controversie definite con l’articolo 409 del codice di procedura civile possono essere proposte davanti ad un collegio di conciliazione ed arbitrato irrituale.
* Il collegio è composto in questo caso di tre membri, due nominati dalle parti, un terzo concordato o, in caso di non accordo, nominato dal tribunale.
* La tempistica prevede 30 giorni di tempo dalla notifica del ricorso per l’eventuale nomina concordata del presidente del collegio, in caso contrario , come già detto, procederà alla nomina il presidente del Tribunale. In caso di nomina condivisa la parte convenuta deve depositare entro 30 giorni una memoria difensiva sottoscritta , da un avvocato in caso di pubblica amministrazione,
* Entro 10 giorni dal deposito della memoria difensiva il ricorrente può depositare una memoria di replica senza modificare il contenuto del ricorso; altrettanto la controparte negli ulterirori successivi 10 giorni.
* Il collegio fissa l’udienza entro 30 giorni successivi all’ultima memoria depositata dandone comunicazione alle parti almeno 10 giorni prima. In caso di buon esito del tentativo di conciliazione si applicano le disposizioni dell’art 411 del codice di procedura civile depositando il verbale alla DPL affinché il giudice, su istanza della parte interessata dia esecutività al provvedimento.
* In caso di non riuscita della conciliazione il collegio può interrogare le parti, assumere le prove, e invitare le parti al confronto a non più di 10 giorni di distanza. La controversia viene quindi decisa attraverso lodo entro i successivi 20 giorni dall’ultima udienza e produce gli effetti degli articolo 1372 e 2113 del codice civile.
* Il lodo è comunque impugnabile presso il tribunale circoscrizionale competente; il ricorso va presentato entro 30 giorni dalla notificazione del lodo. Decorso tale termine, o in presenza di accettazione degli esiti del lodo , o in caso di rigetto da parte del tribunale gli esiti della decisione assunta dal collegio sono esecutivi.
* Per i compensi degli arbitri di parte del collegio e del presidente i CCNL possono istituire un fondo per rimborsare il lavoratore delle spese sostenute
CLAUSOLA COMPROMISSORIA
* In relazione alle materie trattate dall’art.409 c.p.c. le parti contrattuali possono pattuire che le controversie relative ai contratti siano decise da arbitri purchè si tratti di controversie che possono essere oggetto di compromesso (clausola compromissoria); ovvero rinviare le modalità di attuazione degli articolo 412 e 412 quater del c.p.c. agli accordi interconfederali od ai contratti collettivi; ove ciò non fosse possibile provvederà il Ministro del Lavoro con un proprio decreto
tenendo conto delle risultanza degli incontri avuti con le parti sociali.
* Con la clausola compromissoria il datore di lavoro potrà far sottoscrivere ai propri dipendenti, davanti alla commissione di certificazione, un documento con il quale si dice che in caso di controversia il lavoratore non si potrà rivolgere ad un giudice ma ad un arbitro privato.
* La clausola può essere sottoscritta solo alla fine del periodo di prova o decorsi 30 giorni dall’inizio del rapporto di lavoro; in ogni caso non potrà riguardare controversie relative alla risoluzione del rapporto di lavoro.
* Gli organi di certificazione ( Università, DPL, Fondazioni e Consulenti del Lavoro) potranno costituire camere arbitrali , ai sensi dell’art. 808 del codice di procedura civile, per la definizione delle controversie sulle materie indicate dall’art. 409 dello stesso codice, e fare anche convenzioni per determinare camere arbitrali unitarie
* Presso le stesse sedi potranno essere espediti tentativi di conciliazione in alternativa alla DPL
Art. 32 (Decadenze e disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo determinato)
* L’impugnazione del licenziamento, nonchè dei contratti a termine, delle collaborazioni, dei trasferimenti individuali o collettivi, dei trasferimenti e cessione di aziende e rami di aziende , con qualsiasi atto scritto, deve essere attuata nei 60 giorni dal licenziamento o dalla conoscenza dei motivi dello stesso, ma è inefficace se entro i successivi 270 giorni il ricorso non è depositato nella cancelleria del tribunale competente o non viene data comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato.
* Dette disposizioni si applicano ai contratti a termine in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore della presente legge con decorrenza dalla scadenza del termine; ai contratti a termine già scaduti all’entrata in vigore della presente legge e con decorrenza dalla medesima data di entrata in vigore; alla cessione di contratta di lavoro con decorrenza dalla data del trasferimento ; in tutti i casi in cui si chieda la costituzione o l’accertamento di un rapporto di lavoro in capo ad un soggetto diverso dal titolare del contratto.
* In caso di conversione a tempo determinato il risarcimento del lavoratore è di una indennità compresa tra 2,5 e 12 mensilità dell’ultima retribuzione di fatto; in caso di presenza di accordi di stabilizzazione i lavoratori già occupati con contratto a termine nell’ambito di specifiche graduatorie hanno diritto ad una indennità ridotta del 50% di quella prevista al comma precedente
Art. 33 (accesso ispettivo, potere di diffida e verbalizzazione unica)
* E’ confermata e rafforzata la logica che tramite le ispezioni nei luoghi di lavoro non si deve “infierire” sul padrone: in caso di ispezione nei luoghi di lavoro ed accertamento di violazioni in materia di lavoro e legislazione sociale o contrattuali (per le quali sono previste sanzioni amministrative) l’ispettorato “diffida” l’azienda a regolarizzare entro 30 giorni, i responsabili della violazione potranno pagare la sanzione fino a 1/4 di quanto previsto dalla legge.
* Questo provvedimento ben si inserisce al quadro complessivo di smantellamento/svuotamento degli organi ispettivi (DPL, INPS, INAIL) che vede la riduzione delle sanzioni, la mancanza di adeguate risorse agli ispettorati, le indicazioni politiche-amministrative a fare da “consulenti” alle imprese piuttosto che svolgere un ruolo di controllo, repressione e dissuasione dei comportamenti illeciti e dello sfruttamento.
Art.36 (Modifiche all’articolo 9 del decreto-legge n.148 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla
legge n. 236 del 1993)
* Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali può adottare misure di sostegno al reddito per lavoratori disoccupati o a rischio di esclusione dal mercato del lavoro, utilizzando le risorse finanziarie del Fondo per la formazione professionale
Art 37. (Sottrazione alle procedure esecutive dei fondi intestati al Ministero del lavoro e delle
politiche sociali)
* La disciplina dell’impignorabilità è estesa ai fondi intestati al Ministero del lavoro e delle politiche sociali
Art. 38 (Modifica all’articolo 11 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n.124)
* Il verbale rilasciato dal funzionario della direzione provinciale del lavoro a seguito di un intervento ispettivo diventa esecutivo con decreto del giudice competente, su istanza della parte interessata.
Art. 39 (Obbligo di versamento delle ritenute previdenziali)
* E’ reato il mancato versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali operate dal committente sui compensi dei lavoratori a progetto e dei titolari di collaborazioni coordinate e continuative iscritti alla gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335/1995. Viene punito con la reclusione fino a tre anni e la multa fino a 2 milioni salvo che il datore di lavoro non provveda al versamento entro tre mesi dalla contestazione.
Art. 40 (Contribuzione figurativa)
* Ai fini del calcolo della retribuzione annua pensionabile e per la liquidazione delle prestazioni a sostegno od integrazione del reddito, dal 1 gennaio 2005, per i periodi settimanali di contribuzione figurativa, l’accredito è pari alla retribuzione che al lavoratore sarebbe spettata nel caso di regolare svolgimento dell’attività nel mese in cui si colloca l’evento.
Art. 41 (Responsabilità di terzi nelle invalidità civili)
* Per i casi in cui l’invalidità civile derivi da fatto illecito di terzi, il valore capitale delle prestazioni assistenziali erogate (pensioni, assegni e indennità) in favore dell’invalido civile ai sensi della normativa vigente sia recuperato, da parte della pubblica amministrazione erogatrice, nei confronti del responsabile civile e della compagnia di assicurazioni.
Art.42 (Comunicazioni delle imprese di assicurazione all’INPS)
* Vengono precisate le modalità per consentire all’INPS il recupero delle somme corrisposte in favore del lavoratore a titolo di indennità di malattia, rivalendosi sull’eventuale terzo responsabile dello stato di malattia del lavoratore stesso o sull’impresa di assicurazione.
Art. 45 (Disposizioni in materia di contribuzione figurativa per periodi di malattia)
* E’ possibile superare il limite di 22 mesi per l’accredito figurativo pensionistico durante i periodi di inabilità al lavoro, se derivano da infortunio sul lavoro.
Art. 46 (Differimento di termini per l’esercizio di deleghe in materia di ammortizzatori sociali, di servizi per
l’impiego, incentivi all’occupazione e apprendistato e di occupazione femminile )
* Differimento di 24 mesi dell’l’esercizio delle deleghe cui alla legge 24 dicembre 2007, n. 247, riguardanti tra l’altro: la revisione della disciplina degli ammortizzatori sociali; il riordino della normativa in materia di servizi per l’impiego, di incentivi all’occupazione e di apprendistato;-la revisione della disciplina in materia di occupazione femminile, le condizioni dei lavoratori immigrati. Occorrerà grande attenzione affinché nell’esercizio di tale delega non vengano posti in essere le opzioni contenute nel libro bianco per quanto riguarda le tematiche in oggetto nonché, nell’attuazione del progetto Federalista del Governo, non venga attribuita alle Regioni la capacità di legiferare in maniera autonoma su queste materie; infine, evitare che nel processo di riordino i Centri per Impiego subiscano un forte ridimensionamento del proprio ruolo istituzionale, di garanzia nei confronti del lavoratore, a scapito dei nuovi soggetti privati cui la legge 183 consete di fare collocamento
Art. 48 (Modifiche al decreto legislativo 10 settembre 2003, n.276)
* Cambiano alcune disposizioni del D.Lgs. 276/2003 relative al mercato del lavoro. Previa intesa fra Stato e Regioni e sentite le parti sociali sarà possibile assolvere l’obbligo d’istruzione attraverso percorsi di apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione. Intanto le Agenzie di collocamento potranno essere autorizzate dopo due anni di attività, nei 90 giorni successivi, a chiedere l’autorizzazione a tempo indeterminato solo sulla base dei controlli formali degli obblighi di legge ed in via “subordinata” al corretto svolgimento dell’attività svolta . On line saranno registrati nazionalmente i casi di percettore di sussidio o d’indennità che rifiuti senza giustificato motivo una offerta formativa o un progetto di reinserimento lavorativo facendo valere questa situazione in tutto il territorio nazionale .
* Potranno fare collocamento le associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro, anche tramite società di servizi controllate; associazioni di tutela ed assistenza, formazione, promozione della imprenditorialità, tutela delle disabilità, gli enti bilaterali; potranno essere autorizzati anche i gestori dei siti internet senza scopo di lucro.
Più in dettaglio :
le università pubbliche e private, che hanno l’obbligo di pubblicare alla borsa nazionale del lavoro i curricula dei propri laureati;
le camere di commercio e gli istituti di scuola secondaria di secondo grado, statali e paritari, i comuni singoli o associati nelle forme delle unioni di comuni e delle comunità montane;
le associazioni dei datori di lavoro e i sindacati comparativamente più rappresentative sul piano nazionale,
anche per il tramite delle associazioni territoriali e delle società di servizi controllate;
le associazioni di tutela, assistenza e promozione delle attività imprenditoriali, del lavoro, della formazione o delle disabilità;
gli enti bilaterali;
i gestori di siti internet.
Basterà “autocertificare” il possesso dei requisiti di legge per l’avvio dell’attività di intermediazione, e comunicarlo preventivamente al Ministero del Lavoro per svolgere l’attività d’intermediazione .
* Si introducono i Fondi per il sostegno al reddito dei lavoratori somministrati, attingendo al contributo del 4% della retribuzione corrisposta ai lavoratori interinali e finora utilizzato per le attività di “formazione e riqualificazione” dei lavoratori interinali.
* Infine, si “riconosce” all’apprendistato un valore sociale come aiuto alla lotta contro la “dispersione scolastica” affermando l’equiparazione dell’ultimo anno dell’obbligo di istruzione (16 anni) con l’attività di apprendistato come sostitutivo del diritto-dovere di istruzione e formazione. Al riguardo sono previste successive intese fra regioni e governo e un generale riordino in sede di delega al governo.
Art. 49 (Nomina dei componenti di comitati istituiti presso l’INPS)
* Il mandato dei membri del comitato amministratore del Fondo di solidarietà per il sostegno del reddito può essere rinnovato per più di due volte
Art.50 (Disposizioni in materia di collaborazioni coordinate e continuative)
* Fatte salve le sentenze passate in giudicato, qualora sia stata accertata la natura subordinata di un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, il datore di lavoro, nel caso in cui abbia offerto entro il 30 settembre 2008, la stipulazione di un contratto di lavoro subordinato ai sensi della disciplina transitoria sulla stabilizzazione, nonché abbia offerto la conversione del contratto in essere a tempo indeterminato, dopo l’entrata in vigore della presente legge, è tenuto unicamente ad indennizzare il prestatore di lavoro con un’indennità di importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilità di retribuzione
Nota n. 1
testo dell’art 33 della legge 104 relativo alle agevolazioni di legge previste per facilitare l’assistenza ai portatori di handicap con le integrazioni apportate dalla legge 182/2010
33. Agevolazioni. –
1. La lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, anche adottivi, di minore con handicap in situazione di gravità accertata ai sensi dell’articolo 4, comma 1, hanno diritto al prolungamento fino a tre anni del periodo di astensione facoltativa dal lavoro di cui all’articolo 7 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati.
2. I soggetti di cui al comma 1 possono chiedere ai rispettivi datori di lavoro di usufruire, in alternativa al prolungamento fino a tre anni del periodo di astensione facoltativa, di due ore di permesso giornaliero retribuito fino al compimento del terzo anno di vita del bambino.
3. A condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa. Il predetto diritto non può essere riconosciuto a più di un lavoratore dipendente per l’assistenza alla stessa persona con handicap in situazione di gravità. Per l’assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione di gravità, il diritto è riconosciuto ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente. (7bis)
4. Ai permessi di cui ai commi 2 e 3, che si cumulano con quelli previsti all’articolo 7 della citata legge n. 1204 del 1971, si applicano le disposizioni di cui all’ultimo comma del medesimo articolo 7 della legge n. 1204 del 1971, nonché quelle contenute negli articoli 7 e 8 della legge 9 dicembre 1977, n. 903.
5. Il lavoratore di cui al comma 3 ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede.
6. La persona handicappata maggiorenne in situazione di gravità può usufruire alternativamente dei permessi di cui ai commi 2 e 3, ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferita in altra sede, senza il suo consenso.
7. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3, 4 e 5 si applicano anche agli affidatari di persone handicappate in situazione di gravità.
7-bis. Ferma restando la verifica dei presupposti per l’accertamento della responsabilità disciplinare, il lavoratore di cui al comma 3 decade dai diritti di cui al presente articolo, qualora il datore di lavoro o l’INPS accerti l’insussistenza o il venir meno delle condizioni richieste per la legittima fruizione dei medesimi diritti. Dall’attuazione delle disposizioni di cui al presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica».
La Fp-Cgil Nazionale ritiene inaccettabile la posizione assunta dal Centro Formazione Professionale Zanardelli e dalla Provincia di Brescia nel confronto richiesto dalle organizzazioni sindacali di categoria sull’incertezza riguardante i livelli occupazionali e la professionalità dei lavoratori.
I contratti in scadenza sono rinnovati solo fino al 30 giugno 2011 in attesa di un piano di ristrutturazione, mentre a 4 lavoratori interinali non è data alcuna prospettiva.
Per questo la Fp-Cgil sostiene lo stato di agitazione proclamato unitariamente a livello aziendale e tutte le iniziative di mobilitazione necessarie per evitare che l’attività dell’Azienda Speciale Provinciale Zanardelli, costituita e partecipata dalla Provincia di Brescia, considerata e riconosciuta come esperienza di eccellenza nella Formazione, venga prima depotenziata e poi smantellata, arrecando un gravissimo danno alla collettività, soprattutto in questa negativa congiuntura economica.
Non si può invocare o richiamarsi all’importanza e al valore della formazione professionale se poi, attraverso un’interpretazione iper-restrittiva e unilaterale delle normative vigenti, prima si creano ad hoc problemi alle figure più deboli (interinali, contratti in scadenza, etc.), per arrivare poi a mettere alla fine in discussione tutti, e quindi la stessa esistenza della struttura.
Il Cfp Zanardelli è un prezioso patrimonio del territorio, e le lavoratrici e i lavoratori del centro hanno dato un contributo professionale e umano fondamentale per raggiungere gli eccellenti risultati conseguiti. Un sereno e costruttivo confronto sindacale, se basato sull’obiettivo comune di potenziare la struttura, non può che portare ad un primo risultato: il rinnovo dei contratti in scadenza.
Questo è il presupposto per ragionare sul futuro del Cfp.
La Provincia non può essere uno spettatore distratto delle vertenza. Metta in campo azioni concrete in tempi brevissimi. La Fp-Cgil continuerà senza tregua la battaglia contro il licenziamento di massa delle lavoratrici e dei lavoratori pubblici per aprire una stagione di stabilizzazioni che garantiscano i diritti degli operatori e l’offerta di servizi ai cittadini.
Roma, 23 Dicembre 2010
Emergenza Ministero Ambiente e una pericolosa deriva organizzativa” che le OO.SS CGILFP CISLFPS UILPA e il Coordimento dei precari, organizzano per il 12 Aprile un presidio presso la sede ministeriale di Via C. Colombo 44 con la forte volontà di richiamare il Ministro ad un confronto diretto con i rappresentanti dei lavoratori.
Nota di Rosa Pavanelli e Mauro Beschi, Segreteria nazionale Fp Cgil, e Corrado Oddi, dipartimento welfare Fp Cgil
Nella mattinata di ieri, martedì 10 luglio, abbiamo portato al Presidente della Camera le oltre 400.000 firme raccolte a sostegno della proposta di legge di iniziativa popolare ” Principi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque e per la ripubblicizzazione del servizio idrico”.
Si tratta, come è assolutamente evidente, di un risultato molto significativo che conclude la campagna iniziata 6 mesi fa e che testimonia del forte consenso e schieramento di forze che abbiamo saputo realizzare nel corso della stessa. Esso peraltro è anche il risultato dell’impegno profuso anche dalle nostre strutture in tale iniziativa e alle quali va il nostro ringraziamento non formale.
Si apre ora una fase non meno complessa, finalizzata a far sì che il Parlamento discuta velocemente la proposta di legge, come abbiamo chiesto al Presidente della Camera,e che dovrà essere sostenuta con le necessarie iniziative, compresa una manifestazione nazionale che il Forum italiano dei movimenti per l’acqua ha intenzione di convocare per il mese di ottobre. Ma su questo saremo più precisi in seguito, così come successivamente vi forniremo un quadro più articolato della stima delle firme raccolte dalla FP.
11 luglio 2007
LE NUOVE STABILIZZAZIONI
La legge finanziaria per il 2008 consolida ed estende le procedure di stabilizzazione già presenti nella scorsa legge finanziaria. Una seconda tappa.
Innanzitutto chi può essere stabilizzato?
Ai titolari di un contratto a tempo determinato di durata triennale in essere alla data del 28.9.2006, o comunque effettuato nel quinquennio precedente, come definito dalla legge finanziaria dello scorso anno, si aggiungono coloro che raggiungono gli stessi requisiti alla data del 28 settembre 2007. I contratti così dati possono essere prorogati “nelle more delle procedure di stabilizzazione”.
L’accesso, così come previsto dalla Legge Finanziaria dello scorso anno e dalla direttiva n. 7 del Dipartimento della Funzione Pubblica, avviene mediante lo svolgimento di una prova selettiva, riservata e non aperta, i cui contenuti, che devono tener conto che lo spirito della norma di stabilizzazione è di natura risarcitoria, stante “l’utilizzo improprio delle tipologie di lavoro flessibile”, sono mirati ad accertare il possesso dei requisiti; come lo scorso anno la prova è stata già svolta o comunque da svolgere e sono fatte salve le “disposizioni di legge” che riguardano le modalità di accesso diverse dalle selezioni: collocamento; etc.
Queste norme riguardano tutte le Pubbliche Amministrazioni centrali, le agenzie fiscali, gli enti pubblici, quelle regionali e locali; nonché le università e gli enti di ricerca e la sanità, in forza di quanto affermato in materia di piani di stabilizzazione relativamente al campo di applicazione ( le amministrazioni di cui all’art. 1 comma 2 del dlgs 165/2001).
Ne discende che il meccanismo della proroga, almeno per questa tipologia di “precarietà” è generalizzato all’atto della decisione relativa alle procedure di stabilizzazione; in sostanza nulla cambia rispetto allo scorso anno, fatta salva, da un lato la vincolatività della proroga per tutte le amministrazioni e dall’altro la diversa data nella quale occorre maturare il requisito dell’anzianità.
Tutte le Pubbliche Amministrazioni, fatte salve le intese stipulate in base alla legge finanziaria per il 2007, predispongono dei piani di stabilizzazione, sentite le oo.ss. entro aprile 2008 con i quali nell’ambito della programmazione triennale (2008/2010) definiscono progressivamente le stabilizzazioni dei titolari di contratti a tempo determinato con 3 anni alla data del 28.9.2007, in essere o raggiunti nel quinquennio precedente; nonché dei cococo con 3 anni di anzianità svolti nella stessa amministrazione in essere o raggiunti nel quinquennio precedente. In quest’ultimo caso, l’avvio delle procedure di stabilizzazione non può che portare alla proroga dei contratti in essere.
Una diversa situazione, infatti, determinerebbe una stabilizzazione affidata al caso; in ciò lesiva proprio del principio risarcitorio, stante l’utilizzo improprio di questa forma di lavoro flessibile.
Infatti, la finalità dei piani di stabilizzazione è quella di “stabilizzare” tramite prova selettiva fatta o da fare.
Le intese raggiunte che in base alla legge sono fatte salve, mantengono chiaramente una loro validità alla luce della legge finanziaria dello scorso anno che chiaramente non viene modificata dalle diverse norme presenti nella legge 244 del 1997.
Chi può essere prorogato “nelle more della stabilizzazione”?
Per quanto contenuto nel punto precedente, i cococo inseriti nelle procedure di stabilizzazione.
In forza di legge tutti i tempi determinati che hanno i requisiti definiti dalla scorsa e dalla attuale finanziaria.
Coloro che, titolari di un contratto di collaborazione della durata di almeno 1 anno, in forza della finanziaria scorsa, hanno avuto il rapporto di lavoro trasformato a tempo determinato ( riserva del 60%) con una prova selettiva.
La proroga riguarda tutte le amministrazioni interessate alla definizione dei piani di stabilizzazione (art. 1 c. 2 del dlgs 165/2001).
Chi non può essere stabilizzato con queste modalità?
Coloro che hanno un rapporto di lavoro flessibile diverso da quello a tempo determinato o dai contratti di collaborazione.
Coloro che, allo stato, non raggiungono i requisiti precedenti.
I cococo con meno di 3 anni di anzianità di contratto.
I cococo, ed in forza della finanziaria precedente anche i TD, svolgenti funzione negli uffici di diretta collaborazione degli organi politici di tutte le amministrazioni pubbliche.
Il personale a contratto che svolge compiti di insegnamento, e di ricerca nelle università e negli enti di ricerca; in questo caso occorre affrontare, con una specifica vertenzialità comunque il riconoscimento del servizio prestato come titolo nelle specifiche prove concorsuali.
Quali le ulteriori generali misure di stabilizzazione?
Il 20% dei posti messi a concorso per tempo indeterminato è riservato ai TD con 3 anni; per i cococo viene comunque riconosciuto come titolo il servizio prestato per almeno tre anni anche non continuativi nel quinquennio antecedente in virtù di contratti di collaborazione.
Per le altre forme di lavoro “flessibile”?
Entro aprile 2008 con DPCM verrà adottato il regolamento del fondo per la stabilizzazione dei rapporti di lavoro pubblici con il quale regolare:
– i requisiti professionali;
– la durata minima comunque non inferiore al triennio di anzianità maturata presso la stessa amministrazione; in questa tipologia possono rientrare anche le diverse durate di specifici contratti di lavoro conferiti alla stessa persona in tempi diversi da cumularsi ai fini del raggiungimento del limiti minimo dei 3 anni.
– le modalità di valutazione da applicare in sede di prova selettiva.
A seguito del superamento della stessa prova selettiva, i rapporti di lavoro così individuati saranno assimilati ai cococo con 3 anni, oggetto dei piani di stabilizzazione.
Chiaramente tutto ciò non esclude possibili ulteriori modifiche in sede di finanziaria per il 2009.
Come cambia il ricorso a forme di lavoro non a tempo indeterminato?
In premessa occorre dire che siamo in presenza di una normativa confusa, contraddittoria e di dubbia applicabilità oltre che legittimità in particolare per le Istituzioni dotate di autonomia organizzativa. In particolare il tema della definizione delle tipologie di lavoro non può essere declinato negano peculiarità alle autonomie organizzative. Ciò vale in particolare per regioni ed Enti Locali, ma anche per le strutture della conoscenza.
Questa nuova previsione, cos’ come l’art. 36 del dlgs 165/2001, che viene modificato, non si applica per le figure professionali docenti e non del comparto scuola e analogamente in tema di funzioni educativo-scolastiche per le autonomie locali.
Il tema da coniugare è quello di limitare fortemente l’utilizzo del lavoro flessibile, utilizzando per questo scopo lo strumento contrattuale. La norma sulla inderogabilità da parte dei contratti è negativa e da cancellare.
Cosa afferma la nuova normativa?
E’escluso per legge, e la norma è inderogabile da parte dei contratti collettivi, il ricorso a qualsiasi forma di lavoro subordinato non a tempo indeterminato.
Sono fatte salve le stagionalità e periodi non superiori a tre mesi, sono fatte salve le sostituzioni per maternità, ma solo per le autonomie territoriali!
Gli enti locali la cui dotazione organica non sia superiore alle 15 unità e che non sono sottoposti al Piano di stabilità possono avvalersi di forme contrattuali di lavoro flessibile anche per la sostituzione di lavoratori assenti con diritto alla conservazione del posto.
Gli enti del SSN possono avvalersi delle forme contrattuali di lavoro flessibile per il personale medico, per il personale infermieristico e di supporto, per le figure non fungibili, nei casi in cui ricorrano urgenti ed indifferibili esigenze collegata alla erogazione dei livelli essenziali di assistenza.
Per tutte le pubbliche amministrazioni non è ammesso il rinnovo del contratto a tempo determinato o di collaborazione o l’utilizzo dello stesso lavoratore con altra tipologia contrattuale.
Sono escluse dalla norma le prestazioni dei progetti finanziati dai Fondi Europei, dal Fondo per le aree sottoutilizzate, nonché dalle prestazioni per gli Enti previsti dalla stessa Legge Finanziaria o dal decreto Mille proroghe.
Una disciplina a parte riguarda l’utilizzo dei cococo.
Per queste figure le limitazioni relative all’utilizzo del Tempo determinato non hanno valore; ma ciò non significa che non vi siano vincoli. Questi esistono e sono di varia natura.
Innanzitutto il nuovo requisito professionale è quello della “particolare e comprovata specializzazione universitaria”. Si tratta di un requisito prescrittivo che impedisce di poter utilizzare contratti di collaborazione senza tale specifico requisito.
Con il d.l. 223/2006 erano stati introdotti vincoli e procedure. In particolare l’impossibilità di utilizzare i cococo per le attività ordinarie; l’impossibilità di far fronte con proprio personale ad esigenze delle amministrazioni; l’oggetto della prestazione deve essere esplicito e riferirsi a progetti e obiettivi specifici e determinati; devono essere preventivamente indicati durata; luogo; oggetto e compenso della collaborazione; pubblicizzate le procedure “comparative” per il conferimento. Accanto a ciò i vincoli di spesa.
Nella stessa legge Finanziaria è presente una specifica norma che vincola la attivazione di contratti di collaborazione e delle consulenze, con i criteri nuovi stabiliti dalla legge, a determinazioni regolamentari da trasmettere alle sezioni regionali della Corte dei Conti. In assenza di tali determinazioni gli eventuali affidamenti costituiscono “illecito disciplinare e determinano responsabilità erariale.
Tale nuova determinazione si applicherebbe a tutti gli affidamenti di incarichi di studio, di ricerca, di collaborazione ovvero di consulenze a soggetti estranei alle amministrazioni.
Non si può negare come tutto questo processo di stabilizzazione che rappresenta un passo avanti rispetto alla precedente legge presenta una forte contraddizione, almeno in alcune sue formulazioni in relazione alle norme relative alla limitazione del “lavoro flessibile”. Ci troviamo di fronte a previsioni che, partendo dall’esigenza positiva di limitare fortemente il ricorso al lavoro a tempo determinato, alle collaborazioni e allo stesso interinale, producono effetti nelle amministrazioni confusi, contraddittori ed ambigui ( vedi ad esempio le esclusioni del personale a contratto che svolge compiti di insegnamento e di ricerca nelle università e negli enti di ricerca; vedi il tema della “comprovata specializzazione universitaria” per le collaborazioni; vedi il tema della sostituzione della maternità solo per gli enti locali). Si tratta di norme sbagliate che vanno modificate per via legislativa unitamente alla previsione della “inderogabilità di queste norme da parete dei contratti, che oltre a rappresentare il punto politico più negativo, si presta a qualche profilo di illegittimità soprattutto nelle realtà dotate di autonomia istituzionale.
Ancora una volta il Governo Berlusconi dimostra di avere in spregio la sicurezza e la salute delle lavoratrici e dei lavoratori.
E lo fa anche nei confronti dei dipendenti di cui è direttamente, come Governo, datore di lavoro.
Con l’emendamento 32.22 presentato al DDL n.1305 (decreto milleproroghe) dispone l’ulteriore rinvio a ventiquattro mesi per l’emanazione dei decreti attuativi del dlgs. 81/08 (c.d. Testo Unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro).
La scelta del rinvio oltre a permettere al Governo di sottrarsi al confronto con il sindacato, si inserisce nell’ancor più ampio e grave quadro di iniziative sin quì assunte dal ministro Sacconi, con modifiche, con disapplicazioni, con ritardi, tutte scelte operate nella volontà, nemmeno tanto nascosta, di smantellamento del Testo Unico della sicurezza nei luoghi di lavoro mentre, in tutto il paese e in tutti i settori continua la strage infinita di morti e la sequela inarrestabile di incidenti e infortuni.
Per queste ragioni la Funzione Pubblica CGIL della Difesa, della Giustizia e degli Interni si appellano al Parlamento perché respinga la richiesta del governo e anzi, in tal modo dia un segnale importante della volontà di porre fine ai rinvii e alle ulteriori morti annunciate da simili iniziative.
Roma, 10 febbraio 2009
Da tempo sono chiari alla CGIL sia gli obiettivi politici, sia le priorità del potere esecutivo del nostro paese volti a realizzare un nuovo modello di società fondato su di una forte riduzione dei diritti e delle tutele, soprattutto per quanto riguarda i diritti universali e di cittadinanza, intervenendo pesantemente nel ridurre gli spazi dell’intervento pubblico sia in termini di finanziamenti che di valorizzazione del lavoro svolto dagli addetti.
In questo senso, la pubblicazione della bozza di protocollo d’intesa da sottoscriversi tra la direzione dell’attività ispettiva del Ministero del Lavoro e “soggetti abilitati alla gestione degli adempimenti in materia di lavoro e previdenza” (leggi associazioni datoriali e ordini dei commercialisti e dei consulenti del lavoro) sgombra il campo da ogni eventuale dubbio al riguardo.
Questa bozza, infatti, chiarisce definitivamente come nell’intenzioni del Ministero del Lavoro si voglia subordinare, con una modalità autoritaria per un verso e servile per l’altro alle richieste e ai desideri del mondo imprenditoriale del cui unico consenso, anzi assenso, tanto ci si preoccupa da parte del Ministro. Il risultato sarà infatti che il Ministero, assieme ai controllati discuterà dei comportamenti che dovranno assumere gli ispettori, condizionando così lo svolgimento del loro lavoro.
Una logica conclusione di quell’insieme di iniziative prese dal Ministro sin dall’inizio del proprio incarico con la direttiva sulle modalità ispettive, passando per il progetto uniformità e trasparenza fino alla recente bozza di protocollo d’intesa con imprenditori e loro associazioni di rappresentanza.
E’ evidente che in questo modo non si vuole intervenire sulle condizioni di lavoro dei cittadini e dei lavoratori pubblici, ma soltanto di rendere meno gravoso il lavoro dei consulenti e dei commercialisti (è l’ispettore che invierebbe il verbale di primo accesso al consulente non più l’associato) per i quali, anzi, la direzione generale dell’attività ispettiva si impegnerebbe ad ” attivare nelle singole realtà territoriali moduli formativi aventi ad oggetto la gestione del procedimento ispettivo” , i cui costi sarebbero a carico non del Ministero bensì dei datori di lavoro, determinando così un evidente conflitto d’interesse tra le finalità dell’azione ispettiva e di vigilanza e gli interessi dei potenziali ” controllati.
E’ chiaro che in questo modo sarà sempre più delegittimata la figura ed il ruolo dell’ispettore i cui ambiti di azione e competenza saranno sempre di più assoggettati al controllo, sia riguardo al merito che per gli aspetti procedurali, da parte delle imprese oggetto della “verifica ispettiva”. Tutto questo con il pieno ed esplicito invito a farlo da parte dell’istituzione pubblica che in questo modo non sarà più “terza” e garante dell’imparzialità dell’azione amministrativa che, per sua stessa natura, si dovrebbe prefiggere il perseguimento del pubblico interesse, Il messaggio che si legge, ormai fin troppo evidente, è che il corpo ispettivo sia un impiccio, un fardello imbarazzante da rendere il più possibile in condizioni di non nuocere, quindi inefficace e di conseguenza inutile.
Gli ispettori del lavoro già oggi si trovano ad operare tra mille insidie, ad agire nello svolgimento di funzioni istituzionali in applicazione di principi dettati dalla legge dovendoli tuttavia contemperare con le direttive del Ministero che, in talune fattispecie, appaiono confliggere con essi.
I lavoratori del Ministero sono in prima linea ad operare quotidianamente nei luoghi di lavoro con senso di responsabilità e tra mille difficoltà assistendo tra l’altro al sistematico e progressivo depauperamento delle risorse destinate agli uffici sia in termini di salario (taglio dei fondi di amministrazione e mancato rinnovo dei contratti) sia di risorse strumentali. Nello stesso tempo si continuano a sbandierare in ogni circostanza, mediaticamente utilizzabile, i prodigiosi risultati raggiunti nel contrasto al lavoro sommerso e sul fronte degli incidenti sul lavoro che diminuiscono naturalmente, non a causa della grave crisi di sistema per cui molte aziende non sono in produzione, ma “grazie alle efficaci politiche messe in atto dall’esecutivo nonostante il fannulonismo dilagante dei pubblici dipendenti”.
La ricaduta sociale di queste politiche è gravissima e lo sarà sempre di più, in maggior misura in un contesto di crisi economica che sta producendo, come previsto, effetti devastanti sul lavoro sempre più esposto al rischio di deregolamentazione in cui la parte più debole, i lavoratori, avrà certamente la peggio poiché quando la disoccupazione diventerà un rischio concreto o già una realtà, la tentazione o la necessità di accettare una occupazione priva di tutele diventerà certamente più alto .
L’intenzione del Ministro del Welfare di “esaminare le problematiche tecniche operative connesse alla attività di vigilanza e disciplinare i profili operativi e rendere più snello ed efficace l’iter della verifica ispettiva attraverso l’istituzionalizzazione di tavoli tecnici con gli ordini professionali e le associazioni datoriali di categoria” la dice lunga sulle finalità e le priorità della sua azione amministrativa (pubblica): favorire una pseudo azione di contrasto dell’abusivismo professionale per far diventare i controllori (gli ispettori) dei controllati rendendo così di fatto inefficace l’azione di vigilanza nei luoghi di lavoro, tant’è che chiaramente si dice di voler “creare un più stretto raccordo anche di carattere istituzionale volto ad assicurare soluzioni condivise …”, certamente non a favore dei diritti del lavoratore.
Ora, al di la del fatto che non ci si è preoccupati minimamente di sentire le rappresentanze sindacali per cogliere le reali problematiche operative connesse all’attività di vigilanza, ciò che preoccupa sono proprio le parole ” di carattere istituzionale” utilizzate nel protocollo d’intesa.
Siamo consapevoli che chi ci governa ha una idea di istituzione pubblica, di stato, diverse dalla nostra; come pure , evidentemente, obiettivi diversi sul futuro dell’attività di vigilanza e sui lavoratori del Ministero del Lavoro. Certo questa consapevolezza non è recente, ma pur sempre amara e ci rafforza nella decisione di proseguire nel percorso di difesa di quei valori universali sanciti dalla Costituzione che rappresentano il presupposto fondamentale della nostra democrazia.
CGIL C. Treves
FP CGIL Dipartimento Welfare D.Giordano
FP CGIL Dipartimento Funzioni Centrali A.Crispi
Roma, 2 dicembre 2009